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Autore: Ziggie    25/05/2011    2 recensioni
Erano le cinque di pomeriggio e Sherlock Holmes, assorto nei suoi pensieri, degustava il suo tè e osservava l’atmosfera grigia e plumbea della città che tanto amava: Londra.
Erano giorni che non gli capitavano tra le mani casi in grado di impegnarlo completamente, ultimamente quelli proposti erano truffe, frodi assicurative e lui aveva la stessa espressione di un bambino a cui viene tolto il suo giocattolo preferito.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Analisi del caso

 

“E’ molto importante per me avere al fianco qualcuno su cui posso contare incondizionatamente”
                                 
                               - Sherlock Holmes in “il Mistero di Boscombe Valley” tratto da “le Avventure di Sherlock Holmes”-
 
 
Come era solito fare quando incontrava un buon caso, Sherlock Holmes aveva acceso la sua fedele pipa e si era messo comodo in poltrona, estraniandosi da tutto ciò che lo circondava, analizzando attentamente ad occhi chiusi i fatti che aveva dalla sua parte e che erano attendibili.
Watson dal canto suo aveva iniziato l’autopsia, studiando i minimi particolari finché non trasse la stessa conclusione che il collega aveva dato poco prima. Sorrise, dopotutto se lo immaginava, ma anche se conosceva Holmes da molto tempo ormai, ed aveva condiviso con lui le più disparate avventure, ad ogni nuovo caso il detective era in grado di stupirlo come se fosse il primo, riportando così il dottore a pensare al loro fortuito e casuale incontro al gabinetto delle analisi chimiche dell’ospedale e in seguito al loro primo caso, quello dello Studio in Rosso, il cui merito fu attribuito alla polizia di Scotland Yard e agli ispettori Lestrade e Gregson, ma raccolto e redatto dallo stesso dottore, convinto che le capacità dell’amico dovevano essere conosciute e gratificate.
- Holmes!- chiamò ed il detective si fece subito attento.
- Buone nuove Watson?- chiese con un sorrisetto, tipico di colui che attende la conferma alle sue ragioni.
- Mister Davies è stato avvelenato - annunciò il medico.
- Davvero?- esclamò sarcastico il detective – molto avvincente, continui -.
Watson non fece caso al tono del collega, essendo ormai abituato al suo sottile sarcasmo, così continuò tranquillamente ad esporre quanto il cadavere gli aveva permesso di scoprire. – Il veleno in questione è uno dei più potenti in circolazione, è in grado di provocare un arresto cardiaco nel giro di pochi minuti -.
- Quindi può far passare il tutto come un semplice infarto, dico bene?- chiese interessato Holmes.
- Esattamente, ma se non l’avessero aiutato a lasciare questo mondo, l’avrebbe lasciato da solo pochi giorni dopo, aveva un tumore in stato molto avanzato ai polmoni -.
- Ottimo dottore - esclamò euforico Holmes, come se avesse trovato quel pezzo mancante in grado di unire ogni singolo tassello dei suoi dettagli – Mister Davies è la chiave di tutto Watson -.
- Calmi i bollori Holmes, la prego e mi illustri cosa ha scoperto -.
- Perché secondo lei, si uccide un falsario?- chiese.
- Perché non ha compiuto il proprio lavoro come si convenga? Per un ricatto?- provò ad ipotizzare il dottore, una volta che ci ebbe pensato su.
- Non proprio Watson, ha sviluppato dei poteri di deduzione strabilianti, mi congratulo con lei, ma il gioco in questione stavolta è molto più semplice, riguarda il suo campo dottore -.
- La malattia?!?- chiese accigliato il medico.
- Esattamente, anche il peggiore tra i criminali gradirebbe lasciare questo mondo in pace con gli altri, ma soprattutto in pace con sé stesso, quindi ha avuto bisogno di confessarsi rivelando al proprio medico di fiducia di essere l’artefice del falso che ospitava la Tate Britain -.
- Ma perché lo ha fatto proprio con il medico?- chiese Watson, cercando di seguire i ragionamenti del collega.
- Ottima domanda, guardi qui - tirò fuori dalla tasca il bottone che aveva sottratto al museo.
- Un bottone?!?-.
- Una prova, guardi più attentamente, che simbolo vi è disegnato in mezzo?-.
Watson scrutò il piccolo oggetto con molta attenzione – è una sorta di p greco - osservò poi.
- Di preciso un’incudine caro dottore e questo a cosa la porta a pensare?-. Il dottore lo guardò quasi interdetto – Proprio non saprei, mi illumini la prego - chiese curioso. Holmes sorrise – Mister Davies non si è confessato con un curato perché le leggi delle logge massoniche vanno contro a quelle della chiesa e a tutto ciò che riguarda il clero e la religione, quindi ha voluto fidarsi del proprio medico, ignaro del fatto che l’avrebbe tradito -.
- E il bottone dove lo ha sgraffignato, Holmes?- chiese nuovamente il dottore.
- Oh! Al ladro in questione! Il custode dell’ala ovest del museo, me lo ha servito su un piatto d’argento -.
Watson ascoltava attentamente il collega – Vuol dire che il medico è sia autore dell’omicidio di Davies che proprietario del dipinto?-.
- Proprietario del vero dipinto per l’esattezza - specificò – quello che risiedeva alla Tate era stato prestato da Sir McKeaton e le domande sorgono spontanee mio caro Watson:  perché è stato realizzato il falso? Chi ha ucciso il più noto falsario di Inghilterra? Il medico o il nobile d’alto rango? I due hanno agito insieme?E, soprattutto, il furto è davvero avvenuto per caso, o è da considerare un semplice furto, così come ritiene Scotland Yard? Meditiamo dottore, meditiamo!-.
Watson guardò il proprio coinquilino con stupore e attenzione, il suo collega ad un giorno di distanza dai fatti avvenuti era alle soglie della risoluzione del caso, mancavano ben pochi tasselli e il gioco sarebbe stato completato un’altra volta. Ora capiva perché era sempre in grado di stupirlo: Sherlock Holmes faceva del suo lavoro la propria ragione di vita, ogni minimo dettaglio, anche il più insignificante, poteva portare alla conclusione di un caso importante e all’incriminazione del più mediocre tra i sospettati. A lui non interessava incarcerare i colpevoli, bensì dargli un volto, conoscere i fatti e, nei casi minori, quelli riguardanti piccoli furti o liti famigliari, lasciava perfino andare liberi i cosiddetti colpevoli con una stretta di mano una volta risolto il misfatto, come nell’avventura del Carbonchio Azzurro. “Fatti, fatti, fatti, non posso costruire mattoni senza l’argilla” era solito dire perché il pregio di essere consulente investigativo, così definivala sua professione, era quello di scegliersi da solo i propri clienti, non contava il denaro, quanto un cliente fosse ricco o meno, quello che contava era come si presentava il misfatto e più era ricco di dettagli insoliti e misteriosi, più il noto detective di Baker Street era motivato.
- Mi tolga una curiosità Holmes, come ha capito che il quadro rubato era un falso?-.
- Mister Dawson, il custode del museo non è proprio un grande intenditore di arte - commentò – né un ottimo ladro, si è rivelato con le sue stesse mani quando ha fatto un monologo sui fiori presenti nel quadro, gli domandai se erano quelli tenuti in mano da Ofelia e lui, come un allocco, ha risposto di si. Qualsiasi intenditore d’arte sa per certo che i fiori accompagnano la donna galleggiando attorno a lei e sono situati non solo tra le sue mani ma anche sul suo grembo e sul resto del vestito-.
- Da questo punto di vista mi ha davvero stupito, Holmes – sorrise Watson. Mai avrebbe detto che il suo collega si interessasse all’arte!
- L’arte preraffaellita è un’arte che esce dagli schemi e dai canoni bigotti che quest’epoca sta mostrando, caro dottore, ora senza offesa, ma i valori di rispettabilità, onestà e quant’altro dir si voglia della borghesia vittoriana sono oramai superati, le due facce dell’Inghilterra sono oramai ben separate, crimini, desolazione, sfruttamento sono come ben sa all’ordine del giorno, non tutto è come si vede nei dipinti classici vittoriani, dove si notano le famiglie borghesi sorridenti e felici, bisogna uscire dagli schemi e i preraffaelliti ci sono riusciti, spianando la strada a quello che ora è considerato l’estetismo -. 
  
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