Anna Shirley era disperata.
Non che ciò fosse evidente. Nonostante in passato spesso avesse manifestato la sua
“profonda disperazione” (per esempio, quando si era tinta i capelli di
verde), per qualche ragione ora non era in grado di esprimere
tutta la sua infelicità.
Erano passati già tre giorni dalla lite all’Hotel di White Sands e ad ogni
giorno che passava, Anna si sentiva sempre più triste. Accidenti al suo caratteraccio! Si faceva sempre prendere dalla rabbia ed
ora stava pagando caro il suo scoppio d’ira di qualche sera prima e le cose
che aveva detto a Gilbert.
Era estremamente dispiaciuta, ma anche ferita. Le bruciava ancora che
Gilbert non le avesse confidato i suoi problemi con la scuola, nonostante tutto il
tempo passato assieme durante l’estate.
Quando gliene aveva chiesta la ragione, Gilbert non le aveva risposto. Ma non
ci voleva certo un genio per capire quel che ci stava dietro. Lei si era
fidata di lui, gli aveva confidato i suoi problemi, ma lui non si era fidato
abbastanza di lei per fare lo stesso. E questa era la cosa che la faceva
stare peggio. Come potevano essere amici se la fiducia era a senso unico? Era da venerdì che non scambiavano parola ed oggi era già lunedì. Neanche il giorno prima, in chiesa, si erano parlati. Né prima, né dopo la
funzione.
E perché lui avrebbe dovuto andare da lei? Si domandò. Perché Gilbert avrebbe
dovuto rivolgerle la parola dopo quello che gli aveva detto? E lei non era
andata da lui perché… Ecco, in tutta la sua vita era stata bravissima a fare
le sfuriate, ma chiedere scusa era tutto un altro paio di maniche. Non aveva
la minima idea di come approcciarlo e di che cosa dirgli.
Dopo la funzione aveva lasciato sola Marilla per qualche minuto ed era
andata alla tomba di Matthew. Oh, come le mancava, come sentiva nostalgia
dell’appoggio e della guida di quell’uomo così caro dall’animo gentile. Erano già
passati due anni. Due anni da quando lui se ne era andato, rifletté Anna mentre
deponeva un mazzo di fiori di campo accanto alla lapide. Sorrise al ricordo
di quando era arrivata ad Avonlea. Era stato proprio lui a venirla a
prendere ed a farla sentire la benvenuta. Se lo ricordava così bene. Erano
sul carretto di ritorno dalla stazione di Bright River. Lei lo aveva
avvertito che parlava troppo, che la gente se ne lamentava sempre e che se
ci si fosse messa d’impegno avrebbe posto in freno alla sua lingua. “Parla quanto vuoi, non mi dai fastidio.” aveva risposto Matthew. Quella sua risposta l’aveva lasciata di stucco per un attimo. Era la prima
volta nella sua vita che qualcuno l’accettava per quello che era. Se quel
giorno lui le aveva rubato un pezzetto del suo cuore, quello che Anna ne aveva
ricevuto in cambio era molto, molto di più. Perché fu proprio in quel
momento che la piccola orfana si rese conto che aveva trovato una casa. Ora però niente sembrava andare nel verso giusto, sospirò pesantemente Anna.
Quasi quasi, era felice che fosse giorno di bucato. Dato che non era in
grado di cancellare i suoi tristi pensieri su Gilbert, si sarebbe tenuta
occupata con il duro lavoro. E si trattava certamente di un lavoro pesante:
era davanti alla stufa, un pentolone di alluminio che ribolliva e lei che ne
rimestava il contenuto con un asse di legno. Indossava il suo abito più
vecchio, talmente stinto che il motivo stampato sulla stoffa non era più
distinguibile ed un largo grembiule con una grossa tasca sul davanti a
proteggere i vestiti.
La spallina del grembiule continuava a scenderle lungo il braccio. I capelli di Anna erano tirati indietro, acconciati in una unica treccia che
le scendeva lungo la schiena. Piccole ciocche ribelli le sfuggivano dalla
pettinatura, incorniciando il suo viso arrossato dal caldo e dal vapore in
una nuvola dal colore deciso.
“Ho quasi finito con la roba bianca, Marilla.” gridò in tono falsamente
giocondo al di sopra della sua spalla mentre dava gli ultimi giri al bucato che
stava bollendo nel pentolone. Ora Anna avrebbe dovuto solamente
risciacquare in panni in acqua fredda, strizzarli e stenderli per farli asciugare. Marilla Cuthbert non le rispose e continuò a spazzare il pavimento della
cucina mentre continuava a fissare la schiena di Anna con uno sguardo
preoccupato. Marilla sentiva che Anna era turbata e che si stava
buttando nel lavoro con energia eccessiva.
A nessuno piaceva così tanto fare il bucato. Sapeva che era qualcosa che
aveva a che fare con Gilbert, e che i due erano ai ferri corti. Sapeva che dal fatto che Anna avesse accettato di andare al ballo di White
Sands con Arthur Richardson non ne sarebbe venuto niente di buono. E quando
il giorno precedente, all’uscita della chiesa, Anna e Gilbert non si erano
parlati, Marilla aveva visto avverarsi i suoi timori. Purtroppo non sapeva come
essere d’aiuto e d’altronde non aveva il coraggio di chiedere niente ad
Anna.
Se solo Matthew fosse stato ancora lì con loro! Aveva sempre compreso Anna
molto meglio di lei; lei aveva dovuto fare molta fatica per imparare trattare Anna. Ed aveva commesso molti errori. Forse perché entrambe, lei ed Anna, erano così simili tra di loro: erano orgogliose e
testarde. E questi erano brutti difetti.
Marilla guardò Anna sollevare un cesto di vimini, pieno di biancheria
pulita. Gli abiti erano impilati l’uno sopra l’altro ed Anna quasi sparì dietro tutto a quel bucato.
“Vado a stendere” disse Anna, ancora troppo allegra per un cesto di biancheria,
mentre apriva la porta per uscire all’esterno.
Quando la porta si richiuse alle spalle di Anna, Marilla sospirò ancora una
volta. Riprese a spazzare e pochi minuti dopo uscì in veranda portando la
scopa con sé.
Aveva ripreso il suo lavoro da pochi secondi, quando si accorse che stava
arrivando qualcuno dal sentiero principale. Mentre la figura si avvicinava,
gli occhi di Marilla si accesero per la sorpresa.
“Gilbert Blythe!” esclamò Marilla, facendo una pausa mentre un sorriso ne
attraversava il viso segnato ed invecchiato.
“Buongiorno, signorina Cuthbert.” rispose Gilbert con un cenno del capo e
fermandosi a pochi metri dalla veranda.
“Gilbert, che piacere vederti! Non vuoi entrare un momento?” Marilla era tutta
presa dai convenevoli di buon vicinato. Era giusto quello
che ci voleva! Ora Anna e Gilbert avrebbero fatto la pace. Marilla quasi
ridacchiò a quel pensiero.
“No, la ringrazio” rifiutò Gilbert. “Sto andando al frutteto dei Barry. Oggi
lavoro lì. Sono soltanto di passaggio.” spiegò. Infatti indossava gli abiti
da lavoro.
Marilla si sentì morire il sorriso sulle labbra. “Sei venuto per parlare con
Anna, vero?” domandò voltandosi verso la porta. “E’ nel retro a stendere il
bucato. Vado a…”
“No, la prego, non la chiami.” la interruppe Gilbert, prevedendo quello che
Marilla aveva intenzione di fare.
Era contento che Anna in quel momento non fosse lì e che avesse potuto
parlare solo con la signorina Cuthbert. Non se la sentiva si affrontare Anna
e di certo non avrebbe potuto sopportare un altro rifiuto da parte di lei. Dopo quello che era successo venerdì, non era nemmeno sicuro che lo volesse
vedere ancora. E, quanto pareva, era proprio così.
Nel vedere lo sguardo perplesso della signorina Cuthbert, Gilbert fece
qualche passo verso i gradini della veranda, abbassando lo sguardo mentre si
frugava nella tasca posteriore dei calzoni e ne estraeva un pacchettino. Alzò lo sguardo e parlò a fatica: “Mi chiedevo… mi chiedevo se lei fosse
così gentile da dare questo ad Anna da parte mia.” chiese porgendole il
pacchetto.
Marilla fissò la scatolina avvolta nella carta da pacco. C’era anche un
biglietto fermato con una cordicella.
“Ma… Ma…” balbettò Marilla, alzando gli occhi dal pacchetto per incontrare
lo sguardo di Gilbert. “Non sarebbe meglio che glielo dessi tu?” domandò
speranzosa.
Gilbert scosse il capo senza parlare, ma supplicandola con gli occhi. “Va bene, Gilbert.” acconsentì Marilla, scendendo le scale per prendere la
scatola che Gilbert le stava porgendo.
“Grazie, Signorina Cuthbert. Le sono molto grato.” disse Gilbert facendo
qualche passo all’indietro. “Buona giornata.” disse, prima di girare sui
tacchi e ripercorrere i suoi passi a ritroso.
Marilla rimase sui gradini della veranda del Tetto Verde e guardò Gilbert
Blythe che se ne stava andando. Poi girò sui tacchi a sua volta e rientrò in
casa.
* * *
Anna rientrò in cucina pochi attimi più tardi.
“Ho steso il bucato; però ho dovuto essere un po’ creativa per farci stare
tutto. Dovremmo proprio chiedere a Jerry Buote di tirare ancora un’altra
corda per il bucato.” chiacchierò Anna mentre rientrava con il cesto ormai
vuoto.
Marilla dava le spalle ad Anna ed era occupata ad impastare; in modo casuale
disse: “Gilbert Blythe è passato di qui prima di andare a lavorare al
frutteto dei Barry.” un silenzio di tomba accolse le sue parole e Marilla
sorrise lievemente, pensando che Anna fosse rimasta di sasso. Sempre con lo
stesso tono, continuò: “Ha lasciato un pacchetto per te. E’ sul tavolo del
soggiorno.”
Marilla si girò giusto in tempo per vedere Anna lasciar cadere il cesto
vuoto sul tavolo e correre via verso il soggiorno. Si trattenne dallo
scoppiare in una risata fragorosa nel vedere la reazione di Anna. Dopotutto,
forse le cose si sarebbero sistemate, pensò mentre innalzava una silenziosa
preghiera verso il cielo.
Anna Shirley quasi scivolò davanti al tavolo. Non era quasi
riuscita a credere alle proprie orecchie quando Marilla le aveva detto che
Gilbert era passato dal tetto verde ed aveva lasciato un pacchetto per lei,
la sorpresa evidente dagli occhi spalancati e dal cuore che le martellava
nel petto; Anna provò ancora quella stessa sorpresa quando guardò il tavolo sul
quale era posato un minuscolo pacchetto ed un biglietto assicurato ad essa. Quel biglietto, vergato con la grafia decisa di Gilbert era per lei. Anna afferrò il pacchetto e lo strinse a sé per un attimo, prima di correre
su per le scale e chiudersi in camera sua. Si sedette sul bordo del letto e
con mani tremanti slegò la cordicella che chiudeva il messaggio che Gil le
aveva scritto.
Aprì il foglio e lesse:
Cara Anna,
L’ho comprato solo poche settimane fa e volevo dartelo come regalo di
Natale, però ho pensato di usarlo come offerta di pace. Mi spiace per tutto
quello che è successo venerdì sera. Avevi ragione: gli amici si aiutano ed
ho sbagliato a non raccontarti niente dei miei problemi con la scuola di
medicina.
Spero che tu mi dia un’altra possibilità e che torniamo ad essere amici come
sempre (Sempre? Pensa alla lavagnetta, Gilbert! NdT). Per favore, dimmi di
sì, altrimenti mi toccherebbe uscire con Moody che non cucina bene quanto te. Il tuo amico (spero) Gilbert
Ci mancò poco che Anna scoppiasse a ridere. Oh, Gilbert! Matto,
incorreggibile Gilbert! Lei lo perdonava, se lui faceva altrettanto. Anna non aveva nessun dubbio a riguardo delle sue responsabilità, ma il suo
cuore divenne improvvisamente più leggero e sorrise. Gilbert le aveva già
fatto un enorme regalo soltanto per il fatto che era stato lui a fare il
primo passo.
Anna aprì la scatola ed il fiato le si mozzò in gola nel vederne il
contenuto. Era una statuina di legno. Era minuziosamente scolpita, la giacchetta
dell’uniforme militare era dipinta di un rosso brillante, con i bottoni neri
e le spalline dorate.
Anche le gambe erano dipinte di nero e al fianco della figurina pendeva una
spada.
L’espressione del viso era a metà tra le seriosità di un soldato e la
giocondità di un giocattolo per bambini. Con grande cura, Anna estrasse il
suo regalo dalla scatola, tenendolo nel palmo della sua mano. Era uno
Schiaccianoci, il personaggio del balletto. Era bellissimo, molto più bello
di quello del quale aveva parlato a Gilbert, quello che aveva visto in
quella vetrina tanti anni prima che avrebbe desiderato ricevere per Natale
e che non le era stato donato perché lei era solamente un’orfana, un‘orfana
invisibile alla quale non si regalava niente.
Improvvisamente, da qualche parte dentro di lei, in un posto che non sapeva
neanche esistesse, Anna sentì qualcosa premere per uscire allo scoperto. Inghiottì a fatica, una, due volte, ma fu inutile. I singhiozzi non vennero
più trattenuti e finalmente Anna cominciò a piangere, le sue spalle e la
schiena scosse da quelle ondate di dolore.
Lacrime presero a scorrerle lungo le guance, annebbiandole la visuale. Anna
afferrò le cocche del suo grembiule e le portò davanti alla bocca per
soffocare il suono dei singhiozzi, mentre scivolava sul pavimento e ripiegava
le ginocchia al petto.
Non riusciva a fermarsi, e non ci provò nemmeno. Non lo aveva mai capito,
non sapeva di quella bambina. Aveva passato tanti Natali felici con i
Cuthbert che avevano in qualche modo compensato quelli tristi di tanti anni
prima. Ma non si era mai resa conto di quella bambina invisibile che era
dentro di lei. Se l’era portata dentro inconsapevolmente per tutti quegli
anni? Aspettando? Aspettando che qualcuno si accorgesse di lei? E quel
giorno era arrivato: qualcuno si era reso conto della sua esistenza e la
piccola orfana invisibile aveva avuto il suo Schiaccianoci. E sembrava
proprio che un pezzettino del suo cuore che le era stato sottratto, in quel
momento le venisse restituito. Ora se ne rendeva conto: il suo non era un
pianto triste, ma un pianto pieno di gioia e di gratitudine. Passò parecchio tempo prima che Anna smettesse di piangere. Fece dei respiri
profondi per riprendere il controllo di sé, poi si asciugò gli occhi con il
grembiule. Avvolse con cura il piccolo Schiaccianoci nella sua veste da
camera, aprì la porta, uscì dalla stanza e si avviò verso le scale. “Esco un momento, Marilla!” gridò Anna, mentre scendeva velocemente al piano
di sotto ed usciva di casa senza attendere risposta. Molto probabilmente,
era tutta in disordine, dopo tutto quel bucato, aveva i capelli scomposti ed aveva pianto. Ma non le importava: doveva andare da lui.
Nell’udire le parole di Anna, Marilla sorrise. Si domandò cosa avesse
trattenuto Anna così a lungo nella sua camera, tanto che si era domandata se
fosse il caso di andare a controllare, ma alla fine aveva deciso di rimanere
dov’era, in cucina.
Il frutteto dei Barry. Marilla aveva detto che Gil era andato lì a lavorare
e lì si diresse con passo deciso.
Però Anna aveva fretta, per cui iniziò a correre, sollevando le gonne da
terra mentre si affrettava sul sentiero.
In cima ad una scala a pioli, Gilbert Blythe stava raccogliendo mele. Si
girò quando sentì che qualcuno lo stava chiamando.
Quel qualcuno era ancora lontano e sbirciò tra il fogliame per capire di chi
si trattasse. Era Anna! Stava correndo di gran carriera verso di lui. In fretta, Gilbert scese dalla scala e si liberò dalla borsa delle mele che
portava a tracolla.
Il suo primo pensiero fu che ci fosse qualcosa che non andava. Altrimenti
Anna non avrebbe corso a quel modo? Soltanto qualcosa di storto avrebbe
potuto giustificare quella fretta.
Il cuore che batteva forte, Gilbert le corse incontro.
“Anna, cosa è successo?” urlò, annullando la distanza tra loro due e le si
fermò dinnanzi.
Anna invece, non si fermò: gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte
a sé.
Gilbert si restò impietrito dalla sorpresa e trattenne il respiro. “Sono venuta… per ringraziarti…” gli sussurrò Anna all’orecchio, ancora col
fiatone.
Per ringraziarlo? Gilbert si costrinse a pensare. Voleva ringraziarlo per lo
Schiaccianoci. Ma lei… lei… lo stava stringendo a sé! Non lo sapeva? Non lo
sapeva l’effetto che ciò stava avendo su di lui (ragazze, un po’ di
contegno… non siate così maliziose! NdT)
“Anna… Anna… Per favore…” la supplicò. Le posò le mani sulle spalle per
allontanarla da sé. Le aveva scritto quel biglietto, le aveva dato lo
Schiaccianoci per ristabilire la loro amicizia, ma come poteva pensare
all’amicizia quando la donna che lui amava lo stava stringendo a quel modo,
col suo corpo caldo e morbido stretto intimamente contro il suo. Gli faceva venire voglia di fare delle cose, cose che non aveva alcun
diritto di fare, come per esempio, stringerla a sé, ricambiare il suo
abbraccio… ed altro ancora; cose per le quali Anna non era ancora pronta. Cercò di fermarla, ma Anna non desistette. Il suo cuore era troppo pieno
d’amore, sì, pieno d’amore per quell’uomo che aveva fatto tanto per lei. “Anna… ti prego!” la implorò Gilbert. Ma Anna doveva fare ancora una cosa: “Grazie, Gil. Ti ringrazio per il
regalo.” sussurrò Anna, poi si alzò in punta di piedi e gli posò un tenero
bacio sullo zigomo.
Gilbert rimase come paralizzato, sorpreso oltre ogni dire. Improvvisamente, Anna se ne era andata, velocemente come era arrivata. La
spallina del suo grembiule ancora lungo il braccio e la treccia che danzava
allegramente alle sue spalle.
Ancora a bocca aperta dallo stupore, Gilbert Blythe la guardò fino a che Anna
scomparve dalla sua vista e rimase fermo, immobile sul posto per parecchio
tempo ancora.
* * *
Ciao a tutti! Avete visto come sono stata brava? Il nuovo capitolo on line dopo solo una settimana.
Ed ora, manca l'ultimo: è un papiro come se ne trovavano solamente alla scomparsa biblioteca di Alessandria d'Egitto, è precisamente il doppio dei soliti capitoli, ma vedrò di velocizzarmi. Puntuale come al solito, è arrivata la paturnia da distacco da fanfiction terminata. Mi passerà mai? Boh! Ai posteri l'ardua sentenza.
Vi ringrazio per avere letto e commentato.
In ordine sparso:
Luana, Alex-kami (che non ringrazierò mai abbastanza per le sue recensioni estremamente particolareggiate), Scandros, DidiBlack, Kwannon, Altair76.
Se volete, c'è Arthur Richardson III che sarebbe disposto ad invitarvi al prossimo ballo di White Sands.
Un abbraccio a tutti.
Nisi aka Anna dai capelli castano scuro (non fa lo stesso effetto, eh?)
Ciaooooooo!