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Autore: _Freedom_    15/05/2011    0 recensioni
Bene, riproviamoci ancora! Questo è il mio terzo tentativo di fanfiction, ma questa volta sono più motivato, maturo, e una volta tanto prima di cominciare a scrivere mi sono creato una trama Sono veramente alle prime armi, ogni critica è accettata.
Ah, sì: il capitolo è un po' corto, perchè più che un capitolo è quasi un prologo, però non posso considerarlo tale perchè... vabbè, la sostanza è che i prossimi capitoli saranno più lunghi.
Genere: Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo motivati, eravamo forti, ormai eravamo ad un passo dal farcela. Perché è dovuta finire così? E’ stato tutto vano? Tutto ciò per cui avevamo lottato con le unghie e con i denti, tutto ciò per cui abbiamo pianto lacrime amare e lanciato gridi di gioia. E’ tutto finito. Ho deluso tutti i miei compagni, tutti i miei amici, ho deluso anche il mio capitano. Perdonatemi, ragazzi; perdonate la mia debolezza e la mia mancanza di spirito, non sono riuscito ad evitare questa disfatta. Credevo che qualunque cosa fosse accaduta, se avessi dato del mio meglio non avrei avuto rimpianti: invece ora ne ho un milione e più, uno peggiore dell’altro. Ma il mio rimpianto più grande è quello di aver infranto la nostra promessa, Endo: a quanto pare non giocheremo insieme la finale…

Il rumore metallico dei freni del treno annunciava l’arrivo a destinazione: tutti i passeggeri cominciarono ad alzarsi per prendere i propri bagagli, pensando a quello che avrebbero dovuto fare una volta fuori dal treno,incuranti degli altri, qualsiasi cosa loro accadesse. In uno scompartimento di seconda classe un giovane ragazzo era ancora immerso nel mondo dei sogni, lungi dallo svegliarsi. Nel frattempo il treno stava cominciando a svuotarsi, e il personale di bordo si stava rilassando nella cabina ristorante: le giovani hostess, riconoscibili dai loro eleganti completi rossi, bevevano tranquillamente un caffè insieme ai loro colleghi uomini, concedendosi una piccola pausa prima di cominciare a rimettere in ordine il treno: il viaggio di ritorno sarebbe stato quella sera alle 21:00, tra ben 5 ore.

Il giovane ragazzo continuava a dormire: un rivolo di bava scendeva dalle sua labbra rosee, andando a bagnare la maglietta rossa che indossava in quel momento; il suo leggero respiro alzava i folti e lucidi capelli castani, passando dagli occhi semi-chiusi che lasciavano intravedere una iride azzurra come il mare.

Delle persone guardandolo dall’esterno avrebbero potuto dire che il ragazzo dormisse tranquillamente, ma quello che vedeva in questo momento il ragazzo era tutt’altro che tranquillo: il ragazzo correva, più veloce del vento, e assieme a lui i suoi amici; tra i suoi piedi c’era un pallone sferico, uno degli oggetti che amava più al mondo, e che non avrebbe mai sostituito con nulla.

Nel frattempo era passata un’ora: il personale di bordo aveva concluso la sua agognata pausa e si era rimessa al lavoro: bisognava riordinare il treno per il viaggio di ritorno. Gli uomini avrebbero aiutato il conducente con i vari controlli tecnici, mentre le donne avevano il compito di ripulire tutti gli scompartimenti. Sarebbero partite dagli scompartimenti di prima classe, che necessitavano una pulizia molto più accurata e meticolosa, in quanto i clienti erano più ricchi, e quindi più esigente rispetto a quello di seconda classe.

Il ragazzo continuava a dormire.

Dopo un’altra oretta, le ragazze avevano pulito la maggior parte degli scompartimenti, ed erano arrivate alla coda del treno. Entrate nello scompartimento dove il ragazzo continuava a riposare beatamente, videro che era in perfette condizioni: molto probabilmente nessun posto era stato comprato. Così, senza nemmeno controllare, si avviarono con passo deciso verso quello successivo. La più giovane delle ragazze però, stava controllando meglio, nel caso in cui vi fosse qualche residuo di sporcizia. Quando era all’incirca a metà dello scompartimento, le scappò un gridolino: non si era accorta che c’era un ragazzo che dormiva, molto probabilmente da quando il treno si era fermato. Gli diede una piccola scossa per svegliarlo, ma il ragazzo era caduto in un sonno davvero profondo. Allora cominciò a dare scosse sempre più forti, fino a far colpire la testa del giovane contro il vetro, che finalmente si svegliò : “Ahhh! Che male!” urlò, massagiandosi la testa. La hostess, spaventata a morte, disse: “Stai bene? Scusa, non volevo assolutamente farti male, ma tu non ti svegliavi…” Il ragazzo ancora intontito, chiese: “Eh, ma che cosa succede? Dove sono?” “ Sei sul treno, arrivato un paio di ore fa, ma a quanto pare tu eri troppo occupato a dormire, per scendere” rispose la hostess, sollevata del fatto di non aver fatto male al ragazzo. “Treno… un paio d’ore… dormito… Aspetti un attimo, ma che ore sono?” “Sono le 16 in punto.” Il giovane sgrano gli occhi dallo stupore, e come un fulmine si alzò dal sedile, e, facendo quasi cadere la hostess, corse a tutta valocità verso l’uscita: “Grazie mille per avermi svegliato!!” urlò in lontananza.

Da quel momento in poi non pensò più a niente: non poteva assolutamente arrivare in ritardo: senza nemmeno accorgersene era fuori dalla stazione, e continuava a correre a tutta velocità verso i taxi. Fermatosi, vide una fila lunga almeno 20 metri: era costretto ad andare a piedi. Imprecando, ricominciò la sua folle corsa per la bellissima Capitale: normalmente avrebbe ammirato i bellissimi monumenti che la adornavano, i negozi, i turisti… ma non aveva tempo, l’unica cosa che contava era arrivare in tempo: ricordava fin troppo bene le parole dell’allenatore

“Chi non sarà presente quando chiamerò il suo nome durante l’appello, anche solo di un secondo, non potrà partecipare alla selezione, chiunque egli sia”

No, non sarebbe arrivato in ritardo per niente al mondo, non aveva intenzione di mancare ad un evento così importante, che avrebbe potuto cambiare la sua vita: voleva andare a conquistare il mondo, e niente e nessuno lo avrebbe fermato. I minuti passavano, le 17 si avvicinavano e lo stadio era più lontano che mai, era davvero la fine? Sul serio avrebbe perso la occasione della sua vita per un colpo di sonno? No, non poteva finire così. Corse, più veloce e determinato di prima, mentre le foglie degli alberi gli cadevano addosso, ed un cane abbaiava nella sua direzione. Ormai era mandido di sudore, e le gambe gli facevano male sotto i pantaloni verde chiaro, ma lo stadio era ormai in vista, e non smise di correre: erano le 16:58. Arrivato all’ingresso erano le 17:02, ormai l’appello era stato fatto, e aveva perso la sua grande occasione, ma sarebbe entrato comunque, per vedere la selezione, e i suoi amici.

Quando entrò sul’erba verde dello stadio, si sentì a suo agio: la leggera brezza estiva gli scompigliava i capelli, rinfrescandolo dopo quella corsa estenuante. I grandi spalti erano vuoti, ovviamente, ma lo stadio riusciva comunque a trasmettere la sua imponenza, facendo sentire chiunque piccolo piccolo… Una voce lo risvegliò dai suoi pensieri:

“Hey, è arrivato!” Un grande ragazzo, alto all’incirca un metro e 85 centimetri, corse verso di lui. “Finalmente sei arrivato! Temevamo non venissi più!” “Ciao Gigi… beh, che importa se sono venuto o no? Sono in ritardo e l’allenat…” “Non è ancora arrivato! Sei in tempo!” Il ragazzo fissò dall’alto verso il basso il suo grande amico, fissandolo nei suoi grandi occhi scuri. “Dici sul serio?” “Sì, non sto scherzando, non è ancora arriva…”

Un uomo entrò in campo: i suoi capelli neri erano in netto contrasto con la sua carnagione chiara,e , nonostante la piccola statura, riusciva a trasmettere un forte senso di autorità:

“Tutti i quanti in riga!” I ventidue ragazzi si misero immediatamente in riga, seguendo gli ordini dell’uomo. “Bene, vedo che ci siete tutti, ma devo fare comunque l’appello: vi chiamerò in ordine alfabetico.” L’uomo prese un foglio e cominciò a sfogliare una lista: “Ardena Fidio!” Fidio non era mai stato così felice di sentire pronunciare il proprio nome, e non era mai stato così felice di essere in un campo da calcio, insieme ai suoi amici, per mettersi alla prova e di dimostrare essere degno di poter sfidare il mondo intero. Così, con tutto il fiato che aveva in corpo rispose: “Presente, signore!”
  
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