Sono reborned, sono
tornato! Mi scuso con chi attendeva le mie traduzioni ma
ho avuto dei problemi familiari, per fortuna ora risolti, e inoltre anche la
scuola si è messa di mezzo! Ma ora basta, questa è una nuova opera che ho
trovato nel mio vagare su siti inglesi, stavolta è una one-shot ancora più drammatica
della fic CANCITOTALLUS
che vi consiglio di leggere se non lo avete ancora fatto! A presto! Al link del
mio nome ho le fic tradotte finora con l’indirizzo, andateci
ogni tanto per le novità.
The Grave
Gravedigger, when you dig my grave Scavatombe, quando scavi la mia tomba
Could you make it shallow? Potresti
farla poco profonda?
So that I can feel the rain… Cosi
che possa sentire la pioggia…
[if !supportLists]-
[endif]Dave Matthews,
Gravedigger
Non ricorda quando è
successo. Non ha più il ricordo della magia finale che ha costretto il più
forte mago oscuro della storia a riposare una volta per tutte.
Non ricorda tutte le persone correre verso di se, gli auror, i guaritori,
persino i suoi amici, nulla di tutto questo. Non potrebbe dirti nulla sul
festeggiamento che ha seguito la caduta del Signore
Oscuro, ne raccontarti il lutto di una qualsiasi delle famiglie dei caduti. Non
aveva ricordo degli ultimi sette giorni, e non ne avrebbe
mai avuti.
Sembra surreale ora, comunque,
mentre cammina nei prati verdi sul suolo di Hogwarts; non sente la pioggia
cadere attorno a lui; non c’è la sensazione del fango sul terreno; non aveva
freddo, per la prima volta in assoluto; non aveva l’impulso di rabbrividire
alla fresca aria notturna. Non c’era vento, ne rumori
di alcuna sorta nella foresta proibita.
In lontananza poteva vedere il memoriale
delle persone cadute nella guerra. I pilastri bianchi che lo circondavano
sembravano rovine dell’antica Grecia. I drappi candidi che pendono da esse, una volta simboli di speranza e purezza, ora sono appesi come
drappi consumati dal troppo uso. Le tre larghe pietre nere dentro, brillanti e
bagnate dalla pioggia, portano scolpite i nomi di ogni
persona perduta nelle due guerre contro Voldemort. I nomi ricoprono tutti e tre
da ogni lato. Al centro dei pilastri si trova una fontana, argentata e fiera
nel suo fluire. E tutt’attorno il perimetro ci sono le
tombe. Le tombe di tutti coloro di cui sono stati ritrovati
i corpi, buoni o cattivi.
Harry oltrepassa Gazza nella strada per il
memoriale, una pala infangata sulle spalle e un aspetto mesto sul volto. Sembra
camminare col peso del mondo sulle sue spalle, il suo
corpo vecchio e scosso e la sua faccia grigia e depressa. Harry lo poteva
capire comunque, era stato suo compito seppellire
tutti i morti. Poteva solo immaginare cosa quel lavoro di
scavatombe poteva fare a qualcuno.
Gazza se ne andò
veloce, la sua testa abbassata. Harry lo poteva sentire mormorare debolmente,
“Che vergogna, quello.” Ma
Harry non si offese. Poteva solo pensare come sembrasse in quel momento, i
vestiti consumati.
Harry fece altri passi, quasi alla base della
collina. Guardò mentre due umili figure uscivano dalla
zona del memoriale. Una stava piangendo sulle spalle dell’altra, aggrappandosi
come se potesse perdere la vita se si fossero lasciati, e l’altra che provava
ad essere di conforto tra le proprie lacrime. Questo fece sprofondare il cuore
di Harry, vedere il dolore di qualcuno nel dopoguerra. Il modo in cui le die
persone sembravano così distrutte nella perdita dei loro amati.
Le riconobbe mentre
si avvicinava, entrambe facevano parte della sua casa e classe a Hogwarts. Calì
stava tenendo forte ad una piangente Lavanda Brown, che sembrava aver perso
l’utilizzo delle gambe e aveva bisogno di essere riportata al castello. Lavanda
stava singhiozzando qualcosa come, “Non ci posso credere… siamo tutti cosi perduti…” mentre Calì la stava consolando con cose come,
“Sì, sì… lo so…”
Non sembrarono notare Harry
mentre stava immobile, guardando triste come se potesse sentire il loro
dolore. Pensò di poterlo fare più tardi, se fosse riuscito a farle confessare
chi avevano perduto.
Entrò lentamente nel memoriale; insicuro di
cosa si potesse aspettare di vedere lì. Venne accolto
dalla vista della fontana, alta di fronte a lui. Una scultura di se stesso era seduta nel mezzo di essa, in ginocchio con la bacchetta
puntata verso il cielo e un aspetto addolorato impresso sul volto. Hermione era
accanto a lui, tenendo il suo braccio con una forte presa,
anche i suoi vestiti strappati e il naso sepolto nella sua spalla come per
dargli conforto. Dietro di loro vi erano quattro persone che avrebbe desiderato
fossero con lui ora. Remus Lupin aveva afferrato una
delle spalle di Hermione, la sua espressione arrabbiata e volta in avanti. I
suoi vestiti non erano strappati, e nemmeno sgualciti come suo solito. Sirius
accanto a lui, teneva l’altra spalla di Hermione. Non era il Sirius che Harry
ricordava personalmente, era il Sirius che uno potrebbe immaginare sarebbe stato se avesse passato la vita intera ad Azkaban. Anche lui fissava davanti a se, come se stesse donando loro
energia in supporto alle loro battaglie. Dietro Harry, molto vicini, stavano i
suoi genitori. James aveva il suo braccio sopra la spalla di Sirius e l’altro
attorno alla vita di Lily. Lily sembrava piangere, e James l’unico in grado di
mantenerla sana.
Harry fissò la fontana per diversi minuti.
L’intero memoriale era dedicato alla sua famiglia, nonostante fosse lì
principalmente per i suoi genitori. Guardò le facce dei parenti e dei loro
amici, tutti di nuovo uniti. E riguardandoli, poteva
quasi vederli nei momenti finali della battaglia, sussurrandogli, dicendogli che tutto sarebbe andato bene.
“Harry!” sentì, voltandosi per vedere la
sempre-impetuosa Molly Weasley diretta verso di lui. Non era più triste, o
depressa per la guerra come la ricordava, sembrava quasi tranquilla. Lo
abbracciò forte, come aveva sempre pensato sua madre avrebbe
fatto se fosse stata viva durante la sua infanzia, “Harry, caro! Sono
stata così preoccupata per te! Non ero sicura che ce l’avresti
fatta!”
Harry annuì guardando indietro di nuovo verso
la statua, “Ce l’ho fatta.” Disse
semplicemente, fissando la pioggia che batteva duramente contro la pietra.
Un soffio di vento, il primo di tutta la notte, mandò la veste bianca di Harry
contro la sua gamba. “Cosa sta facendo qui, signora
Weasley? Piove.”
“Sto solo aspettando i miei ragazzi e Ginny,” disse lei, in modo malinconico. Si unì a Harry mentre fissava la fontana, mentre si riempiva con la
pioggia, “Sì sì, saranno tutti qui prima di quanto pensi. Fred e Georfe sono
qui in giro da qualche parte, provano a ispirare
felicità a quelli che dicono addio alle loro famiglie. Proprio come hanno
sempre fatto.”
Harry annuì, sapeva
fin troppo bene.
Iniziò a
allontanarsi dalla signora Weasley, verso uno dei massicci blocchi di pietra
nera messi in fila. Osservò l’acqua scorrere sulla sua superficie, fissando
come se fosse ipnotizzato lo scorrere. Attese un paio di momenti, prima di
allungare la mano per toccare i nomi. Bruciavano nella sua mano, ricordandogli
ogni nome. Geoffrey Hopper, Grifondoro, graduato ad
Hogwarts nel 1997. Graham Pritchard, Serpeverde, studente del quarto anno. Gilbert
Whimple, collaboratore del Ministero. Emmeline Vance, membro dell’Ordine della
Fenice. Irma Pince, staff di Hogwarts.
Harry ritirò la mano dalla
pietra, finche non tornò al suo fianco un'altra volta. Tutti loro morti.
Tutti loro andati. Tutti loro per mano di Voldemort e i suoi Mangiamorte. Tutti
loro avrebbero dovuto avere lunghe e felici vite.
Harry sobbalzò al sentire una mano sulla sua
spalla. Si voltò per vedere il suo preside, Albus Silente, in piedi accanto a
lui. Era più giovane di quanto Harry ricordasse, non
sembrava avere più enormi responsabilità sulle spalle slanciate. Manteneva comunque il luccichio degli occhi familiare, che Harry era
abituato ad aspettarsi da lui. Guardò Harry con i suoi occhiali a mezzaluna,
con un sorriso che diceva ad Harry che sapeva qualcosa
a lui ancora sconosciuto, e annuì. “Allora, finalmente ce l’hai
fatta, Harry.” Disse, guardando la pietra nera dinanzi, “Li
vedo anche io Harry. Ma devi sapere che non è
colpa tua. È sangue sui morti e sulle mani di Tom Ridde. Non sulle tue.”
Harry annuì. Un momento di silenzio passò tra
uno dei migliori maghi della storia e uno che sicuramente arrivava secondo per poco. Silente aprì la bocca e sospirando dette ad Harry un ultimo consiglio alla Silente, “in tutti i miei
anni, Harry, ho imparato molte cose. Alcune che vorrei non
avere mai imparato. E altre, continuo a chiedermi come potessi vivere
prima di conoscerle.” Harry aspettò la conclusione, le
poche parole che gli avrebbero detto cosa fare. Non ci mise
molto, “Lei è qui, Harry.”
Hayy trasalì, prima di fissare negli occhi Silente, “Lei è qui?”
Silente sorrise e annuì, “Sì. Da quella parte
penso,” rispose, indicando la sua destra. “Non credo avrai difficoltà a trovarla.”
Harry non aveva bisogno di sentirselo
ripetere. Si alzò, sfrecciando oltre le persone, passate le pietre e oltre la
fontana. Corse oltre file di lapidi, saltandole, e inciampando diverse volte.
Continuò a correre con tutta la forza delle sue gambe.
Ma poi si fermò. La vide là, seduta sopra una tomba, nel
più bel vestito bianco che avesse mai visto. Indossava
scarpe bianche sulla terra di una tomba appena scavata. I suoi lungi capelli
scendevano sulle sue spalle. Poteva sentirla mormorare
una canzone che aveva mormorato milioni di volte
prima, con le sue mani sulle gambe.
La sua mente tornò all’ultima volta che era
stato con lei, erano nella sala comune. Ricordò come avevano atteso che Ron si
allontanasse, salutandoli e andando a letto. Come Seamus aveva sentito il
bisogno di tardare, finchè lui non aveva trovato una scusa e Hermione lo aveva
seguito nel loro santuario ad Hogwarts. Come avevano
appena raggiunto la fine delle scale prima che lui fosse
su di lei, baciando e mordicchiando e succhiando tutto e dappertutto insieme.
Ricordò i suoi sensi sovraccaricarsi, e la parte razionale del suo cervello
spengersi.
Ricordò la sua risatina
mentre si avvicinavano alla Stanza delle Necessità, e poi il suo saltare
e avvolgere le gambe attorno alla sua vita mentre entravano. Poteva ricordare
la stanza come se fosse ieri, o meglio, come se ci fosse in quel momento. Non
c’era quasi nessuna luce se non per la finestra. Come aveva piovuto anche quel
giorno, e che grazie agli occasionali lampi poteva vedere la stanza. Come ci fosse solo un letto matrimoniale nell’angolo, un comodo
tappeto sul pavimento e null’altro. La stanza doveva essere fredda in una
giornata di inverno, ma sembrava calda come un giorno
d’estate in Brasile.
E si ricordava di non vederla, solo sentirla. Sentirla
in ogni modo in cui un uomo potrebbe, dalle sue mani morbide che si dirigevano
nell’unico posto che sapeva nessuno avrebbe mai avuto occasione di toccare.
Poteva ricordare ogni sospiro, ogni tocco, ogni grido,
e finchè ci fosse stato tempo non lo avrebbe scordato. Era senza dubbio il
momento migliore della sua intera vita.
“Hermione,” sospirò,
abbastanza forte per sentirlo solo lui. Fece un passo lento in avanti, il
movimento attirò la sua attenzione, e lo guardò. Le sue mani si allontanarono
dai fianchi e si alzò con gli occhi lucenti e il volto come era
sempre stato nei suoi ricordi.
“Harry,” rispose
calma, la felicità nel vederlo evidente nel tono. Si spostò in avanti e corse
verso di lui, le vesti bianche stranamente non aderenti al suo corpo mentre
pioveva. Saltò non appena gli fu vicino, le sue gambe avvolte alla vita come
aveva fatto tanti mesi prima. “Oh, ho atteso così tanto
per rivederti, Harry!” pianse, avvolgendo il suo collo, “Ti stavo guardando
Harry. Ti stavamo tutti guardando. E ce l’hai fatta,
sono tutti così fieri di te!”
“Tutti?” chiese Harry, sorreggendo il suo
peso. Lei si allontanò dalle sue spalle, per guardarlo negli occhi, un sorriso
sul volto mentre lo aiutava a ricordare.
“Sì, tutti. Remus era cosi
felice, Harry. Continuava a mormorare come nessuno avrebbe potuto farlo
meglio di te, che eri l’unico a poterlo fare… eri
l’unico con il cuore abbastanza grande. Sirius non parlava, Harry, ma le
lacrime scendevano sulla sua faccia e mi abbracciò così forte che credevo sarei scoppiata. Tua madre e tuo padre, Harry, erano così
fieri di te… così felici che il loro sacrificio non fosse
stato invano. Che eri diventato un uomo così meraviglioso.”
La mente di Harry stava vagando. Remus,
Sirius, sua madre, suo padre… erano tutti morti. I
genitori erano morti nella loro casa quando era
bambino. Sirius era caduto oltre il velo. Remus era stato gettato oltre
giustiziato dal ministero. Erano tutti morti… come aveva potuto Hermione
vederli? Come aveva parlato con loro?
La sua mente scattò. Hermione, nemmeno lei
era viva. Lo ricordava ora. Ricordava di essere tornato al castello, stanco e
depresso per una battaglia, il suo corpo quasi incapace di muoversi. Aveva
trovato Ron al suo ritorno, e aveva chiesto dove fosse Hermione… Ron era bianco come un fantasma, balbettava su come fosse
scomparsa. Ricordava come avesse visto rosso mentre
correva fuori dal castello nella foresta.
Era arrivato in una zona al centro, per
trovare il corpo di Hermione impalato su di una roccia aguzza, con il suo
sangue come un fiume che scorreva in una pozza sotto di lei. Poteva ancora
sentire il suo cuore lacerarsi, le sue gambe cedere e
la sua vista scomparire. Gridò così forte che la gente lo aveva
sentito dal castello.
Strisciò verso il suo corpo senza vita,
togliendola dalla sua rovina di pietra e stringerla
tra le sue braccia doloranti. Si sedette sul terreno dondolando avanti e
indietro, piangendo come se fosse tutto quello che valeva. Lei non si muoveva,
e non respirava… avrebbero scoperto più tardi che era morta da ore quando la aveva trovata.
Harry poteva ricordare di non aver lasciato
la sua torre per giorni. Non sapeva quando un giorno
finiva e un altro iniziava, ma sapeva che tra il giorno in cui era morta e la
volta in cui aveva chiesto di nuovo la data era stato almeno dieci giorni. Non
ricordava la sua cerimonia funebre. Non sapeva dei suoi
genitori chiesero di parlare con lui. Non ricordava i Weasley andarlo a
trovare. Nulla di quel periodo era degno di nota, tranne che quando era sceso
dalla torre; ma era così pieno di rabbia che non poteva vederci chiaro.
E allora si ricordò di tutti loro. Si ricordò quando
Harry si voltò verso Hermione di nuovo, la
gola secca, “Hermione…” iniziò, i suoi occhi colmi di lacrime
mentre realizzava, “sono morto?”
Le sue mani si sollevarono verso la sua
faccia, riscaldando le gelide guance, “Sì Harry, lo sei.”
Disse, guardandolo negli occhi, “Hai finito le forze quando
Tom Ridde è stato distrutto, lo shock da solo era abbastanza da ucciderti.”
“Perché non posso vedere mamma e papà?”
chiese Harry, le lacrime ora scendevano libere, la sua voce spezzata nel
tentativo di non singhiozzare, “Perché non posso
vedere Sirius e Lupin? Voglio vederli, Hermione, perché non posso vederli?”
“Perché Harry,”
disse lei, la voce tenera e dolce, piena di conoscenza e comprensione, “il loro
lavoro qui era quello di vegliare su di te ed assicurarsi che compiessi il tuo
destino. Il loro lavoro è svolto ora. Eri qui per sconfiggere Voldemort e lo
hai fatto. La signora Weasley è qui perché la sua famiglia era la sua vita, e
finchè non saranno tutti qui con lei non se ne andrà.
Silente è qui per badare ai suoi allievi, mentre vivono tutti
il resto delle loro vite. Fred e George sono qui per la loro famiglia.”
“Perché non noi allora?” chiese Harry, “Cosa stiamo facendo tu ed io ancora qui? Chi stiamo aspettando?”
La sua domanda si rispose da sola, mentre grida di rabbia si sentivano all’entrata. Sentì la signora
Weasley dire qualcosa come “Su, su, caro.” E poteva sentire chiaramente il rumore di roccia contro
pietra. Harry si voltò per vedere il suo migliore amico Ron Weasley tirare
sassi alla fontana. Si voltò di nuovo verso Hermione, che annuì
semplicemente. “Dove ci siamo noi Harry, ci sarà sempre anche lui.”
“Dovevi solo farlo, non è
vero? NON È VERO,
Harry? Dovevi solo andare e morire e lasciarmi solo, no? Dovevi
essere con lei, non potevate stare l’uno senza l’altro, non è vero? E io adesso? Cosa dovrei fare
ora?!” urlava Ron alla fontana, tirando altri sassi prima di crollare a terra
piangendo, l’immagine di Molly Weasley diretta a confortarlo.
Presto Ron si voltò verso di loro e si
diresse là, come se sapesse che erano lì. Ma li passò,
dirigendosi invece tra la tomba in cui era prima seduta Hermione e quella
accanto. Ron si inginocchiò e passò le mani sui nomi
incisi nelle lapidi, “Non so come essere me stesso senza di voi,” sussurrò.
Hermione guardò indietro a Harry, prima di
allontanarsi e dirigersi verso Ron. Si inginocchiò
accanto a lui e lo abbracciò mentre lui piangeva, la mano sulla sua schiena
anche se sapeva che non poteva sentirla fisicamente. Harry si mosse e la seguì
al fianco dell’amico, abbracciandolo dall’altro lato. Sentì
Hermione sussurrare dolcemente, “Starai bene, Ron. Nessuno può tenere il
trio separato a lungo.”
FINE.