Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Sacu    19/05/2011    2 recensioni
Capitolo di prova per nuova ambientazione.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sophelia vde il riflesso dei suoi lunghi capelli verdi e fece per colpire il bersaglio con la sua spada, quando si accorse che la corazza di metallo era inanimata e si fermò. Una mossa azzardata, un rumore sospetto e subito sarebbe stata circondata.
“Fammi luce, Sahura.” La piccola Fenice, appollaiata sulla spalla della padrona, distese le ali sprigionando il bagliore necessario. Sophelia si guardò intorno: si trovava all'inizio di uno stretto corridoio con due file di pezzi vuoti attaccati alle pareti; erano i ricambi che usavano i Golem come pelle e scheletro per muoversi.
Era vicina. Secondo la mappa, in fondo al corridoio c'era la Stanza della Creazione. La sua meta.
Passo dopo passo, il più silenziosamente che le era possibile, avanzò lungo il corridoio. Quelle armature erano allineate perfettamente, ognuna con la sua arma, come cavalieri pronti al passaggio del Re. Guardandole, Sophelia provò un brivido di disgusto, pensando che erano destinate a raccogliere l'anima di un giovane Jinn. Si domandò con quale coraggio i Golem rapissero quelle piccole creature senza corpo per incatenarle al freddo metallo, cancellando tutto ciò che erano, tutto il loro passato e dando vita a nuovi esseri, nuovi Golem. Non più magiche creature fatte di solo spirito, ma macchine senza cuore.
Aprì un poco la porta con la mano sinistra. Nessuno in vista. Entrò nella Stanza della Creazione. Era su quel tavolo sospeso a mezz'aria che avrebbero posizionato lo scheletro vuoto; ed era su quel simbolo magico lì a terra, tracciato con polvere di lapislazzuli, che avrebbero messo l'anima della piccola Zahrah. Sembrava tutto pronto per il rituale. Ma le cose non quadravano: perché non c'era nessuno?
“Bene, bene, bene!” disse una voce alle sue spalle. “Ma chi abbiamo qui?”
Sophelia si voltò. Il sacerdote era in compagnia di quattro guardie che trascinavano una Zahrah tremante dalla paura. Le avevano messo quelle stupide manette per impedirgli di usare i suoi poteri e scappare. Non fossero stati Golem, li avrebbe stesi facilmente, recuperato le chiavi e liberato la Jinn; ma quattro armature camminanti non erano semplici da abbattere. Non avevano organi vitali da colpire.
“Impossibile!” Disse il sacerdote guardandola meglio dopo aver illuminato la stanza. “Tu hai capelli verdi! Sapevo che Jelia era l'unica ad essere figlia di una strega dell'acqua, una Loreley! Non pensavo ce ne fossero altri!”
Sophelia strinse le mani sull'elsa: detestava quando parlavano di sua madre.
“Neanche io pensavo che delle creature nate dagli Gnomi potessero compiere tali abomini innaturali! Voi non dovreste esistere!”
La sorpresa del sacerdote fu cancellata dalla rabbia.
“Ti credi forse migliore di noi? Neanche tu dovresti essere nata! Le Loreley non hanno il diritto di riprodursi, ne è testimone il verde dei tuoi capelli! Come osi, tu, una creatura al di fuori delle leggi della natura, dire a noi che non dobbiamo esistere!?”
Non c'era bisogno di aggiungere altro. I primi due Golem si fecero avanti cercando di accerchiare Sophelia, ma lei si abbassò colpendone uno al ginocchio, spaccandoglielo. Non poteva ucciderli, ma poteva neutralizzarli o quanto meno rallentarli. L'altro stava per colpirla alle spalle, ma Sahura si alzò in volo sopra di lui e dalle sue ali dipartì un vortice infuocato che sciolse un braccio del Golem.
Ne restavano tre.
“Che aspettate stupidi? Eliminatela!” Urlò il sacerdote.
Dopo un attimo di esitazione, le guardie lasciarono Zahrah; uno caricò la ragazza, l'altro lanciò inutilmente dei pugnali alla Fenice. Sophelia riuscì a schivare gli attacchi del suo avversario, ma non poteva contrattaccare: la stessa tecnica non avrebbe funzionato due volte di fila. Poi ebbe l'illuminazione: Sahura aveva ancora un colpo a disposizione!
“Sahura! Effetto domino!”
La Fenice non se lo fece ripetere. Cominciò a svolazzare attirando l'attenzione del proprio Golem, mentre Sophelia fingeva degli attacchi per far arretrare il suo fino a metterli schiena contro schiena senza che se ne accorgessero.
“Ora!”
Sophelia si buttò a terra, mentre Sahura si fermò davanti alle due macchine, distese le ali e li colpì col suo vortice di fuoco. A differenza del colpo precedente, non aveva mirato un punto preciso, ma aveva colpito entrambi su tutto il corpo. Sembrava non avere avuto effetto, ma la ragazza si rialzò di scatto in piedi con la mano aperta in avanti, col palmo sinistro sul dorso della destra. I suoi capelli si ondularono come scossi dal vento e sprigionarono una chiara luce verde mentre sussurrava delle parole incomprensibili: dalla sua mano uscì un potente getto di acqua gelida che avvolse i Golem. Sarebbero rimasti bloccati un minuto buono.
Restava il sacerdote, impietrito dalla paura.
“Avevo sentito parlare della potenza delle Mezzeloreley, ma non pensavo...”
“Sahura! Le chiavi!”
La Fenice piombò sul sacerdote inerme e gli strappò le chiavi che teneva al collo, consegnandole alla padrona. Sophelia si avvicinò alla Jinn e la liberò dalle manette.
“Scappare ti sarà inutile! Ti troveremo, dovessero passare mille anni!” tentò di minacciarla il sacerdote, poco convinto egli stesso.
“Pff, ho ricevuto minacce peggiori.” Non era la prima e non sarebbe stata certo l'ultima. Una mezzalorelay viveva fino a diecimila anni e lei non arrivava a duecento.
Dal corridoio si sentì rumore di passi. Altri Golem stavano arrivando.
“Presto Zahrah! Usa i tuoi poteri e portaci via di qui!”
La Jinn era ancora scossa, ma senza manette poteva finalmente usare i suoi poteri. Afferrò con una mano destra il braccio di Sophelia e alzò il braccio sinistro per far atterrare la Fenice. In un attimo sparirono.

Non c'era cosa migliore del vedere una madre che riabbraccia la figlia dopo averla creduta persa per sempre. Dopo tanto tempo, si sentì felice nel vedere la piccola Zahrah piangere sotto i baci della Jinn.
“Vi ringrazio per averci restituito nostra figlia.” Le disse il padre consegnandole una faretra. “Come promesso, ecco la vostra ricompensa.”
Si sentì quasi in colpa a ricevere il pagamento di quello che doveva essere una buona azione. Ma quell'oggetto le serviva: creava frecce incantate a seconda delle esigenze del proprietario; era un oggetto troppo prezioso per essere rifiutato.
Adesso poteva tornare da suo padre e riprendere il suo addestramento.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Sacu