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Autore: Mantheniel    19/05/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se i Volturi non avessero lasciato perdere la faccenda Renesmee dopo il finale di Breaking Dawn? In un ipotetico futuro Felix e Jane si presentano, al tramonto, in casa di Edward e Bella. Cosa vorranno?e come reagiranno i due vampiri?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renesmee Cullen | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Renesmee mi posò la mano sul viso, e mi apparve l’immagine di Edward.”Dov’è papà?”, mi chiese. “Se ne è andato”, le dissi con un filo di voce,”Papà non tornerà più”. La strinsi più forte al mio petto e la baciai sulla fronte. Chiusi gli occhi davanti a quello sguardo interrogativo che mi chiedeva risposte che non potevo dare. “Dormi piccola”, le dissi,”è ancora notte”. Lei mi sorrise con gli occhi assonnati, si sistemò meglio contro di me, appoggiando una manina sul mio petto e, poco dopo, sentii distinto nel silenzio notturno il ritmo regolare del suo respiro. Si era addormentata. Eravamo nella camera da letto mia e di Edward; da quando lui non c’era più Renesmee dormiva con me. Non potevo sopportare che il posto accanto a me fosse vuoto. La coprii meglio con il lenzuolo e, lentamente, la abbracciai. Chiusi gli occhi. Come avrei voluto anch’io poter scivolare in quello stato di incoscienza che è il sonno e dimenticare, almeno momentaneamente, il dolore continuo che sopportavo durante il giorno. Questo perché metà di me se ne era andata. Per sempre. Dovevo fare i conti con il fatto che Edward non c’era più. Mi sentivo come alcuni anni prima, quando lui se ne era andato; ero a pezzi, solo che questa volta non ci sarebbe stato un ritorno. Lui non sarebbe stato più con me. I Volturi non avevano dimenticato.

   Renesmee mi posò la mano sul viso, e mi apparve l’immagine di Edward.”Dov’è papà?”, mi chiese. “Se ne è andato”, le dissi con un filo di voce,”Papà non tornerà più”. La strinsi più forte al mio petto e la baciai sulla fronte. Chiusi gli occhi davanti a quello sguardo interrogativo che mi chiedeva risposte che non potevo dare. “Dormi piccola”, le dissi,”è ancora notte”. Lei mi sorrise con gli occhi assonnati, si sistemò meglio contro di me, appoggiando una manina sul mio petto e, poco dopo, sentii distinto nel silenzio notturno il ritmo regolare del suo respiro. Si era addormentata. Eravamo nella camera da letto mia e di Edward; da quando lui non c’era più Renesmee dormiva con me. Non potevo sopportare che il posto accanto a me fosse vuoto. La coprii meglio con il lenzuolo e, lentamente, la abbracciai. Chiusi gli occhi. Come avrei voluto anch’io poter scivolare in quello stato di incoscienza che è il sonno e dimenticare, almeno momentaneamente, il dolore continuo che sopportavo durante il giorno. Questo perché metà di me se ne era andata. Per sempre. Dovevo fare i conti con il fatto che Edward non c’era più. Mi sentivo come alcuni anni prima, quando lui se ne era andato; ero a pezzi, solo che questa volta non ci sarebbe stato un ritorno. Lui non sarebbe stato più con me. I Volturi non avevano dimenticato.

   Era pomeriggio. Il sole morente illuminava di dorato il giardino della nostra piccola casetta. Io ero seduta in una panchina di legno appoggiata al muro della casa, mentre Edward e Renesmee giocavano a nascondino. Lui contava mentre lei si nascondeva dietro ai cespugli dir rose e tulipani. Ovviamente lui, leggendole  i pensieri, avrebbe potuto trovarla subito; invece si aggirava tra gli alberi in una finta ricerca, fino a che lei non saltava fuori dal suo nascondiglio gridando”Papà sono qua!”, e correva verso l’albero gridando “Tana!”, mettendo fine al gioco. Immancabilmente, nell’esatto momento in cui pronunciava questa parola, la bimba si ritrovava tra le braccia del padre che la sollevava in aria ridendo. La sua risata di echeggiava nel tramonto come il suono di campanelli d’argento. “Non vale papà!”, si lamentava, “tu non giochi bene!mi fai sempre vincere!”, e cercava di divincolarsi dall’abbraccio. “Non è vero!”, mentì Edward,il riso nella voce, “Ti nascondi così bene!”,e, continuando a sorridere, sollevo la bimba cominciandole a baciare il collo facendole il solletico. Lei rise di nuovo con quel suono argentino. Io li guardavo ridendo. Era tutto perfetto; eravamo una famiglia,e lo saremo stati per sempre. Suonava bene; il pensiero che per tutta l’eternità avrei avuto Edward e Renesmee con me mi riempiva di felicità a tal punto che credevo che il mio corpo non avrebbe saputo contenere la potenza di questo sentimento. Sorrisi ancora ad Edward che stava osando nostra figlia a terra, dicendole,” Va bene, ora conti tu e io mi nascondo ok?”, e i nostri occhi si incontrarono. Come sempre mi persi in quegli abissi dorati che avrebbero riservato sempre e solo per me quello sguardo di amore incondizionato. Lanciandomi un’ultima occhiata in tralice prese la corsa, andandosi a nascondere, mentre Renesmee cominciava a contare. Vidi che si era andato a nascondere dietro un albero al limitare del bosco. Alcuni uccellini, impauriti, abbandonarono le fronde dell’albero e, con un frullio d’ali, scomparvero nel cielo rosa. Guardai Renesmee che aveva finito di contare, e cominciava a guardarsi intorno in modo circospetto, con i suoi grandi occhi nocciola che ispezionavano i luoghi nelle vicinanze, cercando di pensare ad eventuali nascondigli. Con il mio udito fine riuscivo a sentire Edward che rideva tra sé e sé. La bimba mi lanciò uno sguardo interrogativo, in cerca d’aiuto. Io la guardai alzando le braccia ai lati, con le mani rivolte in su, facendole capire che non potevo aiutarla. Lei mi guardò corrucciata e incrociò le braccia al petto. Non sopportava che ci fossero dei segreti tra di noi. Io le feci l’occhiolino e le indicai l’albero vicino al bosco. Mi sorrise e mi venne ad abbracciare; io la baciai sulla fronte, accarezzandole i ricci che quel giorno erano raccolti in due codini che le davano un’aria sbarazzina, simile ad un folletto dei boschi. Le avevo appena fatto segno di sbrigarsi quando accadde qualcosa di strano. Improvvisamente l’aria si era fatta immobile, nessun suono rompeva il silenzio che era calato. Mi alzai, chiamai Renesmee a me e la presi in braccio.Lei nascose il viso tra i miei capelli. Il mio richiamo non era stato altro che un sussurro, ma risuonò in modo stranamente forte nell’atmosfera immota. Cercai con lo sguardo Edward, ma dietro l’albero non c’era più; cercai di sentire la sua voce, il suo respiro, ma non c’era nessun suono. Mi strinsi contro mia figlia, tentando di controllare il groppo che mi stava salendo alla gola, la paura che minacciava di sopraffarmi. Era passato solo qualche minuto da quando ci trovavamo in questa condizione di sordità, quando l’atmosfera tornò normale.
La brezza soffiò tra i cespugli del giardino, spargendo la fragranza delle rose e dei lillà. Rabbrividii. Creai la protezione intorno a me. Qualcosa si mosse tra gli alberi più vicini del bosco, sentivo dei passi che si avvicinavano; c’erano più persone. Dov’era Edward? Dov’era il mio angelo? Creai lo scudo protettivo intorno a me e Renesmee. Eccoli infine. Quattro figure ammantate emersero dall’oscuro sottobosco. Seppi  subito chi erano. Più volte avevano turbato i miei sogni ai tempi in cui aspettavo la nascita di mia figlia, e non li avrei mai potuti dimenticare. I Volturi. Ma cosa facevano a casa nostra? L’ultima volta eravamo giunti alla conclusione che Renesmee non costituiva una minaccia, che avrebbe potuto vivere, allora…perché questa visita? La strinsi ancora di più a me, e lei nascose il viso tra i miei capelli. Un ringhio sommesso si sprigionò dal mio petto. Le quattro figure si arrestarono a qualche metro di distanza da noi e la prima, quella che stava davanti alle altre si tolse il cappuccio. Caius. “Buonasera Miss Cullen”, disse, guardandomi sprezzante. Non mi degnai neanche di rispondergli, “Dov’è Edward? Cosa ci fate voi qui?”, chiesi quasi ansimando dalla rabbia e dalla paura. Sorrise. “Bene. Vedo che vuoi andare subito diritto al punto”. Si spostò di lato lasciando che la persona che gli era dietro gli venisse accanto. Impossibile non sapere chi fosse. La sua altezza rivelatrice mi fece capire chi mi trovavo davanti ancora prima che si lasciasse cadere il cappuccio. Jane. Il suo viso angelico mi sorrise serafico. Non capivo. Mi concentrai ancora di più sullo scudo. Con un gesto Caius chiamò accanto a Jane una terza figura e gli tirò violentemente giù il cappuccio. Edward. Lo guardai senza capire. Poi riguardai Caius e Jane, il mondo mi crollò addosso.
Che ci faceva Edward lì con loro? C’era qualcosa che non andava, l’universo aveva cominciato a girare al contrario… qual’ era la spiegazione per quello che mi trovavo davanti?Lo osservai supplicante, in cerca di risposte, e vidi un dolore che non avevo mai visto nel suo sguardo. Un attimo dopo Caius rise malignamente. “Non ti preoccupare”, disse,”non siamo qui per uccidere quel piccolo mostro”, e indicò Renesmee. Ringhiai, cercando di mantenere il controllo. Avrei tanto voluto saltargli alla gola e ucciderlo senza esitazioni. “Questo solo perché”, proseguì, “lui ha deciso di venire con noi”, e indicò Edward. Rimasi paralizzata. Lo guardai e vidi il mio passato, il mio presente, il mio futuro…Il suo sguardo era straziante. Vi si leggeva un dolore inconcepibile, la disperazione che vi albergava era talmente insopportabile che non riuscii a dire niente. Solo dopo alcuni minuti chiesi con un filo di voce,”Perché?”. Continuavo a rimanere ipnotizzata da Edward, i miei occhi non si staccavano dai suoi. Jane mi rispose, “Aro non ha dimenticato quello che è successo, e neanche noi. In Italia, ripensando a quello che è successo, siamo arrivati alla conclusione che una sola testimonianza non può avere valenza oggettiva. Vi possono essere vari generi di questi…ibridi”. “Così”, continuò Caius,” Aro ha mandato me, Jane ed Isaac ad uccidere la creatura. Avevamo deciso per oggi, e ci stavamo avvicinando a casa vostra quando abbiamo visto Edward. Pensi che sia strano che non ci abbia sentiti?Il semplice motivo è che il nostro Isaac,l’ultimo arrivato nel gruppo, ha il tuo stesso potere, Bella, solo molte volte più potente. Riesce a creare uno scudo protettivo che ripara non solo dagli attacchi mentali, ma anche quelli materiali. Isola dai suoni, dagli odori, da qualsiasi cosa potesse urtarci. Avrebbe potuto accorgersi che stavamo arrivando per il fatto che tutti gli animali scappavano al nostro arrivo, e la foresta era innaturalmente silenziosa, ma quando Edward ha percepito i nostri pensieri era già sotto lo scudo. Ha reagito in modo poco cortese e la nostra cara Jane ha saputo bene come calmarlo”, la guardò con affetto. Incominciai a vedere rosso; non sapevo per quanto avrei potuto mantenere lo scudo in quelle condizioni. La rabbia che avevo dentro minacciava di esplodere.
Mi rivolsi ad Edward, e vidi che si era fatto improvvisamente serio. Stai calma, mi disse. Trassi un profondo respiro. Ormai era solo un’abitudine, ma mi aiutava a calmarmi; inoltre avrei dato qualsiasi cosa, in quel momento, pur di non vederlo così disperato, pur di averlo accanto a me, al sicuro…”Gli raccontammo la decisione presa a Volterra. Aro ci aveva dato più soluzioni; ha sempre nutrito un profondo interesse nei confronti di Edward, quindi una soluzione sarebbe potuta essere lui al posto della morte della bambina; e…beh, appena glielo abbiamo detto non ha esitato un attimo. Ha detto che ci avrebbe seguito ovunque, e avrebbe fatto tutto quello che volevamo purché vi lasciassimo in pace”. Fece una pausa, il mio sguardo sempre su una sola persona, sull’angelo che si trovava a pochi metri da me. Il suo viso era contratto dal dolore, mentre i suoi occhi mi chiedevano…perdono. Per cosa?Per sacrificare sé stesso per noi? Non lo potevo sopportare, ma non potevo neanche distogliere lo sguardo da quegli occhi dorati che tra pochi minuti non avrei visto mai più. Se avessi avuto ancora un cuore si sarebbe spezzato dal dolore che provavo in quel momento. Jane rise con la sua voce da bambina. “L’unica cosa che ci ha chiesto, prima di partire, è stata quella di potervi salutare”, fece una smorfia come se questo la repellesse. “Quindi puoi anche togliere la protezione su te e tua figlia; non siamo qui per farvi del male. Inoltre Edward non può entrare sotto il tuo scudo”. Lo guardai, e vidi che annuiva. Jane diceva la verità. Diffidente, lasciai che lo scudo si dissolvesse, ma non mi mossi mentre lui veniva verso di noi. Caius raccolse un pugno di terra, e lo lanciò nella nostra direzione; alcuni granelli di ghiaia rimbalzarono ai miei piedi. Annuì; ora poteva avvicinarsi. Rimasi dov’ero, e solo nel momento i cui Edward abbracciò forte me e Renesmee, allungando il braccio libero, lo strinsi in un mezzo abbraccio. Mi baciò sulla fronte, sugli occhi, sul viso, sul collo, in un ultimo tentativo di avermi tutta sua per un’ultima volta. Mi sussurrò all’orecchio,”Perdonami”. Io mi scostai da lui, dal suo abbraccio, per un attimo guardandolo infuriata, “Come ti permetti?”, gli dissi irata, poi mi strinsi ancora a lui, ed alzai il viso fino a che le mie labbra sfiorarono le sue, “ Tu non hai niente di cui scusarti, tu non ti devi scusare. Tu…”, avrei voluto dirgli, ”Tu non puoi allontanarti da me!Tu non puoi lasciarmi!”. “Sono io la causa di tutto, sono io a dovermi scusare”, continuai,” sono sempre io che ti ho causato guai, io…” , Non sapevo neanche quello che stavo dicendo in realtà. Avrei voluto che quel momento non finisse mai, che rimanesse per sempre sospeso nel tempo…Mi baciò intensamente, poi si rivolse a Renesmee, che aveva ancora il viso nascosto tra i miei capelli, e stava tutta rannicchiata. “Renesmee?”, chiese con voce allegra, e io mi chiesi quanto sforzo dovesse costargli parlare così. La piccola alzò il viso e guardò Edward. “Dai un abbraccio a papà?”. Lei si staccò da me e si aggrappò al suo collo; lui la sorresse con il braccio libero. Con l’altro continuava a tenermi stretta per la vita. Non voleva avermi lontana in questi ultimi momenti insieme. Renesmee toccò il viso di Edward e lui le disse, “No piccola, devo andare via. Non posso rimanere”, lei tese la manina verso di lui un’altra volta. “Ti prometto che non ti dimenticherò mai Renesmee, e neanche la mamma; ma devo andare”. La bambina guardò negli occhi il padre, poi me, poi, silenziosamente, cominciò a piangere. Edward le asciugò le lacrime baciandole il viso. “Non piangere”, disse, “Io sarò sempre con te”. Lei continuò a stringerglisi al collo, poi, prima che lui la porgesse a me, si slacciò la catena che portava al collo, quella che gli avevo regalato per natale con la nostra foto dentro al ciondolo, e la allacciò a quello del padre. Gli accarezzò il viso e lui le sorrise. Dopodiché tornò tra le mie braccia. Era il momento dell’addio. Edward dette un ultimo bacio sulla fronte a nostra figlia, poi si voltò verso di me, e potei vedere che era già un altro Edward. I suoi occhi non erano più luccicanti, ma vuoti come un pozzo senza fondo, il pozzo della solitudine. Era come se il suo corpo fosse lì, ma la sua anima no. Rubata da me e Renesmee che l’avremmo custodita per sempre. Mi baciò un’ultima volta e mi sussurrò talmente piano che solo io potei sentire,” Non ti preoccupare. Dovunque io sarò, qualunque cosa farò, io penserò sempre e solo a voi. Siete il mio motivo per esistere. Ci apparteniamo. Poi, un giorno, quando Renesmee sarà grande e al sicuro, allora potremo essere di nuovo insieme”. Si allontanò lanciandoci un ultimo sguardo, più sereno ora, come se avesse preso una decisione, e si incamminò con gli altri dentro al bosco, scomparendo nell’oscurità.

Qualcosa mi tirò i capelli. Mi riscossi e mi ritrovai nel letto con Renesmee. Nel sonno mi aveva preso una ciocca di capelli, ed ora la stringeva forte. Guardai fuori dalla finestra, e vidi l’alba; si sentivano i primi cinguettii dopo il silenzio notturno. Da due settimane, da quando lui se ne era andato, Renesmee si svegliava ogni notte chiedendomi del padre,ed io ogni notte rivivevo gli ultimi momenti passati insieme. Continuavo a pensare al significato delle ultime parole che Edward mi aveva detto,”Quando Renesmee sarà grande e al sicuro allora saremo ancora insieme”. Cosa aveva voluto dirmi? Accarezzai il viso di mia figlia, e gli spostai i ricci dalle spalle. Il sole era sorto oltre le chiome degli alberi, ed entrava nella stanza, colpendo con i suoi raggi il gioiello che portavo all’anulare della mano sinistra. La luce riflessa nella pietre creò uno strano gioco di luci nelle pareti della stanza, che mi ricordò le scintille che sprizzavano dalle ceneri incandescenti di un fuoco. Ebbi un’improvvisa rivelazione. Ecco quello che aveva voluto dirmi. Edward si sarebbe ucciso. Quando fosse stato certo che Renesmee sarebbe stata al sicuro, e non c’era dubbio che lo avrebbe saputo, avrebbe posto fine alla sua esistenza; ed io lo avrei seguito. Lo sapeva bene. Mia figlia avrebbe avuto la sua vita con Jacob, sarebbe stata protette, mentre io sarei rimasta per sempre sola, mutilata. Quando avrei avuto la conferma che lei non sarebbe stata più in pericolo, e non avrebbe più avuto bisogno di me, avrei seguito Edward. Il nostro amore più forte della distanza, delle difficoltà, mi avrebbe avvertito quando lui avesse preso la sua decisione. E io avrei preso la mia. Il fuoco mi aveva portato a lui la prima volta, e il fuoco mi avrebbe ricondotto a lui anche la seconda. Questa volta sarebbe stato per sempre. Sentii qualcosa di bagnato scendere lungo il mio viso, e solo in quel momento mi accorsi di stare piangendo. Un’unica lacrima scivolava lungo il mio mento; la raccolsi con la punta di un dito. Quest’ultima lacrima rimasta dentro di me, simbolo del mio amore infinito per Edward, di questo sentimento che ci legava oltre la vita e la morte, non mi avrebbe mai abbandonato. La baciai aspettandomi il sapore salato; invece mi trovai a far fronte ad un sapore di lillà e di fiori, una fragranza buonissima. La sua. Ero più calma ora, vedevo le cose come da una prospettiva diversa; il dolore era passato, rimpiazzato da una pacata rassegnazione ed una muta speranza. Renesmee si girò nel letto e aprì gli occhi,”Mamma?”, chiamò. “Sono qui piccola”, le risposi, baciandole il viso ancora addormentato. “Su, svegliati, o dirò a Jacob di non venire perché sei troppo stanca per vederlo”. Lei si alzò malvolentieri sui gomiti, e mi guardò imbronciata. Era talmente buffa con i ricci ancora scompigliati dalla notte, che mi lanciai su di lei ridendo, e cominciando a darle i baci nel collo, facendole il solletico. La sua risata riempì la stanza, e si perse nell’aria mattutina, mischiandosi con i cinguettii degli uccellini. Un alito di vento entrò dalla finestra socchiusa, accarezzandomi il viso. Avrei giurato di aver sentito sulle ali della brezza il suono di una voce vellutata che rideva.
Qualcosa mi tirò i capelli. Mi riscossi e mi ritrovai nel letto con Renesmee. Nel sonno mi aveva preso una ciocca di capelli, ed ora la stringeva forte. Guardai fuori dalla finestra, e vidi l’alba; si sentivano i primi cinguettii dopo il silenzio notturno. Da due settimane, da quando lui se ne era andato, Renesmee si svegliava ogni notte chiedendomi del padre,ed io ogni notte rivivevo gli ultimi momenti passati insieme. Continuavo a pensare al significato delle ultime parole che Edward mi aveva detto,”Quando Renesmee sarà grande e al sicuro allora saremo ancora insieme”. Cosa aveva voluto dirmi? Accarezzai il viso di mia figlia, e gli spostai i ricci dalle spalle. Il sole era sorto oltre le chiome degli alberi, ed entrava nella stanza, colpendo con i suoi raggi il gioiello che portavo all’anulare della mano sinistra. La luce riflessa nella pietre creò uno strano gioco di luci nelle pareti della stanza, che mi ricordò le scintille che sprizzavano dalle ceneri incandescenti di un fuoco. Ebbi un’improvvisa rivelazione. Ecco quello che aveva voluto dirmi. Edward si sarebbe ucciso. Quando fosse stato certo che Renesmee sarebbe stata al sicuro, e non c’era dubbio che lo avrebbe saputo, avrebbe posto fine alla sua esistenza; ed io lo avrei seguito. Lo sapeva bene. Mia figlia avrebbe avuto la sua vita con Jacob, sarebbe stata protette, mentre io sarei rimasta per sempre sola, mutilata. Quando avrei avuto la conferma che lei non sarebbe stata più in pericolo, e non avrebbe più avuto bisogno di me, avrei seguito Edward. Il nostro amore più forte della distanza, delle difficoltà, mi avrebbe avvertito quando lui avesse preso la sua decisione. E io avrei preso la mia. Il fuoco mi aveva portato a lui la prima volta, e il fuoco mi avrebbe ricondotto a lui anche la seconda. Questa volta sarebbe stato per sempre. Sentii qualcosa di bagnato scendere lungo il mio viso, e solo in quel momento mi accorsi di stare piangendo. Un’unica lacrima scivolava lungo il mio mento; la raccolsi con la punta di un dito. Quest’ultima lacrima rimasta dentro di me, simbolo del mio amore infinito per Edward, di questo sentimento che ci legava oltre la vita e la morte, non mi avrebbe mai abbandonato. La baciai aspettandomi il sapore salato; invece mi trovai a far fronte ad un sapore di lillà e di fiori, una fragranza buonissima. La sua. Ero più calma ora, vedevo le cose come da una prospettiva diversa; il dolore era passato, rimpiazzato da una pacata rassegnazione ed una muta speranza. Renesmee si girò nel letto e aprì gli occhi,”Mamma?”, chiamò. “Sono qui piccola”, le risposi, baciandole il viso ancora addormentato. “Su, svegliati, o dirò a Jacob di non venire perché sei troppo stanca per vederlo”. Lei si alzò malvolentieri sui gomiti, e mi guardò imbronciata. Era talmente buffa con i ricci ancora scompigliati dalla notte, che mi lanciai su di lei ridendo, e cominciando a darle i baci nel collo, facendole il solletico. La sua risata riempì la stanza, e si perse nell’aria mattutina, mischiandosi con i cinguettii degli uccellini. Un alito di vento entrò dalla finestra socchiusa, accarezzandomi il viso. Avrei giurato di aver sentito sulle ali della brezza il suono di una voce vellutata che rideva.
  
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