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Autore: ariano geta    24/05/2011    0 recensioni
Avete presente l'Amleto di Shakespeare? Ho provato a rielaborarlo in chiave noir, ambientandolo nel mondo della mafia italo-americana degli anni '70.
Un sacrilegio? Probabilmente sì. Comunque il racconto è qui, a vostra disposizione per essere giudicato ed eventualmente stroncato.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per ventiquattro anni il capo della famiglia è stato il povero Jimmy Danese, che era un uomo veramente in gamba. C’è stato un momento in cui più della metà della droga che arrivava a New York passava per le sue mani. Ci sapeva fare, accidenti se ci sapeva fare!
Ha avuto quattro figli: Michele, poi due femmine, e per ultimo Claudio. Quindi Claudio aveva cinque anni in meno rispetto a Michele.
Lo stesso anno in cui è nato Michele era nato anche Mike, il primogenito di Salvo Amato e Rosaria Danese, la sorella di Jimmy. Perciò Michele e Mike erano cugini, avevano la stessa età, e pure lo stesso carattere: poche parole, tanti fatti.
Claudio invece era uno che stava sempre a piagnucolare. Mi hanno raccontato che se per caso Michele diceva che zia Rosaria aveva fatto un dolce, e ne aveva dato una fetta a lui e una a Mike, uh!, apriti cielo! Claudio cominciava:
 
E a me? Perché a me no? Sono meno importante io?
 
Voi mi direte: ma sono cose da bambini! Certo, ma Claudio ha continuato così pure crescendo.
Una volta – e questo l’ho visto coi miei occhi, non me lo hanno raccontato – il povero Jimmy doveva mandare un’ambasceria ai Colonnese. Diciamo che si trattava di un messaggio non proprio amichevole, però era praticamente impossibile che potesse succedere qualcosa di brutto. Bisognava solo far sapere ai Colonnese che quella certa cosa che avevano fatto senza avvisarci la potevamo pure tollerare, per una volta, ma guai a loro se l’avessero rifatta ancora senza informarci preventivamente.
Jimmy voleva essere sicuro che Michele avesse la stoffa del boss anche quando c’era da trattare con le altre famiglie, così volle mandarci lui. Michele ovviamente chiese di portarsi appresso Mike Amato, tanto per avere un guardaspalle, e subito Claudio:
 
E chi sono io, il figlio di nessuno? E perché non ci posso andare io?
 
Una scena patetica, credetemi. Insomma, alla fine si decise di fare una cosa in grande stile: mandarono Michele, Claudio, Mike Amato e il qui presente Tommy Orazio.
Partiamo in macchina. Claudio comincia:
 
Gli facciamo vedere noi a quelle teste di cazzo!
 
e Michele lo ferma subito:
 
Calma Clà, mica andiamo lì per ammazzarli! I Colonnese sono amici, Chris è stato pure al mio compleanno, te lo ricordi no?
 
Insomma, quanto basta per fargli capire che in fondo si va lì a fare due chiacchiere, niente di più. Magari ci offriranno pure un caffè. E invece Claudio continua a fare la voce grossa:
 
Quel Chris Colonnese, sapessi quanto mi sta sulle palle!
 
e continua, continua, finché arriviamo davanti all’emporio dove stava il loro quartier generale… Beh, all’improvviso Claudio comincia a avere dei bruciori nel culo. Guarda dal finestrino, osserva tutto intorno, e poi squittendo come un criceto mi fa:
 
Certo che sarebbe meglio se uno restasse in macchina, al volante. Magari anche col motore acceso per essere pronti a fuggire...
 
Michele, che aveva già capito tutto, gli ha detto:
 
Non ti preoccupare Clà, non ci sarà da fuggire, e neppure da sparare a nessuno. Comunque, se preferisci restare qui fai pure, puoi anche mettere la sicura…
 
Quant’era ridicolo mentre provava a convincerci che lui non aveva mica paura, no! Lo faceva solo per coprirci le spalle, ci mancherebbe!
… Lo considero un grande mistero. Mi sono sempre chiesto come cazzo è possibile che dallo stesso padre e dalla stessa madre possano nascere due persone così diverse! Per me è una cosa inspiegabile, forse perché io di figli non ne ho, e mi manca l’esperienza per capire quali meccanismi creano il carattere di un uomo dal momento che è un pupetto col pannolino fino a quando diventa abbastanza grande da decidere cosa vuole fare nella vita.
Boh! Ripeto: per me è un mistero. Il cervello è un mistero. In effetti l’uomo stesso è un mistero, ma io non sono il tipo da pensare troppo a queste cose tanto complicate.
Comunque, il preambolo era per farvi capire chi fossero Michele Danese, suo fratello Claudio e il cugino Mike Amato.
 
Il 6 aprile del 1971 Michele ha dimostrato che uomo era. Teneva solo venticinque anni, ma ha fatto capire al mondo che aveva le palle.
Quel giorno venne ucciso il povero Jimmy Danese, suo padre, il capo della famiglia. Erano stati i colombiani di Pedro Fortaleza.
Oggi i colombiani sono talmente potenti che nessuno si sognerebbe di fargli la guerra, ma a quei tempi non erano ancora così forti. A Miami erano già messi bene, avevano conquistato parecchio potere, però a New York si stavano affacciando da poco, e lo facevano con una certa prudenza. In effetti quell’omicidio era stato sicuramente un errore, probabilmente lo avevano scambiato per un’altra persona. Però intanto avevano fatto fuori Jimmy Danese, che non era un boss, era il boss.
Michele ci ha radunato tutti. Ha detto:
 
Io in questo momento vorrei tanto fare un degno funerale a mio padre e piangere per lui. Ma non posso. Né io, né voi. Gli daremo gli onori che merita, ma prima dobbiamo garantirgli la giusta vendetta. Quelle merde devono capire che hanno fatto la più grossa cazzata della loro vita.
 
Ci ha diviso. Frankie Bruno, Nick Marcelli, Lenny Polonia e Andy Vuolo li ha mandati in giro per la città. Gli ha detto semplicemente di ammazzare come cani tutti gli spacciatori che compravano droga dai colombiani.
A me, Mike Amato, Jeff Galdini e Sammy Rosati ci ha voluti con lui. Una visita di cortesia ai Fortaleza, o piuttosto ai loro tirapiedi.
Claudio – che ve lo dico a fare – è rimasto al bar, perché se qualcosa fosse andato storto almeno uno della famiglia doveva rimanere fuori dai casini per prendersi cura di zia Rosaria…
Me la ricordo come se fosse ieri quella notte.
C’era una specie di club privato frequentato solo da ispanici. Era gestito dai portoricani, che però si erano messi in affari coi Fortaleza, e perciò c’era anche qualche colombiano di Medellin che ormai stava fisso lì. Sicuramente per loro era molto meglio ballare la rumba e scoparsi qualche zoccola, piuttosto che imboscarsi in mezzo alla giungla equatoriale.
Michele ha detto: sparate e ammazzate tutti, anche se fosse un poliziotto che passa di lì per caso.
L’ho visto coi miei occhi: si è buttato lui per primo, senza chiederci di coprirlo, e con due pistole in mano ha cominciato a fare fuoco così velocemente che neanche con una mitragliatrice avrebbe potuto sparare di più.
Mike Amato non è stato da meno: si è lanciato verso il bancone mentre i proiettili gli passavano a un centimetro dalla testa, ha ammazzato lo spagnolo che stava sparando, poi è andato nel retro del club ed è uscito fuori con una donna che reggeva in braccio un bambino, avrà avuto un anno. Un colpo in testa, e il sangue del pupo è schizzato dappertutto. La madre ha pianto di dolore solo per un istante. Subito dopo piangeva perché Mike gli aveva fatto un buco sul piede destro.
“Fai sapere a Fortaleza che deve sparire” gli ha detto. “Se non lo conosci, fai in modo di conoscerlo e diglielo”.
Quella notte è passata alla storia. Ventidue morti, e solo due o tre c’entravano direttamente coi Fortaleza, però Michele gli aveva mandato un messaggio fortissimo. Praticamente gli aveva detto: New York per voi è terra bruciata.
Il messaggio era soprattutto per chi pensava di farci qualche alleanza, tipo i portoricani o i messicani. Lui gli aveva appena fatto capire che bastava anche salutare da lontano un colombiano e per i Danese tu eri già morto.
Sì, lo so, detto così è raccapricciante, però la sostanza è questa. E ha funzionato: nel giro di due giorni sono svaniti i colombiani da New York. Ma proprio dissolti, vaporizzati. Io penso che per qualche mese pure il consolato della Colombia è rimasto chiuso.
Questo è stato il primo giorno di Michele Danese come nuovo boss.
 
Qualche mese dopo ha presentato a tutti la sua fidanzata, Trisha Merone.
Che ragazza! Se avesse partecipato a Miss Universo avrebbe vinto. Se vi dico che ‘era bella’ potete pensare: sì, ce ne sono tante di ragazze belle. Ma lei era qualcosa di speciale.
Non potete immaginare la faccia di Claudio. Sono sicuro che se il povero Jimmy fosse stato ancora vivo, Claudio gli avrebbe detto: ‘Papà, perché Michele ha una donna così e io no?’
Sbavava. Io penso che, da quel momento, ogni volta che Michele doveva andare a Jersey City per parlare coi Colonnese o coi Messina, Claudio gli augurava la morte. Sì, lui sperava sempre di ricevere una telefonata in cui gli annunciavano che la macchina di suo fratello era saltata per aria. Invece è sempre tornato sorridente e pieno di salute, ha sposato Trisha Merone, e come testimone di nozze ha voluto Mike Amato.
Poi… beh, qui c’ero già arrivato no?
Il 20 agosto 1974 Michele Danese è morto. Io ero arrivato da due giorni a Palermo, e Lenny Polonia mi telefona in albergo per informarmi.
 
Come minchia è successo?
 
gli chiedo, e lui:
 
Sembra che abbia avuto un infarto.
 
Un infarto? Un pezzo d’uomo come Michele, che doveva ancora compiere trent’anni? No, non ci ho creduto. Non era possibile. Però, a quanto pareva era vero. Il dottor Ligresti gli aveva fatto un’autopsia, mi dissero poi, e aveva confermato: arresto cardiaco.
Va bene, e sia. Mi stavo quasi convincendo che era tutto regolare, molto triste ma regolare, quando due mesi dopo mi chiama ancora Lenny Polonia:
 
Senti Tommy, io te lo dico perché è meglio che lo sai subito: Trisha e Claudio si sposano dopodomani. Se riesci a anticipare il rientro di un giorno, sei invitato anche tu…
 
Non ci ho visto per la rabbia.
 
Che cosa?! Il corpo di Michele è ancora caldo e questi due si sposano?! Sono suo fratello e sua moglie, minchia!, proprio le due persone che dovrebbero portagli più rispetto! Non riescono a far passare neppure due mesi senza trattenere i loro bollenti spiriti? Ma che hanno in testa, sono diventati matti?
 
Lenny mi disse che aveva pensato le stesse cose, però ormai il boss era Claudio, e lui diceva che la sua era una forma di affetto verso Trisha, che era troppo giovane per rimanere senza un uomo al suo fianco. E lo era anche verso Michele, perché lui sicuramente avrebbe avuto piacere che la sua vedova – dovendosi risposare con un altro uomo – avesse scelto uno della famiglia, anzi proprio suo fratello. In un certo senso era come se lei fosse stata ancora sua, perché Claudio e Michele erano consanguinei…
Avevo voglia di vomitare, credetemi. Infatti sul volo aereo per New York mi è successo. Nausea e vomito per otto ore, e non credo che sia stata colpa del maltempo.
Comunque, questo era la situazione.
Posso riprendere dal punto di prima?
   
 
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