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Autore: ariano geta    24/05/2011    0 recensioni
Avete presente l'Amleto di Shakespeare? Ho provato a rielaborarlo in chiave noir, ambientandolo nel mondo della mafia italo-americana degli anni '70.
Un sacrilegio? Probabilmente sì. Comunque il racconto è qui, a vostra disposizione per essere giudicato ed eventualmente stroncato.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così si arriva al giorno fatale: sabato 20 ottobre 1974. Fra quattro giorni praticamente, quattro giorni e trent’anni fa.
La mattina c’era stato il funerale, un altro ancora. La povera Fiorenza si era ritrovata accanto a suo padre dopo un solo giorno di lontananza.
Alla fine della cerimonia Lenny era stremato. Il pensiero della vendetta non lo poteva consolare in quel momento, perché era ancora troppo astratto rispetto alla materialità atroce della salma di sua sorella.
Il dolore era talmente forte che per renderlo sopportabile ha dovuto sfogarlo sotto forma di rabbia. Si è messo a prendere a calci un mazzo di fiori che non ne voleva sapere di stare appoggiato alla lapide ed era caduto a terra per tre volte, poi ha cominciato a inveire contro il becchino, che calava la bara nella fossa e intanto fischiettava.
 
Che cazzo ti diverti, figlio di puttana?! É morta una ragazza che doveva ancora compiere vent’anni, lo capisci?
 
gli ha urlato come un matto. L’ho dovuto trattenere, c’è mancato poco che gli sparasse.
 
Cerca di calmarti Lenny, per quello i funerali sono solo una professione. Hai presente noi quando ammazziamo qualcuno, no? Stiamo facendo un lavoro, nulla di più.
 
Già, un lavoro. Che ci crediate o no è così.
Comunque, Lenny Polonia era un cerino pronto a prendere fuoco. Ogni tanto guardava l’orologio, e di sicuro contava le ore che lo separavano dall’istante che aspettava ferocemente, la resa dei conti. Ovviamente non poteva sapere che anche Mike Amato stava a sua volta tramando una vendetta, anche se la mattina precedente mi era parso meno convinto.
 
Alle undici stavamo tutti al bar.
C’era una tensione che non vi potete immaginare. Claudio aveva dato istruzioni ben precise: appena arrivava Mike, tutti con le armi in mano, gli si intimava di non muoversi, e gli si ordinava di buttare a terra il cannone. Al resto avrebbe pensato Lenny, che mi ha guardato dritto negli occhi e ha chiesto:
 
Te la senti?
 
Aveva un tono di voce infastidito, quasi che da un lato mi avrebbe giustificato se avessi detto di ‘no’, ma al tempo stesso gli sarebbe dispiaciuto.
Io – cercate di capirmi – ero amico di Mike, però non me la sentivo di andare contro il clan tutto solo. Ho risposto che sarei rimasto seduto al tavolo a guardare la scena da spettatore, ma che capivo la decisione presa. Insomma, non avrei fatto parte del plotone d’esecuzione ma davo il mio assenso alla condanna a morte.
Mi facevo schifo per quelle parole, ma mi giustificavo pensando che se restavo vivo avrei potuto eliminare Claudio più avanti, magari proprio insieme a Lenny Polonia, che era un uomo con le palle. Anche se la nostra amicizia non sarebbe stata più la stessa, visto che avremmo dovuto portarci appresso il cadavere di Mike Amato con dei ricordi completamente differenti al riguardo.
Non ero abituato a elaborare ragionamenti di questo genere, io non amo pensare troppo. Eppure lo stavo facendo. In certe situazioni chiunque crolla, e anche a Tommy Orazio può succedere, no?
Comunque, Lenny mi ha guardato in modo tale da farmi intendere che: d’accordo, mi capiva.
A quel punto mi sono seduto, e ho assistito in prima fila all’atto finale della tragedia.
 
Mike Amato sembrava non arrivare più. Non capivamo che fine avesse fatto. Qualcuno ha cominciato a sospettare che avesse saputo dell’accoglienza che lo attendeva, e perciò aveva deciso di non presentarsi.
Invece, quando infine è giunto al bar verso le tre del pomeriggio, abbiamo capito subito che era completamente all’oscuro. Infatti appena entrato si è rivolto addirittura a Lenny Polonia:
 
Proprio te volevo incontrare! Ho saputo solo poco fa di Fiorenza! Mi dispiace proprio tanto!
 
Ah, ti dispiace?
 
gli ha risposto Lenny, facendo un piccolo cenno con la mano per dirci di aspettare a tirare fuori le armi. Evidentemente era curioso di sentire le parole di Mike e di capire quanto potesse essere ipocrita, perché dal punto di vista di Lenny quelle condoglianze dovevano sembrare davvero false.
 
Sì, io me ne sento responsabile, davvero. Il dramma di Carmine è stato colpa mia, come ti avranno già detto, e per Fiorenza perdere il padre deve essere stato un dolore troppo forte.
Io… scusami, davvero, non so che altro dirti. Ogni parola mi sembra inutile. Se solo potessi fare qualcosa per te…
 
Lenny ha soppesato le parole prima di rispondere.
 
E se ti dicessi che mi sentirei meglio sparandoti un colpo in petto, come hai fatto col mio povero padre?
 
Mike l’ha fissato dritto in faccia per un secondo. Poi ha abbassato gli occhi, ha fatto un gesto di rassegnazione e gli ha detto:
 
Se pensi che sia giusto, ammazzami pure.
 
Lenny ha estratto la pistola, col silenziatore già innestato. Anche gli altri ragazzi hanno tirato fuori le armi. Trisha e Claudio sembravano un re e una regina mentre assistono a un’esecuzione solenne.
In quel momento ho creduto che Mike avesse rinunciato ai propositi di vendetta, e che il suo cervello ormai impazzito accettasse passivamente ogni cosa, anche lasciarsi giustiziare senza opporre resistenza.
E invece mi sbagliavo. Dopo aver sottoscritto la propria condanna a morte, ha aggiunto una frase imprevista…
 
Però Lenny, ti chiedo solo di lasciarmi un minuto per dare una notizia a tutti.
 
Dacci questa notizia, ma non pensare di fare giochetti strani.
 
No, stai tranquillo, non è questo lo scopo.
 
lo ha rassicurato Mike.
Era una situazione assurda. Provate a immaginarvi un condannato a morte che sta davanti al plotone pronto a sparare, e parla tranquillo coi cecchini. Fino a un momento prima erano suoi amici, ok, ma ora stanno per mandarlo al Creatore. Voi non sareste agitati?
Lui invece no, niente, come se il fatto di ricevere un po’ di piombo in testa fosse una cosuccia, mentre la cosa davvero importante era comunicare la ‘notizia’… Non avevo idea di cosa volesse dirci Mike.
 
Allora ragazzi, voi sapete che sono stati sollevati dei sospetti sulla morte di Michele…
 
‘Ancora questa storia’ ha sussurrato qualcuno con fastidio.
 
Io credo che sia giusto chiarirla, ed è per questo che sono arrivato tardi. Stamattina sono stato da mia madre e l’ho convinta a far riesumare il corpo di Michele per una nuova autopsia più approfondita
 
La faccia che ha fatto Claudio! Quella flemma da imperatore che aveva sino a un attimo prima è svanita! É andato a passi veloci verso Lenny Polonia e ha cominciato a dire ‘Sparagli subito a questo pezzo di merda!’
 
Che c’è, di cosa hai paura?
 
gli ha domandato Mike.
Claudio non ha risposto, ha solo urlato:
 
Nessuno si può permettere di andare a disturbare il riposo eterno di Michele, neppure zia Rosaria! Tirarlo fuori dalla tomba per farlo squartare come un vitello dal macellaio, è uno scempio assurdo! No, su questa cosa possono decidere solo i parenti più stretti! Io sono il fratello e dico di no! Adesso telefono a zia…
 
L’ordinanza per la riesumazione è stata già firmata, ma non da zia Rosaria. Ci hanno pensato le tue sorelle. Il fondo Michele era fratello anche loro, mica solo tuo.
 
Il viso di Claudio faceva impressione. Sembrava sul punto di avere una paresi. Ha ricominciato a urlare ‘Spara! Sparagli!’, ma adesso Lenny era esitante. In fondo anche lui aveva trovato abbastanza strana la morte di Michele. Voleva capire bene la verità e, per assurdo, l’unico in grado di fornirgliela sembrava essere l’assassino di suo padre e di sua sorella, Mike Amato.
La rabbia di Lenny ha cominciato a sciogliersi. La determinazione che aveva negli occhi si è dissolta, la mano che puntava la pistola ha cominciato a tremare.
Claudio invece era rosso come il diavolo. Incitava tutti a uccidere Mike, ma nessuno riusciva a far partire il colpo.
Paradossalmente, Mike era quello più sicuro di se. Stava in mezzo ai ragazzi con l’aria di un santo mentre affronta il martirio, come nelle vetrate della chiesa, dove il San Qualcuno di turno ha una lama puntata alla gola ma appare tranquillo e distaccato dalle questioni terrene, quasi si trovasse già in cielo pur essendo ancora in questo mondo.
La vendetta l’aveva portata a termine, in un certo senso. La verità stava per venire a galla, e questa era l’unica cosa che contava per lui. Aveva reso giustizia a Michele, e ormai poteva lasciar perdere ogni altra cosa, persino la propria vita.
La mattanza finale si è consumata in un attimo, anche se a raccontarla sembra molto più lunga. Fate conto che sia una di quelle scene al rallentatore dei film di Brian De Palma.
 
Claudio ha capito di essere fottuto. Anche Trisha se ne è resa conto, perché è rimasta sconvolta pure lei, e se ne sono accorti tutti. Gli è bastato guardarsi negli occhi per intendersi a vicenda: Claudio ha estratto la pistola per eseguire la sentenza di persona, ma nel momento in cui lo ha fatto anche Mike ha afferrato al volo l’arma che aveva in tasca.
Mike Amato poteva accettare di essere ucciso da Lenny Polonia, che aveva dei validi motivi per volerlo morto ed era un uomo d’onore meritevole di rispetto. Ma sarebbe stato intollerabile morire per mano di Claudio l’infame.
Vedendo Mike che prendeva la pistola, Lenny ha temuto che fosse un estremo tentativo di salvarsi la pelle e d’istinto ha sparato. In fondo aveva la rivoltella già puntata e pronta a far fuoco da almeno un paio di minuti.
La pallottola di Lenny è andata a segno, ha attraversato il petto di Mike da parte a parte, ma anche Mike è stato preciso e ha colpito in pieno Claudio. Invece Claudio è riuscito a esplodere il suo colpo solo una frazione di secondo dopo che era stato colpito, e così ha sparato barcollando, e anziché prendere Mike ha centrato la testa di Lenny.
Ma non dovete pensare a tre spari separati, è stato quasi come se partissero all’unisono, tutti insieme.
Claudio e Lenny sono crollati a terra, invece Mike ha fatto qualche passo all’indietro ed è finito su una sedia. Aveva le gambe accasciate, le braccia e la testa che penzolavano verso il basso, e pensavamo che fosse morto anche lui. Però la pistola continuava a tenerla stretta nella sua mano…
Gli è bastato un movimento rapido: ha rialzato la testa e ha sollevato di scatto il braccio destro per esplodere tre colpi verso Trisha.
 
Quel giorno la famiglia Danese smise di essere ciò che era stata per quasi trent’anni. Fu l’inizio della fine.
Fu anche l’ultima cazzata di Claudio. La sua pistola non aveva il silenziatore, fece un botto che ha rimbombato per tutto il bar, lo hanno sentito fino in mezzo alla strada. I federali ci marcavano stretti, e c’era sempre qualche poliziotto nei paraggi che sperava di coglierci in fallo. Gli era appena caduta la manna dal cielo.
   
 
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