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Autore: Ashbear    20/02/2006    2 recensioni
[Rinoa e Squall, Quistis e Seifer] Si può fare sempre la scelta giusta, se ci viene data la possibilità di realizzare i nostri sogni tramite una semplice risposta: sì o no? Una bugia che cambierà per sempre una nazione, una settimana che cambierà per sempre la storia.
Attenzione: la traduzione è stata completamente rivista e corretta; attualmente, abbiamo aggiornato i primi 22 capitoli con la nuova traduzione, fatta sulla base dell'ultima versione della storia rilasciata dall'autrice originale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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In secret we met, in silence I grieve.
That thy heart could forget, thy spirit deceive.
If I should meet thee, after long years.
How should I greet thee? With silence and tears

--Lord Byron

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XVI. DISARMONIA ~

Uno rappresentava la sua infanzia, l'altro i suoi ultimi anni. E insieme s'intrecciavano come la storia della sua vita, in tutta la sua tragicità. Quegli anelli significavano così tanto per lei; la sola vista di un qualcosa proveniente da una vita passata faceva erompere un nuovo fiume di ricordi. I sogni e le speranze che aveva avuto; gli anelli erano splendidi ai suoi occhi. Per lei rappresentavano tutto, una vita che non poteva esistere. Mai quei due cerchi di metallo le erano sembrati belli come allora. Il modo in cui pendevano dal collo di Squall... per un attimo rimase senza fiato a quella vista.

L'aver venduto quegli anelli era stato causa di tanti incubi. Le sembrava di essere caduta veramente in basso, come se avesse venduto i ricordi che a quegli oggetti erano legati, per il poco denaro che potevano procurare. Sua madre avrebbe compreso: i possessi terreni sono nulla rispetto alle cose che si hanno più care. In un rapidissimo istante, il suo pensiero corse a sua figlia, e a quanto desiderava che potesse avere i ricordi di famiglia dei suoi genitori, di entrambi, di sua madre e di suo padre.

Rinoa non si accorse di sussurrare piano quello che stava pensando, "Allison."

Squall osservò i suoi occhi mentre lei allungava la mano verso gli anelli, per sentire il metallo tra le dita come in passato aveva fatto così tante volte. Nei suoi occhi, vide il mondo, il suo mondo. Il fuoco rifletteva la perfezione dei suoi occhi, e la speranza che ancora racchiudevano. Per la prima volta in quella notte, la vide. La speranza.

Parlò a voce bassa, come per non ferirla; lo aveva già fatto a sufficienza.

"Sì, Rinoa... Allison potrà avere l'anello di sua nonna. Li stavo soltanto tenendo io in attesa del tuo ritorno. Ora sei tornata," disse, un lieve tono ottimistico nella voce.

"Come è successo, Squall? Quando li hai trovati... pensavo che non li avrei rivisti mai più. Io non volevo... ma..." Non riuscì a terminare la frase. Lui capì, e lei lo sapeva.

"Erano stati lasciati a..." Si fermò per riformulare la frase, "quando la donna che aveva il negozio è morta, aveva dato istruzioni perché la catenella fosse rimandata al Garden. Lei lo sapeva, non capisco come abbia fatto a sapere dove doveva restituire quegli anelli, ma l'ha fatto. Uno dei SeeD di stanza a Trabia ha ricevuto la catena e l'ha restituita a me... scavalcando le autorità. Sentire il metallo sulla mia pelle mi faceva sentire più vicino a te."

Per una volta, Rinoa era senza parole.

Squall non aveva mai pensato che avrebbe restituito gli anelli così poco tempo dopo averli ricevuti da Quistis, ma era più che contento di averne l'occasione. Si passò la mano dietro il collo per portare la piccola chiusura sul davanti, e, dopo aver lottato un po' con il gancetto, riuscì finalmente ad aprire la catena. Quando lo fece, i due anelli scivolarono e caddero a terra. L'espressione sul viso di lui era di scusa, e lei la comprese perfettamente.

Un'occhiata al pavimento, e Rinoa trovò tutti e due gli anelli, il più vicino era quello di platino di sua madre. La sensazione del metallo sotto le dita le fece venire in mente le sensazioni che ricordava di quando era bambina. Griever era caduto più vicino a lui, e Rinoa si allungò per prenderlo, ma improvvisamente si bloccò a metà del gesto. Era una cosa che l'avrebbe uccisa, ma andava fatta. Quell'anello non era più suo; non aveva alcun diritto.

"Squall," esitò. "Il tuo anello è lì, vicino al tappeto. Non è più mio... adesso è tuo di nuovo."

"Non lo voglio," replicò lui, cercando di non lasciar trapelare alcun segno di dolore. "Io l'ho dato a te. È tuo, puoi farne quello che vuoi. Direi che dopo tutto quel che è successo puoi considerarlo una piccola parte di ciò che ti devo, un debito che non potrà mai essere ripagato."

Deglutendo forte, prese l'anello, e quella piccola sensazione le fece correre brividi lungo la schiena. Quanto desiderava tenerlo, Hyne, per lei significava molto di più di quanto lui avrebbe mai potuto sapere. Passò le dita sul bordo levigato, sull'emblema in rilievo. Griever. Serrando forte la mano in un pugno, mentalmente Rinoa s'impresse la forma dell'oggetto nel palmo e nel cuore, e poi tese il braccio verso di lui.

Squall sfiorò l'anello, mentre lei avvertiva il lieve tocco delle sue dita, cercando di non ricordare, di non dimenticare.

"Squall... c'è solo un problema." La sua voce era soffocata. "Tu non me l'hai mai regalato."

Tecnicamente, aveva ragione. Non gliel'aveva mai dato, ma non aveva nemmeno chiesto che glielo restituisse. Per la prima volta gli attraversò la mente quel pensiero: aveva regalato persino a Quistis qualcosa di suo, della sua infanzia. Ma a lei non aveva regalato mai nulla. Rinoa, e tutto quello che significava, lo spaventavano. L'impegno che aveva preso il suo cuore, ma mai la sua mente. Rinoa aveva tenuto l'anello, ma in realtà lui non glielo aveva mai dato.

"Rinoa, per adesso me lo riprendo. Ad ogni modo, un giorno sarà di nuovo tuo, e questa volta sarò io a dartelo, come avrei dovuto fare tanti anni fa. Quest'anello non è più mio. Come ho detto prima, continuerò semplicemente a tenerlo per te, finché non tornerai... da me."

A quelle parole, la ragazza rimase sgomenta, immobile, stringendo l'anello di sua madre. Niente battutine sarcastiche o scoppi di rabbia, niente - la sua mente registrò solo i rumori di lui che si rimetteva il cappotto, e della porta della baita che si chiudeva. Adesso era confusa in un milione di sensi. Sedette a terra, ascoltando ogni singolo crepitio del fuoco, cercando disperatamente di ricordare perché mai stesse fuggendo da lui.

*~*~*~*~*

Fuori, il temporale si stava calmando; sarebbe passato anche quello. Zell era seduto sul divano con in braccio la bambina, giocando intensamente a 'bubusettete'. La bambina rideva mentre l'uomo si nascondeva sotto la coperta, e poi ricompariva misteriosamente. Le ciocche di capelli scuri trattenute di lato da un fermaglietto, e un sorriso incomparabile. E quando rideva, era una risata piccola piccola, ma sempre di cuore. Era bellissima.

Dopo quella che sembrò essere una breve eternità, finalmente Allison si stancò e si addormentò profondamente tra le braccia dell'esperto di arti marziali. Irvine se ne stava seduto in un angolo a leggere il giornale, ma si sentiva in qualche modo quasi obbligato a guardare la bambina. Si voltò verso il corridoio quando udì un rumore di passi sul linoleum, e Alex entrò dalla porta della camera da letto, portando sottobraccio una custodia di pelle.

"Alex!" fece Zell quando lei venne a sederglisi accanto. "Ehi, cosa c'è? Che cavolo hai fatto finora?"

"Ricerche," rispose lei, tirando fuori un portatile dalla custodia.

"Non ci hai mai detto di avere un computer." Zell le rivolse uno sguardo poco piacevole.

"Non me l'avete mai chiesto."

"Touché," rispose lui. "Senti, seriamente, qual è il piano? Voglio dire, cosa facciamo adesso, e dove siamo esattamente?"

Lei aprì il computer sedendosi sul bordo della sedia, e lo posò sul tavolino dal caffè.

"Okay, prima di tutto siamo nel vecchio cottage dei miei nonni. Non è proprio un cottage nel vero senso della parola, ma mio nonno ha lavorato come capotecnico quando Esthar ha fatto costruire la torre di comunicazione di Dollet, e in seguito questo posto è stato usato come residenza del guardiano. Forse alla fine qualcuno potrebbe anche risalire a me, ma per adesso è il posto più sicuro dove posso... dove possiamo stare."

"Punto numero due..." Alex fece una lunga pausa prima di continuare. "...abbiamo un problema più grosso."

"Che cosa può essere un problema più grosso della situazione in cui siamo adesso? Forse il Consiglio Mondiale non sa bene decidere quale vino abbinare al chocobo ripieno?" A Zell sembrava proprio che quella ragazza avesse una certa tendenza a esagerare, o almeno così la vedeva lui.

"No, spero. Questa notte è stato assassinato Richard Bennett," spiegò lei.

Irvine si sporse dalla sedia. "E quindi Rinoa è accusata anche di quest'altra morte?"

"Oh, maledizione," replicò prontamente Alex. "Rinoa non ha mai ucciso nessuno, né Ellione, né di certo Richard Bennett. Comunque, hanno un sospetto e stanno attualmente facendo accertamenti su... sul Comandante Squall Leonhart."

"Oh Hyne..." sospirò Irvine chiudendo gli occhi. "Squall non avrebbe mai potuto uccidere una persona a quel modo, non senza circostanze attenuanti."

"Ah, credimi, di circostanze ce ne sono, ma ad ogni modo non credo sia stato lui. Rinoa cercherà di raggiungerci qui. Io credo che arriveranno insieme, chiamatelo sesto senso o intuizione. Lei verrà qui," disse Alex con fiducia. "Se Rinoa sta bene farà tutto quel che è in suo potere, e quindi abbastanza, per rivedere sua figlia. Questo è sempre stato il nostro piano di sicurezza: se qualcosa fosse andato storto, io avrei dovuto dare ad Allison una vita normale... l'ho giurato."

Zell guardò la bambina tra le sue braccia, e poi di nuovo la donna che gli sedeva accanto.

"Raccontami di Rinoa... come sta?" chiese con sincera preoccupazione.

Alex sorrise e mise una coperta addosso alla piccola. "Rinoa starà bene se Richard è morto. Zell, lei era completamente persa e io ho fatto quel che ho potuto... ma semplicemente non era abbastanza. Non ero io quella di cui aveva bisogno, certe persone non si possono sostituire. Allison era l'unico appiglio che la teneva legata alla sanità mentale, e se questo vincolo viene meno, io ho paura per lei. La sua anima è a pezzi."

"Ma insomma, se Richard è morto, che significa? Allison non può vivere con i nonni o qualcosa del genere? Voglio dire, la bambina dovrebbe stare con la sua famiglia... fidati, io lo so bene."

"I nonni... ah... beh, quello è un po' più complicato di come sembra," disse piano. Alexandra si alzò dalla sedia, e sentì il tocco metallico dell'anello d'oro attorno al collo.

"Perdonami, Rinoa... guardate, ragazzi, io ho bisogno del vostro aiuto. È andato tutto storto, tutto. Irvine, prima mi chiedevi dell'anello con Griever... beh, ti ho detto che me l'aveva dato un'amica ed è così, è un regalo di Rinoa. Un giorno la vidi fare uno schizzo di questa figura; le chiesi cosa fosse e lei non rispose. Rimase completamente impietrita. Ho pensato che dovesse significare qualcosa per lei, e poi mi raccontò che si trattava di un anello che aveva una volta... e che le mancava oltre l'immaginabile. Così ho portato uno dei suoi schizzi ad un gioielliere e gliene ho fatto fare una copia, più fedele possibile. Lo diedi a Rinoa il giorno del primo compleanno di Allison, e l'unica cosa che fece fu scoppiare in lacrime, non l'ha mai portato addosso o altro, non ne ha mai parlato. La notte in cui c'incontrammo nelle stalle, prima che me ne andassi mi diede una piccola borsa con dentro un po' di guil. Sul fondo c'era l'anello, con attaccato un messaggio... di darlo ad Allison."

Inaspettatamente, anche per lui stesso, Zell voltò lo sguardo sulla bambina addormentata. Un pensiero gli passò nella mente, rapido come i lampi sfolgoranti nella sua visuale. Per tutto quel tempo aveva visto in Allison così tanto di Rinoa che non si era mai fermato a pensare che...

"Alex, Allison quanti mesi ha?"

La donna si strinse i capelli castani in una coda. Si comportò come se non avesse sentito la domanda, senza nemmeno dar peso alla frase. Dopo un momento, si protese a sfiorare la bambina addormentata, pulendole qualche briciola di biscotto dal piccolo viso.

"Il certificato di nascita dice che ha quattordici mesi," disse semplicemente, infine. Ma era qualcosa di più di un'affermazione, era lo spunto per una domanda che Zell colse immediatamente.

"Il certificato di nascita dice che ha quattordici mesi?" domandò. "Allora il certificato di nascita dice il vero?"

"Zell, il certificato dichiara anche che il nome della madre è Renee Bennett, cosa che sappiamo tutti e due essere falsa. Sono praticamente sicura che l'unica cosa che c'è di vero in quel documento sia il peso della bambina."

"Oh mio Dio," esclamò, guardando la bimba. Toccò la sua guancia calda, e seppe immediatamente chi era suo padre. Ce l'aveva avuto sotto il naso per tutto il tempo. In qualche modo, l'aveva sempre saputo; e volesse Hyne che lo sapesse anche Squall.

"Non m'importa quel che pensi tu, Zell; Rinoa non ha uccisio Ellione. I rapporti sono sbagliati. La SeeD l'ha lasciata da sola a morire in un mondo spietato, incinta del figlio del Comandante. È fuggita per salvare Allison, non per abbandonarvi. Richard era solo un mezzo, un espediente per sopravvivere, nulla di più. Era solo lui ad avere il potere, ad avere il controllo. Per Rinoa stare con lui non era meglio che vivere per la strada... ma Allison l'ha trattenuta lì. Dovevamo strapparglielo quel controllo, e allora ho portato via Allison. Sedici mesi... Allison ha sedici mesi."

"Ma come è possibile?" domandò Irvine, con un'espressione di completo stupore per la piega che avevano preso gli eventi. "Ma come diavolo è possibile che Richard Bennett non sapesse che età avesse sua figlia? Beh, non proprio sua figlia, direi... la figlia di Rinoa?"

"Destino... Bennett era stato eletto al Consiglio durante gli ultimi tre mesi di gravidanza, e dopo l'elezione è rimasto a Deling altri tre. Avendo un appartamento là, per il primo mese ha fatto la spola avanti e indietro... e poi ha smesso proprio di venire. E così quando Renee... Rinoa ha partorito, lui non c'era. C'ero soltanto io, e nascondemmo la cosa agli altri due domestici; comunque loro non vedevano mai Rinoa, Richard si era assicurato di questo."

"Io ho lavorato ad Esthar in passato, e avevo ancora qualche aggancio... e così abbiamo fatto fare il falso certificato di nascita. In realtà, non ne esiste uno vero. Soltanto due persone sanno la verità... quattro, adesso. A Richard Bennett non è mai importato niente della figlia, per lui era soltanto una pedina. Ma se avesse anche solo una volta sospettato che Allison non era sua, l'avrebbe molto probabilmente uccisa. Il suo lato geloso non era per nulla carino, come non lo era quello di traditore. Lui non era niente di meno che un demone, un essere infernale. Una parte di me è dispiaciuta per la sua morte, ma una parte più grande gioisce."

"L'unica ragione per cui vi sto dicendo tutto questo è perché lui è morto, altrimenti non avrebbe saputo nulla nessuno... neanche voi due. Neanche Squall. Rinoa non l'avrebbe mai detto neppure a lui, temeva troppo per la sicurezza di Allison. Ma adesso sento che siamo di fronte ad un nemico ancora peggiore di Bennett... qualcuno che vuole il potere che Bennett teneva prigioniero in camera da letto. Rinoa ed Allison adesso sono ancora più in pericolo. C'è qualcuno che è al corrente di tutto... c'è qualcuno che le vuole morte."

*~*~*~*~*

Nella baita, il fuoco ardeva vivace. Rinoa osservava ogni singola fiamma, il suo movimento fluido che compiva quasi una danza, il modo in cui fuoco e legna si fondevano assieme. Il puro moto delle fiamme cominciava ad ipnotizzarla. Qualsiasi cosa era meglio della situazione in cui si trovava adesso. Beh, almeno mentalmente.

Come diavolo aveva potuto quel maledetto bastardo? Come aveva potuto voltarle le spalle, dare inizio alla caccia contro di lei, e poi letteralmente implorare perdono in ginocchio per aver dubitato della sua lealtà? Squall Leonhart si era inginocchiato ai suoi piedi e l'aveva effettivamente implorata. Rinoa aveva acquisito la capacità di muovere la forza irresistibile, aveva spezzato il divino, onnipotente leone. E perché? Era stata la volontà del potere della strega, oppure il desiderio nel profondo del suo cuore? Quel giochetto di prima, avviato dal suo ingovernabile lato di strega, aveva solo lo scopo di ferirlo, di dimostrargli che aveva controllo sul suo corpo. Questa era la bestia maligna che era diventata nel corso degli ultimi due anni. Questo era quello in cui Squall Leonhart, Richard Bennett, il Presidente Jefferson Mitchell l'avevano trasformata: il loro giocattolo, il loro capro espiatorio, la loro puttana.

E adesso il bastardo mostrava sincera apprensione per come stava lei, e voleva sapere di quella vita che aveva sempre cercato disperatamente di nascondere a lui e al mondo intero. Ally... doveva dirgli la verità riguardo a sua figlia? Di come era diventata una puttana da quattro soldi per proteggere la loro bambina, mentre lui era quello che le dava la caccia come una preda comune? Ma adesso era sposato, non con lei; un'altra donna divideva il suo letto. L'uomo, il leone, che non si sarebbe mai impegnato seriamente in qualcosa, aveva fatto la promessa di una vita intera a un'altra persona. L'incidente di prima era stato esattamente per questo: per dimostrargli che aveva ancora il potere di dominarlo sul piano emotivo e su quello fisico. Rinoa Heartilly aveva imparato questa forma di sottomissione, no, anzi, Renee Bennett era stata ben istruita in questo.

Pensare al nome della sua vecchia identità le faceva salire la bile fin nella gola. Allison avrebbe per sempre portato emotivamente una cicatrice di Richard Bennett. Sua figlia non avrebbe mai saputo il vero nome della madre, solo le bugie che sarebbero state arrangiate intorno alla prematura morte di Renee Bennett. Forse era meglio così, Ally non sarebbe mai stata al sicuro se avesse conosciuto l'indicibile verità; era più conveniente continuare a vivere nella menzogna per il bene della piccola. E Squall Leonhart, padre a sua insaputa? Aveva rinunciato ai suoi diritti di genitore quando aveva ordinato l'assassinio della vile strega e del figlio che portava in grembo? Sarebbe cambiato qualcosa se avesse saputo che lei era incinta? No. Sarebbe stata comunque processata e immediatamente messa in carcere per l'assassinio di Ellione Loire; le sue condizioni fisiche non sarebbero contate nulla per la sentenza di condanna.

La cosa che turbava Rinoa in questo momento era che il suo stesso corpo la stava tradendo. Lei, qualunque fosse la forma di lei che aveva il controllo, poco prima avrebbe sinceramente continuato la sua seduzione se lui non l'avesse fermata. Il potere, si giocava tutto sul potere di controllo. Quello che Rinoa doveva affrontare adesso era il fatto che l'equilibrio del potere era cambiato: e non poteva farci assolutamente niente. Il tempo... era il tempo il suo più grande nemico. Più restava accanto a lui, più i suoi pensieri si volgevano a quell'ossessione, che nasceva dall'amore che ancora provava per quell'uomo. Lo desiderava adesso più che mai, desiderava che lui le imprigionasse la mente, il cuore, l'anima, per non lasciarli andare mai più.

Stringendosi le ginocchia al petto, Rinoa prese a dondolarsi lentamente. Sperando che non tornasse, e ancora di più temendo cosa sarebbe successo se non fosse tornato. Pungente, il vento batteva contro il vetro sottile della finestra, e le tende potevano escludere dalla vista la furia degli elementi, ma non cancellarla dalla mente. Chi mai avrebbe potuto desiderare di passare un inverno a Trabia? Di sicuro lei non l'avrebbe fatto, se avesse avuto la possibilità di scegliere. Ma scegliere era una cosa che non rientrava nel suo immediato futuro, e non vi sarebbe rientrata mai più. Non lei, ma altri decidevano la sua strada... altri, che sapevano quanto sarebbe stato pericoloso lasciare che una strega se andasse in giro a suo piacimento.

*~*~*~*~*

quall raccolse legna sufficiente a bastare loro per tutta quella notte di gelo. Faceva un freddo disumano, e aveva perso del tutto la sensibilità di mani e piedi. Ma, dopotutto, forse era giusto così. Non si meritava di provare emozioni o sensazioni fisiche: aveva rinunciato a quel lusso due anni prima. Aveva dubitato di lei. Rinoa non gli aveva dato altro se non amore incondizionato, e lui si era preso quel dono generoso per trasformarlo in un crudele scherzo. Non importava quanto sarebbe stata dura, avrebbe tentato di spiegarle i motivi delle sue azioni. Ma una cosa sarebbe rimasta... era stato lui, lui solo ad ordinare la cattura e l'uccisione della strega, dell'unica persona che avesse mai amato.

Ogni passo era più faticoso dell'altro nella neve che continuava a farsi sempre più alta. Adesso cominciava a vedersi la baita, il caldo bagliore del fuoco illuminava l'altrimenti tenebrosa notte d'inverno. Come poteva comportarsi con Rinoa dopo quello che era successo quella sera, poco prima, dopo la rude passione che era quasi esplosa fra di loro? E oltretutto, oh Hyne, come avrebbe voluto non aver fermato le sue avance, neanche per un secondo. Il desiderio di sentire la pelle di Rinoa sulla sua era irresistibile, anche nella temperatura gelida. Solo il desiderio lo teneva ancora in piedi in quella notte: la maggior parte degli uomini si sarebbe già arresa alla violenza degli elementi da un pezzo. Conosceva il potere di Rinoa, conosceva la circostanza, non gliene importava niente. Anche se sapeva bene di non meritarsi del piacere fisico, quella notte avrebbe ribaltato la situazione e avrebbe preso il sopravvento su di lei, anche se quella fosse stata la loro ultima notte insieme. Squall Leonhart non aveva mai avuto l'occasione di dirle propriamente addio.

*~*~*~*~*

La barca oscillava avanti e indietro nei venti burrascosi di Trabia. Quistis se ne stava distesa su quello che il Capitano chiamava un letto a castello, a fissare i tubi di rame sul soffitto. Ognuno di essi perso in un labirinto senza fine, a girare e a dirigersi da nessuna parte... esattamente come si sentiva lei. Le onde si frangevano contro lo scafo; altrimenti, non ci sarebbe stato quasi nessun rumore. Si era allontanata da Seifer soltanto da un'ora, eppure sembrava piuttosto un'infinità.

Una strana eco risuonò per il corridoio. Per un momento credette davvero all'esistenza di fantasmi delle navi, come se solo qualcosa di ultraterreno potesse produrre un suono così spaventoso. Quistis scese dal letto e andò alla piccola porta della cabina, e appena l'aprì vide Seifer che si sorreggeva contro il muro. Nel momento in cui la porta si aprì l'espressione di lui tentò di cambiare da praticamente morto a solo parzialmente morto. Una sfumatura verdastra gli copriva il viso: non la nascondeva granché bene.

"Seifer, stai bene?" chiese; una domanda retorica, la risposta era terribilmente ovvia.

"Oh, sì, benissimo," cercò di dire quelle parole con una faccia credibile. "Volevo solo vedere come te la passavi tu... davvero."

Alzando gli occhi al cielo, Quistis uscì nello stretto corridoio e lo prese per un braccio; senza dire una parola, lo trascinò dentro e lo ficcò in uno dei piccoli giacigli. Tolse dalla cuccetta di sopra uno dei cuscini in più e lo passò a lui, poi gli si mise a sedere di fronte, sul lettino più basso dell'altro letto a castello.

"Seifer, se passi la notte qui sotto coperta andrà meglio, siamo più vicini al livello del mare. Il baricentro è più stabile, quindi il senso di movimento sul tuo equilibrio ne risulterà diminuito," lo informò, con un evidente tono da professoressa. Notando l'espressione sconcertata di lui, scosse la testa. "Sentirai di meno il rollio della barca, okay?"

Ecco, così sì che aveva capito.

"Grazie, Quistis, non avrei mai pensato che mi avresti invitato a stare in camera con te tanto presto. Certo, era inevitabile... ma non pensavo sarebbe successo così presto."

"Non te la tirare tanto," rispose lei, scherzando solo per metà. "Com'è che non mi ricordo che tu abbia mai sofferto il mal di mare? Al Garden succedeva un sacco di volte di spostarsi per nave, e mi pareva che tu e la tua banda andaste spesso a pescare, no?"

Nonostante la sua condizione, Seifer sorrise debolmente. "Spostarsi... è proprio questo il punto, spostarsi. Finché si naviga non mi dà molto fastidio, ma hai visto quelle onde? Non riesco proprio a sopportare tutto quel su e giù. E per quanto riguarda l'andare a pescare, stavamo sempre su una banchina... dolce, cara terraferma. Se sai tenere un segreto, ti dico una cosa."

Adesso la curiosità stava avendo la meglio su di lei. Alzandosi dal lettino dove si era messa, sedette sul bordo della cuccetta di lui. Senza rispondergli a parole, non ce n'era bisogno. Si capivano a vicenda, ad un livello più profondo di quanto avessero mai potuto immaginare. Due persone che si erano avvicinate l'una all'altra in circostanze terribili, due persone che avevano bisogno l'una dell'altra più di quanto avrebbero mai creduto possibile.

"Non ce la faccio ad andare nemmeno sulle altalene... mi sento male."

Coprendosi la bocca con la mano, cercò di nascondere la risata, ma fallì miseramente. Pensare che un duro, uno autosufficiente come Seifer Almasy non riuscisse ad andare su una semplice altalena era troppo divertente. Quistis vedeva che lui era irritato per la sua risata, il suo viso adesso uno strano misto di rosso per la rabbia e di verde per la nausea. Era abbastanza per farle lasciare da parte le preoccupazioni, dimenticare i problemi. Chissà come, ma quell'uomo riusciva a rendere serena la sua mente, a rendere serena la sua anima. Sentì un inatteso bisogno di prendersi cura di lui; la stessa cosa che aveva passato tutta la vita a desiderare di fare con Squall. Mentre la voglia di ridere si calmava, afferrò una coperta di lana grigia e lo coprì.

"Scusa, Seifer," gli disse, cercando di trattenere le lacrime che le erano venute per la risata. "Grazie. Grazie di avermi fatta ridere. Non succedeva da così tanto tempo, non ricordo più cosa significhi essere allegri, essere liberi."

"Vieni qui," rispose, prendendole piano il braccio e facendola distendere accanto a lui. "Sono contento che tu sia riuscita a ridere di nuovo... peccato solo che l'oggetto della risata sia stato io. Mi dispiace davvero che le cose siano andate così. Te lo prometto, ce la faremo, usciremo da questa situazione... insieme."

Quistis poggiò la testa sul petto di lui mentre l'uomo l'abbracciava con delicatezza. "Seifer, che ne sarà di te quando tutto questo sarà finito? Che cosa farai d'ora in poi... continuerai a nasconderti?" chiese, temendo davvero la risposta.

"Io... beh... veramente non lo so," la voce gli tremava, tradiva più emozione di quanto avrebbe voluto. "Penso ci siano solo due alternative... o me ne torno nell'ombra, oppure mi costituisco al Garden, affrontandone le conseguenze. Forse il riscatto che sto cercando lo posso guadagnare solo dopo che avrò pagato per le mie azioni... anche se questo dovesse significare la mia morte. Non sta a me decidere."

Chiudendo gli occhi, Quistis deglutì. Giù, dentro lo stomaco, improvvisamente si sentì male come Seifer, se non di più. Cinque giorni fa avrebbe ordinato la sua condanna a morte, adesso non era il caso. Ancora una volta, il destino era crudele. Per tutta la vita era stata innamorata di un uomo che non la voleva, e ora le stava succedendo per un altro con cui non poteva stare.

"Quistis, non pensiamoci adesso. Nessuna delle cose che possiamo fare cancellerà il passato, fronteggiare il futuro è inevitabile. Adesso cerchiamo solo di vivere nel presente. Non pensare alla conferenza stampa di domani, a che ne sarà di me, o a localizzare Squall e Rinoa. Tutte queste cose succederanno comunque da sé, che ci piaccia o no il loro risultato. Non possiamo cambiare il nostro destino."

"Se non possiamo cambiare il destino, allora come mi spieghi tutto quello che è successo... tutta la faccenda di Artemisia ed Ellione? Se non possiamo cambiare il nostro destino, che senso ha tentare di fare qualunque cosa?"

Riuscì a comporre una risatina. "Quistis, se lo puoi cambiare allora vuol dire che in realtà non era il tuo destino. Il destino non può essere cambiato. Però possiamo controllare i nostri errori, affrontare le nostre colpe, e fare di questo il nostro destino... arghhh... tutta 'sta storia mi sta facendo venire un aneurisma. Non parliamone più, non ho voglia di stressarmi ulteriormente."

Lei chiuse gli occhi, mormorando maliziosamente, "vedo che nel tuo destino c'è il fatto di rimanere con me stanotte. Di stare così, semplicemente noi. Senza il peso di essere quello che gli altri vogliono da noi, di vivere con una reputazione sulle spalle o un'immagine che non è quella della nostra vera personalità... essere semplicemente noi."

Seifer si fissò nella mente il ricordo di ogni particolare di lei, desiderando che quel momento non finisse mai. In tutta la sua vita non aveva mai provato quel tipo di emozione, aveva sempre sentito il bisogno di fuggire o di nascondersi dietro maschere. Aveva amato Rinoa, era stata il suo primo amore, e ancora gli stava davvero a cuore. Eppure, anche quando stavano insieme, sapeva che lei non lo amava veramente. Non erano anime gemelle.

Fuori, sembrava che il vento si stesse calmando, e anche la barca rallentava il suo rollio. Ma forse era solo la sua immaginazione. Per la prima volta in un'ora si sentiva bene... no, più che bene, si sentiva completo.

*~*~*~*~*

Rinoa sentì il rumore della porta che si apriva, ma non diede segno di volersi alzare dal tappeto morbido per dare una mano. Restò soltanto seduta di fronte al fuoco, senza permettere agli occhi di vagare per la stanza. Ogni passo di lui la rendeva più nervosa, eppure si rifiutava di mostrarlo apertamente. Il buio della notte trasformava una delle finestre della facciata uno specchio improvvisato: poteva vedere ogni movimento che faceva Squall. Tentò di non farlo, ma era pretendere troppo.

Lui appoggiò a terra, vicino alla porta, la legna tagliata. Il suo viso appariva rosso, screpolato dal vento gelido. Rinoa cercava disperatamente cercava di non guardarlo, ogni cosa di lui sembrava... così familiare e allo stesso tempo così distante. I suoi capelli adesso più corti, il suo viso reso maturo più dalle preoccupazioni che non dai due anni passati. Eppure, ognuno dei suoi tratti era ancora così... dannatamente perfetto. Esattamente come ricordava, come aveva sognato. Tutte le notti passate a trattenere le lacrime... per quell'uomo che adesso era lì, a portata della sua mano.

E mentre lei cercava di non guardarlo, lui cercava di non smettere di guardarla.

Quando Squall ebbe finito di portare dentro tutta la legna, diede un'occhiata verso la finestra nord. Era uno strano sollievo sapere che lei lo stava osservando: era il primo vero segnale che i vecchi sentimenti perduravano ancora. O meglio, questo era quello che lui sperava significasse. Ma, come i fatti di prima dimostravano, niente era più come sembrava con Rinoa Heartilly. Questa piccola opportunità che si presentava, questa poteva essere la sua unica occasione per provare a fare una conversazione civile con lei.

Una cosa che gli mancava.

"Sai, tuo padre mi ha tirato un pugno in faccia di fronte a tutto il Consiglio Mondiale, l'altro giorno."

Squall non sapeva neanche perché stesse tentando quel dialogo... lui che iniziava una conversazione... questa era proprio nuova, anche per lui.

Negli ultimi due anni, Rinoa aveva pensato a suo padre e al loro rapporto. L'ultima volta che lo aveva visto era stata quella fatale notte che era tornata a Deling. Aveva avuto notizie di lui, Alexandra gli aveva raccontato qualche fatto, qualche informazione. Spesso aveva provato a immaginare quale sarebbe stata la sua reazione se avesse saputo di essere nonno. A Caraway non era mai piaciuto Squall, per lui nessuno andava abbastanza bene per la figlia. Forse avrebbe dovuto prestare ascolto alle sue lamentele, ai suoi avvertimenti riguardo al giovane, mentalmente immaturo Comandante.

Cercò di scacciare il pensiero dalla testa... ma no, forse lui aveva visto giusto su come sarebbe andata a finire. Eppure, lo ammetteva solo a se stessa, non avrebbe mai voluto dimenticare tutta la strada che li aveva portati fin là.

"Beh, direi che negli ultimi dieci anni è la prima cosa per cui sono fiera di lui."

Le parole le erano sfuggite dalla bocca prima che potesse fermarle. Comunque, non le aveva dette con rabbia, più con un tono sarcastico. Era molto brava in questo. Il sarcasmo era una maschera dietro cui ci si poteva nascondere facilmente.

"Non sapevo che il Colonnello avesse quel gran bel gancio destro, adesso so chi te l'ha insegnato."

Un piccolo sorriso si fece strada sul volto di Rinoa, anche se tentò invano di trattenerlo. "C'è anche quella volta lì..."

"A quanto mi sembra di ricordare, io ti ho detto solo non picchiarmi, ancora. E poi non ho più provato a insegnarti l'autodifesa. Mi sa che non ero un granché come istruttore... del resto, nemmeno come Comandante."

Dal riflesso nel vetro, Rinoa vedeva che Squall era seduto sul piccolo letto, con ancora addosso il cappotto e i guanti. Che fosse un momento di debolezza o di forza, non lo sapeva, ma per qualche dannata ragione provava un senso di pena per lui. Non era passato molto da quando lei stessa era fuggita dalla città in quel clima polare.

"Senti, Squall, sei uscito fuori e hai tagliato la legna per il caminetto... se hai freddo... guarda, non ho il possesso esclusivo di questo posto o altro, se vuoi sederti vicino al fuoco, non posso impedirtelo."

Aveva freddo. Sì. Ma Squall Leonhart, un SeeD, si era trovato in situazioni ben peggiori di quella. Il fuoco era per lui soltanto una scusa per avvicinarsi a ciò di cui aveva veramente bisogno... lei.

Senza mai voltare la testa per guardarlo mentre si sedeva a pochissima distanza da lei, Rinoa tenne gli occhi rivolti davanti a sé.

"Squall, davvero, come sta mio padre? In passato abbiamo avuto delle divergenze... ma mai così. Lui pensa che io...?"

"No," la interruppe lui prima che potesse pronunciare le parole. Bruciavano ancora troppo. "In realtà, lui ha pensato fin dall'inizio che tutta la storia non quadrasse. Abbiamo dovuto far finta di essere su lati opposti... ma gli manchi, Rinoa. È dura per lui. La sua unica figlia ricercata dal governo per cui ha lavorato l'intera sua carriera. Forse non te l'ha dimostrato... ma tu eri tutto per lui."

Lei sapeva che lui non stava più parlando di suo padre. Un suono a metà tra un ansito di sorpresa e un sospiro le sfuggì dalle labbra, e tentò di riacquistare il controllo. Maledetto, non aveva intenzione di rendere più semplice la nottata, non rendeva mai le cose semplici.

"Caraway sa che siamo arrivati a questo punto. Ha sempre creduto in te, Rin... anche quando io non l'ho fatto. È una brava persona, per favore, cerca di perdonarlo, un giorno, per i suoi errori. Ne abbiamo fatti tutti. Alcuni più di altri."

"La ami?"

Merda. Rinoa non poteva credere di averlo detto. Pensare a una cosa e urlarla ai quattro venti sono due cose completamente diverse. Adesso Squall sapeva che non sarebbe riuscita a passare sopra questo, a passare sopra al suo matrimonio. Lacrime le correvano giù per le guance mentre si premeva ancora più strette le ginocchia al petto, appoggiandovi il capo. Voltò il viso il più lontano possibile da lui.

"Scusami, Squall, non volevo chiedertelo. Non sono fatti miei... per favore, dimenticatene e basta."

"No, Rinoa... no, non la amo adesso, né l'ho mai amata. A volte avrei voluto che m'importasse un po' di più di lei, coì avrei potuto risparmiare a tutti e due questa farsa. Avevo bisogno di dimostrare al Consiglio Mondiale e a Cid che avevo superato la storia con te... stavo per essere destituito dal ruolo di Comandante. Volevano che dessi prova del fatto che mi stavo muovendo. Se c'era qualcuno che doveva capeggiare la caccia a te, allora quel qualcuno dovevo assolutamente essere io."

Fu qualcosa a metà strada tra una risata e uno scoppio di pianto, lui non seppe dirlo. Forse era soltanto il dolore di sentire di nuovo quelle cose, o l'orribile fatto che affondava nella sua memoria.

"Quindi, Squall, in pratica mi stai dicendo che non volevi sposare me, ma che ti sei sposato per me. È stata una bella cerimonia?"

"Ti prego, non farmi questo... né a me né a te stessa. È difficile per me parlarne."

È difficile per te parlarne, però è facile portare ancora la fede al dito... se davvero il tuo matrimonio è finito!"

Fu lui a guardarla per primo, anche se lei non se ne rese conto, il viso ancora voltato dall'altra parte; Squall sentiva i suoi tentativi per smettere di piangere.

"Hyne, Rinoa, 'finito' implicherebbe il fatto che ci sia stato un inizio. Fidati, non c'è mai stato." Togliendosi la fede, la strinse nel pugno. "Mi ero dimenticato di avere questa cosa al dito. Non riesci a capirlo? È perché... oh, lascia perdere. Tu non vuoi sentirlo; e io non voglio più parlarne."

Con immensa forza gettò nel fuoco l'anello, che colpì i mattoni del lato esterno del caminetto, poi rimbalzò nell'angolo e infine toccò terra, per consumarsi tra le fiamme e la cenere. In realtà, il platino sarebbe rimasto fra le braci, ma il suo significato si sarebbe corroso nel fuoco.

Quando il suono metallico echeggiò su per la cappa del camino, Rinoa si arrischiò a volgere lo sguardo verso di lui. Purtroppo, Squall non la stava più guardando. Per la prima volta, la ragazza cominciava veramente a capire il suo modo di pensare. In realtà, la cosa rispecchiava la sua stessa situazione, il suo stesso matrimonio fittizio. Lei si era sposata, così poteva dire, per difendere la vita sua e quella di Allison. Poteva forse essere un'offesa se Squall aveva fatto lo stesso? Pur ritenendola colpevole, aveva fatto quel sacrificio. Per lui era molto, molto più difficile sposare qualcuno senza amore, che per amore: per lui doveva essere stato il sacrificio più grosso, rinunciare ai suoi principi per proteggere lei. Per la prima volta capiva il suo punto di vista nell'accettare di sposarsi.

Mentre si asciugava gli occhi, un pensiero si fece strada nella sua mente. "Hai detto che non eri molto bravo come Comandante, o sbaglio..."

"Ho intenzione di lasciare l'incarico." La sua risposta fu breve e brusca.

"Ha qualcosa a che fare con me? Non voglio rovinarti anche la carriera."

Squall sentiva che lei lo stava squadrando. Se fosse rimasto con gli occhi fissi davanti a sé, avrebbe potuto replicare a quella domanda nel modo che la mente gli suggeriva. Se l'avesse guardata, la sua risposta avrebbe seguito la strada che il suo cuore desiderava. Inconsciamente, fece la sua scelta, la mente aveva tenuto il controllo per gli ultimi due anni, adesso era tempo che il cuore vincesse quella singola battaglia. A dire il vero, non poteva che desiderare che il suo cuore vincesse per intero quella guerra. E quando vide il suo viso, straziato e pieno di dolore... il cuore vinse sulla mente.

"Rinoa, tutto quello che ho fatto è stato grazie a te. Anche prima d'incontrarti, le strade che ho scelto portavano tutte a te... a noi. La mia carriera non è niente, io non sono niente. Se vogliono darti la caccia, allora dovranno prima passare sul mio cadavere. Lo so che adesso non ha molta importanza, ma tu sei ancora tutto per me."

La ragazza chiuse gli occhi, un milione di pensieri le riempiva la mente. No, questo non poteva succedere. Doveva proteggersi da lui... dal dolore che le avrebbe inevitabilmente causato. Squall non aveva idea della razza di situazione in cui si stava cacciando, il mondo la voleva morta... ma lui aveva ancora tempo per salvarsi. Lei riconosceva che non era colpa sua, anche se non era nemmeno completamente innocente, ma la società l'aveva già marchiata come traditrice prima dell'incidente.

Dal primo giorno che Esthar l'aveva arrestata fino all'ultimo che aveva passato lì in quella baita, era stata fonte di preoccupazione per loro, per il Consiglio Mondiale e per tutto quello che ad esso si opponeva. Lei serviva a tutti, ognuno di quei bastardi l'avrebbe sacrificata anima e corpo senza esitazione. La qualifica di Strega comprendeva più potere di quanto lei stessa desiderasse. Squall poteva avere una minima o proprio nessuna influenza sugli eventi, lei aveva deciso di combattere al loro fianco a Galbadia e lei sola ne avrebbe pagato le conseguenze.

No, Squall non aveva colpa per quella spinosa situazione. Rinoa aveva accettato il fatto che lui aveva sofferto tanto quanto lei, se non di più. Bennett poteva aver abusato fisicamente di lei, ma lei si era sempre potuta aggrappare ad un frammento di realtà con Allison. Squall era solo, come lo era sempre stato. Solo. Frugandosi in tasca, trovò la catenella di platino che aveva avuto così cara per tanto tempo. L'anello di sua madre era esattamente come lo ricordava... Julia, un'altra vita rubata dal destino. Serrò la mano in un piccolo pugno, lasciando che anche questo anello si imprimesse nel suo palmo.

"So che dopo tutto quello che è successo fra di noi non ho nessun diritto di farti questa richiesta. Ma ho bisogno di chiederti un favore, e niente domande, ti prego. Dimmi che dopo questi maledetti anni di tormento mi sono guadagnata almeno questo."

Squall guardò attentamente lei che fissava l'anello di sua madre appeso alla collana. Un istante di sconforto serpeggiò nel suo corpo, faceva male vedere che non c'era più il suo anello accanto a quello di lei ad adornare la catena, come era stato per cinque anni... come doveva essere. Deliberatamente si toccò il cappotto per sentire se l'anello fosse ancora nella tasca, c'era. Rinoa posò a terra la mano tremante, e si allungò verso di lui.

"Per favore, Squall, riprenditelo. Se mi dovesse succedere qualcosa, dallo ad Alexandra, lei saprà cosa farne. So che potrebbe essere impossibile trovarla, ma credo che prima o poi capirai come raggiungerla. È tutto quello che ti chiedo."

Squall si allungò a riprendere la sottile collana, preso da una strana sensazione per l'onore che la catena argentea sembrava conferirgli. Il suo primo pensiero fu di riporla in tasca, insieme al suo Griever, ma in un momento quasi di sfida decise di rimettersela al collo. Il metallo offriva un misterioso ristoro di serenità nella sua vita. Si tolse di dosso il cappotto, piegandolo e poggiandolo accanto a sé.

Rinoa lo osservò sorpresa mentre si levava la giacca, non capendo bene cosa volesse fare, finché poi non vide che stava cercando di legarsi al collo la catenella. La chiusura era piccola e le sue mani dure non erano abituate a procedure così delicate. Le sue mani. Per un etereo istante, fissò le sue mani, ogni linea, ogni cicatrice. Ricordando quando quelle mani l'avevano stretta, accarezzata. Dopo un momento di imbarazzante silenzio, si accorse che Squall la stava guardando -mentre lei stava guardando lui. Facendo di tutto per nascondere la sua momentanea debolezza, si sporse verso di lui, offrendogli implicitamente il suo aiuto.

Mentre allungava la mano a prendere la catena, si accorse che erano più vicini di quanto lo fossero stati per tutta la serata. Evitò gli occhi di lui, rivolgendo l'attenzione alla difficile chiusura. Dopo un paio di vani tentativi, si alzò sulle ginocchia per vedere meglio; e, armeggiando, il dorso della sua mano sfiorò il collo di lui. La sensazione della sua pelle era elettricità pura per lei... quasi insostenibile. L'operazione sembrava pressoché impossibile, adesso le mani le tremavano per la tensione che non stava proprio riuscendo a nascondere.

Alla fine riuscì ad agganciare la catena, e poi accidentalmente alzò lo sguardo verso il suo viso. Solo per accorgersi che, nei suoi tentativi di chiudere il gancetto e di evitare i suoi occhi, gli aveva incidentalmente esposto una perfetta panoramica giù lungo tutta la sua camicetta. Squall si girò subito verso il fuoco, un debole tentativo di glissare sul fatto che aveva approfittato della sua visuale.

L'espressione che aveva in volto il solitamente severo Comandante le faceva quasi venir voglia di sorridere. Le sue guance erano una mescolanza di varie tonalità di rosso per l'essere stato esposto sia alla neve che alla vista del suo seno. Rinoa si rimise a sedere, incerta su tutto in quel momento. Per qualche sconosciuta ragione, non voleva perdere quel contatto. No, non era vero, conosceva dannatamente bene la ragione per cui non desiderava lasciare quella vicinanza. L'espressione di Squall cambiò mentre lei vedeva i suoi occhi passare dall'imbarazzo ad un'insolita malizia. Si voltò rapido per guardarla dritto negli occhi.

"So che dopo tutto quel che è successo... non ho nessun diritto. Ma ho bisogno di chiederti un favore, e niente domande, ti prego."

"Che cosa?" domandò, timorosa.

"Baciami. Per l'ultima volta. Voglio ricordare com'è."

Adesso, dentro di lei, la paura aveva preso il sopravvento su ogni altra emozione. Mai Squall era stato così diretto. No, non poteva farlo. Doveva stare lontano da lui, molto lontano. Dove nessuno potesse fare del male a lei o ad Allison... doveva essere forte e resistere nel suo proposito.

"Ti ho baciato prima. Quello non conta?" replicò, sperando potesse bastare.

Squall le posò rapido un dito sulle labbra, e il cuore di lei parve fermarsi a quel contatto.

"Ti avevo detto niente domande, non ricordi? E poi, quella non eri tu. Quella era Renee Bennett... e io non voglio lei. Io voglio te, Rinoa."

Per qualche ragione, la vista le si annebbiò, oppure era lei che aveva perso il collegamento con la realtà, e poi sapeva solo che le labbra di lui erano a pochissima distanza dalle sue. Su questo aveva fantasticato, su questo aveva sognato. Questo momento, questo ritrovarsi... lui. La logica gli diceva di finirla, di andarsene, senza voltarsi indietro. Di lasciarlo tornare al Garden, al suo lavoro, e a sua moglie.

Andasse pure a farsi fottere, la logica.

Rinoa incontrò le sue labbra, mentre lacrime si affacciavano questa volta non nei suoi occhi, ma in quelli di lui. Lui c'era per davvero. Loro c'erano per davvero. E solo Hyne sapeva per quale ragione, ma era ancora profondamente innamorata di lui.

*****
Note delle traduttrici: capitolo rivisto da Alessia Heartilly.
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Citazione di apertura: dal poema When we two parted di Lord George Gordon Byron; è tutta l'ultima quartina.
In segreto ci incontrammo, in silenzio mi affliggo.
Che il tuo cuore potesse dimenticare, il tuo spirito ingannare.
Se dovessi incontrarti, dopo lunghi anni.
Come ti saluterei? Con silenzio e lacrime.
- Alessia Heartilly

   
 
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