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Autore: FedeHermy    25/05/2011    0 recensioni
Due amici che si scoprono più che amici e i piccoli passi che trasformano la loro relazione.
“Senti, chiamala stupidità maschile se vuoi. O sono stupido io.” Questo mi fece drizzare le orecchie, non capitava spesso che ammettesse la propria stupidità “Però, davvero, mi sono detto che sarebbe stato tutto molto più semplice se fossi stata la mia ragazza. Sarei venuto a letto con te, non con quell’altra. E sarebbe stato molto meglio”
Lasciatemi una recensione: aiutatemi a capire cosa c'è di buono e cosa di cattivo in questa piccola storia, se vale la pena pubblicare il resto.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parte 4:Tre parole.
 

 
Avevamo litigato. Di nuovo. Ultimamente non facevamo altro. Potevo ammettere a me stessa che probabilmente era colpa mia. Ero più nervosa del solito, in quel periodo, e non sapevo bene il perché.
Ok, forse lo sapevo.
Nelle ultime settimane era sempre distratto. Spesso avevo l’impressione che neanche mi ascoltasse, quando gli parlavo. Non era da me sopportare una situazione simile, per tanto tempo, senza tentare la strada del dialogo. Ma oggi ero determinata. Per quanto io fossi spaventata di non riuscire a risolvere i nostri problemi con la naturalezza con cui riuscivamo da semplici amici, tenevo troppo a noi. Oggi sarebbe stata la volta buona.
Oggi.
Beh, sì, se non mi avesse appena dato buca.

Me ne stavo sdraiata sul letto a guardare il soffitto quando il campanello suonò, inaspettatamente. Quando risposi al citofono e capii che si trattava di lui, non avrei potuto essere più confusa. Una volta vista l’espressione che portava in volto, cominciai anche ad entrare nel panico. Con una strana determinazione negli occhi, mi trascinò in camera mia e mi fece sedere accanto a lui sul letto. Non spiccicò parola finché io stessa, innervosita dal silenzio prolungato, gli chiesi se andasse tutto bene.
“Sì”, disse semplicemente.
“Sei strano oggi, in realtà lo sei stato per le ultime settimane. Sai che sono sempre tua amica, vero? Qualunque cosa ci sia, se hai bisogno di parlare io sono qui. Anzi, mi fa proprio piacere. Lo sai che ci tengo a queste cose.”
Sospirai e aggiunsi, un po’ più cauta: “Se poi è un problema tra noi, devo proprio insistere. Devi dirmelo. Per favore.”
Mi rivolse uno sguardo più profondo di qualunque altro gli avessi visto in tutti quegli anni. Per un attimo sembrò studiare il mio viso, alla ricerca di non so bene cosa. Improvvisamente, mi rivolse il sorriso più dolce che si possa immaginare. Risposi automaticamente, ma non feci quasi in tempo a finire di stendere le labbra.
Mi baciò di botto.
Ormai avevo imparato a conoscere lui, i suoi baci, il suo sapore. Ma stavolta non scherzo, quando dico che, per tutta la durata di quel bacio, l’unica cosa di cui ero conscia era lui, le sue labbra, il suo braccio intorno alla mia vita e la sua mano sulla mia guancia. Quando ci staccammo, feci appena in tempo a sussurrare un confuso: “Cosa..?”
“Ti amo”
Penso di aver fatto una faccia talmente stupita da spaventarlo, per un attimo.
Il secondo dopo, però, aveva già premuto, leggere, le sue labbra sulle mie. Lo ripeté a voce più alta e con una semplicità disarmante. Il suo tono era quello che ci si aspetta per un’affermazione di fatto, come: “Guarda… piove”; un tono da: “Hai finito lo zucchero. Ti toccherà ricomprarlo”. Pura logica. Solo che non stavamo parlando di tempo… né di zucchero.
Credo di averlo guardato smarrita, ma lui rispose alla mia confusione con un’aria pacificata che raramente gli avevo letto in viso.
“Ora dormiamo un po’, vuoi? E’ stata una giornata pesantissima, per me, e anche tu hai certe occhiaie!”.
Mi sorrise, tranquillo, e si sdraiò portandomi giù con sé.
Mentre posavo la mia testa sul suo petto, non sapevo bene che dire, o fare, ma lui prese ad accarezzarmi la schiena con fare rassicurante e automaticamente cominciai a rilassarmi. Non ricordo come, mi addormentai tranquilla.

Mi svegliai un’oretta dopo e, per qualche minuto, mi accontentai di guardarlo dormire.
Gli accarezzai la guancia, mentre tutto ciò che provavo per lui mi sommergeva d’un colpo. Tutto l’affetto costruito negli anni di amicizia, la fiducia, la complicità, come amici e poi come coppia, la tenerezza, il desiderio, tutto il turbinio di emozioni che potrei descrivere unicamente come una forza indefinita che mi attraeva verso di lui in mille diversi modi.
Aprì un occhio, poi l’altro, e si stiracchiò sorridendomi felice: mi sentii, per un attimo, quasi soffocare dalle mie stesse emozioni.
Si sporse a depositarmi un bacio di buon risveglio e, mentre non riuscivo a fare a meno di approfondire quel contatto, mi resi conto che tutto ciò che sentivo, in quel momento, era un peso al petto stranamente piacevole, che mi rendeva felice come non mai.
Interruppi bruscamente il bacio e per la prima volta, quella sera, vidi un lampo di vera preoccupazione attraversare i suoi occhi. Ma fu solo un attimo, prima che assumesse un’ espressione lievemente interrogativa, la mano destra che andava a massaggiarmi un fianco.
Gli sorrisi.
Uno di quei sorrisi che, mi ero resa conto, solo poche persone a cui volevo veramente bene avevano mai visto. Era un sorriso puramente estatico, mentre scoppiavo in una risata felice e prendevo a depositargli piccoli baci per tutto il viso.
Preso in contropiede, rimase un attimo inebetito da tanto slancio. Ma presto sentii le sue braccia circondarmi e stringermi, forte. Quando mi fui calmata mi sistemai meglio su di lui e gli sussurrai, a pochi centimetri dal viso:
“Ti amo anch’io”.

Parte 5:Conoscersi
 
Stavamo imparando a conoscerci. Certo, ci conoscevamo già come amici. Ma ora che eravamo una coppia c’erano tante altre cose che dovevamo sapere l’una dell’altro. Io avevo imparato parecchio, ad esempio.
Non era vero che non gli piaceva il modo in cui ballavo: in realtà si vergognava dell’effetto che gli faceva.
Era, invece, anche troppo vero che la mia mania di riordinare tutto, prima di ogni sua visita, lo innervosiva. Credo lo facesse sentire a disagio, conscio del suo essere un disordinato cronico.
Tante nuove,vecchie, piccole cose. Altre un po’ meno piccole.

Si era sempre descritto come un ragazzo lontano da ogni tipo di gelosia. Ultimamente avevo scoperto che, in realtà, capitava anche a lui di ingelosirsi, di tanto in tanto. Naturalmente non l’aveva mai ammesso, ma i fatti parlavano da soli. A dirla tutta, una volta l’avevo provocato apposta. So che non avrei dovuto ma, seppure la sua gelosia non fosse mai niente di esagerato, mi faceva piacere sentirmi desiderata. Forse non rispettavo i più moderni concetti femministi, ma non mi dispiaceva sentirmi sua.
D’altra parte, ero convinta non sarebbe mai stato geloso della mia amicizia con Giulio. Sapeva che era un vecchio amico d’infanzia a cui ero affezionata e non aveva mai manifestato alcun fastidio per la nostra relazione. Non avevo mai riflettuto, però, che non ci aveva mai visto insieme.
Un giorno, ci trovammo ad uscire con un gruppo di amici; era da tanto che non avevo avuto modo di parlare con Giulio, per cui, in quella occasione, avevo trascurato un poco il mio ragazzo. Fatto sta che, quando mi aveva accompagnato a casa, quella notte, era salito ed entrato nella mia camera con aria cupa.
“Oggi eri particolarmente contenta di vedere Giulio, mi sembra”
“Oh sì!” avevo ingenuamente risposto. “Mi erano mancate le nostre conversazioni e il nostro modo di punzecchiarci.”
“Vedo… Sei tutta felice. Anzi, ho visto che a un certo punto gli sei letteralmente saltata addosso per la felicità”
Corrugai la fronte. Ero sempre stata affettuosa col mio amico, prima di tutto perché ero fatta così; in secondo luogo, perché sapevo che tra noi non ci sarebbe mai stato nessun rischio di fraintendimenti. Anche se il mio geloso di un ragazzo non lo sapeva, mi sentivo particolarmente libera perché Giulio era dichiaratamente gay. Per lo meno con i suoi amici più vicini.
Ricordai, improvvisamente, di averlo salutato di slancio con un abbraccio e un bacio sulla guancia. Per poi finire col chiacchierare con lui, dopo cena, appesa al suo braccio, mentre percorrevamo le vie della città. Niente di che in realtà, ma effettivamente siamo molto affiatati e tutti lo vedono a prima vista.
“Sì, abbiamo un rapporto tutto sommato affettuoso. Anche se lui è più il tipo che i gesti d’affetto li subisce, più che altro. Mi spiace averti trascurato un po’, stasera. Ma anche tu non rimanevi mai a parlare con noi! Mi sarebbe piaciuto vi conosceste più a fondo”
“Beh,” sbottò “parlate fitto, fitto e quasi in codice: non c’è granché spazio per una terza persona nei vostri discorsi”
Percepii la tensione nella stanza e fui tentata di rispondere a tono. Prima di riuscire ad aprir bocca, però, notai la sua espressione.
Non era arrabbiato, non sul serio. Forse un po’ abbattuto. Come un bambino a cui abbiano mangiato, sotto gli occhi, una buona metà della propria torta preferita. La mia replica nervosa si dissolse, prima ancora di raggiungere le labbra, e mi ritrovai a guardarlo col mio solito (e un po’ da pesce lesso, lo ammetto) sguardo innamorato. Il potere che ognuno di noi aveva sull’altro era grande.
Pensarci era spaventoso e magnifico insieme.
Mi avvicinai a lui e lo portai a sedere sulla poltrona. Sul suo viso aleggiava un broncio appena accennato e capii di averci visto giusto quando si irrigidì mentre gli sedetti in braccio. Cercai di scioglierlo con uno sguardo dolce e sfruttai un’altra mia recente scoperta.
Mi ero resa conto qual era il miglior modo per fargli passare qualsiasi arrabbiatura. Qualche minuto di dolcezza e tutto il suo cattivo umore si scioglieva, come neve al sole.
Appoggiai la mia testa sulla sua spalla e sussurrai: “Sai, mi sarebbe piaciuto che lui potesse capire meglio cosa vedo in te. Gli racconto tante cose, su di noi, e a volte temo possa pensare che i miei sono solo discorsi da stupida ragazza innamorata. Sono orgogliosa di te e ho voglia di mostrarti al mondo, figuriamoci alle persone a cui voglio bene”
Allacciò le braccia intorno alla mia vita e borbottò:
“Non sei stupida”
Mi scostai il tanto per guardarlo negli occhi e dirgli divertita:
“Soprattutto quando tesso le tue lodi, giusto?”. Accennò un sorriso.
“Beh, con un ragazzo perfetto come me, chi ti può biasimare?”
Ci guardammo un po’ così, in silenzio, beandoci semplicemente della nostra complicità. Poi non resistetti più e lo baciai. Nelle mie intenzioni doveva essere un bacio dolce, ma mi sfuggì un “Ti amo” sulle sue labbra.
Oh, questa era un’altra interessante scoperta: quando ammettevo i miei sentimenti in modo tanto esplicito, tendeva ad infiammarsi. Il bacio, infatti, divenne più esigente. Passò un braccio sotto le mie gambe per sollevarmi e poi buttarmi sul letto senza troppe cerimonie.
Ci baciammo, ribaciammo e baciammo ancora. Non ho idea di quanto tempo passammo quella notte a scambiarci sorrisi e muti gesti d’affetto. Fu strano, se ci ripenso. Ricordo che non scambiammo una sola parola, noi che avevamo sempre voglia di parlare di ogni cosa. Forse fu per quello che il giorno dopo accadde quel che accadde.

Mi svegliai accanto a lui. Il mio amico. Il mio ragazzo. Il mio… Mio. Fui improvvisamente soprafatta dal senso di appartenenza che sentivo ci legava. Proprio in quel momento, si svegliò.
Mi sorrise.
Non so bene cosa mi prese, ma mi sedetti a cavalcioni su di lui e cominciai ad accarezzargli il viso, a tracciare ogni suo lineamento, la curva delle spalle, la linea delle clavicole, i muscoli appena pronunciati delle sue braccia. Non era un modello. Probabilmente molti lo avrebbero giudicato un po’ troppo mingherlino; il suo naso era troppo lungo, le labbra spesso screpolate, i capelli sempre in disordine… ma profumava di buono, di bucato; avrei potuto riconoscere ovunque il suo tocco delicato eppure così deciso e rassicurante, ricordavo a memoria la forma dei suoi occhi di quello straordinariamente ordinario verde, così speciale, per me, e il suo sorriso; il suo sorriso.
Il suo sorriso.
“Io… non credo che potrò mai essere più spaventata e felice di così. Mi fai provare tutte queste cose, tutte insieme, e il più delle volte non so dire neanche cos’è che provo esattamente! Ma non m’importa!” Ridacchiai, dolcemente. “Non m’importa proprio per niente. Perché lo sai quanto sono orgogliosa, e quanto sia difficile per me confessarlo, ma io ho bisogno di te. Non pensare mai, neanche per sbaglio di lasciarmi, ok? Perché ti potrei uccidere! Nessuno può passare da questo genere di complicità alla solita vita da ragazza single, indipendente, che si prende cura di sé senza bisogno dell’aiuto di nessuno. Non farti strane idee, sono ancora capace di cavarmela da sola. Ma il fatto è che voglio sentirti sempre accanto, anche quando non ho veramente bisogno del tuo aiuto. Voglio solo sentire te, ok? Sei tu che voglio. Non…”
Ok, forse dovevo stare più attenta ai discorsi rivelatori come quello.
Non l’avevo mai sentito più entusiasta, più appassionato e dolce insieme. E, a dirla tutta… era anche parecchio eccitato.
In quel momento, sentendolo in quel modo, rendendomi conto che lui non mi avrebbe mai forzato, sebbene fosse piuttosto ovvio che moriva dalla voglia di fare davvero l’amore con me, realizzai quel che avevo appena detto. Di quanto fosse vero e al significato che mi diventava sempre più chiaro. Ero innamorata, ma sul serio. Lo amavo, avevo bisogno di lui. Volevo sentirlo sempre più vicino. Volevo stare con lui. Mi morsi leggermente il labbro inferiore.
Ommioddio!
Lo volevo sentire dentro di me.
Cosa cavolo stavo aspettando? Non mi sarei mai pentita. Fare l’amore con lui sarebbe stato più che giusto. Sarebbe stato spontaneo e vero, come tutto tra noi. Non volevo altro.
Beh, poi effettivamente ebbi anche altro, ma certo non mi lamentai.
Era bravo lui, o ero io troppo cotta? 




Credo che questa storia sia completa, probabilmente ci sarebbe molto altro da dire, ma l'ultima frase mi suggerisce che era qui che dovevano arrivare. Penso che, a questo punto, entrambi i personaggi siano consapevoli di ciò che provano e di come il loro rapporto sia cambiato. Forse potrei scrivere un continuo, una one-shot o qualcosa del genere. Non so, se c'è qualcuno là fuori che ha un'opinione a riguardo, mi faccia sapere.
Spero si sia capito perchè uno dei generi di questa storia è lo slice of life. Non voglio descrivervi questi due ragazzi, non voglio sapere qual è il loro nome, dove vivono, cosa fanno al di fuori di questi piccoli momenti. L'amore io lo vedo così. Esiste un piccolo mondo in cui tutto ciò che importa sono solo le sensazioni che l'altro ci fa provare. Sicuramente prima o poi dovremo fare i conti con la realtà, ma penso ci siano sempre quei momenti in cui tutto ciò che conta è il momento e il luogo presente, la persona a cui si vuol bene, tutto qui. Spero di aver fatto sorridere qualcuno, è stato liberatorio scrivere questo piccolo spaccato di vita, mi auguro di aver portato qualche emozione anche ad almeno uno di voi. 
  
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