Questa
storia è stata scritta per il contest “What if… e se fosse andata in un altro modo?” indetto da
Dark_Iris_91 nel forum di EFP.
La
traccia richiedeva di cambiare un avvenimento a scelta nell’ambito della saga
di Twilight e raccontare la propria versione della
storia con questa piccola modifica. Altra richiesta del contest era quella di
inserire una frase a scelta da un elenco fornito dalla giudice all’interno
della storia.
Questa
è la mia versione. La dedico a tante persone (Jakefan,
Abraxas, Vannagio, Chiaki, Ottonovetre, Dragana, Ulissae e Kukiness), che mi hanno sostenuta in questo mese di attesa.
Frase
Scelta:
14) E’ sempre più forte di me. Lo è
sempre stato. Perché a lui basta una parola per
farmi male. Anzi, anche meno: una parola non detta, un silenzio, una pausa. Uno
sguardo rivolto altrove. (Fabio Volo)
Titolo:
Volere, dovere
Personaggi:
Jacob,
Leah, Seth
Pairing: Jacob/Leah
Genere:
Introspettivo,
Romantico
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if?
Breve
introduzione alla storia: Leah e Jacob ritornano
dall’episodio di caccia che contribuisce al loro avvicinamento, e dopo poco
Jacob ha l’imprinting con Renesmee. E se invece non
fosse così?
Note
dell’autore: Le
due frasi nel Capitolo 1 segnalate con l’asterisco sono tratte dal capitolo 16
di Breaking Dawn, “Allarme. Sovraccarico di informazioni”.
La storia prende invece le mosse dal capitolo 17 ed è narrata dal punto di
vista di Leah.
Prologo
Scelgo di
fuggire.
Ho sempre
pensato che me ne sarei andata da La Push, ma
immaginavo che avrei salutato mia madre e mio fratello prima di farlo, non che
sarei scappata nel bel mezzo dei festeggiamenti per una battaglia-non-battaglia
che si è appena svolta sotto i miei occhi. Ma vedere tutti felici, abbracciati
e con qualcuno da amare… è troppo.
Mi sento troppo
sola, troppo triste, semplicemente di troppo. Fisso per un istante i suoi occhi
– quei meravigliosi occhi neri, troppo profondi per la sua età, quegli occhi
che tante volte mi hanno accarezzata e accompagnata mentre tornavo a casa – mi
volto e me ne vado.
Nessuno fa caso
a me, nessuno.
Neanche lui.
Troppo preso a
stringere tra le sue braccia quel piccolo mostriciattolo con gli occhi della
stronza che l’ha tenuto sulla corda fino a quando non è morta. Mi si rivolta lo
stomaco a vedere quella felicità stucchevole che aleggia su tutti loro e non mi
coinvolge.
Ma chi voglio
prendere in giro? La verità è che fuggo perché avrei voluto che qualcuno
venisse da me e mi stringesse tra le sue braccia, come hanno fatto tutti gli
altri con le loro compagne. Anche se mi sembra un secolo che non ho un
compagno, e l’ultima volta che mi sono sentita amata è stata…
ecco, sì. E’ stato quel giorno.