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Autore: Clare de Lune    19/02/2006    8 recensioni
Ciò che teniamo dentro di noi prima o poi esce fuori e a volte quello che ci teniamo dentro è qualcosa che non si può combatte, infondo quando si ama si perde sempre contro se stessi....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le parole.

1° parte: ammissione.

Le parole che avrei voluto sentire

tu non le hai dette.

Le parole che invece non avrei mai voluto

udire le tue labbra le hanno

pronunciate.

***

Hermione stava camminando furiosamente per i verdi prati del parco di Hogwarts, il cielo quel pomeriggio che diveniva sera era ricoperto di nuvole grigie che preannunciavano l’arrivo eminente di un temporale ma questo non era un particolare che al momento la ragazza aveva voglia di notare e francamente se ne fregava, poteva anche venire il diluvio universale ma Hermione non se ne sarebbe preoccupata più di tanto. E come poteva? Se tutto quello che il suo corpo percepiva era solo la più devastante miscela di tristezza, rabbia, frustrazione e malinconia che avesse mai provato nella sua vita.

Credeva che non avrebbe mai raggiunto livelli tali di depressione ma a quanto pare non aveva contato il fatto che le parole di lui avrebbero potuto ucciderla dentro. Una morsa pungente e stritolante le stava stringendo intorno al cuore, come aghi incandescenti i suoi sentimenti la stavano ferendo aprendo tagli così dolorosi che le mancava il respiro per quanto le facessero male. Continuò a camminare con foga diretta in chi sa quale direzione finché non si fermò sulla riva più lontana del lago scuro da cui al momento fuoriusciva il tentacolo di una piovra gigante. Ad Hermione venne il folle pensiero di farsi trascinare infondo al lago da quel tentacolo se questo avesse significato smetterla di soffrire così tanto, poi scosse la testa al pensiero assurdo che aveva formulato. Rimase qualche minuto con gli occhi privi di qualunque luce a fissare l’acqua del lago incresparsi leggermente mentre le nuvole che prima erano grigie divenivano leggermente più scure e il vento si alzava scuotendo in lontananza le fronde degli alberi della foresta proibita. Hermione si sentiva ancora così male che si portò una mano sul cuore stringendo il tessuto del suo mantello con forza come se avesse potuto strapparsi lei stessa quell’organo che al momento era la causa di ogni sofferenza anche se sapeva che il suo cuore avrebbe comunque continuato a vivere, perchè ormai da tempo il suo cuore apparteneva soltanto a lui, il suo cuore era lui. E anche se avesse voluto riprenderselo, cosa che non pensava minimamente, non ci sarebbe mai riuscita, nemmeno cercando di odiarlo.

Non si può odiare ciò che ci fa sentire vivi neanche se è la stessa cosa che ci fa sentire privati di una metà, non si può odiare chi si ama con assolutezza, non si può e basta.

Una lacrima calda simile ad una bianca perla scivolò lentamente lungo una sua guancia, rompendosi sulla terra come vetro, una perla di tristezza che venne seguita immediatamente da tante altre piccole gocce perlacee che come la prima si frantumarono al suolo. Hermione non tentò nemmeno di smettere di piangere, non aveva la forza per riuscirci, preferiva farle correre, era sempre meno doloroso di restare immobile a non far altro che colpire e uccidere la sua anima ripensando in continuazione a quelle dannate parole che più di ogni altra l’avevano ferita dentro.

“Io non l’amo, come potrei? Lei è Hermione”

Aveva detto con assoluta freddezza, girato di spalle rispondendo ad un domanda di Ginny, quella stessa ragazza che credeva la sua migliore amica che il quel momento sorrideva alla parole dette e la guardava soddisfatta oltre la spalla di lui. Hermione non avrebbe mai voluto rimanere ad ascoltare ma il suo corpo in quei minuti pieni di ansia si era bloccato come se il tempo si fosse fermato, là dietro a quello scafale nascosto della biblioteca Hermione si era bloccata in attesa di sapere con il cuore ricolmo di inutile speranza, era rimasta ad ascoltare quelle labbra così tanto sognate, quella voce così amata pronunciare quelle parole. Le stesse che ora erano il motivo del suo pianto disperato.

Debole e senza forze per sorreggere i frammenti di cristallo che erano stati il suo cuore cadde seduta a sedere con il volto rigato dalle lacrime e le labbra che avrebbero voluto urlare impazzite la sua sofferenza ma era troppo distrutta anche per questo. Hermione si portò le gambe piegate vicino al ventre rimanendo seduta di fronte al lago, guardando fisso davanti a sé per quel che poteva scorgere dietro alla patina bagnata delle sue lacrime.

Ora era confermato: lui non provava nulla per lei, nulla almeno di quello che aveva sperato in tutto quel lungo tempo. C’era soltanto quel meraviglioso sentimento di profonda amicizia per lui che Hermione invece aveva cambiato con qualcos’altro di altrettanto bello ma decisamente più devastante: l’amore.

Lo amava anche adesso che involontariamente e senza saperlo le aveva spezzato la vita, lo amava anche se lui non ricambiava, anche se non avrebbe mai ricambiato. Amava ogni più piccolo particolare e difetto, ogni cosa che faceva per lei erano parte speciale del suo essere, lui era troppo radicato nel suo essere per sparire anche dopo quelle parole che mettevano la parola fine a quello che non era mai accaduto.

Hermione ora che sapeva si sarebbe fatta da parte, avrebbe rinunciato per sempre, non gli avrebbe mai detto che cosa nascondeva da tempo. Non si sarebbe mai dichiarata sapendo già la risposta che lui avrebbe dato, non avrebbe mostrato i suoi sentimenti, li avrebbe lasciati ardere con forza nel suo essere sperando che lui li sentisse in minima parte. Hermione gli sarebbe stata accanto comunque anche se il dolore di quelle parole l’avrebbero lentamente uccisa, anche se voleva dire soffrire ed amarlo pur sapendo che lui non ricambiava gli sarebbe stata vicina. Pianse ancora molte altre lacrime mentre il gelo della notte cominciava a farsi sentire nell’aria, continuò a piangere con le mani strette a pugno, con sordi singhiozzi e fievoli singulti Hermione rimase molto tempo in riva al lago, non si accorse che la sera calava per quanto fosse triste. Non si accorse delle prime gocce di pioggia autunnale che caddero dalla nuvole divenute scure come il carbone, non si accorse che stava facendo tardi. Non si accorse di nulla perché troppo presa a piangere. Ma cosa importava se si bagnava infondo, perché tutto era divenuto buio e senza forma per lei.

Aveva persino smesso di piangere, a che serviva quando nella sua mente si ripeteva il pensiero opprimente che Harry non l’amava e mai l’avrebbe fatto. Non dopo quelle parole, così odiate e temute tanto come quelle altre parole che invece avrebbe voluto ascoltare. Ma le labbra di Harry avevano pronunciato quelle odiate, per cui ora si sentiva vuota.

Le parole che ho detto

non sono quelle che ho nel

cuore.

Esse sono rimaste dentro

la mia anima, tra le cose più

importanti della mia vita :

dove la prima sei

tu.

Harry era fermo a guardare il paesaggio, seduto sopra al davanzale di quella finestra della sala comune. Aveva la fronte premuta leggermente sul freddo vetro e con occhi privi di attenzione osservava il nulla, i suoi occhi non vedevano realmente le cose che gli stavano davanti, i suoi occhi vedevano soltanto lei: lei che gli parlava, lei che gli sorrideva, lei che rideva ad una sua battuta, lei che leggeva assorta un libro sfogliandone le pagine nel suo personale modo, lei che si portava un ciocca di capelli dietro un orecchio, lei che si spostava emanando quel profumo così semplicemente suo, lo stesso profumo che accompagnava ogni suo pensiero, ricordo, emozione. Dio! Quanto gli mancava il suo profumo adesso!

Harry sbuffò quasi con rabbia pensando seriamente di stare impazzendo, senza vederla non resisteva neanche un’ora da solo, senza poterla sentire vicino aveva la sensazione di aver perso qualcosa. Le voci di alcuni studenti fecero capolino nella sala comune facendo entrare un gruppo ciarliero di ragazzi del primo anno. Harry lì guardò un attimo con la fronte corrucciata ed infastidita, si alzò dal davanzale su cui era seduto e rapidamente uscì dal buco del ritratto per allontanarsi da tutto e tutti. Non aveva voglia di vedere nessuno al momento, ne tanto meno sarebbe riuscito ad instaurare una conversazione se qualcuno gli avesse parlato. Si sentiva così frustrato che non sapeva minimamente perché, o meglio sapeva perché ma non voleva tormentarsi ancora. Già lo faceva da settimane se per un giorno non si dava mentalmente dello stupido forse sarebbe riuscito a non essere scontroso con chi gli stava intorno a parte lei.

Sì, lei, il motivo di tanto cattivo umore quando stava da solo e la spiegazione della totale serenità quando le stava accanto, da soli naturalmente. Il non poter urlare a squarcia gola ciò che infuriava come una tempesta nel suo cuore, il non poter dirle dei sentimenti che lo scuotevano impetuosi, non poterle dimostrare tutto il suo amore rendevano Harry malinconico e depresso.

Davanti agli altri, cioè al resto del mondo, doveva recitare una parte che gli stava stretta. Fare finta di non emozionarsi quando sentiva la sua voce chiamarlo per qualche sia ragione; nascondere il desiderio di abbracciarla, stringerla, toccarla; trattenersi dal guardarla in ogni momento che la sua mente desiderava di farlo tutto questo lo stava uccidendo inesorabilmente.

Ma aveva paura, paura che quando avesse finalmente esternato ciò che di più prezioso custodiva nel suo cuore lei non accentandolo si sarebbe allontanata per sempre, Harry aveva l’assoluto terrore di rovinare la loro amicizia, quella da cui era partito tutto. Se lei lo avesse rifiutato, se lei avesse cambiato il modo di comportarsi con lui cosa sarebbe successo? Sicuramente, si diceva sempre quando ci pensava, ne sarebbe morto se non lo uccidevano prima l’attesa o Voldemort.

Voldemort, ecco un altro problema.

E se lei invece avesse ricambiato cosa le avrebbe offerto se non una vita rischiosa in cui avrebbero dovuto stare attenti che un pazzo furioso non lo uccidesse? Se lei era in pericolo adesso che era soltanto la sua migliore amica cosa sarebbe successo se fosse stata la sua fidanzata? No, anche per questo motivo non poteva dirle nulla, non voleva di certo farle rischiare la vita più di quando già non facesse. Era meglio per lei che non venisse mai a sapere dei reali sentimenti che provava. L’avrebbe protetta ad ogni costo. Harry era pronto a morire nel combattimento che si sarebbe svolto un giorno contro Voldemort, era pronto ad affrontarlo l’importante era che lei non corresse rischi. Ciò che era importante era che Hermione avesse continuato a vivere la sua vita, anche non sapendo che Harry l’amava più di ogni altra cosa al mondo, anche se ignara dei suoi sentimenti.

Per questo quando qualche ora fa tra i vecchi scafali di legno della biblioteca Ginny lo aveva preso da una parte per parlargli in privato aveva risposto in quel modo.

“Harry dimmi la verità tu sei innamorato di Hermione?” aveva detto diretta e spigliata la rossa, in quel suo personalissimo modo di arrivare al nocciolo della questione senza mezzi termini. Dopo quella domanda improvvisa la reazione di Harry fu inizialmente di leggera sorpresa e poi di una relativa calma.

“Non mi mentire voglio la tua assoluta sincerità!” aveva aggiunto vedendo l’espressione seria e dura di lui, quasi sfuggevole.

“Perché ti interessa saperlo?” aveva invece detto Harry guardandola negli occhi in modo così gelido che Ginny sentì perdere una parte considerevole della sua spavalderia iniziale.Harry fece per andarsene visto che i discorso non era una cosa che gli interessava veramente ma Ginny lo trattenne per un braccio facendolo girare di nuovo verso di lei “Allora, tu l’ami?” aveva chiesto ancora.

“Io non l’amo, come potrei? Lei è Hermione” mentì Harry gelidamente anche se il suo sguardo, la luce che brillava nelle sue iridi non erano per nulla coerenti con la sua affermazione ed infatti Ginny se ne accorse. Voleva evitare inutili discorsi con lei, discorsi che avrebbero rivangato semplicemente i suoi tormenti.

Rimasero in silenzio per qualche secondo “Ora che ti ho risposto vorresti lasciare andare il mio braccio, sai ne avrei bisogno”

“No, finché non mi risponderai veramente”

“Se ti dovessi dire la verità comunque vada tu ne rimarresti ferita Ginny. Tu non mi interessi, veramente non mi sei mai interessata. Quando stavamo insieme non sapevo assolutamente perché lo facessi, era come se a vivere fosse un’altra persona e non io. Però dopo averti lasciato ho finalmente capito. Ho capito che mi stavo solo nascondendo da quella che era la verità ed ora che so non rovinerò nulla.”

Gli occhi di Ginny si fecero lucidi mentre con coraggio rimaneva a guardarlo negli occhi “Se l’ami così tanto perché non glielo dici?”

“Perché lei è importante, è meglio per lei non saperlo, non voglio metterla in pericolo” rispose sincero sbuffando per il fastidio della conversazione.

“Io non posso sostituirla?”

“L’hai già fatto una volta ma non ha funzionato se non ti ricordi”

“Perché?”

“Te lo già detto: lei è Hermione, io voglio soltanto lei” detto questo Ginny non trattenne più le lacrime e se ne scappò lasciando Harry a fissare il vuoto portandosi una mano tra i capelli. Ecco un’altra persona che soffriva per colpa sua.

Riemerso dai suoi pensieri Harry si ritrovò fuori dalla porta dell’ingresso mentre le prime gocce di pioggia cadevano lievemente dalle nuvole divenute scure e nere, Harry fissò in alto con rassegnazione prima di continuare solitario a camminare tra prati del parco sempre più immerso nel suo pensare.

L’acqua aumentò tanto che in breve tempo si ritrovò completamente bagnato fradicio anche se non gli importava molto infatti continuava a camminare come sonnambulo il più lontano possibile dal castello. Se avesse dovuto dire la totale verità quando Ginny gli aveva chiesto se era innamorato avrebbe risposto con assoluta sincerità “Io l’amo, l’amo proprio perché è Hermione. L’unica donna che amo e amerò mai veramente nella vita, la mia ragione di essere ed esistere, il mio pensiero più importante. Suo anche nella morte” Harry fece un sorriso malinconico: era capace di simili parole e lei non le avrebbe mai sentite proprio perché colpa di se stesso. Ironica la vita, sul serio. Arrivò alla sponda più lontana del lago completamente spolto, con tutti i vestiti bagnati e appiccicati al suo corpo, i capelli premuti sulla fronte e gli occhiali completamente appannati. Rimase fermò a fissare il lago lasciando che la pioggia lo inzuppasse sino alle ossa e che il freddo gli intorpidisse leggermente le membra. Ma più del gelo dato dal tempo era ancora più gelato nel cuore. Il suono di un leggero singulto lo fece girare da una parte facendo notare una persona che era seduta sull’erba. Harry si avvicinò di qualche passo notando finalmente chi fosse l’altro pazzo che se ne restava sotto una pioggia simile. E l’aria gli morì in gola per lo stupore finché la preoccupazione venne subito dopo. Si avvicinò con velocità alla ragazza inginocchiandosi di fronte a lei “Hermione” sussurrò in pensiero, Hermione alzò lo sguardo su di lui sgranando le sue iridi nocciola “Harry” sussurrò invece lei sorpresa “che ci fai qui?” domandò riprendendo connessione con la realtà che le stava intorno. Harry si chiese se non stesse male visto che sembrava così sconvolta e priva della sua solita lucidità “Questa domanda dovrei farla a te però è meglio che ti alzi, se non te ne sei accorta sta piovendo a dirotto.” Hermione spostò gli occhi da una parte all’altra come a confermarsi che quello che lui aveva detto fosse effettivamente la verità.

“Oh santo cielo! Non…non mi ero accorta che stesse piovendo” esclamò

“Non te ne eri accorta? Ma che stavi facendo?” domandò lui sempre più preoccupato, ora che la guardava bene notò i segni rossi di chi aveva appena pianto. Harry portò una mano senza pensarci lungo la guancia di Hermione accarezzando il calore della sua pelle bagnata portando le sue dita a sfiorare la linea bassa dei suoi occhi come a voler cancellare quei segni pieni di tristezza. Hermione si bloccò immediatamente rimanendo pietrificata a guardarlo negli occhi.

Il tempo si fermò nel loro guardarsi.

“Sarà meglio andare al castello se non vogliamo ammalarci entrambi su vieni!” disse poi lui alzandosi e porgendo una mano che Hermione strinse tremante. Senza aspettare oltre la trascinò correndo verso il castello sotto la pioggia. Dopo una piccola corsetta riuscirono finalmente a riparasi, ancora mano nella mano.

“Devono essere tutti a cena” disse Harry notando che non c’era nessuno per i corridoi, meglio così pensò, non ci sarebbe stato nessuno a farsi domande fastidiose. Hermione mosse impercettibilmente il capo, aveva la testa china e non aveva per nulla voglia di dire nulla. Voleva solo che Harry la smettesse immediatamente di prendersi cura di lei perché il suo preoccuparsi in questo modo rendeva il suo volersi rassegnarsi ancor più difficile. Infatti ora che sapeva che lui non provava nulla di ciò che tanto aveva sperato si era decisa a farsi da parte e non provare nemmeno a esprimere i suoi sentimenti. A che sarebbe servito se non rovinare la sua amicizia, se le era possibile voleva tenere almeno quella anche se sapeva che avrebbe continuato ad amare. Improvvisamente senza accorgersene si ritrovò dentro ad una stanza circolare con un caldo e grande camino in cui scoppiettava del vivido fuoco rosso, davanti ad esso un divano ed un tappeto rosso: non era la sala comune di Griffondoro. Hermione si voltò verso di Harry per chiedere spiegazioni “Siamo nella stanza della necessità, era più vicino” spiegò lui mentre chiudeva la porta della stanza e prendendo un respiro si avvicinava al divano superandola. C’erano degli asciugamani bianchi e ne porse uno ad Hermione che lo prese tremante di freddo. Harry senza guardarla si tolse gli occhiali e con l’asciugamano si asciugò i capelli prima di rimettersi gli occhiali e trovare finalmente il coraggio di voltarsi di nuovo verso Hermione. Lei era rimasta immobile a guardare il fuoco, l’asciugamano che penzolava su un fianco “Hermione” la chiamò lui. Lei non rispose ne lo guardò negli occhi, rimase voltata verso le fiamme che danzavano incantanti nel camino portando la luce soffusa sulla figura della ragazza. Harry non aggiunse altro, non ce n’era bisogno. Quell’attimo era un altro istante di eternità che avrebbe serbato nel cuore assieme ai tanti altri che avevano Hermione come protagonista. Harry osservò ogni più piccolo particolare di Hermione: i suoi capelli scuri che cadevano delicatamente bagnati oltre le sue spalle, la sua bianca pelle imperlata dalle gocce di pioggia, i vestiti che erano attaccati al corpo delineando le sue forme coperte a mala pena, particolare che gli fece percorrere la schiena da un brivido caldo ma ciò che lo fece del tutto incantare furono i suoi occhi che come specchi scuri riflettevano le fiamme brillanti dal camino. Harry non seppe per quanto tempo rimasero così ma quando quegli occhi che stava contemplando si girarono finalmente su di lui vi vide dentro una strana aria malinconica e disperata, come di chi stesse per fare un’avventatezza. Hermione infatti aveva cambiato idea, non aveva nulla da perdere se non se stessa perciò era meglio parlare prima che i suoi sentimenti le facessero molto più male “Harry io sono innamorata di te” e per quanto diretto e veloce l’avesse detto l’emozione e il sentimento si trasmisero tutti attraverso il suo sguardo. Lo stesso che Harry sapeva di avere quando pensava a lei.

  
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