Entra il ragazzo.
Gli occhi verdi freddi come neve e altrettanto soffici. Si muove sicuro, il passo leggero, non fa rumore sul pavimento di pietra.
Non teme più per la sua vita, no. Non teme più nulla, nemmeno l’oblio.
Non c’è rischio.
E forse è questo che lo ucciderà, infine.
Si ferma al centro della stanza. In mano ha la bacchetta, ma sembra quasi ne sia dimentico, quasi come se fosse inutile o superflua.
Come se non fosse venuto qui al patibolo.
Una volta si sarebbe passato una mano tra i capelli, il ragazzo. Un segno di indecisione, sconforto forse.
Ma quel ragazzo non esiste più, non esiste più da tempo.
Non si guarda intorno: sa bene chi sono i suoi amici e non teme di vederli tra le fila di persone in maschera che gli si stringono intorno.
Non presta loro alcuna attenzione. Come le maschere che portano, non hanno identità e il ragazzo non ha più paura del buio.
Non ha più paura di niente.

Non si muove l’uomo.
E’ tranquillo. Il ragazzo non l’ha deluso.
Un sorriso sfiora la bocca senza labbra, distorcendo appena il volto cadaverico.
Sa che tutto è andato, tutto andrà secondo i piani.
Non teme la morte
No, non più.
Non c’è rischio.
Della morte se ne è liberato. Un’odiosa mosca, schiacciata tra le mani.
Non si muove, lui.
Non ne ha bisogno: sono sempre stati gli altri a cercarlo, mai il contrario.
Non si guarda intorno: sa che nessuno dei suoi soldati farà un passo senza un suo segnale.
Li ha adddestrati bene i suoi cani, non teme disobbedienza.
Gli occhi fissi sul ragazzo, ignora tutto il resto.
Tutto andrà per il meglio, perché non dovrebbe?
L’uomo non teme il futuro, no.
Non ha più paura di niente.

“Harry Potter” mormorò, “Il Ragazzo Che è Sopravvissuto”.