“Adesso
basta…”
Sbotto
improvvisamente, non
si può continuare così… e tutta la
cena che parla di me come se io non fossi lì
dicendo quanto è avvilente, deludente, vergognoso (e chi
più ne ha più ne
metta) avere un figlio come me… in realtà sono
sei anni che dice questo da
quando, per sua disdetta e mia grande soddisfazione, quel dannato
cappello mi
ha smistato nella casa di Grifondoro invece che nella sua amata
Serpeverde…
Sarà
per la mia
sfacciataggine, per la mia voglia di avere sempre l’ultima
parola, per la mia
straordinaria propensione a cacciarmi nei guai, per la mia innata
capacità di
non lasciarmi condizionare dagli altri o semplicemente per il mio
coraggio, o
almeno questo ritiene il cappello, sicuramente maggiore di quello di
mio
fratello Regolus che per tutta la cena ha tenuto la testa bassa
fissando il
piatto in religioso silenzio e alla mia improvvisa reazione
è sobbalzato
tremante e continua a fissarci terrorizzato mentre io e Walburga Black,
che
giuridicamente e ginecologicamente è mia madre, ingaggiamo
una delle nostre
solite guerre verbali.
Probabilmente
questa guerra è
ancora solo verbale soltanto perché sia lei sia io siamo
troppo lontano dalle
nostre bacchette, la mia si trova sopra le scale, nella mia camera da
letto e
la sua non so precisamente dove possa essere ma se non l’ha
ancora sfoderata
per colpirmi con una delle sue maledizioni-senza-perdono vuol dire che
non è a
portata di mano…
La
lite continua per molto
tempo, ci urliamo contro tutto quello che ci può venire in
mente, le cattiverie
e gli insulti
peggiori e ne mio padre ne
tanto meno Regulus hanno il coraggio di intromettersi, sanno bene
quanto una
lite del genere possa avere risultati disastrosi…
Se
solo io avessi a portata
di mano quella dannata bacchetta…
Le
volto se spalle, esco
dalla sala da pranzo, salgo a due a due le scale mentre lei mi urla
qualcosa
tipo “Bravo scappa, Sirius, non ti far vedere per molto tempo
se non vuoi
essere incenerito… hai fatto a voce grande e ora da bravo
bambino ti nascond…”,
sbatto a porta e afferro la mia bacchetta, non mi nascondo ti batto sul
tempo,
schifosa mangiamorte, madre degenere.
La
mia ira si placa mentre
per un secondo osservo la mia stanza, tutte quelle immagini immobili
sulla mia
parete, provocazioni contro di lei,tutto quello che di più
babbano ci possa
essere alberga la mia stanza.
Sollevo
la bacchetta e con un
incantesimo spedisco tutto nel mio baule per Hogwarts, non ho fatto
neanche in
tempo a svuotarlo del tutto, la camera è ora quasi del tutto
vuota, ci sono
solo i mobili, e le suppellettili di cui non mi faccio niente.
Prendo
in mano la scopa e
prima di scendere le scale afferro un pennarello rosso, quelle penne
babbane
molto grandi che hanno l’inchiostro già pronto, e
scrivo con tutta la rabbia
che ho in corpo sulla parete di fronte alla porta: Meglio
babbano che Black…
come
minimo quando leggerà questa frase le scoppierà
un’arteria.
Spalanco
la porta trascinando
con me il baule dopo aver riposto la mia bacchetta nella tasca
posteriore dei
jeans e aver afferrato la scopa con l’atra mano, di fronte a
me trovo un Regulus
del tutto terrorizzato e impietrito, mi guarda, respira a fondo e poi
chiede
“Dove vai, Sirio?” mi domando se non sia abbastanza
ovvio che mi stia levando
dai piedi ma conoscendo mio fratello non ne sono certo “So
che per te è
difficile capire anche l’evidenza, me ne
vado…” parlo come se stessi spiegando
qualcosa a un Troll con estenuante lentezza e acidità.
“Ma…
dove…? Ti prego, non
essere stupido… rimetti tutto a posto” mi chiede
supplichevole, mi sembra
strano che Regulus stia provando a fermarmi, che abbia tirato fuori un
po’ di
coraggio e stia provando a mettere bocca in dinamiche dalle quali
è sempre
fuggito…
Lo
guardo per un istante
negli occhi e mi sembra di vedermi allo specchio, o meglio di osservare
quello
che sarei diventato se non fossi stato così testardamente
indipendente, sto per
rispondergli ma vedo che il suo sguardo si fissa sulla parete dietro di
me e
poi rabbuiato si abbassa e mi volta le spalle dicendo “se
questa è la tua
scelta, non potrai più tornare in dietro, ti
cancellerà dall’arazzo, ne sei
sicuro?”.
Il
mio primo pensiero è: e
chi se ne frega dell’arazzo, ma poi riflettendoci rimango
spiazzato dalla
maturità che ha improvvisamente dimostrato il mio
fratellino… “Addio, Regulus
Black, spero, inutilmente, di non vederti tra le schiere dei
mangiamorte”.
Lui
si volta con uno sguardo
gelido “Addio fratellone, spero di vederti tra le schiere
degli Auror” questa
sua risposta mi spiazza, è un augurio o qualcosa di molto
vicino, non so che
rispondergli e gli volo le spalle, gelido scendendo le scale.
Arrivato
al piano terra, mia
madre mi si piazza davanti completamente tremante d’ira.
“Che
cosa stai facendo? Cosa
significa?” il suo sguardo è fisso sul baule, non
mi guarda mai in faccia.
“Non
è abbastanza ovvio…
possibile che in questa famiglia siate tutti così lenti a
capire le cose?”, lei
trema ancora di più, è fuori di se dalla rabbia.
“Vedi
quell’arazzo cui tieni
tanto?-la incalzo- puoi anche cancellarmi da lì... come ho
già ampiamente
spiegato a Regulus, preferisco essere rinnegato e vivere da mendicante
che
essere un viscido, schifosamente ricco Black come
te…”.
Lei
tace, come pietrificata,
continua a non guardarmi negli occhi poi come riscossa da
un’ipnosi, sibila
“Non… Osare…” mentre io mi
sto già avviando verso la porta, pronto ad uscire e
voltare le spalle a sedici anni de mio passato.
Non
la ascolto, non m'
importa più nulla né di lei né della
‘nobilissima casata dei Black’…
Spicco
il volo e sono invaso
da una libertà che per ora sa solo di novità, ma
dopo poche ore inizia ad
essere impregnata da un senso di solitudine, abbandono e
nostalgia…
Tutti
hanno bisogno di una
famiglia… sorvolo Londra illuminata solo dalla luna piena e
mentre la guardo
capisco il perché della mia impulsiva azione, viro
leggermente verso est,
direzione Godric
Hollow,
alla ricerca dei malandrini per correre in aiuto di Lunastorta nella
notte del
suo piccolo problemino peloso…
Atterro
rocambolescamente nel
giardino di James e pochi istanti dopo lo vedo correre fuori dalla
porta .
“Pad…” urla a metà tra il
preoccupato e il felice di vedermi atterrare con
tanto di bagagli a casa sua.
Sconcertato,
mi chiede cosa
sia successo ed io senza raccontargli nulla dico semplicemente
“ Prongs, c’è la
luna piena, abbiamo un piccolo problemino peloso di nome Moony da
aiutare…” lui
sbatte sconvolto le palpebre, poi sorride e mi abbraccia, sa che quella
di
Remus è una scusa, i malandrini sanno bene che
d’estate lui è al sicuro a casa
sua dove i suoi sono ben attrezzati per aiutare un giovane licantropo a
superare le notti peggiori.
“Non
stanotte, è il momento
di starsene in casa per una “serata Potter” a
studiare gli schieramenti delle
prossime partite del campionato di Quiddich e giocare a scacchi, ti
unisci a
noi?”…
“Quiddich
e scacchi, m’inviti
a nozze…” scoppiamo entrambi a ridere e i suoi non
si sconvolgono assolutamente
né per le nostre risate senza senso e nemmeno per il mio
invadente stabilirmi
lì per due estati di fila…
Questo
si chiama famiglia...
questo è quello di cui tutti hanno bisogno…