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Autore: Evazick    19/05/2011    2 recensioni
(Seguito di "I fell apart, but got back up again". Ultima storia di questa serie!)
"Improvvisamente e lentamente allo stesso tempo, i miei ricordi iniziarono a disfarsi e a cadere nel buio che stava avvolgendo la mia mente, come le tessere di un puzzle quando vengono riposte nella loro scatola. Ma quelle immagini non cadevano in un posto da dove potessi recuperarle in seguito: finivano nel vuoto, nell’oblio, dove non sarei mai più riuscita a ritrovarle. Vidi sparire mia madre che mi abbracciava e mi scarruffava i capelli quando erano ancora lunghi, la mia amica JoJo che mi tirava un cuscino addosso, Simon che mi sovrastava con la sua pistola in mano, io in volo con le mie ali nere, Slay che si preparava ad uccidermi, Bubble Tower chino sulle sue apparecchiature, Grace che correva e rideva, Frank e Gee durante la ricognizione, Mikey e Ray che sparavano, Joshua che mi stringeva forte a sè per consolarmi...
Joshua."
(AU! Killjoys, make some noise!)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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The city is at war.

(Let this world explode!)

 

No! No! No! No!

Ogni parola, un colpo sulla porta di metallo. Ogni urlo, un rimbombo cupo nella stanza e nel corridoio vuoto. Ogni secondo in più, una disperazione che mi trascinava sempre più a fondo con sé, come un’onda.

Tirai fuori dal fodero la pistola a raggi e sparai alla porta, ma il proiettile non scalfì nemmeno la superficie di metallo. Continuai a battere il mio pugno sulla porta e a urlare anche quando le forze sembrarono abbandonarmi, anche quando era chiaro che nessuno mi avrebbe tirato fuori da lì. Stanca, scivolai lentamente a terra finchè non rimasi in ginocchio sul pavimento freddo. Ma non smisi di colpire, non smisi di cercare di salvarmi.

Evelyn rimase in silenzio, senza nemmeno la forza di consolarmi o dirmi che sarebbe andato tutto bene. Lo sapeva anche lei, lo sapeva come lo sapevo io: era finita. Nessuno sarebbe venuto a salvarmi all’ultimo minuto, perché i miei salvatori stavano per essere uccisi. Dovevo rassegnarmi, non c’era più niente da fare. Questa volta la salvezza non faceva parte del mio destino.

Colpii per le ultime volte la porta, poi ci appoggiai sopra entrambi i pugni e abbassai la testa, iniziando a piangere silenziosamente: ancora una volta avevo voluto distruggere una cosa più grande di me, e ancora una volta i miei amici sarebbero morti per avermi seguita nella mia folle impresa. Piangevo ancora per Bubble Tower, Letter Bomb e Amy, ma… questa volta era diverso. Questa volta a morire sarebbero state le persone che mi avevano consolata così tante volte, che mi avevano protetto, che mi avevano amato.

I miei amici.

Gerard, con quel suo carattere un po’ duro ma in fondo divertente e dolce.

Ray, con le sue battute che riuscivano a risollevare anche la giornata più nera.

Mikey, con le sue folli corse che mi montavano l’adrenalina addosso.

Frank, con la sua allegria che riusciva sempre a strapparmi una risata.

Joshua, con il suo amore che non mi aveva mai abbandonata, nemmeno nella situazione più nera.

E poi sarebbe toccato anche a Grace e al Dr. Death Defying, poco ma sicuro. E con loro sarebbero scomparsi anche i giochi, i consigli, l’allegria e le canzoni alla radio.

Potevo quasi immaginare quello che sarebbe successo dopo pochi minuti, o che forse era già successo: i Killjoys che combattevano nell’atrio, fiduciosi nel mio piano e che aspettavano che arrivassi per potersene andare. Joshua, distante dagli altri, che combatteva con un gruppetto di Draculoidi. Una sagoma tagliente e luccicante che gli si avvicinava e gli trapassava la pelle… e in poco tempo l’atrio bianco sarebbe stato macchiato dal rosso del sangue dei miei compagni, dei miei amici. Un altro plotone di Draculoidi sarebbe stato mandato nel deserto al rifugio del Dr. D, e anche il Dj e Grace se ne sarebbero andati, soli e indifesi, un uomo su una sedia a rotelle e una bambina.

E poi… sarebbe toccato a me.

Chissà se Airi diceva sul serio, quando diceva che sarebbe tornata coi cadaveri dei ragazzi. Me li avrebbero fatti vedere davvero, anche se non erano più gli stessi, cambiati dal freddo che era sceso su di loro? Avrei potuto accarezzarli per un’ultima volta, affondare la mano nei ricci di Jet Star, guardare gli occhi grigi di Joshua e quelli verdi di Fun Ghoul, entrambi ormai spenti e vacui? Avrei potuto dire loro addio prima di ritrovarci tutti insieme in un altro luogo, che non era né nel mio mondo né in questo?

E di me cosa sarebbe stato?

Ero sicura che c’erano davvero delle siringhe che mi aspettavano da qualche parte dentro un laboratorio, pronte ad uscire dai miei incubi e a darmi la caccia di nuovo. Mi sarei dovuta di nuovo abituare a tutte quelle reazioni strane, al dolore, al sangue, a quelle ore passate immobile sul pavimento senza nemmeno la forza di muovere un muscolo. Oppure questa volta avrebbero usato la tortura, e non sarebbe stato meno doloroso. In ogni caso io, l’ultima Killjoy, l’ultima ribelle sopravvissuta ai suoi stessi compagni, sarebbe morta nel modo meno eroico possibile e senza possibilità di combattere. E io non volevo che succedesse.

Ero così immersa nei miei pensieri e singhiozzavo talmente forte che non sentii i passi che si fecero strada nel corridoio per poi fermarsi davanti alla mia porta. Lasciai andare un singhiozzo più forte degli altri e, quando mi zittii per prendere fiato, la sentii. Sentii una voce.

“Eve?”

Rimasi immobile, senza né parlare né muovere un muscolo. Lei, preoccupata e insicura, ripetè: “Eve? Sei qui?”

Mi lasciai sfuggire un gemito sorpreso e balbettai: “G… Che ci fai tu qui?”

“I ragazzi mi hanno portata con loro e quando siamo arrivati qui mi hanno detto di cercarti. Non sono riuscita a trovarti subito, poi ho visto quella donna con la spada che usciva da questo corridoio e ho pensato che tu potevi essere con lei.”

Trattenni a fatica il sorriso che si stava formando sul mio volto. “Come stanno?”

“Bene. Dovresti vedere come combatte Joshua, sembra che abbia le ali ai piedi.” La bambina rise, e io con lei: avevo già avuto modo di assistere alla scena del ragazzo che combatteva nell’atrio con i suoi pattini ai piedi, mi era sembrato immortale. Improvvisamente ripensai alle parole di Airi e dissi: “Grace, devi tirarmi fuori di qui, adesso!

“Dov’è la chiave?” mi chiese lei, altrettanto preoccupata.

“Dovrebbe essere qui vicino, cercala!”

Dei passi si allontanarono e vagarono per il corridoio. Passarono lunghi minuti di interminabili attesa, prima che un tintinnio metallico e un soddisfatto ‘Eccola!’ mi giungessero alle orecchie. I passi si avvicinarono di nuovo alla mia porta e la chiave entrò nella serratura, che iniziò a girare lentamente. “È dura, non ce la faccio!” esclamò Grace.

“Tranquilla, vai con calma. Nessuno sa che sei qui, non…”

“AAAHHH!!”

La chiave smise improvvisamente di girare nella serratura e l’urlo della bambina si fece strada anche dentro la mia cella. Riuscivo a sentire i suoi gemiti di sforzo e sentii che insieme a lei c’era qualcun altro, i rumori di passi erano troppi. “Grace!” urlai, infilai le dita di entrambe le mani nella fessura della porta e tirai: lei iniziò ad aprirsi, ma alla fine si bloccò di nuovo. Guardai la serratura: un pezzo era rimasto infilato nel buco, la bambina non era riuscita ad aprirla completamente. Con un movimento veloce tirai la pistola fuori dal fodero e sparai sulla serratura: con uno schianto secco e una luce improvvisa la porta si spalancò, mostrandomi un Draculoide che teneva ferma Grace tra le braccia. Senza pensarci due volte gli sparai al cuore, lasciandolo cadere a terra e liberando la bambina. La piccola mi saltò in collo e mi abbracciò forte, mentre le sussurravo: “Va tutto bene, ci sono io adesso. Va tutto bene.”

La posai per terra e insieme iniziammo a correre via dal corridoio, lontano dalla cella e avvicinandoci sempre di più al ripostiglio. Vagammo per i corridoi per un tempo interminabile e, quando ormai iniziai a dare tutto per perduto, ci imbattemmo nella porta del ripostiglio. Mi fermai e guardai la bambina negli occhi azzurri. “Ascoltami bene, Grace. Corri più veloce che puoi verso l’atrio, non ti devono acchiappare in alcun modo, e stai attenta alle pallottole. Appena arrivi corri da Party o da Fun Ghoul, e dì loro che tra cinque minuti devono uscire dal grattacielo. Okay?”

“E tu?”

Esitai. “Dì loro di uscire comunque, con o senza di me. Non preoccupatevi per me, me la caverò in qualche modo.”

Gli occhi le si inumidirono di lacrime. “Non voglio perderti un’altra volta.”
Oh, piccola... “Grace.” Fui colpita io stessa dalla fermezza nella mia voce. “Non abbiamo tempo da perdere, non pensare a queste cose. Non pensate a me, se lo fate saremo tutti morti. Capito? Tutti. E vedervi morti è l’ultima cosa che voglio. Urlalo forte se i ragazzi vogliono aspettarmi: keep running, se vi fermate siete spacciati.” Feci una pausa. “Vai, forza!

Mi guardò per un’ultima volta con gli occhi azzurri luccicanti, poi si voltò e iniziò a correre a tutta velocità nel corridoio. Non appena svoltò l’angolo, aprii la porta del ripostiglio e iniziai a scendere le scale più veloce che potevo.

Dimmi, distruggeresti qualcosa perfetto per renderlo bellissimo?

Adesso so la risposta, Frankie. C’è n’è sempre stata una soltanto.

Raggiunsi la cassa e cercai a tentoni la bomba. All’inizio mi preoccupai non trovandola, ma non appena sentii la scatola di metallo sotto le dita mi lasciai sfuggire un sorriso e la portai alla luce che proveniva dal corridoio sopra di me. Toccai un tasto sopra il display e delle figure rosse vi si accesero sopra. Ne toccai un altro e un 5:00 lampeggiò per poi rimanere immobile. Un ultimo tasto e, con un poco di incertezza, il numero cambiò velocemente in un 4:59, per poi diminuire sempre di più mano a mano che i secondi passavano. Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo: era fatta, l’avevo innescata. Avevo abbastanza tempo per poter uscire dalla stanza e raggiungere i ragazzi, cosa sarebbe potuto andare storto?

Click.

Mi si gelò il sangue nelle vene quando sentii il rumore di un colpo messo in canna, e rimasi immobile senza osare fare nemmeno un passo. I passi, invece, li fece qualcun altro, che mi raggiunse e puntò la fredda canna di metallo di una pistola a raggi alla testa. “Sinceramente, cosa pensavi di fare?”

Deglutii e non risposi. I pensieri mi vorticavano in testa a una velocità pazzesca, valutando tutte le possibilità che avevo per levarmi da quella situazione e raggiungere i ragazzi prima dei quattro minuti e mezzo di tempo che restavano. L’unica che mi venne in mente, purtroppo, era anche la più rischiosa. Ma ormai stavo giocando il tutto per tutto, e anche se il mio asso nella manica era la carta peggiore di tutto il mazzo ero costretta a buttarla. Intanto la persona dietro di me spinse fortemente la pistola sulla mia testa. “Sarà un piacere ucciderti, sai?”

Con un movimento veloce mi voltai, allontanai il braccio che teneva la pistola dalla mia testa, tirai fuori la mia e mi nascosi nell’ombra, vicino alla cassa. Il colpo che doveva uccidermi si diresse verso l’alto e colpì il soffitto, lasciando cadere una nevicata di polvere d’intonaco. Sentii Korse imprecare tra sé e sé e infilare un altro colpo in canna. Anche se controluce, riuscii a vederlo che puntava la pistola nella mia direzione e premeva il grilletto: mi abbassai giusto in tempo e il proiettile mi oltrepassò la testa, colpendo il muro qualche metro più in là. L’uomo saprò un altro paio di colpi, e dovetti fare i salti mortali per evitare di venire colpita o anche solamente sfiorata. Non appena ebbi un minuto per respirare, misi un colpo in canna nella mia pistola e mi spostai silenziosamente vicino a Korse, il più vicino che potevo. Anche se la sua figura era quasi completamente al buio, alzai l’arma e feci fuoco.

Lui rimase in piedi e pensai di averlo mancato completamente, ma poi ondeggiò un paio di volte e infine cadde a peso morto per terra, con un rimbombo che echeggiò nella stanza. Rimasi in silenzio e scioccata, l’unico rumore che si sentiva era quello del timer della bomba. Lentamente, uscii dall’ombra e mi avvicinai al corpo: una pozza nerastra gli si stava allargando sulla camicia bianca, e quegli occhi neri che mi avevano sempre spaventata fissavano il vuoto. Non potei fare a meno di sentirmi soddisfatta e mormorai: “Questo era per Thomas.” Mi voltai verso la bomba e rimasi senza fiato: il timer segnava 1:00.

Senza perdere tempo, scavalcai il cadavere e corsi su per le scale finchè non mi ritrovai nel corridoio. Presi la strada verso l’atrio, ma nel svoltare l’angolo inciampai e caddi per terra. Rimasi un attimo immobile sul pavimento bianco, poi mi ripresi e tornai in piedi. Un altro paio di angoli, ed ecco l’atrio bianco. Per terra c’erano decine di cadaveri, ma nessuno di loro mi era familiare. Alzai lo sguardo verso la porta a vetri mentre correvo: là fuori c’erano i Killjoys, ancora vivi, che mi aspettavano. Joshua non aveva il casco e sbracciava verso di me. Stava dicendo qualcosa, e la parola che pronunciava era una sola.

Corri!

“Joshua, vattene! La bomba sta per…”

BUM!

 
*
No, stasera non sono dell'umore giusto per sclerare. Ho litigato con delle persone che mi stanno (o stavano? Non so ancora qual'è il tempo giusto da mettere) veramente a cuore, e... bè, non penso che vi interessi sapere in che stato ero oggi pomeriggio. Vi dico solamente che il titolo del capitolo è ispirato a una canzone dei Cobra Starship (chissà perchè mi immagino sempre Kobra Kid che canta o_O) e la frase sotto è di Na Na Na.
Scusate se questo capitolo vi sembra più corto del solito.
E LA SUNSHINE E' TORNATAAAAAAAAAAA!!
LudusVenenum: anche Field of the innocents è stupenda *-* Scusa, ma quando mai Eve può contare su quei cinque idioti? Il più delle volte è lei che salva le chiappe a loro -.-'
Maricuz_M: AHAH Da te mi aspettavo una reazione del genere XD Spero che la mia soluzione di stavolta ti sia piaciuta :D *si immagina Joshua in versione This Is Sparta*
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine!
#SINGItForJapan <3
  
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