Capitolo
1: Uno
spiacevole compagno
La
sveglia suonò.
Suonò di nuovo dopo tre mesi di dolce far niente,dopo tre
mesi di spiaggia e
uscite con le amiche,semplicemente suonò. Con un gesto
veloce della mano la
feci cadere a terra senza però interrompere
quell’orribile e assordante
suono,così mi costrinsi ad alzarmi e dopo averla spenta mi
rigettai con tutto
il peso sul letto.
-Buongiorno,coraggio alzati,la colazione è di là
che ti aspetta,svelta o farai
tardi proprio il primo giorno!- Disse mia madre entrando in camera mia
nonostante tutti i cartelli di divieto d’accesso appesi alla
porta e, come se
non bastasse,mi scoprì togliendomi il lenzuolo da sopra la
testa
-Mamma,ti dispiacerebbe uscire dalla mia stanza perfavore- Dissi
spazientita
-Scusa tesoro,esco subito- Rispose lei aprendo la porta -ma tu alzati o
farai
tardi- Continuò poi richiudendosela alle spalle.
Mezz’ora dopo ero pronta , così andai in cucina
per fare colazione
-Buongiorno pà!- Dissi baciando mio padre sulla guancia
-Buongiorno principessa- Mi rispose lui sorridendo, per mio padre io
ero ancora
una bambina a cui affibbiare nomignoli imbarazzanti
-Coraggio sbrigati,ti accompagno io a scuola prima di andare a lavoro-
Disse
mia madre bevendo tutto d’un sorso il caffè e
costringendo anche me a divorare
letteralmente la mia colazione.
-Mamma fidati, non c’è bisogno che mi accompagni,
prendo l’autobus io e Rebecca
siamo già d’accordo su dove vederci- Dissi. Io e
mia madre eravamo in ascensore
ed io stavo inutilmente cercando di convincerla a non accompagnarmi a
scuola.
C’eravamo appena trasferiti in una nuova casa anche se io
adoravo decisamente
di più quella vecchia e, a fare da ciliegina sulla torta ci
si metteva il fatto
di dover frequentare una nuova scuola.
-Bè, chiama Rebecca e dille che accompagnamo anche lei- Mi
rispose mia madre
aprendo la cassetta della posta e mandando a farsi friggere tutti i
miei sforzi
di convincerla
-No, a quest’ora sarà già
sull’autobus- conclusi io il discorso aprendo lo
sportello della macchina.
Dopo dieci minuti arrivammo davanti scuola, la mia nuova scuola, anche
se
“davanti” era una parola grossa dal momento che
costrinsi mia madre a fermarsi
a venti chilometri di distanza per non mettermi in imbarazzo davanti i
miei
nuovi compagni
-Hai preso tutto?- mi chiese lei quando scesi dall’auto, io
mi limitai ad
annuire
-Allora ci vediamo alle 14:30- Alle sue parole mi voltai a guardarla
-No, mamma perfavore, mi hai accompagnata,ma lasciami tornare da sola,
ci
vediamo dopo- Dissi quasi improrandola, lei mi guardò per un
secondo dopodiche
sorrise e annuì -Allora
a dopo- mi
rispose ripartendo con la macchina. Mi voltai e iniziai a camminare
verso il
cancello ma quando fui lì davanti qualcosa mi
colpì in testa facendomi cadere a
terra. Figura di merda. Alzai la testa dal terreno guardandomi intorno
poi, due
mani mi afferrarono per le spalle e mi aiutarono ad alzarmi.
-Ti…….ringrazio- Dissi, ad aiutarmi era stato un
ragazzo bellissimo, aveva i
capelli castani, gli occhi dello stesso colore e indossava dei Jeans
scuri e
una camicia azzurra che lasciava ben poco all’immaginazione
visto che era
praticamente slacciata – Si va
bene….però dovresti stare più attenta-
mi
rispose in modo brusco dopodiche si voltò e si
avvicinò ad altri tre ragazzi
che non appena lo videro cominciarono a gridare in coro -Ecco il nostro
mito…allora
racconta i dettagli- Io scossi la testa incredula, odiavo quei tipi di
ragazzo
tutto fumo e niente cervello dal momento che non era di certo con
quello che
ragionavano ma non mi va di essere volgare
-Alex….eccoti- Una voce mi fece riprendere
-Becky…. Finalmente una faccia familiare- Dissi abbracciando
la mia migliore
amica. Io e Rebecca ci conoscevamo fin dalla prima elementare anche se
poi in
primo liceo ci eravamo divise dal momento che io frequentavo un liceo
vicino la
vecchia casa, ora mi ero iscritta nella sua stessa scuola, un liceo
artistico,
ed entrambe frequentavamo il quarto anno nella sezione di architettura
-Perché hai dell’erba tra i capelli?- mi chiese
lei togliendomela -Bè….. perché
ho appena fatto la prima figura di merda
dell’anno…qualcuno mi ha tirato una
palla in testa e sono caduta a terra….davanti a tutti- Dissi
massaggiandomi il
punto in cui mi era arrivata la pallonata -Scommetto che sono stati
quelli del
Leopardi- Mi rispose lei scuotendo la testa -Dovrei sapere di cosa stai
parlando?- Le chiesi io sarcastica
-Bè…dal momento che ora frequenti questa
scuola,sì,lo dovresti sapere-
-Ok…..allora spiegami-
-Noi del Colonna siamo in continua lotta con la scuola qui a fianco,il
Leopardi, loro ci fanno continuamente degli scherzi,questo spiega la
pallonata-
-Capisco, percaso quel ragazzo laggiù….fa parte
del Leopardi?- Le chiesi
indicando il ragazzo che poco prima mi aveva aiutata a rialzarmi -No
lui
frequenta la nostra scuola…si chiama Federico….-
Mi rispose lei, dopodiche mi
trascinò all’interno dell’edificio,
prima di entrare però mi voltai a
guardarlo, stava sorridendo e, senza sapere neanche il
perché questo fece
sorridere anche me.
Io e Becky entrammo in classe, perfortuna giù in segreteria
avevo ricevuto una
buona notizia, vale a dire che ero in classe con lei. Ci sedemmo ed io
mi
guardai intorno esaminando i miei nuovi compagni, sembravano tutti
abbstanza
simpatici, dopo qualche minuto arrivò il professore della
prima ora vale a dire
quello di matematica, iniziò a fare l’appello e
quando arrivò il momento di
pronunciare il mio nome la porta della classe si spalancò
-Marchetti, Lombardi, Costa, Ruggieri…..quante volte vi devo
ripetere che non
voglio che entriate quando la lezione è già
cominciata-
Ero letteralmente sconvolta quando mi ritrovai davanti il cretino che
mi aveva
aiutato a rialzarmi e quegli scemi degli amici suoi- scusa Becky, ma
quell’idiota è in classe con noi?- sussurrai alla
mia amica – si,credevo
l’avessi capito, lui è Federico Marchetti,
perché?- rispose lei con un’insolita
tranquillità
- Perché lo detesto- mi limitai a rispondere cercando di
coprirmi con la mano
- Ora sedetevi ma più tardi ne riparleremo- finì
di riprenderli il professore,
quando i quattro si furono seduti continuò con
l’appello -Ferri Alice- stavo
già sorridendo pronta a rispondere presente, quando il
profressore sbagliò
nome. Alice? Alice? ALICE?. Ma come diavolo aveva fatto a
sbagliare!!!!!!!!!!!!!
-Mi scusi, ci deve essere un’errore, io mi chiamo Alessia
Ferri, non Alice-
Dissi imbarazzata più che mai -Bè in segreteria
devono aver sbagliato a
scrivere alla fine delle lezioni vai giù e chiedi di
correggerlo- mi liquidò
lui aprendo il libro e cominciando a spiegare le disequazioni -Scusa,
ma spiega
il primo giorno di scuola?- Chiesi a Becky -Bè
sì, ma tanto non lo ascolta mai
nessuno- Mi rispose lei giocando con il cellulare, mi voltai verso gli
ultimi
banchi e vidi Federico Marchetti che mi guardava con un ghigno mentre i
suoi
amici stavano guardando qualcosa di poco educativo sul cellulare.
- Io vado in segretereia a correggere il nome sul registro tu va pure a
casa,
ci sentiamo oggi pomeriggio- Dissi a Becky. La giornata era finalmente
finita.
I professori di ogni ora avevano fatto l’appello ed io avevo
dovuto correggerli
ogni volta che sbagliavano il mio nome - Buongiorno, mi scusi, sono
Alessia
Ferri della sezione 4°A di architettura e sono nuova, avete
sbagliato a
scrivere il mio nome sul registro- dissi rivolgendomi alla segretaria
-Bene,
siediti lì e attendi il tuo turno- mi rispose lei in modo
scortese. Seguii le
sue indicazioni e mi sedetti sul divanetto accanto alla segreteria -
Professore
, le ho già detto che ho avuto dei problemi questa mattina
per questo ho fatto
tardi- Sentii una voce, più precisamente quella voce,
diffondersi per tutto il
padiglione – Certo, e allora perché anche i tuoi
compagni sono entrati insieme
a te?- Rispose il professore con tono severo -Bè non so,
mica posso sapere
tutto qullo che gli passa per la testa-
- Ascolta Marchetti, sono stufo di te e del tuo comportamento, dopo
quattro
anni ti ho identificato bene, per questa volta lascerò
correre, ma che non si
ripeta- Concluse il professore facendo uscire Federico Marchetti dalla
sala
professori.
Non appena lo vidi presi istintivamente il cellulare e feci finta di
messaggiare con qualcuno -Ehi, tu sei la nuova- esclamò lui
fermandosi davanti
a me -Bè…..sì- risposi
- Allora, come va?
Ti fa ancora male la
testa per la pallonata di questa mattina?- mi chiese prendendomi in
giro e trattenendo
a stento una risatina
- Ascolta, io ho già capito che tipo sei, e ti chiedo
cortesemente di starmi
alla larga- Risposi alzandomi in piedi -A sì, e che tipo
sarei?- mi chiese
parandomisi davanti
-Bè, sto cercando un modo per dirtelo in modo educato ma non
ce n’è neanche uno
quindi…….- lui mi guardò confuso
-Quindi?- mi chiese
-Quindi sei uno stronzo- risposi dopodiche mi allontanai da lui
-Ehi, tesoro, che problema hai?-
- Nessuno, solo che non mi piaci-
-A me sembrerebbe tutto il contrario- mi disse divertito
- Bè, quello che sembra a te non è affar mio-
risposi
-Quindi….- Federico fu interrotto dalla segretaria
– Puoi andare cara, il nome
è stato corretto, Alessia Ferri, giusto?- mi
domandò, io annuii sorridendo
-Bene, io me ne vado, a domani ALICE- mi disse Marchetti sfottendomi
-Certo, sempre che tu e i tuoi amici vi degnerete di entrare in orario-
risposi
io sorridendo e superandolo.
Quando arrivai alla fermata dell’autobus vidi Marchetti che
attraversava la
strada salutando qualcuno, così mi voltai a vedere chi fosse
e vidi una ragazza
bionda con un vestito nero che le arrivava dieci metri sopra il
ginocchio,
quando la raggiunse si salutarono baciandosi la guancia, poi lui si
voltò a
guardarmi così io distolsi lo sguardo, quando guardai
nuovamente nella loro
direzione vidi che entrambi mi guardavano sorridendo, per mia fortuna
in quel
momento arrivò l’autobus, una volta salita a bordo
mi voltai a guardare e vidi
i due allontanarsi insieme.
- Sono a casa- Gridai entrando -Ciao
pulcino- mi rispose mio padre dalla cucina
- Papà potresti evitare di chiamarmi così, non ho
due anni sai- risposi io
scortesemente, dopodiche andai a chiudermi nella mia stanza, non sapevo
perché
ma ero nervosa, sicuramente era stato quel Marchetti, si, era colpa
sua, e poi
che cattivo gusto che aveva in fatto di ragazze, quella sciacquetta con
cui si
era allontanato sembrava sua nonna, insomma, cosa ci trovava in lei. Un
momento…….che mi importava lui poteva uscire con
chi gli pareva Giusto?. Ma sì,
certo, a me non faceva nessun effetto.
Verso le quattro decisi di uscire con Maria, un’altra amica,
a farci conoscere
erano state mia madre e sua madre amiche fin dal liceo.
Quando scesi in cortile mi guardai intorno in cerca del cancello, il
cortile
era costituito da dieci palazzine, io abitavo alla numero tre, quando
guardai
verso la palazzina di fronte la mia quasi mi venne un colpo. Marchetti.
Federico Marchetti cosa ci faceva lì - E tu che ci fai qui?-
Mi domandò lui
anticipandomi - Mi stai forse seguendo?- continuò
- Cosa? Io seguire te, ma tu sogni-
-Bè, allora cosa ci fai qui?
-Io ci abito-
-Quindi siete voi i nuovi inquilini?-
-Immagino di sì-
-Bene, ti avverto noi non abbiamo sale-
Lo guardai confusa - Come scusa?-
-Per la verità lo abbiamo, ma nel caso ti serva non bussare
alla mia porta- mi
rispose lui irritatato dalla mia presenza
-Lo sai dove te lo puoi ficcare il sale?- Gli gridai contro infuriata
-Bene, allora su questo siamo d’accordo- Disse, dopodiche
riprese a camminare,
lasciando me ferma come un’idiota, senza neanche sapere
perché le sue parole mi
avevano provocato quella spiacevole sensazione.
*Note
dell’autrice*
Questo
è il secondo
capitolo, ci tengo a precisare che io frequento un liceo artistico ma i
nomi
delle scuole sono puramente casuali, così come i nomi dei
personaggi.
Ringrazio in anticipo chiunque abbia letto questa storia e
l’abbia trovata
almeno un pizzico decente XD
Cleppy