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Autore: rainyday2009    21/05/2011    0 recensioni
ehm... questa è la mia prima fan fic ^^'
non ho seguito nessun manga, anime o altro, ho pensato a una storia originale (se ce n'è un altra simile, perdonatemi, vi prego, non pensate che abbia copiato, non era mia intenzione! T_T XP)
è una storia di un ragazzo qualunque, che spera di aver trovato il vero amore... è ambientata in un posto non ben definito, ma i nomi dei personaggi richiamano un'ambientazione giapponese... XP
spero vi piaccia! ^^
grazie! ^^
PS: Nlc, grazie per il tuo commento!
ho modificato un po' il testo, spero che adesso sia più leggibile! mi dispiace tanto, avevo sbagliato qualcosa con il codice html... ^^'
cmq grazie davvero! ^^
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Allora... Questo lavoro dev’essere impegnativo...” esordì Sato, una volta che fossero trascorsi diversi istanti dopo che lui e Akiko e Shuji e sua sorella si erano separati.
“Beh...” rispose Akiko, un po’ imbarazzata, “in realtà non devo fare altro che raccogliere ordinazioni e servire clienti... Però devo ammettere che alla fine della giornata sono davvero stanca!”.
“Posso immaginare” rispose prontamente Sato. Qualche attimo di silenzio, poi fu Akiko a parlare.
“Sai... Adesso sono capace di portare un vassoio stracolmo, non è più come quando eravamo bambini...!”.
Un po’ imbarazzata, si voltò verso Sato, e aggiunse: “Ricordi? Molte volte lo rovesciavo sempre sul pavimento! Meno male che la mamma non se ne accorgeva...”.
“Certo che si!” disse ancora una volta prontamente Sato, “E ricordo anche che... Una volta è successo che la tua mamma se n’è accorta!”.
“Già... E tu...” e qui Akiko si fermò, un paio di secondi, “Tu te ne prendesti la responsabilità...”.
Anche Sato rimase in silenzio per qualche secondo.
“Beh” disse, “a te avrebbe fatto una ramanzina terribile, mentre io...”, e non concluse. Ancora silenzio.
“Però... Devo ammettere che pulire era molto divertente... Riuscivamo sempre a finire prima che arrivasse la mamma, e potesse accorgersi di ciò che era successo!” disse Akiko.
“Peccato che quel giorno era presente... E non potemmo schizzarci con l’acqua, come facevamo le altre volte!” disse Sato.
“Vero! Era molto divertente... Solo che poi ci toccava asciugare tutto... Di nuovo!” disse Akiko. “Ehi, dovremmo farlo un’altra volta!”, aggiunse.
“Già” si limitò a dire Sato, pensando che, ormai, l’estate era finita.
Magari, se si fossero rincontrati un po’ prima, non mesi dopo quella festa, ma all’inizio delle vacanze estive, avrebbero potuto trascorrere un po’ più di tempo insieme.
“Akiko... Posso chiederti una cosa?” continuò Sato. Stava fissando Akiko, e si sentiva un po’ strano, pensando che lei sicuramente – era diventata un po’ rossa – si stava chiedendo cosa mai avrebbe voluto chiederle lui, magari perdendosi immaginando qualcosa di fantasioso tipo qualcosa su loro rapporto, o altro.
“M-Ma si, certo... Cosa vorresti chiedermi?” rispose Akiko, ancora imbarazzata, la testa rivolta verso il basso.
“Scusami se te lo chiedo, ma... Potresti dirmi perché hai lavorato durante queste vacanze? Cioè...”. Sato si fermò, temendo di essere andato un po’ oltre.
“Ah...”. Akiko sospirò, mentre Sato pensava che poiché la sua espressione non era cambiata, sicuramente la sua domanda non aveva deluso le aspettative della ragazza, o forse, aveva interpretato lo stesso quella domanda come qualcosa di importante nei suoi confronti.
“Ecco...” continuò “Vedi, Sato... Lo sai, i miei genitori lavorano entrambi, e non abbiamo problemi finanziari...”.
“Questo lo so...” la interruppe Sato. “Allora...?”.
“In realtà...” proseguì Akiko, “Ho deciso di essere un po’ più indipendente, e non voglio chiedere ai miei...”. Qui si fermò per qualche attimo, poi continuò, “Voglio guadagnarmi da sola i soldi sufficienti per mettere in atto... Un progetto”.
Sato non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando Akiko, ma non le chiese nulla a proposito, anzi, non disse nemmeno una parola; tuttavia, fu Akiko a parlare.
“Per queste vacanze non sarà più possibile... Ma le prossime... La prossima estate... Voglio trascorrere la prossima estate con tutti voi, al mare!”. Akiko ora guardava in faccia Sato, e aveva un’espressione così decisa che ancora una volta, pensava Sato, Akiko sembrava una ragazza del mondo degli anime.
“Wow! Voglio dire... Potresti spiegarti meglio...?” disse Sato, che era rimasto visibilmente spiazzato da questa risposta.
“Per farla breve... Non voglio semplicemente andare al mare una giornata soltanto, ma almeno qualche giorno! E poi, i miei non mi manderebbero mai da sola, per cui, dato che mi toccherà affittare una camera, tanto vale dividerla con voi quattro! Sempre che voi siate d’accordo!” disse Akiko, tutto d’un fiato. Era felice mentre parlava.
Anche Sato era entusiasta. D’altronde, anche a lui il mare piaceva molto, anche se non aveva quasi mai la possibilità di andarci.
“E’ fantastico!” disse, “Per me va bene, ma ad una condizione, non trattabile” aggiunse, con un sorriso.
“E... Quale sarebbe...?” chiese Akiko, con la stessa espressione di qualche minuto prima.
“Devo partecipare alle spese... Altrimenti non verrò” disse risoluto, mostrando poi un gran sorriso.
Sato non sorrideva spesso, perché molto spesso non ne trovava motivo... Comunque, quel sorriso fece felice Akiko, che dapprima, stupita, arrossì, poi gli sorrise, e tornò a guardare verso il basso.
“Immagino che... Non si potrebbe fare altrimenti... Dico bene...?” disse Akiko, timidamente.
“Assolutamente!”. Non fece neanche in tempo a finire la frase, quando si ricordò che tempo prima aveva promesso a Noriko di passare l’estate insieme a lei. Ma al momento non se ne preoccupò più di tanto: avrebbe trovato il modo di trascorrere la settimana al mare insieme ad Akiko, e il resto delle vacanze insieme a Noriko... E magari avrebbe anche capito chi amasse di più... Akiko o Noriko.


“Uh... Non ci ero mai stato prima d’ora... Davvero carino come posto!” disse Sato, appena messo piede nel locale insieme ad Akiko.
“Vero? E’ la stessa cosa che ho pensato anch’io, la prima volta che ci sono venuta!” rispose Akiko.
“Ehi, guarda chi si vede! Akiko, giusto in tempo... Che strano, di solito arrivi sempre in anticipo...”.
Una ragazza, vestita da cameriera, si trovava davanti a loro. Era molto bella, e Sato avrebbe giurato che non avesse avuto più di venti anni.
“Ehm” disse Akiko imbarazzata, “mi dispiace tanto, Megumi, questa mattina ho fatto un po’ tardi...”.
Non ebbe quasi neanche finito, che la ragazza continuò:
“Ho capito... Hai fatto tardi perché hai portato il tuo ragazzo”.
Akiko era imbarazzatissima, e Sato lo era altrettanto. I due si guardarono in volto, poi fu Akiko a parlare.
“Beh... Si... Cioè, no, ecco... Non è il mio ragazzo... E’ il mio amico Sato...”.
“Ehm... Piacere... Il mio nome è Sato...”, disse Sato, ancora imbarazzato.
“Ah, Sato! Ciao, io sono Megumi”, disse la ragazza, sorridendo.
Squadrò Sato dalla testa ai piedi, poi continuò:
“Ehi Akiko... Avevi ragione, è davvero un figo!”.
Fu ulteriore fonte di imbarazzo per Sato, ma anche per Akiko.
Sato non sapeva se poteva essere considerato un “figo”, magari la ragazza del locale lo aveva detto per scherzo, magari per prendere in giro Akiko... O forse l’aspetto di Sato la impressionava davvero? A detta di Sato, il suo aspetto non era mica qualcosa di eccezionale: non faceva nulla di più che sistemare i capelli un po’ con le mani, sulla fronte, e poi giù, fino alla base del lungo collo; non indossava mai niente di particolare, jeans e maglietta; non mostrava alcun interesse per gli accessori... Era ovvio, la ragazza stava soltanto prendendo in giro Akiko.
“Non preoccuparti”, aggiunse, vedendo che né Sato né Akiko sembravano avere intenzione di dire nulla, “a me piacciono i ragazzi più grandi, non te lo rubo!” continuò, e si recò sul retro del bancone.
Dopo qualche istante, fu Akiko a parlare. 
“Ehm... Ti chiedo scusa, Sato, Megumi è... Come dire, un po’... Irriverente...”.
“No... Non preoccuparti... Non è nulla...”, rispose Sato.
“Bene” disse Akiko, “posso portarti qualcosa? Capisco che è un po’ presto, e abbiamo appena finito di fare colazione... Ma se vuoi qualcosa, chiedi pure”, continuò, con un dolcissimo sorriso.
Sato era ancora imbarazzato (un po’ anche per il sorriso di Akiko), per cui si limitò a risponderle:
“Non preoccuparti, sto per andare via...”.
“Ma come, vai già via?” chiese Megumi, appena tornata vicino a dove si trovavano Sato e Akiko.
“Ehm... Beh, sì... Non vorrei essere d’intralcio...” disse timidamente Sato.
“Eh eh!”. Akiko fece una risatina, poi disse:
“Sapevo che avresti risposto così! Se vuoi, resta pure, non c’è alcun problema! Solo che non posso farti compagnia... Sai, prima... Dovrei cambiarmi”, aggiunse, nuovamente un po' imbarazzata.
“Davvero, va tutto bene, volevo soltanto vedere il locale, niente di più” disse Sato, poi si avviò verso la porta.
“Come vuoi” disse la ragazza del locale.
“Ci sentiamo presto, Sato!” disse Akiko, e corse a salutarlo, dandogli due bacini sulla guancia.
“Allora... Arrivederci, signorina Megumi! A presto, Akiko!” disse Sato, ancora imbarazzato, questa volta forse per il saluto di Akiko.
“Ciao!” dissero entrambe all’unisono; intanto, Sato usciva dal locale, un po’ a malincuore.
Ma d'altronde, temeva di poter disturbare Akiko mentre lavorava, e nello stesso tempo voleva godersi gli ultimi due giorni di vacanze, per cui si convinse che andarsene era stata la cosa migliore. Intanto, passato davanti alla vetrata del locale, vide la sua amica parlare con la ragazza del locale, e notò che Akiko aveva un’espressione determinata, ma allo stesso tempo sembrava imbarazzata. Badando di non farsi notare, si allontanò.


Camminando, a Sato venne in mente di passare dalla sua scuola per controllare che nuovi libri non fossero stati aggiunti all’elenco che già possedeva. Tornò a casa in fretta, si cambiò, e corse alla stazione per salire sul treno che lo avrebbe portato a scuola. Nei pressi della stazione, vide il posto in cui aveva rincontrato Akiko, molto tempo dopo quella festa... E gli venne in mente che forse, visti gli esiti degli ultimi giorni delle vacanze estive, non era stato così male aver ritrovato Akiko – nonostante quel “Ti voglio bene” e quel bacio – anzi, ne era felice. Mentre il treno continuava la sua corsa, continuava a pensare ad Akiko. Si stava davvero innamorando di lei? Fisicamente, Akiko era molto attraente, pensò Sato... E caratterialmente era una persona fantastica, una di quelle persone cui il solo averle accanto fa sentire sereni. Insomma, la ragazza perfetta, la fidanzata ideale... E per giunta innamorata di Sato... Ma per il momento Sato manteneva il rapporto con Noriko, un’altra ragazza fantastica, anche lei innamorata di lui, e lui che riteneva di essere innamorato follemente di lei soltanto... Ma evidentemente le sue certezze avevano iniziato a barcollare, in modo tale che Sato si pose il problema di iniziare a pensare seriamente di lasciar perdere Noriko e cercare la felicità insieme ad Akiko... Sperando di non ferire Noriko...
Intanto, i suoi piedi lo avevano portato già al di fuori della stazione e all’interno della scuola (erano poco distanti); distolto dai suoi pensieri, si accertò che i libri da comprare non fossero più di quelli che aveva già acquistato. Mentre stava per andarsene, un rumore catturò la sua attenzione. In questa situazione, gli venne in mente una serie manga che stava leggendo… Intanto, svoltò l’angolo verso il corridoio laterale e andò a vedere cosa avesse provocato il rumore.
“Aah… Che cavolo… Ehi! Ehi, tu!”
C’era una ragazza dai capelli neri davanti alla parete. Si rivolse a Sato, subito dopo che le fossero caduti una manciata di fogli.
“Ehm… Si? Dici a me?”. Sato rimase stupito. Cosa ci faceva quella ragazza lì? Si avvicinò.
“Si, certo! Ehi, mi daresti una mano? Devo appendere questi fogli, e da sola non ci riesco… E come se non bastasse, ho dimenticato persino le forbici! Che stupida!”.
Sato si avvicinò, e la guardò meglio. Aveva già visto che la ragazza aveva dei capelli neri, molto lisci; notò che era una ragazza molto carina. Aveva gli occhi verdi, i contorni inscuriti dal trucco, la faccia molto chiara e indossava degli orecchini d’argento molto lunghi. Sato rispose, un po’ nervoso: gli occhi verdi della ragazza sembravano quasi averlo ipnotizzato.
“Ehm… Dai, non dire così, sono cose che capitano… Va bene, ti aiuto io”.
“Grazie! Sei gentile! Che fortuna! Qua nessuno ti da una mano… Sono anni che frequento questa scuola… Non sono neanche in grado di prestarmi un paio di forbici! Ah, ma meno male che questo è l’ultimo anno! ” disse la ragazza, senza fermarsi, mentre sia lei sia Sato raccoglievano i fogli che le erano caduti.
Sato avrebbe voluto chiederle quale fosse il suo nome, ma le disse tutt’altro.
“Sei all’ultimo anno? Anch’io!”.
“Ma davvero? Eppure, non ti ho mai visto… A proposito, io sono Reiko… Ma tutti mi chiamano Rei” disse decisa la ragazza, mentre gli porgeva la mano destra, e con la sinistra manteneva sia i fogli che un grosso rotolo di nastro adesivo.
Sato la guardò prima in viso, e nel giro di un istante, le guardò anche la mano. Indossava alcuni bracciali di diversa grandezza, due anelli metallici, uno all’indice e uno al medio, e aveva delle unghie lunghe ma poco curate. Le porse anche lui la mano e la strette con delicatezza.
“Ciao, io sono Satoru… Sato, per gli amici…”. Il suo sguardo si posò sugli occhi smeraldo della ragazza, che adesso lo fissavano.
“Bene, Sato, come te la cavi a tagliare lo scotch con i denti? Io proprio non ci riesco, cavolo!” disse Reiko.
“Beh, a dire il vero… Non ci ho mai provato… Vediamo un po’…”.
Fece scorrere un po’ di nastro adesivo, lo portò alla bocca, lo addentò, e dopo un po’ si trovò con il rotolo di nastro adesivo nella mano destra e un lungo tratto nella sinistra.
“Ehi! Ce l’hai fatta! Ti amo! Ah, questa deve essere proprio la mia giornata fortunata!” esclamò Reiko.
Sato guardava verso il basso, imbarazzato.
“Ma no… Non ho fatto nulla di così eccezionale…” disse, ancora imbarazzato.
Quel “ti amo”, anche scherzando, detto da parte di una ragazza così carina, lo faceva sentire un po’… Strano.
“Ma che dici? Ti rendi conto? Se non fosse stato per te, adesso sarei dovuta tornare a casa a prendere le forbici… Una perdita di tempo… E io odio perdere tempo! Ehi, grazie mille!”, aggiunse, afferrandogli il braccio con le mani delicate. Senza che Sato dicesse nulla, la ragazza continuò.
“Ok… Finiamo di sistemare questo, poi attacchiamone altri per le scale”.
Finalmente Sato poté guardare cosa stesse scritto su uno dei fogli. Era il manifesto di un concerto, in un locale di cui Sato aveva già sentito parlare perché poco distante da casa sua.
“Verrai?”. Reiko aveva visto che l’attenzione di Sato si era spostata sul foglio. “E’ il mio gruppo. Suoniamo la prossima settimana… A dire il vero, è il nostro primo concerto… E credo sarà anche l’ultimo…”.
“Perché?” chiese Sato, strappato un altro tratto di nastro adesivo.
“Beh, ai miei cari compagni musicisti non vanno bene le canzoni che propongo di suonare… Dico, sono il leader, non intendo decidere tutto io, certo, però dovremmo trovare almeno un compromesso… Per non parlare di quel vanesio del mio cantante…”.
Sato rimase ad ascoltare in silenzio. Lui non ne capiva molto di musica, diceva, ma gli piacevano canzoni che avessero accompagnamento di chitarra elettrica o un testo di notevole significato. Principalmente, ascoltava le sigle degli anime.
“Ehm… Non per farmi gli affari tuoi… Ma…” disse lentamente Sato. Reiko lo interruppe.
“Ok, ok, ti spiego. In pratica, sono costretta a suonare tutte le canzoni che loro amano e a me non piacciono… E pensare che ho convinto io le persone che chiamavo amici a formare un gruppo… Pazienza, dovranno cercarsi un nuovo chitarrista… E un nuovo nome” disse Reiko, tutto d’un fiato, come per sfogarsi.
“Wing 098… E’ un nome originale” disse Sato, mentre entrambi salivano le scale verso il primo piano.
“Già, l’ho scelto io… Devi sapere che zero nove-otto è una data… La data in cui sono nata… Il mio compleanno insomma”.
Sato non aveva mai conosciuto prima di allora qualcuno nato il suo stesso giorno.
“Non posso crederci! Siamo nati nello stesso giorno!” esclamò Sato.
“Ah, Sato, l’avevo detto io! Questo è un incontro voluto dal fato! Oggi per me è un giorno fortunato!”. Di nuovo, gli toccò il braccio. Sato non rispose.
Incollarono altri tre manifesti, continuando a parlare – più Reiko che Sato: si lamentò del fatto che in realtà quelli che lei riteneva amici non ci avevano pensato due volte a voltarle le spalle, e ancora, del più e del meno, della scuola, degli interessi. Sembrava fossero davvero in sintonia. Poi, molto tempo dopo, successe qualcosa di strano appena ebbero finito con l’ultimo dei fogli.
Si ritrovarono nel posto dove si erano incontrati, il muro del corridoio laterale del piano terra.
“Ehi Sato… Ascolta... Ricordi cosa ho detto prima… Questo è stato un incontro voluto dal fato…”.
Sato non poteva non fissare i bellissimi occhi verdi della ragazza che aveva di fronte. Rimase senza parlare, mentre Reiko si faceva avanti finchè Sato si trovò con la schiena che toccava al muro, a forza di arretrare. Non ci badò, continuava a osservare gli occhi di Reiko, poi il suo viso, e ancora i suoi occhi. Era davvero carina.
“Allora dimmi… Tu hai la ragazza? Anzi, no… Rispondimi dopo questo…”.
Sato era rimasto immobile. L’ultima cosa che vide furono gli occhi smeraldo che si avvicinavano sempre di più. Un istante dopo la sua bocca si trovò incollata a quella della ragazza. Istanti, secondi, sembravano passati minuti. Sato trovò appena la forza di bisbigliare.
“Io…” disse. Reiko posò la sua mano sulla guancia di Sato, e la accarezzò per due volte. Poi fermò ancora la mano sul viso di Sato e disse:
“Ma certo che avrai già una ragazza... Però… Ti chiedo un altro favore… Vieni al mio concerto e fingi di essere il mio ragazzo… Non rimarrai deluso… Avrai molti altri di questi…”. Lo baciò ancora.
 

  
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