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Autore: virgily    15/05/2011    1 recensioni
-sai che ora mi sento molto meglio? Quando arriva l’infermiera fatti dare del ghiaccio... sento i tuoi bollenti spiriti imprecare anche da qui- ridacchio’ gustosamente perversa mentre saltellava verso l’uscita.
-okay Verity Sanders, e’ la guerra che vuoi? E guerra avrai piccola puttana- furono le ultime parole del moretto prima che un gridolino straziato si propagasse per l’intera stanza.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore della porta che si chiuse di colpo alle sue spalle la colse alla sprovvista, facendola sobbalzare dalla sorpresa. Con sguardo accigliato il ragazzo che era appena entrato in camera sua non sembrava essere per niente assonnato, il che era miracoloso: Jim non era un tipo mattiniero, eppure nel profondo delle sue iridi azzurre vedeva qualcosa, una luce insolita, un baiore che credeva di non vedere piu’

- Allora?- domando’ schietto avvicinandosi alla sua sorellina, la quale facendo finta di nulla si asciugo’ velocemente le sue ultime lacrime; se lo era ripromessa, non avrebbe lacrimato mai piu’ per uno come Gerard Way... Mai piu’

- C-cosa? Come mai gia’ sveglio?- tento’ di cambiare discorso, ma quando le dita forti e tozze dell’uomo strinsero il suo polso, costringendola ad una vicinanza pericolosa, la piccola Sanders dovette abbassare lo sguardo, in preda alla vergogna mentre il cuore le palpitava nel petto

- Perche’ Gerard era in camera tua? L’ho visto uscire dalla finestra e attraversare la tettoia che ci divide dalla sua...-  non rispose, conosceva bene il tono di voce roco e irritato con cui il suo fratellone le stava parlando. Da quando i loro genitori avevano divorziato Jim si era ritrovato a fare “l’uomo di casa”, ruolo che ricopriva anche la parte dell’iperprotettivo super eroe che avrebbe ridotto in poltiglia chiunque osasse fare del male a sua sorella. Ver sapeva che non era cattiveria gratuita ma bensi' soltanto la voglia di salvaguardarla, ma una parte di lei non gli avrebbe mai permesso di mettere le mani addosso a quel ragazzo, anche se si trattava di uno stronzo, proprio quello  stronzo che era difficile da dimenticare

- Niente, non stava bene ieri notte e per non farlo rientrare in casa ubriaco allora ha dormito qui...- rispose vagamente continuando a non volgergli il benche minimo sguardo, timorosa di igni parola, ogni espressione facciale e perfino di ogni respiro di quel ragazzone

- E...-

- E... Cosa?-

- Stavi piangendo. Dubito che fosse perche’ si sentiva male. Verity, sorellina, lo sai che se ti succede qualcosa io sono qui per te... Vero?- domando’ stringendola al suo petto, coccolandole il capo, intrecciando le dita con le ciocche disordinate dei suoi capelli. La ragazza sospiro’ rassegnata, quando sfoggiava uno dei suoi abbracci non riusciva a non sciogliersi. Il calore della sua pelle coccolo’ il suo stesso animo, che si addolci' un poco, quel tanto che bastava per prendere il coraggio di parlare. Rimasero nella sua cameretta, in penombra mentre il sole cominciava a fare capolino dalla finestra. Verity confessava con un velo di timidezza la sua breve avventura con Gerard: gli sguardi, le frecciatine, il bacio... Quel maledetto bacio che aveva firmato la sua benedizione e la sua condanna.

- Mi ha chiesto perdono, ma sai bene che non credo alle parole di un ubriaco- affermo’ torturando un lenbo del suo lenzuolo. Lo sfregava tra e mani, cercando di cancellare l’odore del rum che impregnava la stoffa candida. Jim la osservava, con lo sguardo spento, le goti pallide, completamente diversa da come si comportava pochi giorni prima, quando il suo bel girasole brillava nei suoi occhi, quando parlava dello “stronzo che l’aveva fatta svenire”

- Tuttavia, devi considerare ,sorellina, che le parole di uno sbronzo sono i pensieri di un sobrio. Magari ha bevuto solo per trovare il coraggio...-

- Strano, mi sembra che non ha avuto bisogno di bere quando mi ha detto che ero patetica- rispose sentendosi la bocca amara a quel ricordo

- Cadere in errore e’ molto piu’ facile di quello che puo’ sembrare. Comunque, credo che tu stia facendo tardi per scuola...- gia’, la scuola, l’unico posto che le consentiva di stare vicina a lei... L’edificio che cominciava ad infastidirla proprio per quella presenza. Sbuffo’ appena quando suo fratello usci’ dalla sua camera “sai, Gerard non mi sta molto simpatico. Tuttavia credo che le sue scuse siano state sincere. In caso contrario e’ un marmocchio morto”. L’ultima frase di suo fratello era riuscia a farla ridere, sebbene non fosse piacevole il pensiero del pugno chiuso di Jim contro la guancia morbida e vellutata del suo bastardo. Sollevandosi dal letto comincio’ a spulciare in giro per la sua stanza, alla ricerca di qualcosa da mettere . Infilo’ il primo paio di jeans che trovo’ sul fondo dell’armadio, abbinandoci una maglietta nera. Osservo’ il suo riflesso allo specchio, e quasi non riconosceva quella donna che si mostrava pallida e depressa dinnanzi a lei; il colore della maglietta poi non era di alcun aiuto, anzi “sembra che vado a un funerale” penso’ immergendo la testa all’interno del suo guarda roba. Tra pacchi, pacchetti e scatole varie improvvisamente riconobbe una sacchetto in velluto rosso che sperava di aver nascosto per bene: un fiocco zebrato blu e nero, glielo aveva regalato suo padre, l’ultimo giorno che lo vide a Phoenix, prima che sua madre lo cacciasse di casa. Era il giorno del suo compleanno, se lo ricordava bene:

“la peggior festa della mia vita” aveva sussurrato tra se e se mentre tutta quella gente che non conosceva invadeva il salotto di casa sua. Max, il suo fidanzato, aveva detto che doveva finire di lavorare, che sarebbe passato il prima possibile, ma nel frattempo la noia s’impossessava di lei. Con due bottiglie ancora piene e belle congelate di birra un uomo, l’unico uomo che avrebbe mai potuto amare piu’ del suo ragazzo, si mise accanto a lei, stringendosi un pochino sulla scalinata ricoperta di moquette bordeaux, offrendole di bere

- Il tuo uomo non si fa vedere eh?- aveva domandato beffardo, non facendo caso al muso lungo che storpiava il suo visetto di porcellana. Poi, i suoi grandi occhi verdi si erano posati su di lei, sulla sua bambina.  Sorseggio’ velocemente la sua birra e dolcemente poso’ il suo pesante braccio tatuato sulle sue spalle; gia’, Drake Sanders non era il classico padre giacca e cravatta con un noiosissimo lavoro in banca. Lui era uno spirito libero, il chitarrista con la voce piu’ bella che Verity conoscesse, il suo mentore e migliore amico allo stesso tempo. Quasi rassegnata si era abbandonata in quell’abbraccio rilassandosi nelle premure dell’uomo. Sentiva le dita callose stringerla a se, e le sue labbra premurose baciarle i capelli. La piu’ piccola aveva sollevato appena lo sguardo, perdendosi negli occhi di suo padre: verdi con un girasole nel centro dell’iride, gli stessi che aveva avuto la fortuna di ereditare. Gli sorrise, era fiera di lui, sebbene sua madre non volesse ammetterlo era un buon padre... Molto particolare ma comunque un ottimo genitore.

- Sai, tua madre mi ha fatto giurare che non ti avrei fatto vedere il regalo prima della mezzanotte. Tuttavia, io ho un secondo regalo per te che voglio darti adesso...- e con fare impacciato infilo’ la mano nella tasca posteriore dei jeans, tirando fuori da essa una piccola sacca rossa. Era vellutata al tatto, ed era molto leggera. Doveva essere qualcosa di piccolo, e Verity adorava l’attimo di suspence che separava i suoi occhi dall’agnizzione del suo regalo: un fiocco per capelli zebrato blu e nero. Sorrise a trentadue denti e infilo’ immediatamente il fermaglio nella sua frangetta. Drake aveva sorriso a sua volta, e sporgendosi appena sul capo della sua bimba ormai cresciuta. Le aveva baciato la fronte mentre le mani ancora piccole e morbide, come quelle di un neotato, della ragazza lo stringevano forte

- Sei la mia vita piccola. Tutta la mia vita...-

Sospirando si sistemo’ il fermaglio nella frangetta e afferrando una felpa del medesimo colore. Sentiva i suoi occhi gonfiarsi, ma cerco’ per quanto le era possibile di non sciogliere quel poco di trucco che aveva addosso. A passo svelto scese le scale e afferro’ il toast che giaceva nel mezzo del piatto. Aveva stranamente appettito, stentava a crederci.

- Ieri sera non mi hai raccontato nulla della tua serata. Allora? Come sono i ragazzi?- domando’ la donna alle sue spalle che nel frattempo continuava ad abbrustolire fettine di pane, compiaciuta del fatto che la sua bambina stesse finalmente mangiando

- Non sono niente male...- rispose facendo la vaga, cercando di concentrarsi sul buco nel suo stomaco piuttosto che alla voce di Way che annebbiava la sua mente. Il tono della piu’ piccola non era dei migliori, lo aveve intuito dal modo incui aveva morso il labbro inferiore prima di risponderle. Afferrando una tazza di caffe’ amaro allora, Demetra si avvicino’ al piccolo tavolo su cui Verity stava facendo colazione, e osservandola di sottecchi si mise al suo fianco, cercando di capire cosa fosse andato storto, anche se in parte ne intuiva il motivo

- Sembri, non lo so... Strana- affermo’ la donna sorseggiandosi lentamente il suo caffe’ studiandosi i movimenti del visetto pallido della ragazzina che, nuovamente, si morse la bocca

- Da cosa lo deduci? Dal fatto che stia mangiando?-

- Anche. Non e’ che percaso c’entra Gerard?- la domanda spavalda e ingenuamente curiosa di sua madre le fece quasi rigurgitare quel poco che aveva messo sotto i denti. Il suo cuoricino comincio’ a battere forte mentre lo sguardo della sua genitrice cominciava ad accigliarsi maliziosamente: “Jim! Maledetto bastardo le ha spifferato tutto!” penso’ mentre afferrava il picchiere di succo di frutta all’arancio, bevendone il contenuto con veemente ansia. Quel sapore aspro era riuscito in parte ad alleviarle l’agitazione, e sapeva che non avrebbe potuto rimanere in silenzio ancora per molto

- P-perche’ me lo chiedi? J-Jim...?-

- No, non mi ha detto nulla. Ci sono arrivata per conto mio...- rispose ridacchiando. Come immaginava, anche stavolta aveva fatto centro. Rassegnata la piccola Sanders sbuffo’ grattentodi la testa imbarazzata, sua madre la conosceva troppo bene, era palese che prima o poi si sarebbe accorta di qualcosa, ma come aveva fatto cosi’ in fretta?

- Ver... Ti piace Gerard?- la fatilica domanda che temeva sentire da quella bocca, la questione a cui, da qualche ora, non riusciva a trovare una risposta

- No. Cioe’...  Non mi piaceva pero’... Dio non ne ho la piu’ pallida idea- anche in quell’occasione la giovane aveva rinunciato allo spremersi le memingi, forse per paura di ricordare anche il piu’ piccolo particolare di lui. Facendo scivolare qualche centimetro il piatto, la castana si era procurata lo spazio per poggiare la fronte sul tavolo, fissando il gioco di striature scure e chiare che lo percorrevano.  Demy vedeva molto di se in quella piccola figura: ci vedeva tutta la sua insicurezza, tutta la sua timidezza... La sua ingenuita’. Sorridendo la donna afferro’ dolcemente la mano della sua bambina, e si perse per qualche secondo quando vide gli occhi della piu’ piccola ricambiare lo sguardo. Amava quelle iridi verdi, sentiva ancora qualcosa per il possessore del medesimo  girasole ocra che ornava la sua pupilla... di quella dolcezza a cui si era separata forse troppo in fretta

- A me piace Michael, non Gerard...- sussurro’ cercando di convincere se stessa e sua madre, ma era proprio il suo timbro quasi tremante a far mancare di credibilita’ la sua affermazione

- Ne sei sicura? Magari e’ perche’ sei attratta da entrambi...-

- No, impossibile. Gerard e’ uno stronzo... Io odio gli stronzi-  il riso della piu’ grande feceincuriosire la ragazza al suo fianco, che interdetta, la fisso’ scocciata e stranita allo stesso tempo

- Tuo padre era il mio stronzo quando avevo la tua eta’...-

- Hai conosciuto papa’ al liceo?- domando’ la giovane Sanders affascinata. Demetra non aveva mai affrontato l’argomento ne con lei ne con suo fratello, e la storia d’amore tra le e suo padre era sempre stata un mistero fino a quel momento, e non avrebbe permesso a nessuno di rovinarglielo... Nemmeno la scuola

- Eh gia’. Era stato bocciato e me lo sono ritrovata in classe quarto anno-

- E...-

- E niente, era il classico ragazzo che ama farti soffrire. Usava il suo talento musicale per portarsi a letto le mie amiche. Ci e’ riuscito con tutte, ma non con me...-

- E come hai fatto? Mamma come sei riuscita a resistergli?!- domando’ con foga, assetata di conoscenza, di consigli che potevano esserle utili

- Beh, ecco...- comincio’ la sua genitrice abbassando appena lo sguardo, con le guance colorite... Per la prima volta Demy era imbarazzata dinnanzi a lei

- Semplicemente perche’ ero la fidanzata del suo migliore amico..- per qualche secondo il cervello di Verity si disconesse, lasciandola a bocca aperta, senza fiato e con una marea di domande

- Scusami mamma, e poi come avete fatto a mettervi insieme? Cos’e’ successo?-

- Durante una serata tuo padre mi prese da parte, e mi bacio’. Sebbene lo avessi respinto con uno schiaffo quel bacio mi era piaciuto. Quando sono tornata da lui per parlargli di quel bacio... Beh, lui era con la mia migliore amica. Lo odiai, con tutta me stessa. Tuo padre tento’ piu’ volte di avvicinarsi a me, per chiedermi perdono; ma mi rifiutavo perfino di andare alle loro prove con il mio ragazzo piuttosto che vederlo..-

- E come avete fatto a riappacificarvi?-

- Beh, io mi ero decisa che dovevo decidere uno dei due. E dopo tre giorni di pianti straziati scelsi il mio fidanzato. Ma proprio quando stavo per tornare da lui sono venuta a sapere che Drake aveva bevuto troppo, e che aveva fatto un incidente con la macchina. Io e Quinn ci siamo precipitati da lui, ed e’ stato proprio in ospedale che il mio ragazzo decise di farsi da parte. Mi disse che non potevo mentire a me stessa, che tuo padre sarebbe rimasto sempre con me, nei miei pensieri. E’ stato... Dolce- rispose sua madre dipingendo un riso malinconico sulle sue labbra, come se mentalmente stesse facendo un viaggio nel tempo, perdendoi in un ricordo che la piu’ piccola poteva solo immaginare

- Wow...- fu tutto quello che era riuscita a pronunciare. Era rimasta affascinata dalla storia di sua madre, non era la trama di un film romantico e strappalacrime, ma le era piaciuta molto. Tuttavia il piccolo momento tra lei e sua madre stava finendo in fretta, i minuti scorrevano, e la scuola l’attendeva. Gia’, una nuova giornata con Gerard. Come avrebbe dovuto comportarsi? Fredda? Indifferente? Avrebbe dovuto parlargli? Improvvisamente il ricordo dell’odore dell’alchol che impregnava la sua pelle e le sue guance arrosate per l’ebrezza le fecero mancare qualche battito. Era assurdo per lei crederlo, ma era preoccupata per Way. Forse piu’ confusa di prima Sanders si sollevo’ dalla seggiola e afferro’ la cartella addossata alla gamba del tavolo. Con un cenno della mano saluto’ sua madre e senza dire nulla si avvio’ sulla porta con sguardo basso e pensoso

- Cerca di conoscerlo meglio Ver. Scopri chi e’ realmente. Non lasciare che della fredda cenere nasconda il diamante al suo interno- la voce di sua madre la segui’ per tutto l’ingresso. Non ne aveva capito molto il senso, pero’ sapeva che le avrebbe dato ascolto.

*Angolino di Virgy*

Ho preferito concentrare questo capitolo un po a Verity, a lei e alla sua famiglia.

Spero che vi piaccia comunque, commentate se volete mi farebbe piacere.

Un bacio

-V-

 

 

  
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