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Autore: Feel Good Inc    17/05/2011    3 recensioni
{ I classificata nel contest 'Come in un CD' indetto da KeR e JunKo, giudicata da Fe85 e syssy5 }
Quando era con Matt, Misa dimenticava completamente di essere il secondo Kira.
Quando era con Misa, Mail Jeevas dimenticava completamente di essere Matt.
Senza Matt, Mello non riusciva neppure a ricordare cosa significasse essere Mihael.

“Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato, quando tutti si tolgono la maschera...” (A. Schopenhauer)
{ Mello/Matt/Misa }
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Misa Amane | Coppie: Matt/Mello, Matt/Misa
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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track 07 ♪ Man In The Mirror

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24 gennaio 2013, ore 23:19

Seconda strofa ~ and no message could have been any clearer

 

 

Non aveva pensato a Rem finché non l’aveva vista rientrare attraverso una parete. La shinigami aveva guardato il suo corpo lascivamente intrecciato a quello di Matt con un’espressione che Misa, travolta dagli eventi inaspettati, non era riuscita a interpretare. Non si era neppure sentita in imbarazzo. Soltanto il rimorso di star facendo qualcosa di sbagliato, qualcosa di terribile nei confronti di Light era un batuffolo di lucidità nella caotica passione che l’aveva colta così impreparata – ma neanche quello era bastato a farla smettere, a farle dire basta così.

Aveva continuato a muoversi in quella danza in cui non era ancora chiaro chi guidasse chi, accesa dal nuovo e dal diverso e dagli ansiti di Matt che la voleva come nessuno l’aveva mai voluta e la baciava come nessuno l’aveva mai baciata [neppure lui, Dio, neppure lui], e aveva chiuso gli occhi per non vedere Rem dirigersi a capo chino in una stanza che si potesse chiamare altrove – quella tristezza così umana nei suoi tratti così mostruosi.

Dopo, erano rimasti per un po’ raggomitolati insieme, l’uno nell’altra, a lasciar spegnere gli ultimi tremiti osceni e ad ascoltarsi recuperare il fiato. Misa non si era chiesta a cosa pensasse Matt. Non aveva pensato nulla. Si era semplicemente rifiutata di pensare, poiché in cuor suo sapeva già che il risveglio della coscienza le avrebbe fatto dannatamente male – e forse anche perché preferiva restare Misa, solo Misa, ancora per un po’, solo per un po’.

Il tempo era scorso impassibile su di loro, e Light ancora non tornava. Avrebbe fatto tardi di nuovo. Doveva esserne sollevata o infastidita? Non lo sapeva più. Ora esisteva solo il calore di Matt sulla pelle nuda, ciò che le aveva dato dapprima con le parole e gli sguardi e gli scherzi e oggi con i baci e le carezze e il silenzio.

Era stato a malincuore che aveva accettato la silenziosa richiesta di Rem, quando era ricomparsa dopo molti minuti eterni; e aveva assaporato fino in fondo il lunghissimo bacio con cui Matt l’aveva trattenuta prima di lasciarla alzare dal letto.

Tornò al presente e guardò il proprio riflesso nello specchio a figura intera del bagno. Quasi non riuscì a riconoscersi: le labbra erano tumide, i seni pieni, la pelle risplendente di una fiamma che da settimane – forse da mesi – se n’era andata chissà dove. Eppure gli occhi, invece, non erano più sereni come apparivano soltanto quel pomeriggio, prima che Matt la invitasse al cinema, prima che lei lo invitasse in casa, prima.

Non aveva bisogno di cercare il riflesso di Rem per intuire quanto stesse per dirle.

« Non avresti dovuto farlo, Misa. »

Non replicò, non disse nulla. Non soltanto perché parlare ad alta voce avrebbe potuto richiamare l’attenzione di Matt dal di là della porta chiusa. Una parte di lei, quella che ancora si teneva allacciata stretta a Light, quella che non voleva aprire gli occhi neppure adesso, era d’accordo con la shinigami.

Però c’era sempre quell’altra parte di sé, la Misa e basta, che desiderava soltanto essere guardata finalmente come una donna e non come un altro paio di mani con cui trascrivere nomi in un quaderno nero.

Misa aveva capito. Misa non era stupida. Era solo la sua cieca devozione nei confronti di lui a farla sembrare tale, a volte. Ma devozione e amore sono due cose diverse: e l’amore, quando dall’altra parte incontra solo freddezza, presto o tardi se ne accorge.

« So a cosa stai pensando. » Rem le venne vicino, sfiorandole una ciocca di capelli, con affetto. Se di affetto si poteva parlare. « So come ti senti quando sei con lui. Te lo si legge in faccia. Lui è diverso da Yagami, non è vero? È reale. Sei convinta che lo sia. »

Misa chiuse gli occhi. Non lo sapeva neppure lei, di cosa era convinta. Forse di niente più.

Era così fin da quando, contro ogni logica, si era accorta di amare un ragazzo che conosceva appena.

« Misa, io... Io odio quanto sto per dirti di fare. Tuttavia è per la tua felicità che mi preoccupo, non per me. Ora voltati, e guarda dalla serratura. »

Aprì gli occhi e li puntò in quelli della dea della morte, spiazzata. Rem non le diede spiegazioni. Si fece solo da parte, lasciandola libera di muoversi verso la porta. Non appena si scostò da lei, Misa si sentì di colpo [inspiegabilmente] esposta e indifesa.

Si mosse con cautela, cinque piccoli passi incerti, e per qualche istante rimase ferma a indugiare. Cosa stava cercando di dirle, lei? Che Matt le nascondeva qualcosa? Ma era impossibile. Matt-kun? Quel ragazzo gentile e buffo che era entrato nella sua vita con la repentinità di un fulmine e la luce calda di un incendio?

E che ti ha tenuto nascosto il suo vero nome, le ricordò quella Misa-Misa che si teneva ancora appigliata, giusto con le punte delle dita, alla figura evanescente di Light.

Di certo fu quel pensiero a indurla a dare ascolto a Rem e a chinarsi per sbirciare dalla toppa.

Quello che vide la disarmò definitivamente, annullando persino quel sentimento che l’aveva come spezzata in due.

‘Matt’ non era più dove lo aveva lasciato, disteso nel letto sfatto e umido di liquidi e desideri espressi. Ora era in piedi – ancora nudo, ma con i sensi all’erta, dimentico del languore che li aveva tenuti insieme fino a un minuto prima. E si guardava intorno e frugava con gli occhi e con le mani e non emetteva un minimo singolo rumore mentre rovistava le lenzuola, faceva scorrere i cassetti, socchiudeva le ante dell’armadio.

La comprensione precedette le ultime parole di Rem, e fu più dolorosa ancora.

« Sono stata nel posto in cui vive. Ho visto cosa fanno, lui e il giovane uomo che ha tappezzato la casa di tue immagini. Vogliono fermare Kira, e in questo preciso momento Mail Jeevas è in cerca di una prova che ti riveli sua complice. »

Vuoto.

Un vuoto immenso, incolmabile e nero, e poi basta.

Si sentì mancare le forze e si ritrovò appoggiata al lavabo, a sforzarsi di vomitare quello schifo [di sé? Di lui? Di tutto?] che si sentiva ribollire nello stomaco come bile velenosa. Rem non tentò di alleviare quel dolore in alcun modo; forse in quel momento ne stava provando uno identico.

Non seppe mai per quanto tempo rimase così, con gli occhi sbarrati sul suo mondo di illusioni che ora le crollavano addosso. Una... a... una.

Come da molto lontano, come da fuori di sé, alla fine sentì quella stessa porta aprirsi piano e quei passi che credeva conosciuti avvicinarsi senza avvedersi di nulla e quelle braccia in cui si era sentita una che non esisteva circondarla da dietro le spalle e quelle labbra che in quelle due ore erano state le sue sfiorarle delicatamente la base del collo.

Quando sollevò di nuovo lo sguardo sullo specchio, il bagliore rosso che circondava il nome di Mail Jeevas le sembrò, per una volta, più simile al sangue che non al fuoco.

 

 

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Ci tengo a ringraziarvi, ragazze, non solo per aver continuato a leggere ma anche e soprattutto per le parole comprensive che mi avete lasciato. Vi assicuro che mi sono state molto d’aiuto. Sto lentamente uscendo dal periodo nero e questo è anche merito vostro.

Spero che la storia continui a piacervi. Mancano solo quattro capitoli all’epilogo; là ringrazierò meglio, uno per uno, tutti i lettori/recensori/varie. Grazie, grazie davvero, e a presto.

Aya ~

 

Credits: Man in the mirror, © Michael Jackson

   
 
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