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Autore: Isobel Pranger    16/02/2006    4 recensioni
Sono reborned, e sono tornato! ecco una nuova traduzione, commentate come al solito, gli autori stranieri vogliono le recensioni, siate gentili^^
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus, Silente, George, e, Fred, Weasley, Harry, Potter, Hermione, Granger, Molly, Weasley, Ron, Weasley
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Sono reborned, sono tornato! Mi scuso con chi attendeva le mie traduzioni ma ho avuto dei problemi familiari, per fortuna ora risolti, e inoltre anche la scuola si è messa di mezzo! Ma ora basta, questa è una nuova opera che ho trovato nel mio vagare su siti inglesi, stavolta è una one-shot ancora più drammatica della fic CANCITOTALLUS che vi consiglio di leggere se non lo avete ancora fatto! A presto! Al link del mio nome ho le fic tradotte finora con l’indirizzo, andateci ogni tanto per le novità.

The Grave

Gravedigger, when you dig my grave Scavatombe, quando scavi la mia tomba

Could you make it shallow? Potresti farla poco profonda?

So that I can feel the rain… Cosi che possa sentire la pioggia…

[if !supportLists]- [endif]Dave Matthews, Gravedigger

Non ricorda quando è successo. Non ha più il ricordo della magia finale che ha costretto il più forte mago oscuro della storia a riposare una volta per tutte. Non ricorda tutte le persone correre verso di se, gli auror, i guaritori, persino i suoi amici, nulla di tutto questo. Non potrebbe dirti nulla sul festeggiamento che ha seguito la caduta del Signore Oscuro, ne raccontarti il lutto di una qualsiasi delle famiglie dei caduti. Non aveva ricordo degli ultimi sette giorni, e non ne avrebbe mai avuti.

Sembra surreale ora, comunque, mentre cammina nei prati verdi sul suolo di Hogwarts; non sente la pioggia cadere attorno a lui; non c’è la sensazione del fango sul terreno; non aveva freddo, per la prima volta in assoluto; non aveva l’impulso di rabbrividire alla fresca aria notturna. Non c’era vento, ne rumori di alcuna sorta nella foresta proibita.

In lontananza poteva vedere il memoriale delle persone cadute nella guerra. I pilastri bianchi che lo circondavano sembravano rovine dell’antica Grecia. I drappi candidi che pendono da esse, una volta simboli di speranza e purezza, ora sono appesi come drappi consumati dal troppo uso. Le tre larghe pietre nere dentro, brillanti e bagnate dalla pioggia, portano scolpite i nomi di ogni persona perduta nelle due guerre contro Voldemort. I nomi ricoprono tutti e tre da ogni lato. Al centro dei pilastri si trova una fontana, argentata e fiera nel suo fluire. E tutt’attorno il perimetro ci sono le tombe. Le tombe di tutti coloro di cui sono stati ritrovati i corpi, buoni o cattivi.

Harry oltrepassa Gazza nella strada per il memoriale, una pala infangata sulle spalle e un aspetto mesto sul volto. Sembra camminare col peso del mondo sulle sue spalle, il suo corpo vecchio e scosso e la sua faccia grigia e depressa. Harry lo poteva capire comunque, era stato suo compito seppellire tutti i morti. Poteva solo immaginare cosa quel lavoro di scavatombe poteva fare a qualcuno.

Gazza se ne andò veloce, la sua testa abbassata. Harry lo poteva sentire mormorare debolmente, “Che vergogna, quello. Ma Harry non si offese. Poteva solo pensare come sembrasse in quel momento, i vestiti consumati.

Harry fece altri passi, quasi alla base della collina. Guardò mentre due umili figure uscivano dalla zona del memoriale. Una stava piangendo sulle spalle dell’altra, aggrappandosi come se potesse perdere la vita se si fossero lasciati, e l’altra che provava ad essere di conforto tra le proprie lacrime. Questo fece sprofondare il cuore di Harry, vedere il dolore di qualcuno nel dopoguerra. Il modo in cui le die persone sembravano così distrutte nella perdita dei loro amati.

Le riconobbe mentre si avvicinava, entrambe facevano parte della sua casa e classe a Hogwarts. Calì stava tenendo forte ad una piangente Lavanda Brown, che sembrava aver perso l’utilizzo delle gambe e aveva bisogno di essere riportata al castello. Lavanda stava singhiozzando qualcosa come, “Non ci posso credere… siamo tutti cosi perduti…” mentre Calì la stava consolando con cose come, “Sì, sì… lo so…”

Non sembrarono notare Harry mentre stava immobile, guardando triste come se potesse sentire il loro dolore. Pensò di poterlo fare più tardi, se fosse riuscito a farle confessare chi avevano perduto.

Entrò lentamente nel memoriale; insicuro di cosa si potesse aspettare di vedere lì. Venne accolto dalla vista della fontana, alta di fronte a lui. Una scultura di se stesso era seduta nel mezzo di essa, in ginocchio con la bacchetta puntata verso il cielo e un aspetto addolorato impresso sul volto. Hermione era accanto a lui, tenendo il suo braccio con una forte presa, anche i suoi vestiti strappati e il naso sepolto nella sua spalla come per dargli conforto. Dietro di loro vi erano quattro persone che avrebbe desiderato fossero con lui ora. Remus Lupin aveva afferrato una delle spalle di Hermione, la sua espressione arrabbiata e volta in avanti. I suoi vestiti non erano strappati, e nemmeno sgualciti come suo solito. Sirius accanto a lui, teneva l’altra spalla di Hermione. Non era il Sirius che Harry ricordava personalmente, era il Sirius che uno potrebbe immaginare sarebbe stato se avesse passato la vita intera ad Azkaban. Anche lui fissava davanti a se, come se stesse donando loro energia in supporto alle loro battaglie. Dietro Harry, molto vicini, stavano i suoi genitori. James aveva il suo braccio sopra la spalla di Sirius e l’altro attorno alla vita di Lily. Lily sembrava piangere, e James l’unico in grado di mantenerla sana.

Harry fissò la fontana per diversi minuti. L’intero memoriale era dedicato alla sua famiglia, nonostante fosse lì principalmente per i suoi genitori. Guardò le facce dei parenti e dei loro amici, tutti di nuovo uniti. E riguardandoli, poteva quasi vederli nei momenti finali della battaglia, sussurrandogli, dicendogli che tutto sarebbe andato bene.

“Harry!” sentì, voltandosi per vedere la sempre-impetuosa Molly Weasley diretta verso di lui. Non era più triste, o depressa per la guerra come la ricordava, sembrava quasi tranquilla. Lo abbracciò forte, come aveva sempre pensato sua madre avrebbe fatto se fosse stata viva durante la sua infanzia, “Harry, caro! Sono stata così preoccupata per te! Non ero sicura che ce l’avresti fatta!”

Harry annuì guardando indietro di nuovo verso la statua, “Ce l’ho fatta.” Disse semplicemente, fissando la pioggia che batteva duramente contro la pietra. Un soffio di vento, il primo di tutta la notte, mandò la veste bianca di Harry contro la sua gamba. “Cosa sta facendo qui, signora Weasley? Piove.”

“Sto solo aspettando i miei ragazzi e Ginny,” disse lei, in modo malinconico. Si unì a Harry mentre fissava la fontana, mentre si riempiva con la pioggia, “Sì sì, saranno tutti qui prima di quanto pensi. Fred e Georfe sono qui in giro da qualche parte, provano a ispirare felicità a quelli che dicono addio alle loro famiglie. Proprio come hanno sempre fatto.”

Harry annuì, sapeva fin troppo bene.

Iniziò a allontanarsi dalla signora Weasley, verso uno dei massicci blocchi di pietra nera messi in fila. Osservò l’acqua scorrere sulla sua superficie, fissando come se fosse ipnotizzato lo scorrere. Attese un paio di momenti, prima di allungare la mano per toccare i nomi. Bruciavano nella sua mano, ricordandogli ogni nome. Geoffrey Hopper, Grifondoro, graduato ad Hogwarts nel 1997. Graham Pritchard, Serpeverde, studente del quarto anno. Gilbert Whimple, collaboratore del Ministero. Emmeline Vance, membro dell’Ordine della Fenice. Irma Pince, staff di Hogwarts.

Harry ritirò la mano dalla pietra, finche non tornò al suo fianco un'altra volta. Tutti loro morti. Tutti loro andati. Tutti loro per mano di Voldemort e i suoi Mangiamorte. Tutti loro avrebbero dovuto avere lunghe e felici vite.

Harry sobbalzò al sentire una mano sulla sua spalla. Si voltò per vedere il suo preside, Albus Silente, in piedi accanto a lui. Era più giovane di quanto Harry ricordasse, non sembrava avere più enormi responsabilità sulle spalle slanciate. Manteneva comunque il luccichio degli occhi familiare, che Harry era abituato ad aspettarsi da lui. Guardò Harry con i suoi occhiali a mezzaluna, con un sorriso che diceva ad Harry che sapeva qualcosa a lui ancora sconosciuto, e annuì. “Allora, finalmente ce l’hai fatta, Harry.” Disse, guardando la pietra nera dinanzi, “Li vedo anche io Harry. Ma devi sapere che non è colpa tua. È sangue sui morti e sulle mani di Tom Ridde. Non sulle tue.”

Harry annuì. Un momento di silenzio passò tra uno dei migliori maghi della storia e uno che sicuramente arrivava secondo per poco. Silente aprì la bocca e sospirando dette ad Harry un ultimo consiglio alla Silente, “in tutti i miei anni, Harry, ho imparato molte cose. Alcune che vorrei non avere mai imparato. E altre, continuo a chiedermi come potessi vivere prima di conoscerle. Harry aspettò la conclusione, le poche parole che gli avrebbero detto cosa fare. Non ci mise molto, “Lei è qui, Harry.”

Hayy trasalì, prima di fissare negli occhi Silente, “Lei è qui?”

Silente sorrise e annuì, “Sì. Da quella parte penso,” rispose, indicando la sua destra. “Non credo avrai difficoltà a trovarla.”

Harry non aveva bisogno di sentirselo ripetere. Si alzò, sfrecciando oltre le persone, passate le pietre e oltre la fontana. Corse oltre file di lapidi, saltandole, e inciampando diverse volte. Continuò a correre con tutta la forza delle sue gambe.

Ma poi si fermò. La vide là, seduta sopra una tomba, nel più bel vestito bianco che avesse mai visto. Indossava scarpe bianche sulla terra di una tomba appena scavata. I suoi lungi capelli scendevano sulle sue spalle. Poteva sentirla mormorare una canzone che aveva mormorato milioni di volte prima, con le sue mani sulle gambe.

La sua mente tornò all’ultima volta che era stato con lei, erano nella sala comune. Ricordò come avevano atteso che Ron si allontanasse, salutandoli e andando a letto. Come Seamus aveva sentito il bisogno di tardare, finchè lui non aveva trovato una scusa e Hermione lo aveva seguito nel loro santuario ad Hogwarts. Come avevano appena raggiunto la fine delle scale prima che lui fosse su di lei, baciando e mordicchiando e succhiando tutto e dappertutto insieme. Ricordò i suoi sensi sovraccaricarsi, e la parte razionale del suo cervello spengersi.

Ricordò la sua risatina mentre si avvicinavano alla Stanza delle Necessità, e poi il suo saltare e avvolgere le gambe attorno alla sua vita mentre entravano. Poteva ricordare la stanza come se fosse ieri, o meglio, come se ci fosse in quel momento. Non c’era quasi nessuna luce se non per la finestra. Come aveva piovuto anche quel giorno, e che grazie agli occasionali lampi poteva vedere la stanza. Come ci fosse solo un letto matrimoniale nell’angolo, un comodo tappeto sul pavimento e null’altro. La stanza doveva essere fredda in una giornata di inverno, ma sembrava calda come un giorno d’estate in Brasile.

E si ricordava di non vederla, solo sentirla. Sentirla in ogni modo in cui un uomo potrebbe, dalle sue mani morbide che si dirigevano nell’unico posto che sapeva nessuno avrebbe mai avuto occasione di toccare. Poteva ricordare ogni sospiro, ogni tocco, ogni grido, e finchè ci fosse stato tempo non lo avrebbe scordato. Era senza dubbio il momento migliore della sua intera vita.

“Hermione,” sospirò, abbastanza forte per sentirlo solo lui. Fece un passo lento in avanti, il movimento attirò la sua attenzione, e lo guardò. Le sue mani si allontanarono dai fianchi e si alzò con gli occhi lucenti e il volto come era sempre stato nei suoi ricordi.

“Harry,” rispose calma, la felicità nel vederlo evidente nel tono. Si spostò in avanti e corse verso di lui, le vesti bianche stranamente non aderenti al suo corpo mentre pioveva. Saltò non appena gli fu vicino, le sue gambe avvolte alla vita come aveva fatto tanti mesi prima. “Oh, ho atteso così tanto per rivederti, Harry!” pianse, avvolgendo il suo collo, “Ti stavo guardando Harry. Ti stavamo tutti guardando. E ce l’hai fatta, sono tutti così fieri di te!”

“Tutti?” chiese Harry, sorreggendo il suo peso. Lei si allontanò dalle sue spalle, per guardarlo negli occhi, un sorriso sul volto mentre lo aiutava a ricordare.

“Sì, tutti. Remus era cosi felice, Harry. Continuava a mormorare come nessuno avrebbe potuto farlo meglio di te, che eri l’unico a poterlo fare… eri l’unico con il cuore abbastanza grande. Sirius non parlava, Harry, ma le lacrime scendevano sulla sua faccia e mi abbracciò così forte che credevo sarei scoppiata. Tua madre e tuo padre, Harry, erano così fieri di te… così felici che il loro sacrificio non fosse stato invano. Che eri diventato un uomo così meraviglioso.

La mente di Harry stava vagando. Remus, Sirius, sua madre, suo padre… erano tutti morti. I genitori erano morti nella loro casa quando era bambino. Sirius era caduto oltre il velo. Remus era stato gettato oltre giustiziato dal ministero. Erano tutti morti… come aveva potuto Hermione vederli? Come aveva parlato con loro?

La sua mente scattò. Hermione, nemmeno lei era viva. Lo ricordava ora. Ricordava di essere tornato al castello, stanco e depresso per una battaglia, il suo corpo quasi incapace di muoversi. Aveva trovato Ron al suo ritorno, e aveva chiesto dove fosse Hermione… Ron era bianco come un fantasma, balbettava su come fosse scomparsa. Ricordava come avesse visto rosso mentre correva fuori dal castello nella foresta.

Era arrivato in una zona al centro, per trovare il corpo di Hermione impalato su di una roccia aguzza, con il suo sangue come un fiume che scorreva in una pozza sotto di lei. Poteva ancora sentire il suo cuore lacerarsi, le sue gambe cedere e la sua vista scomparire. Gridò così forte che la gente lo aveva sentito dal castello.

Strisciò verso il suo corpo senza vita, togliendola dalla sua rovina di pietra e stringerla tra le sue braccia doloranti. Si sedette sul terreno dondolando avanti e indietro, piangendo come se fosse tutto quello che valeva. Lei non si muoveva, e non respirava… avrebbero scoperto più tardi che era morta da ore quando la aveva trovata.

Harry poteva ricordare di non aver lasciato la sua torre per giorni. Non sapeva quando un giorno finiva e un altro iniziava, ma sapeva che tra il giorno in cui era morta e la volta in cui aveva chiesto di nuovo la data era stato almeno dieci giorni. Non ricordava la sua cerimonia funebre. Non sapeva dei suoi genitori chiesero di parlare con lui. Non ricordava i Weasley andarlo a trovare. Nulla di quel periodo era degno di nota, tranne che quando era sceso dalla torre; ma era così pieno di rabbia che non poteva vederci chiaro.

E allora si ricordò di tutti loro. Si ricordò quando la Signora Weasley era morta nel sonno dopo che Fred e Gorge erano stati uccisi in battaglia, i medici dire che era stato il cuore spezzato ad ucciderla. Si ricordò di Silente, morire per mano di Voldemort stesso, in uno degli ultimi giorni che Voldemort fu capace di respirare.

Harry si voltò verso Hermione di nuovo, la gola secca, “Hermione…” iniziò, i suoi occhi colmi di lacrime mentre realizzava, “sono morto?”

Le sue mani si sollevarono verso la sua faccia, riscaldando le gelide guance, “Sì Harry, lo sei. Disse, guardandolo negli occhi, “Hai finito le forze quando Tom Ridde è stato distrutto, lo shock da solo era abbastanza da ucciderti.”

“Perché non posso vedere mamma e papà?” chiese Harry, le lacrime ora scendevano libere, la sua voce spezzata nel tentativo di non singhiozzare, “Perché non posso vedere Sirius e Lupin? Voglio vederli, Hermione, perché non posso vederli?”

“Perché Harry,” disse lei, la voce tenera e dolce, piena di conoscenza e comprensione, “il loro lavoro qui era quello di vegliare su di te ed assicurarsi che compiessi il tuo destino. Il loro lavoro è svolto ora. Eri qui per sconfiggere Voldemort e lo hai fatto. La signora Weasley è qui perché la sua famiglia era la sua vita, e finchè non saranno tutti qui con lei non se ne andrà. Silente è qui per badare ai suoi allievi, mentre vivono tutti il resto delle loro vite. Fred e George sono qui per la loro famiglia.

“Perché non noi allora?” chiese Harry, “Cosa stiamo facendo tu ed io ancora qui? Chi stiamo aspettando?”

La sua domanda si rispose da sola, mentre grida di rabbia si sentivano all’entrata. Sentì la signora Weasley dire qualcosa come “Su, su, caro. E poteva sentire chiaramente il rumore di roccia contro pietra. Harry si voltò per vedere il suo migliore amico Ron Weasley tirare sassi alla fontana. Si voltò di nuovo verso Hermione, che annuì semplicemente. “Dove ci siamo noi Harry, ci sarà sempre anche lui.

Dovevi solo farlo, non è vero? NON È VERO, Harry? Dovevi solo andare e morire e lasciarmi solo, no? Dovevi essere con lei, non potevate stare l’uno senza l’altro, non è vero? E io adesso? Cosa dovrei fare ora?!” urlava Ron alla fontana, tirando altri sassi prima di crollare a terra piangendo, l’immagine di Molly Weasley diretta a confortarlo.

Presto Ron si voltò verso di loro e si diresse là, come se sapesse che erano lì. Ma li passò, dirigendosi invece tra la tomba in cui era prima seduta Hermione e quella accanto. Ron si inginocchiò e passò le mani sui nomi incisi nelle lapidi, “Non so come essere me stesso senza di voi,” sussurrò.

Hermione guardò indietro a Harry, prima di allontanarsi e dirigersi verso Ron. Si inginocchiò accanto a lui e lo abbracciò mentre lui piangeva, la mano sulla sua schiena anche se sapeva che non poteva sentirla fisicamente. Harry si mosse e la seguì al fianco dell’amico, abbracciandolo dall’altro lato. Sentì Hermione sussurrare dolcemente, “Starai bene, Ron. Nessuno può tenere il trio separato a lungo.

FINE.

  
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