track 07 ♪ Man In
The Mirror
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24 gennaio 2013, ore 23:19
Seconda
strofa ~ and no message could have been any clearer
Non aveva pensato a Rem finché non l’aveva
vista rientrare attraverso una parete. La shinigami aveva
guardato il suo corpo lascivamente intrecciato a quello di Matt con
un’espressione che Misa, travolta dagli eventi
inaspettati, non era riuscita a interpretare. Non si era neppure sentita in
imbarazzo. Soltanto il rimorso di star facendo qualcosa di sbagliato, qualcosa
di terribile nei confronti di Light
era un batuffolo di lucidità nella caotica passione che l’aveva
colta così impreparata – ma neanche quello era bastato a farla
smettere, a farle dire basta così.
Aveva continuato a muoversi in quella danza in cui non era
ancora chiaro chi guidasse chi, accesa dal nuovo e dal diverso e dagli ansiti
di Matt che la voleva come nessuno l’aveva mai voluta e la baciava come
nessuno l’aveva mai baciata [neppure lui,
Dio, neppure lui], e aveva chiuso gli
occhi per non vedere Rem dirigersi a capo chino in una stanza che si potesse
chiamare altrove – quella tristezza così umana nei suoi tratti
così mostruosi.
Dopo, erano rimasti per un po’ raggomitolati insieme,
l’uno nell’altra, a lasciar spegnere gli ultimi tremiti osceni e ad
ascoltarsi recuperare il fiato. Misa non si era
chiesta a cosa pensasse Matt. Non aveva pensato nulla. Si era semplicemente rifiutata di pensare, poiché in
cuor suo sapeva già che il risveglio della coscienza le avrebbe fatto
dannatamente male – e forse anche perché preferiva restare Misa, solo Misa, ancora per un po’, solo per un po’.
Il tempo era scorso impassibile su di loro, e Light ancora
non tornava. Avrebbe fatto tardi di nuovo. Doveva esserne sollevata o
infastidita? Non lo sapeva più. Ora esisteva solo il calore di Matt
sulla pelle nuda, ciò che le aveva dato dapprima con le parole e gli
sguardi e gli scherzi e oggi con i baci e le carezze e il silenzio.
Era stato a malincuore che aveva accettato la silenziosa
richiesta di Rem, quando era ricomparsa dopo molti minuti eterni; e aveva
assaporato fino in fondo il lunghissimo bacio con cui Matt l’aveva
trattenuta prima di lasciarla alzare dal letto.
Tornò al presente e guardò il proprio riflesso
nello specchio a figura intera del bagno. Quasi non riuscì a
riconoscersi: le labbra erano tumide, i seni pieni, la pelle risplendente di
una fiamma che da settimane – forse da mesi – se n’era andata
chissà dove. Eppure gli occhi, invece, non erano più sereni come
apparivano soltanto quel pomeriggio, prima che Matt la invitasse al cinema,
prima che lei lo invitasse in casa, prima.
Non aveva bisogno di cercare il riflesso di Rem per intuire
quanto stesse per dirle.
« Non avresti dovuto farlo, Misa.
»
Non replicò, non disse nulla. Non soltanto
perché parlare ad alta voce avrebbe potuto richiamare l’attenzione
di Matt dal di là della porta chiusa. Una parte di lei, quella che
ancora si teneva allacciata stretta a Light, quella che non voleva aprire gli occhi neppure
adesso, era d’accordo con la shinigami.
Però c’era sempre quell’altra parte di sé, la Misa e basta, che desiderava soltanto essere guardata
finalmente come una donna e non come un altro paio di mani con cui trascrivere
nomi in un quaderno nero.
Misa aveva capito. Misa non era stupida. Era solo la sua cieca devozione
nei confronti di lui a farla sembrare
tale, a volte. Ma devozione e amore sono due cose diverse: e l’amore,
quando dall’altra parte incontra solo freddezza, presto o tardi se ne
accorge.
« So a cosa stai pensando. » Rem le venne
vicino, sfiorandole una ciocca di capelli, con affetto. Se di affetto si poteva
parlare. « So come ti senti quando sei con lui. Te lo si legge in faccia.
Lui è diverso da Yagami, non è vero?
È reale. Sei convinta che lo
sia. »
Misa chiuse gli occhi. Non lo sapeva neppure lei, di cosa era
convinta. Forse di niente più.
Era così fin da quando, contro ogni logica, si era
accorta di amare un ragazzo che conosceva appena.
« Misa, io... Io odio quanto
sto per dirti di fare. Tuttavia è per la tua felicità che mi preoccupo,
non per me. Ora voltati, e guarda dalla serratura. »
Aprì gli occhi e li puntò in quelli della dea
della morte, spiazzata. Rem non le diede spiegazioni. Si fece solo da parte,
lasciandola libera di muoversi verso la porta. Non appena si scostò da
lei, Misa si sentì di colpo [inspiegabilmente]
esposta e indifesa.
Si mosse con cautela, cinque piccoli passi incerti, e per
qualche istante rimase ferma a indugiare. Cosa stava cercando di dirle, lei?
Che Matt le nascondeva qualcosa? Ma era impossibile. Matt-kun? Quel ragazzo gentile e
buffo che era entrato nella sua vita con la repentinità di un fulmine e
la luce calda di un incendio?
E che ti ha tenuto
nascosto il suo vero nome, le ricordò
quella Misa-Misa che si teneva ancora appigliata,
giusto con le punte delle dita, alla figura evanescente di Light.
Di certo fu quel pensiero a indurla a dare ascolto a Rem e a
chinarsi per sbirciare dalla toppa.
Quello che vide la disarmò definitivamente,
annullando persino quel sentimento che l’aveva come spezzata in due.
‘Matt’ non era più dove lo aveva
lasciato, disteso nel letto sfatto e umido di liquidi e desideri espressi. Ora
era in piedi – ancora nudo, ma con i sensi all’erta, dimentico del
languore che li aveva tenuti insieme fino a un minuto prima. E si guardava
intorno e frugava con gli occhi e con le mani e non emetteva un minimo singolo rumore mentre
rovistava le lenzuola, faceva scorrere i cassetti, socchiudeva le ante
dell’armadio.
La comprensione precedette le ultime parole di Rem, e fu
più dolorosa ancora.
« Sono stata nel posto in cui vive. Ho visto cosa
fanno, lui e il giovane uomo che ha tappezzato la casa di tue immagini.
Vogliono fermare Kira, e in questo preciso momento
Mail Jeevas è in cerca di una prova che ti
riveli sua complice. »
Vuoto.
Un vuoto immenso, incolmabile e nero, e poi basta.
Si sentì mancare le forze e si ritrovò
appoggiata al lavabo, a sforzarsi di vomitare quello schifo [di sé? Di
lui? Di tutto?] che si sentiva
ribollire nello stomaco come bile velenosa. Rem non tentò di alleviare
quel dolore in alcun modo; forse in quel momento ne stava provando uno
identico.
Non seppe mai per quanto tempo rimase così, con gli
occhi sbarrati sul suo mondo di illusioni che ora le crollavano addosso. Una...
a... una.
Come da molto lontano, come da fuori di sé, alla fine
sentì quella stessa porta aprirsi piano e quei passi che credeva conosciuti avvicinarsi senza avvedersi di nulla e quelle braccia in
cui si era sentita una che non esisteva
circondarla da dietro le spalle e quelle labbra che in quelle due ore erano state le sue sfiorarle delicatamente la base del collo.
Quando sollevò di nuovo lo sguardo sullo specchio, il
bagliore rosso che circondava il nome di Mail Jeevas
le sembrò, per una volta, più simile al sangue che non al fuoco.
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Ci tengo a ringraziarvi,
ragazze, non solo per aver continuato a leggere ma anche e soprattutto per le
parole comprensive che mi avete lasciato. Vi assicuro che mi sono state molto d’aiuto.
Sto lentamente uscendo dal periodo nero e questo è anche merito vostro.
Spero che la storia
continui a piacervi. Mancano solo quattro capitoli all’epilogo; là
ringrazierò meglio, uno per uno, tutti i lettori/recensori/varie. Grazie,
grazie davvero, e a presto.
Aya
~
Credits: Man
in the mirror, © Michael Jackson