Salve!
Questa fan
fiction è pensata come un sequel di
Memorie
di un massacro - La notte:
anche
se non avete letto la prima parte dovrebbe risultarvi
comprensibile, se
conoscete un po’ la storia del clan Uchiha, tuttavia qualche
nome
potrebbe sembrarvi nuovo.
In ogni caso
è ambientata appena dopo il massacro degli Uchiha, quando
Sasuke ha perso i
sensi in seguito allo Tsukuyomi di Itachi.
Buona
lettura!
Volse il capo al fratellino, ricacciando
indietro le lacrime.
Si va in scena.
Memorie di un massacro – L’alba
Itachi
osservò
con uno sguardo vacuo il fratello, che poco prima si era accasciato sul
selciato, vinto dalla potenza del suo Sharingan Ipnotico.
Mi dispiace, Sasuke. Lo faccio per il tuo
avvenire.
Ebbe appena
il tempo di asciugarsi le due lacrime che non era riuscito a trattenere
nel
vedere il bambino che lo inseguiva arrabbiato e sconvolto, prima di
udire un
rumore di passi, ancora lontano ma crescente
d’intensità.
L’istinto di
ninja prevalse sulla sua disperazione, e si posizionò in
guardia, i sensi in
allerta: se fosse arrivato qualcuno, estraneo o abitante di Konoha che
fosse, e
l’avesse visto ancora lì, avrebbe potuto
attaccarlo o dare l’allarme, e lui
sarebbe stato costretto ad eliminarlo.
Tanto per
aggiungere un altro morto alla lista, pensò amaramente.
Attese
spasmodicamente qualche istante, quindi gli parve di scorgere alcune
sagome
venire verso di lui; aguzzò gli occhi, maledicendoli per la
visione sfocata a
cui lo obbligavano dopo l’uso di Tsukuyomi, ma
identificò infine le quattro
persone che si avvicinavano.
Riconobbe
per primo, con un moto d’odio, Danzo Shimura, colui che
sfruttando il suo amore
per la pace gli aveva lasciato come unica alternativa per
la salvezza di Konoha un impietoso
assassinio di massa.
Di fianco a
lui, che arrancava claudicante, avanzavano l’Hokage Hiruzen
Sarutobi e i due
Consiglieri, Homura Mitokado e Koharu Utatane.
Itachi
abbassò le armi che aveva precedentemente sguainato, e
attese che lo
raggiungessero, immobile.
Si
guardarono attorno, osservando la drammatica scena circostante; Shimura
rimase
impassibile, Homura e Koharu ostentavano un’espressione di
circostanza, come a
dire che l’accaduto era stato inevitabile; solo Sarutobi
aveva uno sguardo
veramente triste e deluso.
“Hai fatto
un buon lavoro, direi” esordì Danzo.
Il giovane lo
guardò con evidente rancore prima di volgere altrove lo
sguardo, senza nemmeno
degnarlo di una risposta.
“Danzo,
lascia stare il ragazzo” intervenne Sarutobi
“È comprensibilmente molto provato
dopo la durissima e terribile prova che ha dovuto affrontare per la
salvezza di
tutti noi.”
Itachi non
assentì, non negò, né lo
ringraziò per le sue parole che pure erano gentili e
riconoscenti: in effetti, una volta esaurita la scarica di tensione e
adrenalina che il combattimento e il dialogo con Sasuke gli avevano
provocato,
si sentiva insostenibilmente stanco, e gli pareva di poter provare solo
odio,
disperazione, frustrazione.
Sentimenti
come la gratitudine erano per lui, in quel momento, decisamente fuori
portata.
“Bisognerà
dare disposizioni per la sepoltura dei corpi” fece notare
Koharu, dopo qualche
secondo di silenzio.
“No, meglio
andarcene di qui senza farci vedere e lasciare che domani qualcuno li
trovi. Poi
ci comporteremo di conseguenza una volta avvertiti, quando
ufficialmente saremo
venuti a conoscenza della strage. Mobilitare qualcuno per le esequie
prima che
sia dato l’allarme indurrebbe a sospetti che ci tradirebbero.
” ribattè Homura.
“Giusto.” approvò
Danzo. Poi, come
ricordandosi all’improvviso
di una curiosità dimenticata, volse gli occhi a terra,
posandoli sul corpicino
svenuto di Sasuke.
“Eccolo, dunque,
il sopravvissuto. Chissà
se è stato
più o meno fortunato degli altri.”
Nel dirlo,
parve volersi chinare per sfiorarlo, ma in quel momento, per la prima
volta,
Itachi proferì parola.
“Non… Non lo
tocchi.”
“Come,
prego?”
“Le ho detto
di non toccare Sasuke, signore.”
Tutto ciò che ho in questo mondo.
Tutto ciò
che mi è rimasto dopo aver applicato la vostra disumana
soluzione in nome della
pace. Tutto ciò per cui ho lottato. Il mio fratellino.
Non. Lo. Toccare.
Danzo fece
un passo indietro, allontanandosi dal bambino.
“Come vuoi.
Allora direi di andarcene. Verrà trovato e portato in
ospedale domattina.”
Davanti allo
sguardo indignato di Itachi l’anziano amministratore della
radice alzò gli
occhi al cielo.
“Uchiha, non
possiamo fare altro. Lasciandolo qui, tutti penseranno che per un
miracoloso
gioco del caso si sia salvato perché l’assassino
l’ha creduto morto, mentre era
solo privo di sensi. Se invece domattina si trovasse altrove, ci si
chiederebbe
di sicuro come mai un bambino così piccolo era lontano da
casa sua proprio
nella notte in cui tutta la sua famiglia è stata sterminata.
Nessuno crederebbe
mai ad una coincidenza. Il nostro obiettivo è che tutto
questo sembri un
inspiegabile atto di follia da parte tua, e nient’altro. Non
deve esserci nulla
che induca a porsi domande di qualsiasi tipo.”
Al ragazzo mancarono
le parole, sconfitto dall’ovvietà di quel
ragionamento.
Shimura aveva
ragione: spostare Sasuke avrebbe portato solo problemi.
Avrebbe
dovuto lasciarlo lì. Anche se faceva freddo e
l’unica compagnia nel raggio di
centinaia di metri erano i corpi morti dei loro parenti.
Non posso farlo. Non posso. Lui ha paura del
buio. Ha paura di stare da solo. Come si fa a lasciarlo qui…?
Sarutobi
osservò Itachi, ed ebbe pietà per quel tredicenne schiacciato
dall’enorme peso della responsabilità che si era
assunto. Sembrava
semplicemente annichilito dalla sofferenza.
“Danzo, tu,
Homura e Koharu tornate pure al mio palazzo, e aspettatemi nel mio
ufficio. Vi
raggiungo tra poco.”
“E Uchiha?”
intervenne Koharu.
“Devo ancora
dirgli un paio di cose. Poi lascerà Konoha.”
“Va bene”
assentì Danzo. “E tu, ragazzo, ricordati cosa
impone il tuo ruolo. Dovrai
essere muto come una tomba.”
“E lei si
ricordi che a Sasuke non dovrà essere torto un capello, o
potrete considerare
nulli i nostri accordi e ogni paese non alleato verrà a
conoscenza di tutti i
dati riguardanti i sistemi di difesa del Villaggio.”
“Ti ho già
detto che vogliamo conservare lo Sharingan, tuo fratello è
al sicuro.”
“Io non mi
fido di quello che lei mi dice, Danzo Shimura. Ha dimostrato un odio
troppo
profondo per gli Uchiha perché io possa essere certo che non
trami qualcosa
contro il loro ultimo discendente.”
Si
squadrarono per un attimo, freddi.
Poi Danzo
biascicò un “Come ti pare” e voltatosi
si incamminò senza un ultimo sguardo,
seguito dagli altri due.
L’Hokage e l’assassino
rimasero soli.
“Ti sono
molto grato per quello che hai fatto, Itachi Uchiha. Il tuo grande
coraggio ha
salvato la Terra del Fuoco dal caos.”
L’altro si
limitò ad un cenno che poteva essere di assenso; persino lo scopo stesso
delle sue azioni
aveva perso importanza di fronte alla loro mostruosità, e in
quel momento era
sicuro che il senso di colpa avrebbe finito per ucciderlo.
“Ho sentito
che hai preso contatto con l’Organizzazione Alba.”
“Io… Sì.
Intendo monitorarne dall’interno i movimenti.”
“Capisco.
Naturalmente avrai sentito… Ti avranno
detto…”
“So già che
troverò Orochimaru.”
Sarutobi
annuì, pensoso. “Vedo che hai le idee molto
chiare. Allora io vado. Come d’accordo
Sasuke non saprà niente di tutto questo, e io
provvederò a vegliare sulla sua
crescita.”
Itachi sentì,
per la prima volta dopo molto tempo, un fiotto di gratitudine
inondargli il
cuore, per quell’uomo che, contro ogni norma di sicurezza,
volutamente non
rimaneva a controllare che lui se ne andasse, offrendogli la
possibilità di
trascorrere un ultimo momento da solo nel quartiere in cui era
cresciuto, con
il fratello che amava tanto.
“Addio,
Hokage.”
“Addio,
Itachi.”
Lo prese in braccio, e si diresse verso la
loro casa.
Vide, alla luce fioca della luna che a breve
avrebbe lasciato il posto al sole, la finestra della camera di Shisui;
e
davanti agli occhi balenò il sorriso del cugino, quasi
palpabile, tremendamente
reale.
Più avanti, il vicolo stretto e ombroso del
suo primo bacio con Reiko; nella sua mente, i suoi occhi ridenti che lo
guardavano timidamente.
Dopo ancora, ecco il chioschetto dove lui e Sasuke
compravano dolcetti da mangiare al parco, quando i giorni erano
più sereni e
potevano trascorrere più tempo insieme.
Tutt’intorno a lui, cosparsi di cadaveri, i
luoghi della sua vita.
Scostò di un
poco da sé Sasuke, ancora privo di sensi, per vedere il suo
visino un’ultima
volta: lo osservò in ogni dettaglio per imprimerne i tratti
nella memoria, poi
lo strinse a sé, disperatamente, spasmodicamente, come non
aveva mai fatto
prima e come sapeva non avrebbe fatto probabilmente mai più.
Quindi,
contro ogni volontà, lo depose sui gradini dove si erano
seduti innumerevoli
volte a chiacchierare di ogni cosa.
Accorgendosi
che ormai si faceva giorno, osservò un’ultima
volta casa sua, per poi iniziare
a correre.
Ma il giovane non riusciva a vedere luce; c’erano
solo sangue e urla nel suo passato, e solo buio e sofferenza nel suo
avvenire.
Perché lui, il suo sole, l’aveva abbandonato
privo di sensi sui gradini di una casa popolata di spettri.
***
*glom*
Devo finirla
con queste cose drammatiche T.T
In ogni caso
spero vi sia piaciuta.
Grazie a chi
ha letto e a chi recensirà!
Panda