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Autore: Panda_chan    18/05/2011    8 recensioni
Cercando di ignorare l’urlo straziato del ragazzo a cui aveva appena trapassato lo sterno (suo cugino) andò oltre, guardandosi attorno, cercando Madara; e lo vide uscire subito dopo da un’abitazione vicina, asciugando il sangue che colava dalla sua spada. Indifferente. Quasi noncurante. Disumano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Itachi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Salve!
Questa one-shot ha come protagonista Itachi ed è  ovviamente ambientata nella notte del massacro.
Grazie a blackmirandafra_angel8 per il betaggio! ^^
Buona lettura!

 ***

["Itachi… Ha ucciso i suoi amici, ha ucciso i suoi superiori… Ha ucciso la sua amata, ha ucciso suo padre, ha ucciso sua madre… Ma non ha saputo uccidere il suo fratellino."  _Madara Uchiha]

 
“Qual è la situazione attuale?”
“…”
“Itachi Uchiha, tergiversare nelle risposte non li salverà comunque.”
“…Hanno tenuto una nuova riunione ieri sera. Parlavano di accelerare i tempi, signore.”
“Allora dobbiamo agire in fretta, ancora più di loro.”
“Danzo, sai che non sono d’accordo. Un dialogo sarebbe la soluzione migliore. Possiamo mandare avanti dei messaggeri…”
“Non essere ridicolo, Sarutobi! Stiamo parlando di un colpo di stato per mano di uno dei clan più potenti di Konoha, per non dire della Terra del Fuoco! Ho già parlato anche con Homura e Koharu, e concordano con me. È assolutamente necessario intervenire!”
“Finirà male.”
“Ma non c’è altra via d’uscita. E tu, ragazzo, preparati: è per stanotte.”

 
Memorie di un massacro - La notte

 
Era qualcosa di assolutamente abominevole.
Non voleva pensare, non voleva provare emozioni, non dava nemmeno a se stesso il tempo di comprendere chi aveva davanti: fulmineo, come lo era stato Shisui, calava la katana mirando ai punti vitali, in modo che almeno i suoi familiari non soffrissero inutilmente.
Non che questo cambiasse la realtà delle cose: sarebbero stati sterminati. Tutti. Dal primo all’ultimo.
Cercando di ignorare l’urlo straziato del ragazzo a cui aveva appena trapassato lo sterno (suo cugino) andò oltre, guardandosi attorno, cercando Madara; e lo vide uscire subito dopo da un’abitazione vicina, asciugando il sangue che colava dalla sua spada. Indifferente. Quasi noncurante. Disumano.
“Tutto bene fin qui, direi, vero, Itachi? L’effetto sorpresa ha funzionato: nessuno si aspettava una cosa del genere, quindi siamo avvantaggiati.”
Con un solo gesto fluido tagliò di netto la gola ad una donna che cercava di fuggire terrorizzata, mentre Itachi se la vedeva con qualche altro parente, di cui cercava in ogni modo di non riconoscere l’identità.
“Io vado verso le case di Yakumi e Yashiro” riprese poi Madara. “Non li vedo venirci incontro e sicuramente non li ho ancora uccisi, e credo proprio nemmeno tu. Preferisco essere certo di averli tolti di mezzo entro tempi brevi, perché sono molto abili e non vorrei tentassero di organizzare una qualche resistenza, soprattutto nel caso dovessero riuscire a incontrare tuo padre. Sarebbe oltremodo seccante.”
Itachi annuì, senza parlare per via del groppo che gli serrava la gola, mai così poco padrone di se stesso come in quel momento.
“A te lascio tuo padre e tua madre, e se vuoi puoi andare anche da lei.”
Al giovane si strinse lo stomaco, e serrò i pugni per impedire che le mani tremassero.
Con un cenno del capo assentì nuovamente, e partì spedito per le due case verso cui era diretto.


Fremette, quando entrò e vide sua madre andargli incontro, in cucina.
“Itachi! Tuo padre è uscito per capire che sta succedendo, per fermare questa pazzia. Stai bene, qualcuno ti ha ferito? Sei coperto di sangue…!” e dopo questa constatazione, un lampo di comprensione passò per i grandi occhi di Mikoto Uchiha. Suo figlio. Il suo bambino.
Madre. Mamma. Sempre dolce, sempre comprensiva, sempre soave. Sempre presente, per me, per Sasuke.
Ti ringrazio, per tutto, per ogni cosa. Ti voglio bene. Mamma… Perdonami.

“È per Konoha… È per Sasuke… Madre…”
E la lama colpì, letale.


Quasi subito dopo udì dei passi, e non si sorprese di vedere, nel corridoio, suo padre.
Fugaku Uchiha era completamente fuori di sé.
“Tu. Tu! Disgraziato, rinnegato, traditore e- È tua madre quella a terra?!
Ad Itachi mancò di nuovo la forza per rispondere, così si limitò a sfoderare la katana per l’ennesima volta in quella notte orrenda e surreale.
Anche a te ho voluto bene, padre. Ma tutto questo è colpa tua, e della tua incapacità di vedere che un clan non conta solo per quanta influenza ha all’interno di un Villaggio. È colpa della tua cecità, anche se sono sicuro che non intendevi agire per te stesso ma per il bene di tutta la nostra famiglia. Mi dispiace, papà. Anche se a te non chiederò perdono.
Quando ebbe terminato, il corpo morente di suo padre giaceva sopra a quello già senza vita di sua madre,
in un ultimo abbraccio mortale.


Una volta uscito da casa sua, la prima azione che fece  fu guardarsi febbrilmente intorno per comprendere come si era  evoluta la situazione.
Inutile dire che Madara stava facendo un buon lavoro: osservò i cadaveri sparsi per la strada con il cuore in gola, non sapeva più se per il disgusto, la rabbia, la disperazione o cos’altro.
Con un moto di sollievo quasi doloroso si rese conto che non vedeva Sasuke da nessuna parte tra i corpi, e che non lo scorgeva nemmeno nei dintorni, in arrivo.
Benedicendo la testa dura del fratellino, che pur di allenarsi e migliorare spesso rimaneva in accademia fino a tardi, si diresse verso l’altra casa che lo attendeva, sentendosi sollevato per la sorte del minore.


Schiuse la porta, trovando la casa deserta.
I genitori di lei dovevano essere già morti, da qualche parte fuori in strada, perché conosceva l’abitazione e sapeva che non c’erano posti dove nascondersi, all’interno.
In un silenzio di piombo, rotto solo da qualche urlo ormai sporadico proveniente dall’esterno, si udì lo scricchiolio del primo gradino su cui aveva posato il piede.
Forzando se stesso a proseguire, Itachi salì la scala e giunse fino al piano di sopra.
Automaticamente, si diresse verso quella stanza, diede un respiro profondo, e ne varcò la soglia.
Sulle prime gli parve che fosse vuota anche quella, ma poi, sommesso, incontrollato, udì distintamente un singhiozzo lieve.
E la vide.
Reiko Uchiha era rannicchiata in un angolo nascosto, tra la parete dell’armadio e il muro.
Non piangeva, ma doveva aver terminato da poco, perché i suoi occhi neri erano arrossati.
Per un lungo istante si guardarono.
Poi la ragazza si alzò, rapida, e in un disperato tentativo di sfuggirgli puntò dritta al corridoio; ma lui era il genio degli Uchiha e in meno di un secondo l’aveva fermata e immobilizzata, tenendola per i polsi.
“Reiko…”
“I-itachi, t-ti prego…”
“Reiko, non posso lasciarti andare.”
La ragazza abbassò la testa, sconfitta, e i lunghi capelli scuri le coprirono parte del viso.
“Mi ucciderai…?”
“Io… devo farlo. Ma c’è una… ragione per questo scempio.”
“I-io ti conosco, Itachi, e la immagino. Probabilmente hai informato l’Hokage. Forse anche tuo padre avrebbe dovuto immaginarlo, e vedere il ragazzo che sei,  non quello che desiderava tu fossi. Avrebbe dovuto comprendere che uno come te non avrebbe mai partecipato ad un colpo di stato, nemmeno per lealtà verso gli Uchiha. Adesso per favore lasciami i polsi, mi fai male. Non proverò più a scappare.”
Lui la liberò dalla propria stretta, permettendole di avvicinarsi e stringendola poi in un abbraccio, concedendo a se stesso un ultimo contatto umano.
“Era l’unica soluzione, vero?”
Reiko lo sentì annuire senza parlare.
“Allora uccidimi.”
“…Non hai paura? Una persona normale sarebbe terrorizzata.”
“Lo sono, te lo assicuro. Ma tu hai una missione, non è così? Ed anche ammettendo che mi lasciassi andare, chi ti ha ordinato di fare questo non mi permetterebbe di sopravvivere. Allora preferisco morire per mano tua.”
Itachi chiuse gli occhi, sentendosi mortalmente in colpa al pensiero di non poterla salvare nello stesso modo in cui aveva potuto far risparmiare Sasuke. Ma d’altronde, pensò con amarezza, l’unico motivo per cui gli avevano permesso di non uccidere suo fratello era conservare nel Villaggio un portatore maschio di Sharingan.
Non avrebbero mai consentito, in ogni caso, che anche Reiko sopravvivesse.
Si riscosse dai suoi pensieri quando avvertì, senza aprire gli occhi, che lei alzava la testa dalla sua spalla.
“Permettimi solo…” udì a stento il suo sussuro, e poi si sentì baciare.
Improvvisi, indesiderati, i ricordi di un amore tredicenne: pomeriggi assolati trascorsi sui prati, quando le missioni non opprimono; mani che si sfiorano e poi si intrecciano, ancora timide; baci impacciati rubati in stradine nascoste, per non farsi vedere da nessuno…
Ti prego, Reiko. Ti prego, non portarmi rancore.

“Ti amo, Itachi.”
Anche io.


Qualche secondo dopo, adagiò il corpo di Reiko sul suo letto, con dolcezza.
Le labbra di lei si schiusero, inanimate, un’ultima volta.

 
Una volta tornato in strada, trovò il silenzio totale; Madara doveva aver terminato l’opera, e come d’accordo si era eclissato.
Ma lui aveva ancora un ultimo compito da portare a termine.
Ed improvvisamente, sentì un grido straziato.
“Che diavolo… Sta succedendo?!”
Il cuore si risvegliò in un sussulto, e corse a perdifiato tra i cadaveri verso quella che era stata casa sua.
Entrò dal retro, silenziosamente, posizionandosi dietro ai corpi dei suoi genitori.
Quando vide il fusuma della stanza mosso dalla piccola mano di Sasuke, soffiò un ultimo, profondo sospiro.
Volse il capo al fratellino, ricacciando indietro le lacrime.
Si va in scena.

***
Spero sia stata di vostro gradimento!
Grazie ad eventuali recensori! =)
Panda

  
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