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Autore: Panda_chan    19/05/2011    5 recensioni
“Eccolo, dunque, il sopravvissuto. Chissà se è stato più o meno fortunato degli altri.”
Nel dirlo, parve volersi chinare per sfiorarlo, ma in quel momento, per la prima volta, Itachi proferì parola.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Itachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Salve!
Questa fan fiction è pensata come un sequel di Memorie di un massacro - La notte: anche se non avete letto la prima parte dovrebbe risultarvi comprensibile, se conoscete un po’ la storia del clan Uchiha, tuttavia qualche nome potrebbe sembrarvi nuovo.
In ogni caso è ambientata appena dopo il massacro degli Uchiha, quando Sasuke ha perso i sensi in seguito allo Tsukuyomi di Itachi.
Buona lettura!

 ***

 …Quando vide il fusuma della stanza mosso dalla piccola mano di Sasuke, soffiò un ultimo, profondo sospiro.
Volse il capo al fratellino, ricacciando indietro le lacrime.
Si va in scena.

 

Memorie di un massacro – L’alba

Itachi osservò con uno sguardo vacuo il fratello, che poco prima si era accasciato sul selciato, vinto dalla potenza del suo Sharingan Ipnotico.
Mi dispiace, Sasuke. Lo faccio per il tuo avvenire.
Ebbe appena il tempo di asciugarsi le due lacrime che non era riuscito a trattenere nel vedere il bambino che lo inseguiva arrabbiato e sconvolto, prima di udire un rumore di passi, ancora lontano ma crescente d’intensità.
L’istinto di ninja prevalse sulla sua disperazione, e si posizionò in guardia, i sensi in allerta: se fosse arrivato qualcuno, estraneo o abitante di Konoha che fosse, e l’avesse visto ancora lì, avrebbe potuto attaccarlo o dare l’allarme, e lui sarebbe stato costretto ad eliminarlo.
Tanto per aggiungere un altro morto alla lista, pensò amaramente.
Attese spasmodicamente qualche istante, quindi gli parve di scorgere alcune sagome venire verso di lui; aguzzò gli occhi, maledicendoli per la visione sfocata a cui lo obbligavano dopo l’uso di Tsukuyomi, ma identificò infine le quattro persone che si avvicinavano.
Riconobbe per primo, con un moto d’odio, Danzo Shimura, colui che sfruttando il suo amore per la pace gli aveva lasciato come unica alternativa  per la salvezza di Konoha un impietoso assassinio di massa.
Di fianco a lui, che arrancava claudicante, avanzavano l’Hokage Hiruzen Sarutobi e i due Consiglieri, Homura Mitokado e Koharu Utatane.
Itachi abbassò le armi che aveva precedentemente sguainato, e attese che lo raggiungessero, immobile.
Si guardarono attorno, osservando la drammatica scena circostante; Shimura rimase impassibile, Homura e Koharu ostentavano un’espressione di circostanza, come a dire che l’accaduto era stato inevitabile; solo Sarutobi aveva uno sguardo veramente triste e deluso.
“Hai fatto un buon lavoro, direi” esordì Danzo.
Il giovane lo guardò con evidente rancore prima di volgere altrove lo sguardo, senza nemmeno degnarlo di una risposta.
“Danzo, lascia stare il ragazzo” intervenne Sarutobi “È comprensibilmente molto provato dopo la durissima e terribile prova che ha dovuto affrontare per la salvezza di tutti noi.”
Itachi non assentì, non negò, né lo ringraziò per le sue parole che pure erano gentili e riconoscenti: in effetti, una volta esaurita la scarica di tensione e adrenalina che il combattimento e il dialogo con Sasuke gli avevano provocato, si sentiva insostenibilmente stanco, e gli pareva di poter provare solo odio, disperazione, frustrazione.
Sentimenti come la gratitudine erano per lui, in quel momento, decisamente fuori portata.
“Bisognerà dare disposizioni per la sepoltura dei corpi” fece notare Koharu, dopo qualche secondo di silenzio.
“No, meglio andarcene di qui senza farci vedere e lasciare che domani qualcuno li trovi. Poi ci comporteremo di conseguenza una volta avvertiti, quando ufficialmente saremo venuti a conoscenza della strage. Mobilitare qualcuno per le esequie prima che sia dato l’allarme indurrebbe a sospetti che ci tradirebbero. ” ribattè Homura.
“Giusto.” approvò Danzo.  Poi, come ricordandosi all’improvviso di una curiosità dimenticata, volse gli occhi a terra, posandoli sul corpicino svenuto di Sasuke.
“Eccolo, dunque, il sopravvissuto. Chissà se è stato più o meno fortunato degli altri.”
Nel dirlo, parve volersi chinare per sfiorarlo, ma in quel momento, per la prima volta, Itachi proferì parola.
“Non… Non lo tocchi.”
“Come, prego?”
“Le ho detto di non toccare Sasuke, signore.”
Tutto ciò che ho in questo mondo. Tutto ciò che mi è rimasto dopo aver applicato la vostra disumana soluzione in nome della pace. Tutto ciò per cui ho lottato. Il mio fratellino.
Non. Lo. Toccare.

Danzo fece un passo indietro, allontanandosi dal bambino.
“Come vuoi. Allora direi di andarcene. Verrà trovato e portato in ospedale domattina.”
Davanti allo sguardo indignato di Itachi l’anziano amministratore della radice alzò gli occhi al cielo.
“Uchiha, non possiamo fare altro. Lasciandolo qui, tutti penseranno che per un miracoloso gioco del caso si sia salvato perché l’assassino l’ha creduto morto, mentre era solo privo di sensi. Se invece domattina si trovasse altrove, ci si chiederebbe di sicuro come mai un bambino così piccolo era lontano da casa sua proprio nella notte in cui tutta la sua famiglia è stata sterminata. Nessuno crederebbe mai ad una coincidenza. Il nostro obiettivo è che tutto questo sembri un inspiegabile atto di follia da parte tua, e nient’altro. Non deve esserci nulla che induca a porsi domande di qualsiasi tipo.”
Al ragazzo mancarono le parole, sconfitto dall’ovvietà di quel ragionamento.
Shimura aveva ragione: spostare Sasuke avrebbe portato solo problemi.
Avrebbe dovuto lasciarlo lì. Anche se faceva freddo e l’unica compagnia nel raggio di centinaia di metri erano i corpi morti dei loro parenti.
Non posso farlo. Non posso. Lui ha paura del buio. Ha paura di stare da solo. Come si fa a lasciarlo qui…?
Sarutobi osservò Itachi, ed ebbe pietà per quel tredicenne schiacciato dall’enorme peso della responsabilità che si era assunto. Sembrava semplicemente annichilito dalla sofferenza.
“Danzo, tu, Homura e Koharu tornate pure al mio palazzo, e aspettatemi nel mio ufficio. Vi raggiungo tra poco.”
“E Uchiha?” intervenne Koharu.
“Devo ancora dirgli un paio di cose. Poi lascerà Konoha.”
“Va bene” assentì Danzo. “E tu, ragazzo, ricordati cosa impone il tuo ruolo. Dovrai essere muto come una tomba.”
“E lei si ricordi che a Sasuke non dovrà essere torto un capello, o potrete considerare nulli i nostri accordi e ogni paese non alleato verrà a conoscenza di tutti i dati riguardanti i sistemi di difesa del Villaggio.”
“Ti ho già detto che vogliamo conservare lo Sharingan, tuo fratello è al sicuro.”
“Io non mi fido di quello che lei mi dice, Danzo Shimura. Ha dimostrato un odio troppo profondo per gli Uchiha perché io possa essere certo che non trami qualcosa contro il loro ultimo discendente.”
Si squadrarono per un attimo, freddi.
Poi Danzo biascicò un “Come ti pare” e voltatosi si incamminò senza un ultimo sguardo, seguito dagli altri due.
L’Hokage e l’assassino rimasero soli.
“Ti sono molto grato per quello che hai fatto, Itachi Uchiha. Il tuo grande coraggio ha salvato la Terra del Fuoco dal caos.”
L’altro si limitò ad un cenno che poteva essere di assenso;  persino lo scopo stesso delle sue azioni aveva perso importanza di fronte alla loro mostruosità, e in quel momento era sicuro che il senso di colpa avrebbe finito per ucciderlo.
“Ho sentito che hai preso contatto con l’Organizzazione Alba.”
“Io… Sì. Intendo monitorarne dall’interno i movimenti.”
“Capisco. Naturalmente avrai sentito… Ti avranno detto…”
“So già che troverò Orochimaru.”
Sarutobi annuì, pensoso. “Vedo che hai le idee molto chiare. Allora io vado. Come d’accordo Sasuke non saprà niente di tutto questo, e io provvederò a vegliare sulla sua crescita.”
Itachi sentì, per la prima volta dopo molto tempo, un fiotto di gratitudine inondargli il cuore, per quell’uomo che, contro ogni norma di sicurezza, volutamente non rimaneva a controllare che lui se ne andasse, offrendogli la possibilità di trascorrere un ultimo momento da solo nel quartiere in cui era cresciuto, con il fratello che amava tanto.
“Addio, Hokage.”
“Addio, Itachi.”

 Con una morsa al petto che gli toglieva il fiato, raccolse Sasuke da terra, con delicatezza.
Lo prese in braccio, e si diresse verso la loro casa.
Vide, alla luce fioca della luna che a breve avrebbe lasciato il posto al sole, la finestra della camera di Shisui; e davanti agli occhi balenò il sorriso del cugino, quasi palpabile, tremendamente reale.
Più avanti, il vicolo stretto e ombroso del suo primo bacio con Reiko; nella sua mente, i suoi occhi ridenti che lo guardavano timidamente.
Dopo ancora, ecco il chioschetto dove lui e Sasuke compravano dolcetti da mangiare al parco, quando i giorni erano più sereni e potevano trascorrere più tempo insieme.
Tutt’intorno a lui, cosparsi di cadaveri, i luoghi della sua vita.

Quando giunse nell’ampio porticato che immetteva nella casa di suo padre si arrestò.
Scostò di un poco da sé Sasuke, ancora privo di sensi, per vedere il suo visino un’ultima volta: lo osservò in ogni dettaglio per imprimerne i tratti nella memoria, poi lo strinse a sé, disperatamente, spasmodicamente, come non aveva mai fatto prima e come sapeva non avrebbe fatto probabilmente mai più.
Quindi, contro ogni volontà, lo depose sui gradini dove si erano seduti innumerevoli volte a chiacchierare di ogni cosa.
Accorgendosi che ormai si faceva giorno, osservò un’ultima volta casa sua, per poi iniziare a correre.

 Correva da un paio d’ore, e ormai il sole era alto nel cielo; illuminava ogni cosa sull’orizzonte, scaldava l’aria e l’atmosfera.
Ma il giovane non riusciva a vedere luce; c’erano solo sangue e urla nel suo passato, e solo buio e sofferenza nel suo avvenire.
Perché lui, il suo sole, l’aveva abbandonato privo di sensi sui gradini di una casa popolata di spettri.

 

 

***

*glom*
Devo finirla con queste cose drammatiche T.T
In ogni caso spero vi sia piaciuta.
Grazie a chi ha letto e a chi recensirà!
Panda

  
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