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Autore: apefrizzola_    25/05/2011    3 recensioni
Analisi di una famiglia,caratterizzata da sentimenti di odio, gelosia e invidia, ma anche da grandi affeti. La storia di due cugini legati da un "amore" fraterno, che saranno costretti a dover risolvere un mistero durante una vacanza pasquale del tutto insolita:)
Genere: Comico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cascina delle Langhe, 28 Aprile

Alessia aveva finito di preparare le valigie ed ora era distesa sul divano del suo salotto a guardare il soffitto. Dalla camera dei suoi  genitori  la mamma le disse ad alta voce per farsi sentire: “Ale per favore spegni il gas…e dai una mano a papà a portare le valigie in macchina!”. “Già fatto mamma, tranquilla”, rispose la ragazza. Era abituata a sentirsi dire le stesse cose da una vita ormai. Tutte le volte che dovevano partire per andare in vacanza era sempre la solita storia. “Devo imparare a svegliarmi alle nove. Non ci fossero questi maledetti grilli! Almeno ora avrei qualcosa da fare, non restare qui a “vegetare”. Incomincerò a cercare le chiavi della macchina dai…visto che, come ogni anno, spariranno misteriosamente e la mamma mi chiederà tra poco di prenderle”.  Il problema di trovare quel maledetto mazzo di chiavi era un’ossessione ricorrente in casa sua. Alessia non era per niente ordinata, ma almeno nel suo disordine si orientava e, alla fine, trovava sempre tutto. Ma quando era sua mamma a mettere a posto, allora era una vera sfida. Un braccialetto appoggiato sul comodino poteva essere riposto in un portagioie creato apposta, di cui nessuno conoscesse l’esistenza. Come Alessia aveva previsto, Veronica dopo poco le chiese di cercare le chiavi e la ragazza, con più costanza di un’indagine di Sherlock Holmes o Poirot, si mise sulle loro tracce e finì per trovarle in una scatolina minuscola, collocata sul tavolino vicino all’ingresso. “Ecco perché compra questi contenitori inutili”, pensò. Le afferrò con fare orgoglioso e trionfante, prese le ultime valigie, aspettò la mamma e salirono in macchina.

Milano, appartamento sul Naviglio grande, 28 aprile

Giacomo stava aspettando i suoi genitori, Ale, Veronica e Luca. Si erano dati appuntamento a casa sua. Avevano deciso di andare a Menaggio con due macchine. I genitori di Alessia e i suoi avrebbero utilizzato un’automobile, mentre  Ale sarebbe andata con Momo sulla sua nuova Lamborghini, anche se il papà della ragazza non era d’accordo perché considerava Giacomo un ragazzo poco affidabile. Ogni mossa era stata calcolata dai due giovani con la massima cura e attenzione. Sapevano che si sarebbero annoiati o che ci sarebbero potuti essere scontri  familiari alla “Beautiful” e quindi avevano preparato un efficace piano di fuga: avere la macchina di Momo sarebbe stato molto utile. In più i nonni paterni di Alessia avevano un’ossessione maniacale per le marche, per le alte cariche…e la ragazza aveva detto scherzando al cugino: “Forse è meglio che vieni con il gioiellino(così avevano soprannominato la macchina), potresti evitare l’avvelenamento!”.

Dlin Dlon

Il campanello di Giacomo suonò una volta. I suoi genitori erano arrivati. Li fece accomodare, salutò con un bacio sulla guancia la madre e con un affettuoso abbraccio il padre, prese il cellulare e inviò un messaggio: “Sperando che tu abbia trovato le chiavi;) dove sei?:)”. Dopo un attimo la risposta: “ Ricerca più facile del previsto;) mezz’oretta e arriviamoJ”.

Eurostar, 28 Aprile

Terza fermata. Lo strano personaggio scese con una velocità paragonabile a quella di un fuggiasco braccato dalla polizia. I muscoli di Giancarlo diventarono tesi per un ultimo, interminabile attimo, quando l’uomo gli passò accanto. Basta, era tutto finito. Ora poteva rilassarsi, anche se un senso di inquietudine gli rimaneva, piantato come un seme nello stomaco. Era rimasto muto per tutto il periodo del viaggio, soffermandosi a guardare quella bizzarra figura, che non si era mossa, era rimasta lì, con gli occhi persi nel vuoto. “E’ sicuramente un drogato”, aveva pensato Giancarlo e, temendo per la moglie e i bambini, aveva cercato più volte lo sguardo della donna, per infonderle un senso di protezione, e allo stesso tempo per perdersi in quegli occhi azzurro profondo, capaci di donargli un senso di tranquillità e sicurezza, che lo avevano fatto innamorare fin dalla prima volta che li aveva visti. Carolina cercava di rispondere alle occhiate del marito; lo vedeva pallido e agitato, non voleva che si preoccupasse, ma sapeva che era impossibile. Quando l’uomo scese dal treno sorrise al marito, come per dirgli: “Siamo salvi”, ma notò in lui che qualcosa non andava.

“Tesoro , ti senti bene?” .

“Sì, cara, stai tranquilla…solo…il suo sguardo…”.

“Il suo sguardo? Cosa vuoi dire?”.

“Quell’uomo…prima di scendere dal treno…mi ha guardato in modo strano…è stato un attimo, uno sguardo sfuggente…ma i suoi occhi erano gelidi….ho avuto paura”.

“Stai tranquillo adesso. Se n’è andato. E poi sono sicura che è stata un’allucinazione. Eri talmente preoccupato”, gli disse infine Carolina con una voce così gentile, che Giancarlo abbandonò ogni pensiero ngativo e si lasciò convincere. “Sì, hai ragione tu. E’ stata solo la mia immaginazione”. Si sistemò comodamente sul sedile e si godette il resto del viaggio.

Milano, appartamento sul Naviglio grande, 28 Aprile

Dlin Dlon, Dlin Dlon

Il campanello della casa di Momo suonò due volte. Era passato un quarto d’ora da quando la sua cuginetta gli aveva risposto. Possibile che fosse già arrivata? Guardò fuori dalla finestra e vide Alberto. Era un amico di famiglia,abitava a Milano, molto legato ad Edoardo, padre di Giacomo, ma ammirava moltissimo anche Momo, dal momento che aveva intrapreso la carriera di giurisprudenza, che suo figlio aveva rinnegato. Giacomo si voltò verso il padre: “C’è Alberto”, gli disse. Il padre lo guardò stupito, anche la madre accennò uno sguardo interrogativo. Il ragazzo, rivolto ai suoi genitori, espresse il pensiero, che affollava la mente di tutti in quel preciso istante: “Cosa può volere Alberto di così urgente da piombare qui?”. Ma Alberto un motivo l’aveva, ed era un buonissimo e validissimo motivo.

 

  
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