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Autore: Joey Potter    19/05/2011    4 recensioni
In paese si festeggiava l'anniversario della fondazione di Godric's Hollow, e tutti gli abitanti vi prendevano parte.
Anche Albus era stato invitato, naturalmente. Più volte e con insistenza.
Ma ogni singola volta e con la medesima insistenza, Albus era stato costretto a un garbato rifiuto.
Rifiutare l'invito di Gellert era stato difficile.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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 Song from a secret garden



 

Estate 1898

 

 

 

Albus osservava da lontano le luci e i colori che rischiaravano il villaggio, amareggiato.

Un'allegra melodia di violini, una musica che sapeva di Inghilterra e che metteva ai piedi voglia di ballare, si irradiava dalla piazza centrale fino alle sue orecchie, intrecciata ai suoni delle risate e del cozzare dei boccali di birra.

Si festeggiava l'anniversario della fondazione di Godric's Hollow, e tutti gli abitanti - dai più anziani come Bathilda, ai più giovani come l'ultimo figlio dei Rybak, che aveva solo pochi mesi - vi prendevano parte.

Anche Albus era stato invitato, naturalmente. Più volte e con insistenza.

Ma ogni singola volta e con la medesima insistenza, Albus era stato costretto a un garbato rifiuto.

Bathilda e suo nipote Gellert erano passati giusto qualche ora prima, per tentare di convincerlo a unirsi alla festa almeno per pochi minuti.

Ma lasciare Ariana e Abeforth da soli, per partecipare a dei frivoli balli, era decisamente sconsiderato, e la sconsideratezza era un lusso che Albus non poteva permettersi.

Non adesso che gli rimanevano solo loro due, i più piccoli e fragili della famiglia.

Occuparsi di loro avrebbe comportato sacrifici ben più grandi della rinuncia di una stupida festa, e Albus, a questo pensiero, si sentiva colmare di tanta irritazione da doversene vergognare.

Erano la sua famiglia, li amava e sapeva bene che non poteva abbandonarli, ma i diciassette anni bruciavano dentro di lui più di quanto volesse.

I suoi coetanei non si vedevano negare tutti i divertimenti, e per giunta, un mago brillante come lui si ritrovava costretto a fare da balia a un ragazzino e a una bambina malata!

Tutta quella magia sopita e inutilizzata gli pungeva dolorosamente il petto; ad Albus sembrava di percepirla dentro di sé.

Immaginò, per qualche secondo, che i suoi fratelli non fossero mai esistiti: Percival e Kendra non avrebbero negato al loro figlio un po' di svago - conoscendo l'amore del figlio per la musica - , e Albus sarebbe potuto andare a quella maledetta festa di paese, a intontirsi di suoni e di birra, con Gellert al suo fianco.

Rifiutare l'invito di Gellert era stato difficile.

Aveva colto la nota di dispiacere negli occhi scuri dell'amico, e le parole - quelle parole che aveva ripetuto per giorni interi, sempre uguali e cordialmente decise - erano fuoriuscite esitanti e incerte dalle sue labbra.

« Mi dispiace, Gelt. Non posso » aveva sussurrato, evitando di guardarlo direttamente.

Gellert aveva annuito appoggiando una mano sulla sua spalla, e a quel contatto Albus aveva avvertito un'ondata di calore diffondersi nel suo petto.

Con il pretesto di un ballo di gruppo, uno tipico della tradizione celtica - un po' ridicolo e fin troppo ritmato – che Albus amava tanto, magari, avrebbe persino potuto cullarsi nella finzione di stare ballando solo con lui.

Che pensiero sciocco! Albus si sentiva una stupida ragazzina e tremò al pensiero delle giovani donne che in quel momento stavano circondando il corpo di Gellert, danzando allegre con lui.

Tornò a contemplare l'orizzonte scuro con un moto di rabbia.

 

 

*

 

 

Lui apparve nel suo raggio visivo quasi nello stesso istante in cui cessava la musica.

« Ehi » affermò semplicemente, fermandosi a pochi metri da lui, ancòra seduto sotto il portico del giardino sul retro.

« Non dovresti essere alla festa giù in paese? » chiese Albus stupito, incerto se credere o meno che quel Gellert di fronte a sé fosse reale e non frutto dei suoi sogni a occhi aperti.

Gellert si strinse nelle spalle e sorrise, i luminosi capelli scomposti dal caldo vento d'estate.

« Mi annoiavo. Troppi Babbani e poche birre. E non c'era nessuno di vagamente interessante con cui conversare o ballare ».

« Il paese è colmo di ragazze in età da marito, Gelt. È assurdo che tu non abbia trovato nessuna con cui ballare. Senza contare che Miss Scharf ti avrà pedinato tutta la sera! »

A quel nome, Gellert si esibì in una smorfia disgustata.

« Se solo non fossi così snob... » lo accusò Albus.

« Ma io devo essere snob. Sono tedesco-ungherese, essere snob è un obbligo imposto dal mio sistema genetico. E Melissa non è il mio tipo ».

« Melissa? Non credevo che foste già così in confidenza » disse in un tono che voleva essere malizioso, ma che che risultò velato di percepibile gelosia.

« Albus. Ernstlich. Credi che mi interessino le ragazze? Pensavo fosse ovvio » il volto si contrasse di evidente dispiacere.

« Ovvio? » rise Albus.

« Dumm » lo apostrofò l'altro, ridendo e alleggerendo l'espressione del viso.

Poi protese una mano e Albus la fissò a lungo, prima di afferrarla e alzarsi in piedi; vedendo che Gellert non era intenzionato a liberarla dalla stretta, chiese perplesso: « Cosa...? »

« Ti va di ballare con me? » Era serio, maledettamente serio.

« Qui? »

«
Ja, in unserer geheimen Garten » rispose in tedesco.

« Sono tutti in paese, ed è buio, Albus. Non ci vedrà nessuno » aggiunse, precedendo i timori del ragazzo.

« Ma non c'è la musica! » cercò di protestare.

« Io non mi preoccuperei di questo » Gellert ghignò, mentre gli cingeva i fianchi; poi poggiò la testa contro la nuca di Albus, cominciando a intonare un lento motivetto.

Il più grande ricambiò la stretta, concedendo alla propria mente un vago riposo dalle preoccupazioni.

« Ho pensato... » disse Gellert, che continuava a guidare quella silenziosa danza.

« ... se Albus non va alla festa... » proseguì l'altro.

« ... la festa andrà da Albus » rise Gellert contro di lui, provocando una serie di brividi indistinti nel corpo di Albus, che lo avvicinò ulteriormente a sé, facendo scontrare i loro bacini.

A quel gesto, gli occhi di Gellert si tinsero di una dolce nota di malizia, e ad Albus sfuggì più di un gemito, quando lo sentì mordicchiargli l'orecchio.

Non smise di canticchiare, e lo abbracciò con il suo odore di salsedine e sole.

Albus ispirò a lungo quel profumo, rilassandosi completamente tra le sue braccia.

« Sai di mare. Di vento e di paesi lontani » disse.

Gellert gli accarezzò dolcemente i lunghi capelli, prima di rispondere: « Durmstang. L'odore di sale penetra fin dentro le ossa, per colpa di quel mare ghiacciato ».

« A me piace. Mi piace che tu sappia di qualcosa di così... »

« Diverso? » provò.

Albus scosse la testa, costringendolo a scostarsi da lui.

« Buono » affermò come se fosse scontato.

« Allora assaggiami » propose Gellert tornando nella posizione precedente.

« Gellert... » cominciò titubante, ben sapendo dove sarebbero finiti, se avesse obbedito.

« Te l'ho detto, Albus. Siamo nel nostro giardino segreto. Nessuno potrà toglierci questo » affermò l'altro con voce sicura, e Albus volle credergli.

« Possiamo ballare ancora un po', prima? »

Gellert rise, annuendo.

« Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, Albus ».


 

 

*




Inverno 1996

 

 

Decise di abbandonare quel ricordo, prima che il dolore diventasse ingestibile.

Albus Silente tornò al presente, non senza una forte nota di malinconia nel petto e un senso di gelo ad attraversargli il corpo.

Succedeva sempre, quando si immergeva nei propri ricordi grazie al Pensatoio.

Succedeva sempre, quando si immergeva nei ricordi che lo legavano a Gellert.

Si allontanò dal bacile tentando di trattenere le lacrime, ma un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra, e risuonò sordo nell'ufficio, svegliando Fanny.

Chiuse gli occhi per qualche secondo, spinto dal desiderio di ritrovare ancora le sensazioni di quella sera, sebbene una voce nella sua testa lo ammonisse, sottolineando quanto fosse sbagliato.

Ma Albus riusciva quasi a percepire il calore del corpo di Gellert stretto al suo, e i sensi di colpa finirono soffocati in un angolo remoto del suo cervello, senza che se ne curasse; pensò fosse colpa del Pensatoio e della sua magia.

Il profumo della sua pelle, la pelle bianca e morbida di Gellert, quello strano odore di salsedine e di paesi lontani, era vivo nelle sue narici.

Il colpevole non era da ricercarsi nella magia, quanto in quel doloroso amore.

Amore per la persona sbagliata, amore che l'aveva distrutto; amore che aveva ucciso Ariana.

Tese le braccia al vuoto, serrando dolorosamente le palpebre.

La voce di Gellert riempì le sue orecchie, con quel sottile mormorio ritmato.

La musica irruppe nei suoi pensieri - forse Fanny aveva cominciato a cantare? O stava sognando tutto? - e Albus si mosse in passi affaticati dalla vecchiaia.

Immaginando di stringerlo tra le braccia, immaginandolo di nuovo giovane e sorridente, cominciò a ballare.

« Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, Albus » risuonò nella sua testa.

Le lacrime scesero silenziose, ovattate da una musica effimera.








L'angolino dell'autrice:

Eviterò di sottolineare come io abbia bellamente contravvenuto alla promessa fatta a me stessa: niente più Grindeldore per almeno tre mesi.
Bene. Nel primo mese di questo voto, ho scritto tre Grindeldore.  In realtà cinque, perché una delle storie è una raccolta di drabble.
Sono sulla strada giusta, insomma.
Ringrazio le mie Beta per una storia,  alle quali mando valangate d'amore: ClaireTheSnitchnefene. Senza di voi questa schifezza che gironzolava nella mia testa, non sarebbe mai riuscita a vedere la luce della decenza.

Nata dalla combinazione delle amabili follie di Miki e Agne, che hanno semplicemente accostato la parola "ballo" a "Grindeldore".



Piccole note sparse:

-Gellert è un nome ungherese, non tedesco. Mi è difficile, però, immagine Gellert di un'altra nazionalità che non sia quella tedesca. Così il suo essere "tedesco-ungherese".

-Melissa Scharf ha questo cognome perché è maggio e ho un esame di maturità a fine giugno. E una tesina da preparare.

-La famiglia Rybak è un gentile omaggio al vero artefice di questa shot: Alexander Rybak -conosciuto anche come "lo Zefron scandinavo". Il titolo della fic è ripreso dalla sua meravigliosa Song from a secret garden colonna sonora della seconda e della terza parte della shot. Sento di dover maledire ringraziare Solly (la mia meravigliosa parte di cervello mancante e funzionante) per avermelo fatto scoprire.

-Per i termini in tedesco:


"  Ernstlich  " significa " seriamente ".

" Dumm " significa " stupido " .

La frase
" Ja, in unserer geheimen Garten " , invece, è tradotta dallo stesso Gellert. " Sì, nel nostro giardino segreto " .
 

   
 
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