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Autore: Aesir    22/05/2011    0 recensioni
[Aliens/Predator]
Racconto che si svolge nell'universo fantascientifico di Alien e Predator, o rispettivamente come si chiamano xenomorfi e yaut'ja.
La storia segue il film Alien vs Predator, ma va a cancellare i vari Alien seguenti.
La storia comincia con un'oscura profezia.
E' il 2012.
E gli xenomorfi... stanno arrivando...
Genere: Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Atto Secondo
 
AtHANATOI
 
“La Preda vede negli occhi il Cacciatore
solo quando questo viene a ucciderla.”
 
Iscrizione ritrovata su un frammento di lastra nei pressi della Piramide di  Huitzilopochtli, Messico.
 
 Scena Sei (VI): LA MISSIONE
 
C’tanu, pianeta originario degli yaut’ja, ad una distanza incalcolabile dalla Terra.
 
Dall’esterno proveniva una luminescenza arancione.
Tutto era immobile nella sala, finchè un oggetto non calò dal soffitto ponendosi davanti allo yaut’ja seduto sull’ampio scranno.
L’alieno osservò per alcuni istanti le scritte che ricoprivano l’oggetto, poi si alzò.
Si diresse verso una parete, alla quale era appeso un impressionante arsenale di armi, dall’aspetto spaventoso e alcune così complesse che non era possibile neanche immaginarne il funzionamento.
Prese un secondo bracciale di lame retrattili, completo di computer da polso e, sfilato quello comprendente il solo calcolatore, lo infilò sul braccio sinistro.
Quindi prese due maul e li infilò nei dispositivi con già le lame.
Staccò la naginata, la squadrò con aria critica un attimo e poi le depose e prese al suo posto una lancia telescopica.
Incastrò quattro shurikens nei rispettivi supporti e infilò un pugnale cerimoniale nel fodero a gamba.
Infine prese il plasmacaster e lo fece scorrere sulla base mobile fino ad incastrarlo.
Lo fece sollevare e ripiegarsi un paio di volte per controllarne il funzionamento e si voltò.
Aveva avvertito già da tempo la presenza che si era fermata alle sue spalle, perciò non fu una sorpresa per lui voltarsi e trovarsi dinnanzi un pa’ya.
“Ti aspetti guai, Miyrth ‘Feriij?”
“M-m-di H'chak/M-di H'dlak. Non esissste paura senza compassssione" rispose lo yaut’ja più giovane.
“Ragioni bene” osservò il più anziano.
“Non possssso permettermi di fallire ancora”
“Non è stato un fallimento. Nessun bhu'ja ha mai sconfitto una ke’kwei kainde amedha da solo…”
“Non ero esattamente sssolo…”
“Evidentemente è stato il destino a decretare che le cose andassero così. Non era previsto che i Pyode Amedha rubassero le armi che vi spettavano” a questo punto l’anziano, vedendo la fuggevole espressione di sofferenza negli occhi dello yaut’ja, si interruppe un momento “Mi dispiace ancora molto per i tuoi compagni di caccia…”
“Non preoccuparti, pa’ya yaut’ja.
Non ci ssono parole per esprimere quesssto.
Vite ssspezzate prima di poter gioire della vittoria.
Vite andate sssprecate.”
Il pa’ya attese un momento e continuò: “Parole di grande effetto, Miyrth ‘Feriij.
Comunque, andavo dicendo, vi costringessero a combattere i  kainde amedha da soli e quasi disarmati. Mi rammenti una cosa, da tempo desideravo chiedertelo: avevi fra le mani quell’umana, sarebbe stato un tuo diritto ucciderla per vendicare i tuoi compagni, non lo avrebbe messo in dubbio nessuno.
Perché l’hai lasciata vivere e l’hai marchiata?”
Lo yaut’ja più giovane rimase un momento in silenzio, poi replicò “Perché l’ho fatto?
All’inizio è ssstato per convenienza, ero praticamente da sssolo contro i kainde amedha che avevano avuto la possibilità di riprodursssi, mi sssarebbe ssstata utile… sse non altro, come bersssaglio in più per quelle creature. Poi, non lo ssso neanch’io. Forsse da quando l’ho vissta uccidere un kainde amedha con la mia lancia…”
“Abbiamo visto tutto dalla registrazione nella maschera. Anche se non lo avesse ucciso, l’avrebbe distratto a sufficienza da permetterti di alzarti e abbatterlo…”
“Lo ssso… forsse quando mi sono trovato dinnanzi quella devassstazione… è stato un gesssto istintivo…non ne ho idea…Ma non è debolezza, la mia.” Soggiunse, intercettando lo sguardo dell’Elder.
“Lo so… eri uno dei migliori durante l’allenamento e sono migliaia di cacce che non viene compiuta un’impresa come la tua.
E’ per questo che sei tornato a cacciare con noi.”
“Rammento… uno Shin’rah di tempo per riprendere le complete abilità motorie e allenare nuovamente corpo e mente alla caccia… e ora sssono qui… per tornare fra gli umani, casualmente…” Rise, un suono spaventoso dalla bocca di uno yaut’ja, un suono che avrebbe gelato il sudore a tanti umani… ad ogni umano, anzi.
L’anziano rise con lui, e questo sembro smorzare leggermente il freddo suono emesso da Miyrth ‘Feriij.
“Hai compreso in cosa consiste la tua missione, immagino. Sono venuto a darti anche un’altra nuova.”
Il computer, se così può essere definito, calò un’altra volta dal soffitto.
Lo yaut’ja più giovane lo osservò un attimo inclinando il capo lateralmente, poi separò inconsapevolmente le mandibole inferiori, un linguaggio gestuale istintivo per indicare uno scatto d’ira represso.
“Eccellente” sibilò “ti porterò anche la sssua tessssta… in forma riconossscibile”
Il pa’ya fece un cenno d’assenso e guardò l’altro che si voltava per staccare la maschera dall’armeria, la maschera con il marchio del sangue acido degli xenomorfi.
Stava per indossarla quando lo yaut’ja anziano lo fermò.
“Aspetta” disse.
Sollevò un oggetto, una sorta di scrigno metallico finemente decorato.
Fece scattare i sigilli e lo aprì.
Al suo interno stava un bioelmo.
Il pa’ya staccò l’elmo dal supporto e lo porse a Miyrth ‘Feriij.
“Questa è lamsar'cte ornata dai fregi della memoria della tua impresa.”  
Lo yaut’ja la osservò un attimo e poi la voltò.
Sulla parte anteriore della maschera era scolpito, inconfondibile, il cranio di una regina degli xenomorfi, si allungava all’indietro in una forma a scudo.
Emise un suono simile alla battitura di una macchina da scrivere.
Fece per parlare, ma l’anziano lo interruppe.
Gli posò una mano sulla spalla.
Spazzo con la mano l’armatura dell’altro yaut’ja.
Rispetto.
“Porta a termine il tuo obiettivo” gli disse.
Miyrth ‘Feriij si posò il bioelmo sul volto, trasformandolo in una maschera impassibile da cui non traspariva nessuna emozione, se non una fredda determinazione.
“Lo farò.”
“E rendi onore al tuo nome.”
“Sssì, certo…”
Dalla dimora dello yaut’ja osservò la navetta che si allontanava veloce, fra le stelle dello spazio infinito.
Osservò per un attimo la maschera marchiata, duramente conquistata lottando nella piramide di quel lontano pianeta.
Pianeta dove ora tornava, accompagnato dal rancore che provava per gli umani, per la morte di due yaut’ja, anche se involontariamente causata.
Forse sarebbe stato meglio aggiungere qualcos’altro.
“Non fare troppe vittime…” mormorò l’anziano.
Ma sapeva che il giovane non poteva averlo sentito.
 
 
   
 
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