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Autore: ariano geta    24/05/2011    0 recensioni
Avete presente l'Amleto di Shakespeare? Ho provato a rielaborarlo in chiave noir, ambientandolo nel mondo della mafia italo-americana degli anni '70.
Un sacrilegio? Probabilmente sì. Comunque il racconto è qui, a vostra disposizione per essere giudicato ed eventualmente stroncato.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lenny Polonia è arrivato alle quattro del pomeriggio.
Claudio gli è andato incontro per porgergli le condoglianze, ma Lenny gli ha dato una spinta e l’ha buttato a terra.
C’è stato un attimo di sconcerto generale. Prima che potessimo dire o pensare qualcosa, Tony Canosa e Jack D’Errico avevano già tirato fuori le armi. I loro occhi parlavano chiaro: ci invitavano a stare calmi e lasciare che la questione venisse risolta da uomo a uomo.
Era appena successo quello che aveva ipotizzato Mike: il clan si stava sfasciando perché Claudio non aveva il carisma necessario per farsi rispettare. Evidentemente Tony e Jack avevano parlato con Lenny qualche minuto prima che lui entrasse nel bar, e si erano schierati dalla sua parte.
Ai tempi di Jimmy, e anche quando c’era Michele, non si sarebbero mai visti due picciotti che impedivano agli altri di soccorrere il boss. Ma soprattutto, sarebbe stata inimmaginabile la scena che avevamo davanti agli occhi: Claudio – che volente o nolente era in nostro padrino – steso a terra come un verme, mentre Lenny gli teneva la pistola piantata sulla faccia in modo minaccioso.
 
Bella riconoscenza, eh?
 
gli ha urlato Lenny con la voce carica d’odio.
 
Vado a Toronto per sistemare gli affari del clan, e come premio ho ricevuto mio padre morto, senza neppure la possibilità di rendergli l’ultimo saluto!
 
Te l’ho spiegato Lenny, i federali…
 
L’ha interrotto subito infilandogli la pistola in bocca.
 
Sta zitto Claudio,fammi finire l’elenco dei regali che ho trovato al ritorno a casa! Eh sì, perché prima di passare qui sono andato da Fiorenza. Mi è sembrato giusto abbracciare mia sorella per farci coraggio insieme. Ci ho messo un attimo, non sono neppure dovuto salire in casa. Lei mi aspettava davanti al portone del palazzo, sdraiata sull’asfalto in mezzo al suo sangue, coi poliziotti che scattavano fotografie e facevano domande a quelli che l’avevano vista volare giù dalla finestra…
 
Cazzo!, io l’avevo capito già durante il funerale che sarebbe successo!
La povera Fiorenza non era in grado di tollerare quello che stava accadendo. Si è imbottita di pasticche e poi ha guardato il cielo, dove sperava di volare verso un mondo meno assurdo. Pure quella scema di sua zia aveva preso gli psicofarmaci, e ovviamente si era sdraiata sul letto per riposare! Invece di stare vicina alla nipote così sconvolta!
Appena ho saputo che Fiorenza era morta, e in quel modo orrendo, ho provato una solidarietà istintiva per Lenny. Ho dato un’occhiata rapida a tutti i ragazzi per incrociare i loro sguardi: Bernie Cascio, Frankie Bruno, Andy Vuolo, Nick Marcelli… Vi dico che Tony Canosa e Jack D’Errico avrebbero potuto rimettersi la pistola in tasca. Capivamo in pieno la reazione di Lenny.
Anzi, stavamo sul punto di esprimergli le nostre condoglianze, ma ci ha preceduto Trisha che è scesa dal soppalco proprio in quel momento. Ha invitato Lenny a restare calmo e gli ha detto che avrebbe spiegato tutto, e nessuno lo poteva fare meglio di lei visto che l’omicidio era avvenuto davanti ai suoi occhi. Tony Canosa poteva confermarlo.
Ci siamo messi tutti più comodi.
 
Trisha ha raccontato quella che era la verità, in fin dei conti: Mike convocato per scambiare due parole, Carmine dietro le tende per controllare la situazione temendo che Mike potesse andare fuori di testa, e lui che ci va sul serio proprio a danno del vecchio Polonia.
 
É perché non l’avete giustiziato subito?
 
ha domandato secco Lenny. Non ha mai avuto simpatia per Mike, figuriamoci adesso che era diventato l’assassino di suo padre e, indirettamente, di sua sorella.
 
Ogni tipo di clamore dobbiamo evitarlo, lo sai bene. Lo stesso motivo del funerale in fretta e furia per il povero Carmine.
 
ha spiegato Claudio, e onestamente non era un argomento contestabile.
 
Per un infame che uccide un uomo del clan può bastare un blocco di cemento!
 
gli ha obiettato Lenny, ma Claudio non si è scomposto:
 
Lenny, amico mio, Mike è il nipote di Jimmy! Ti pare che io posso andare da zia Rosaria e dirgli che se vuole portare dei fiori a suo figlio morto li deve gettare in mare dal molo 14 della banchina merci?
Io ti prometto giustizia, però Mike deve avere una cerimonia funebre e una lapide al cimitero. Cerca pure di capire che ha ammazzato il povero Carmine solo perché ormai, evidentemente, non ci sta più con la testa. Proprio tuo padre se ne era accorto: ‘É strafatto di cocaina’ mi disse non più tardi dell’altro ieri.
 
Ha continuato a parlare, confermando quello che avevo immaginato: ha ribadito che certe situazioni delicate vanno affrontate tutti insieme, che la famiglia deve restare unita, e poi ha aggiunto che aspettava solo la chiamata di Jeff Galdini e Sammy Rosati. Gli avrebbe riferito che durante il loro soggiorno a Atlantic City doveva capitare una disgrazia a Mike…
 
Abbiamo trascorso un paio d’ore in un silenzio surreale, a ciondolare su e giù dentro al bar, tra un bicchiere di vino e un caffè e una partita a carte, in attesa che squillasse il telefono.
‘Dovrebbero essere arrivati ormai’, abbiamo sussurrato a mezza bocca un po’ tutti. L’unico che non ha mai parlato è stato Lenny. Aveva perso suo padre e sua sorella in meno di ventiquattro ore, ma riusciva a mantenere il controllo dei nervi grazie alla prospettiva della vendetta.
Ecco, in fondo il discorso di Mike Amato non era campato per aria: si reagisce alle situazioni in base a quello che si prova per le persone che le hanno causate, non in base alle situazioni stesse.
Se a uccidere il povero Carmine fossi stato io, il migliore amico di Lenny, può darsi che Lenny sarebbe impazzito come Fiorenza. Invece era stato Mike, e lui non lo sopportava più di tanto, perciò si consolava pensando che ora lo avrebbero fatto fuori e questo in qualche modo compensava la morte dei suoi famigliari più stretti. La situazione sarebbe stata la stessa, la reazione no.
Sì, credetemi, é solo una questione di persone. Cambiate il nome del killer, scrivete ‘Tommy Orazio’ al posto di ‘Mike Amato’, e per Lenny diventava una tragedia intollerabile per cui non esisteva vendetta tale da farlo stare meglio. Per Fiorenza invece era stato il contrario: la tragedia era che l’assassino si chiamava ‘Mike Amato’. Se invece avesse avuto il nome di ‘Tommy Orazio’, dopo aver pianto si sarebbe rialzata e avrebbe domandato giustizia. L’indomani sarebbe andata al cimitero a mettere dei fiori sulla tomba di suo padre e a sputare sulla mia, avrebbe chiesto a Mike di tenerle il braccio, e magari avrebbe pure pensato: ‘Mio padre è morto, un dramma, però almeno adesso posso stare accanto a Mike alla luce del sole, visto che non c’è più papà a dirmi che per me preferirebbe un altro uomo’.
La mente umana è contorta, davvero. É per questo che io evito di pensare troppo, altrimenti diventerei matto.
Scusatemi se faccio tutte queste considerazioni inutili, si vede proprio che sto invecchiando e parlo a vanvera. Vado avanti coi fatti concreti.
 
Verso le cinque finalmente ha squillato il telefono. Ho risposto io.
Prima sorpresa: non era né Jeff né Sammy. La voce era quella di Mike Amato.
Seconda sorpresa: a Atlantic City non ci erano mai arrivati.
Mike mi ha spiegato che all’altezza di Toms River un’auto gli aveva tagliato la strada e Jeff gli aveva urlato una serie di insulti sporgendosi dal finestrino, senza accorgersi che c’era una volante della polizia in transito.
Li avevano fatti accostare per chiedergli il motivo di tanta agitazione, e già che ci stavano avevano voluto dare un’occhiata ai documenti. Voi capirete, per un poliziotto di provincia leggere tre cognomi italiani è un invito a nozze.
Li hanno perquisiti subito. Jeff aveva una pistola, ma si era dimenticato a casa il porto d’armi, Sammy l’hanno pizzicato con una bustina di coca nella tasca interna della giacca. Mike era l’unico in regola, nel senso che aveva il cannone col silenziatore ma pure il foglio di carta che l’autorizzava a tenerlo.
Così, Jeff Galdini e Sammy Rosati erano stati arrestati per detenzione illegale di arma da fuoco e sostanze stupefacenti, e sarebbero stati processati la settimana successiva. Ovviamente il giudice della contea aveva respinto la libertà su cauzione. Per Mike invece si erano dovuti limitare al ‘favoreggiamento’, ed erano stati costretti a rimetterlo in libertà sulla parola, ma solo perché glielo imponeva la legge.
 
Vista la situazione è inutile che io vada a Atlantic City da solo, torno alla base, ok?
 
ha concluso. Avrei voluto dirgli: ‘No Mike, non ritornare, anzi, guida fino alla frontiera in Messico e sparisci!’… Ma mi guardavano e mi ascoltavano tutti i ragazzi. Probabilmente anche i federali stavano intercettando la telefonata, e soppesavano ogni parola.
E poi, non lo so mica se Mike sarebbe fuggito senza portare a termine la sua vendetta. La mattina mi era sembrato all’improvviso dubbioso, incerto, ma sono sicuro che gli sarebbe bastato vedere una foto di Michele per risentire dentro di se la voglia profonda di punire Claudio e Trisha.
 
Mike resta a dormire in un motel, ma domani mattina torna a New York
 
ho riferito a tutti quanti.
L’unico commento lo ha fatto Lenny Polonia:
 
Lo ammazzo io. Mi spetta di diritto.
   
 
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