Salve!
Questa one-shot
ha come protagonista Itachi ed è
ovviamente
ambientata nella notte del massacro.
Grazie a blackmiranda e fra_angel8 per il betaggio! ^^
Buona
lettura!
["Itachi… Ha ucciso i suoi amici, ha
ucciso i
suoi superiori… Ha ucciso la sua amata, ha ucciso suo padre,
ha ucciso sua
madre… Ma non ha saputo uccidere il suo fratellino." _Madara Uchiha]
“…”
“Itachi Uchiha, tergiversare nelle risposte
non li salverà comunque.”
“…Hanno tenuto una nuova riunione ieri sera.
Parlavano di accelerare i tempi, signore.”
“Allora dobbiamo agire in fretta, ancora più
di loro.”
“Danzo, sai che non sono d’accordo. Un
dialogo sarebbe la soluzione migliore. Possiamo mandare avanti dei
messaggeri…”
“Non essere ridicolo, Sarutobi! Stiamo
parlando di un colpo di stato per mano di uno dei clan più
potenti di Konoha,
per non dire della Terra del Fuoco! Ho già parlato anche con
Homura e Koharu, e
concordano con me. È assolutamente necessario
intervenire!”
“Finirà male.”
“Ma non c’è altra via
d’uscita. E tu,
ragazzo, preparati: è per stanotte.”
Memorie di un
massacro - La notte
Era qualcosa
di assolutamente abominevole.
Non voleva
pensare, non voleva provare emozioni, non dava nemmeno a se stesso il
tempo di comprendere
chi aveva davanti: fulmineo, come lo era stato Shisui, calava la katana
mirando
ai punti vitali, in modo che almeno i suoi familiari
non soffrissero inutilmente.
Non che
questo cambiasse la realtà delle cose: sarebbero stati
sterminati. Tutti. Dal
primo all’ultimo.
Cercando di
ignorare l’urlo straziato del ragazzo a cui aveva appena
trapassato lo sterno (suo cugino)
andò oltre, guardandosi
attorno, cercando Madara; e lo vide uscire subito dopo da
un’abitazione vicina,
asciugando il sangue che colava dalla sua spada. Indifferente. Quasi noncurante. Disumano.
“Tutto bene
fin qui, direi, vero, Itachi? L’effetto sorpresa ha
funzionato: nessuno si
aspettava una cosa del genere, quindi siamo avvantaggiati.”
Con un solo
gesto fluido tagliò di netto la gola ad una donna che
cercava di fuggire
terrorizzata, mentre Itachi se la vedeva con qualche altro parente, di
cui
cercava in ogni modo di non
riconoscere l’identità.
“Io vado verso
le case di Yakumi e Yashiro” riprese poi Madara. “Non
li vedo venirci incontro e
sicuramente non li ho ancora uccisi, e
credo proprio nemmeno tu. Preferisco essere certo di averli tolti di
mezzo
entro tempi brevi, perché sono molto abili e non vorrei
tentassero di organizzare
una qualche resistenza, soprattutto nel caso dovessero riuscire a
incontrare
tuo padre. Sarebbe oltremodo seccante.”
Itachi
annuì, senza parlare per via del groppo che gli serrava la
gola, mai così poco
padrone di se stesso come in quel momento.
“A te lascio
tuo padre e tua madre, e se vuoi puoi andare anche da lei.”
Al giovane
si strinse lo stomaco, e serrò i pugni per impedire che le
mani tremassero.
Con un cenno
del capo assentì nuovamente, e partì spedito per le due case verso cui
era diretto.
Fremette,
quando entrò e vide sua madre andargli incontro, in cucina.
“Itachi! Tuo
padre è uscito per capire che sta succedendo, per fermare
questa pazzia. Stai bene,
qualcuno ti ha ferito? Sei coperto di sangue…!” e
dopo questa constatazione, un
lampo di comprensione passò per i grandi occhi di Mikoto
Uchiha. Suo figlio. Il
suo bambino.
Madre. Mamma. Sempre dolce, sempre
comprensiva, sempre soave. Sempre presente, per me, per Sasuke.
Ti ringrazio, per tutto, per ogni cosa. Ti
voglio bene. Mamma… Perdonami.
“È per
Konoha… È per Sasuke…
Madre…”
E la lama
colpì, letale.
Quasi subito
dopo udì dei passi, e non si sorprese di vedere, nel
corridoio, suo padre.
Fugaku
Uchiha era completamente fuori di sé.
“Tu. Tu! Disgraziato,
rinnegato, traditore e- È tua
madre
quella a terra?!”
Ad Itachi
mancò di nuovo la forza per rispondere, così si
limitò a sfoderare la katana
per l’ennesima volta in quella notte orrenda e surreale.
Anche a te ho voluto bene, padre. Ma tutto
questo è colpa tua, e della tua incapacità di
vedere che un clan non conta solo
per quanta influenza ha all’interno di un Villaggio.
È colpa della tua cecità,
anche se sono sicuro che non intendevi agire per te stesso ma per il
bene di
tutta la nostra famiglia. Mi dispiace, papà. Anche se a te
non chiederò
perdono.
Quando ebbe
terminato, il corpo morente di suo padre giaceva sopra a quello
già senza vita
di sua madre,
in un ultimo
abbraccio mortale.
Una volta
uscito da casa sua, la prima azione che fece
fu guardarsi febbrilmente intorno per comprendere come si
era evoluta la
situazione.
Inutile dire
che Madara stava facendo un buon lavoro: osservò i cadaveri
sparsi per la
strada con il cuore in gola, non sapeva più se per il
disgusto, la rabbia, la
disperazione o cos’altro.
Con un moto
di sollievo quasi doloroso si rese conto che non vedeva Sasuke da
nessuna parte
tra i corpi, e che non lo scorgeva nemmeno nei dintorni, in arrivo.
Benedicendo
la testa dura del fratellino, che pur di allenarsi e migliorare spesso
rimaneva
in accademia fino a tardi, si diresse verso l’altra
casa che lo attendeva, sentendosi sollevato per la
sorte del minore.
Schiuse la
porta, trovando la casa deserta.
I genitori
di lei dovevano essere
già morti, da
qualche parte fuori in strada, perché conosceva
l’abitazione e sapeva che non c’erano
posti dove nascondersi, all’interno.
In un
silenzio di piombo, rotto solo da qualche urlo ormai sporadico
proveniente dall’esterno,
si udì lo scricchiolio del primo gradino su cui aveva posato
il piede.
Forzando se
stesso a proseguire, Itachi salì la scala e giunse fino al
piano di sopra.
Automaticamente,
si diresse verso quella stanza,
diede
un respiro profondo, e ne varcò la soglia.
Sulle prime
gli parve che fosse vuota anche quella, ma poi, sommesso,
incontrollato, udì
distintamente un singhiozzo lieve.
E la vide.
Reiko Uchiha
era rannicchiata in un angolo nascosto, tra la parete
dell’armadio e il muro.
Non
piangeva, ma doveva aver terminato da poco, perché i suoi
occhi neri erano
arrossati.
Per un lungo
istante si guardarono.
Poi la
ragazza si alzò, rapida, e in un disperato tentativo di
sfuggirgli puntò dritta
al corridoio; ma lui era il genio degli Uchiha e in meno di un secondo
l’aveva
fermata e immobilizzata, tenendola per i polsi.
“Reiko…”
“I-itachi,
t-ti prego…”
“Reiko, non
posso lasciarti andare.”
La ragazza
abbassò la testa, sconfitta, e i lunghi capelli scuri le
coprirono parte del
viso.
“Mi
ucciderai…?”
“Io… devo
farlo. Ma c’è una… ragione
per questo scempio.”
“I-io ti
conosco, Itachi, e la immagino. Probabilmente hai informato
l’Hokage. Forse
anche tuo padre avrebbe dovuto immaginarlo, e vedere il ragazzo che
sei, non quello che
desiderava tu fossi. Avrebbe
dovuto comprendere che uno come te non avrebbe mai partecipato ad un
colpo di
stato, nemmeno per lealtà verso gli Uchiha. Adesso per
favore lasciami i polsi,
mi fai male. Non proverò più a
scappare.”
Lui la liberò
dalla propria stretta, permettendole di avvicinarsi e stringendola poi
in un
abbraccio, concedendo a se stesso un ultimo contatto umano.
“Era l’unica
soluzione, vero?”
Reiko lo
sentì annuire senza parlare.
“Allora
uccidimi.”
“…Non hai
paura? Una persona normale sarebbe terrorizzata.”
“Lo sono, te
lo assicuro. Ma tu hai una missione, non è così?
Ed anche ammettendo che mi
lasciassi andare, chi ti ha ordinato di fare questo non mi
permetterebbe di
sopravvivere. Allora preferisco morire per mano tua.”
Itachi chiuse
gli occhi, sentendosi mortalmente in colpa al pensiero di non poterla
salvare
nello stesso modo in cui aveva potuto far risparmiare Sasuke. Ma
d’altronde,
pensò con amarezza, l’unico motivo per cui gli
avevano permesso di non uccidere
suo fratello era conservare nel Villaggio un portatore maschio di
Sharingan.
Non
avrebbero mai consentito, in ogni caso, che anche Reiko sopravvivesse.
Si riscosse
dai suoi pensieri quando avvertì, senza aprire gli occhi,
che lei alzava la
testa dalla sua spalla.
“Permettimi
solo…” udì a stento il suo sussuro, e
poi si sentì baciare.
Improvvisi, indesiderati, i ricordi di un
amore tredicenne: pomeriggi assolati trascorsi sui prati, quando le
missioni
non opprimono; mani che si sfiorano e poi si intrecciano, ancora
timide; baci
impacciati rubati in stradine nascoste, per non farsi vedere da
nessuno…
Ti prego, Reiko. Ti prego, non portarmi
rancore.
“Ti amo,
Itachi.”
Anche io.
Qualche
secondo dopo, adagiò il corpo di Reiko sul suo letto, con
dolcezza.
Le labbra di
lei si schiusero, inanimate, un’ultima volta.
Una volta
tornato in strada, trovò il silenzio totale; Madara doveva
aver terminato l’opera,
e come d’accordo si era eclissato.
Ma lui aveva
ancora un ultimo compito da portare a termine.
Ed
improvvisamente, sentì un grido straziato.
“Che diavolo… Sta
succedendo?!”
Il cuore si
risvegliò in un sussulto, e corse a perdifiato tra i
cadaveri verso quella che
era stata casa sua.
Entrò dal
retro, silenziosamente, posizionandosi dietro ai corpi dei suoi
genitori.
Quando vide
il fusuma della stanza mosso dalla piccola mano di Sasuke,
soffiò un ultimo,
profondo sospiro.
Volse il
capo al fratellino, ricacciando indietro le lacrime.
Si va in scena.
Grazie ad eventuali
recensori! =)
Panda