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Autore: crazydoc    22/02/2006    6 recensioni
Dammi una ragione....Una sola ragione per cui vivere e sanguinare e soffrire ancora! Dammi una sola fottuta ragione per continuare questa mia inutile esistenza. Me ne basta una. Una ragione, dici? Non esiste una ragione vera e propria per voler continuare a vivere. Sopravvive solo chi è animato da una forte volontà di farlo. Tutto qui. Ma se vuoi ti dico perché continuo io. Ebbene, se proprio vuoi saperlo,infine ho trovato una ragione per me, e la mia ragione sei solo tu.....
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Sha Gojio, Son Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MY REASON

MY REASON

by crazy

 

Per tutti quelli nati sotto una stella arrabbiata

Per paura che ci dimentichiamo quanto siamo fragili

La pioggia continuerà a cadere su di noi

Come lacrime da una stella

La pioggia continuerà a dirci

Quanto siamo fragili……         ( by Sting )

 

  1. Fragile

 

Il tempo cambiò durante il pomeriggio. Verso il tramonto, una pioggerellina primaverile bagnò la terra, tingendo di colori lattiginosi e umidi il paesaggio circostante.

Da dietro una finestra lurida e consunta dalle intemperie un ragazzo biondo osservava la fitta nebbia velare di un grigiore spettrale le prime ombre della sera. Contrariamente alle sue abitudini, sentì improvvisa la necessità di uscire fuori per respirare un po’ d’aria fresca. Il terreno bagnato era freddo sotto i suoi calzari, la sua pelle diafana ed i fini capelli dorati si ricoprirono immediatamente di minuscole goccioline argentate, il freddo gli increspò l’epidermide in mille brividi simili al formicolare fastidioso di un millepiedi, tuttavia il senso di soffocamento che lo opprimeva parve attenuarsi, anche se la stretta che sentiva al petto era più forte che mai. Odiava la pioggia. Detestava quei momenti di cupa, riflessiva, desolazione che gli rammentavano cose del passato che avrebbe preferito non ricordare. Anche se, in realtà, al momento ciò che lo schiacciava di più era il presente.

Osservò cupamente il casolare da cui si era allontanato.

Avevano abbandonato il luogo della tragedia, sentendo la necessità di mettere più spazio possibile tra loro ed il macabro massacro visionato. Poi, quasi di riflesso allo stato d’animo comune, aveva iniziato a piovere. Di tornare in città neanche a parlarne. Non potevano correre il rischio di mettere in pericolo altra gente. Per cui avevano scovato una costruzione abbandonata fra i campi, e vi si erano insidiati. Certo, a giudicare dalle pessime condizioni, sia interne che esterne, doveva essere disabitata da molti anni, ma era pur sempre un tetto sopra la testa per cui, anche se come sistemazione faceva schifo, non vi era troppo da lamentarsi. No. Ciò che lo soffocava e lo rendeva inquieto là dentro non era il sudiciume o lo stato di evidente disfacimento, ma quella specie di involucro vuoto che si erano trascinati dietro e che adesso giaceva su un vecchio materasso consunto, inerte, gli occhi spalancati nel vuoto, completamente estraniato dalla realtà.

Frugò meccanicamente nel chimono alla ricerca del pacchetto di sigarette, ne trattenne una tra le labbra, ma quando cercò di accenderla, scoprì che la pietrina dell’accendino, a causa dell’umidità, non faceva alcuna scintilla. Con un imprecazione, davvero poco consona all’abito che indossava, Sanzo afferrò il rotolo di tabacco e lo sbriciolò rabbiosamente tra le dita.

Maledizione! Odiava sentirsi a quel modo. Impotente. Frustrato. Manovrato.

Pedine nelle mani di qualcuno che stava divertendosi a giocare con le loro vite ed emozioni.

Ecco cosa erano diventati. Già, era come in quel gioco occidentale chiamato scacchi.

Qualcuno aveva steso un enorme scacchiera a quadrati bianchi e neri su tutto il Togenkyo e loro quattro erano diventati degli insulsi pezzi da muovere a suo piacimento. Coinvolti ed invischiati in un gioco, sadico e crudele, atto allo sterminio dello spirito più che del corpo stesso.

Un oscuro re nero aveva fatto la sua subdola mossa, mettendo sotto scacco la sua regina bianca.

Ed ora tutto lasciava supporre che per assicurarsi la vittoria, come contromossa, lui avrebbe dovuto sacrificare quel particolare pezzo, ormai praticamente perduto. Ma lui non lo aveva fatto.

Non voleva farlo. Non finché vi fosse stata la benché minima speranza di riappropriarsene. Aveva messo in stallo il gioco. Aveva bisogno di riflettere. Troppe cose non gli tornavano in quella vicenda. Il buio e la luce si avvicendavano con velocità impressionante, nascondendo nell’ombra indizi importanti. Non capiva. Non riusciva a capire. C’era solo quella sensazione viscerale di una presenza celata nell’oscurità che rideva di loro, osservandoli dall’alto della sua follia con un inquietante sorriso sulle labbra sottili. Non lo sopportava. Ma non poteva fare altro che temporeggiare. Nell’attesa che quel pazzo si stancasse e facesse quanto prima la sua prossima mossa. Non aveva in mano nient’altro. Non poteva fare nient’altro. Solo aspettare e stare a guardare.

- Maledizione!-

Gojyo sferrò un pugno violento contro la parete di legno ammuffito del tugurio che divideva con l’altro compagno di viaggio. A quel rumore sordo, Hakkai che se ne stava seduto su un vecchio materasso liso, sollevò il capo e gli rivolse uno sguardo preoccupato, senza mutare in alcun modo il suo atteggiamento calmo e controllato. Quel comportamento tranquillo fece venire voglia al ragazzo dai capelli rossi di afferrarlo per la collottola e scrollarlo con violenza. Sentiva dentro di sé una tale rabbia compressa da essere sul punto di esplodere da un momento all’altro.

- Maledizione! Ma come fai?- Gli urlò contro, sentendo i nervi cedere. – Come fai a startene lì come se nulla fosse? E’da due giorni che quella stupida scimmia non dorme, non mangia, non si muove. Se ne sta gettato, immobile, in un letto come un guscio vuoto in attesa che la vita abbandoni il suo corpo. Non ascolta nessuno, non parla con nessuno. Si sta praticamente suicidando. Ed io questo non lo sopporto! Non lo accetterò mai!-

- Cerca di mantenere la calma, Gojyo. – Cercò di blandirlo l’amico in tono pacato. – Lo shock è stato notevole. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo. Il resto tocca a lui. E’ una sua scelta. Noi non abbiamo il potere di fare altro.-

- Noi forse no!- Sbraitò il rosso, stringendo spasmodico i pugni. – Non abbiamo abbastanza influenza su di lui. L’unico che ce l’ha, è un egocentrico bastardo che se ne sta a fumare beato e tranquillo nella sua stanza. Fregandosene altamente di quello che potrebbe accadere al ragazzo. Se lo crede davvero colpevole, tanto vale che lo ammazzi con un colpo in fronte definitivo e pietoso, piuttosto che starlo a guardare distruggersi con indifferenza.-

Hakkai a quella tirata rabbiosa emise un sospiro esasperato. La tensione di quella lunga attesa lo stava snervando, anche lui doveva fare uno sforzo notevole per mantenere la padronanza di sé.

- Sanzo non lo crede colpevole. Sono sicuro che dietro a questo suo comportamento ci sia un intento ben preciso. Dobbiamo solo aver pazienza .- Affermò ragionevolmente fiducioso.

Ma quello non era proprio il giorno adatto per far ragionare Gojyo. Tanto più se, insieme alla preoccupazione per la scimmia, si toccava il tasto bonzo corrotto ed il rapporto privilegiato che questi sembrava avere con il suo migliore amico.

- Ma perché diavolo lo difendi sempre?- Esplose con pesante e rabbioso sarcasmo, l’ira che bucava lo stomaco come acido corrosivo. – Chi sei? Sua madre forse? Qualsiasi cosa faccia, quel bastardo, tu lo giustifichi sempre! Non è che hai un debole per lui, eh?-

La furia del ragazzo moro a quelle accuse urtò con violenza contro la diga del suo autocontrollo.

Non fu un mutamento eclatante o visibile, ma, per chi lo conosceva bene, era comunque tangibile da potersi toccare con mano. Era tutta racchiusa nel pericoloso bagliore dei suoi occhi di smeraldo, affilati come lame ed altrettanto taglienti.

- Sei cortesemente pregato di smetterla.- Mormorò con voce bassa e trattenuta. – Smettila di comportarti come un moccioso geloso del proprio fratello maggiore. Io non difendo sempre Sanzo, semplicemente, a differenza di te, cerco di calarmi nei suoi panni. Non lo giustifico, ma posso comprenderlo.-

Il mezzosangue fece un passo all’indietro, stordito da un colpo basso che non si sarebbe mai aspettato da lui ed un poco intimorito dalla sua rabbia reale. Era così dunque? Subendo l’influsso dei fantasmi del passato, si stava comportando alla stregua di un moccioso geloso?

- Davvero lo puoi capire?- Domandò, sentendo un po’della propria ira sfumare. – Allora spiegami. Perché io non ci riesco.-

Alla sua richiesta l’altro distolse lo sguardo e lo puntò sulle proprie mani intrecciate.

- Non è facile. E non credo affatto sia questo il nostro caso.- Asserì meditabondo. – Ma se un giorno Goku dovesse realmente perdere il controllo, tu credi di essere capace di fermarlo? Io personalmente ritengo di non esserne in grado. Non vorrei e non potrei farlo. Solo Sanzo potrebbe. Goku è stato una sua precisa responsabilità sin da quando lo ha liberato. E se pure non lo dimostra, a suo modo, credo gli voglia anche bene. Tuttavia, con quale stato d’animo puoi accostarti e relazionarti a qualcuno che non solo potrebbe morire da un giorno all’altro, ma che addirittura potresti essere costretto ad uccidere tu stesso? Quali atteggiamenti tenere? Sanzo, essendo Sanzo, reagisce a questo modo. Non si può condannarlo per essere se stesso. Anche noi facciamo altrettanto, comportandoci di conseguenza.-

Gojyo spalancò gli occhi, colpito. Era questo che stavano facendo dunque? Tutti loro, tranne Goku  che era solo una stupida scimmia incapace di fingere, interpretavano una parte precostituita? Si barricavano dietro la maschera difensiva delle loro paure più recondite? Ed una volta che la maschera si fosse infranta? Cosa sarebbe rimasto ? Solo tre mocciosi in lacrime impauriti dalla vita e dai propri sentimenti? No. Non l’accettava quel ruolo. Gli stava troppo stretto.

-  Dunque Sanzo fa la parte del leader cinico e bastardo. Tu, Hakkai, quella del bravo fratello maggiore, comprensivo, che tiene a distanza con cortese gentilezza. Ed io? Come si suppone che debba agire io? Urlando, protestando e facendo i capricci come il moccioso che mi hai accusato di essere? L’amico infantile, gaudente e superficiale? E’ questo il ruolo che mi sono cucito addosso? E’ questo che ti aspetti da me?-

L’interpellato scosse brevemente il capo, un ombra di incertezza a velargli lo sguardo.

– No, certo che no. Tuttavia sarebbe più semplice. Snervante, ma sicuramente più semplice.-

Un guizzo di ribellione baluginò nelle iridi color fiamma, mentre si avvicinava allo squallido giaciglio dove era seduto l’altro, per inginocchiarsi accanto a lui.

- Non mi piacciono le cose semplici.- Affermò, prendendogli il volto tra le mani. – Non mi sono mai piaciute.-

Hakkai lo osservò con un misto di sconcerto e diffidenza.

- Gojyo…. Lo sai cosa stai facendo?- Gli chiese alla fine, quasi stesse mettendo in dubbio la sua sanità mentale.

Quest’ultimo sorrise, lievemente ironico. – Lo so. So perfettamente cosa sto facendo. Sto mettendo la mia maschera ai tuoi piedi. Non mi serve più. Non ho più paura che tu veda il moccioso che non voleva piangere dietro di essa. Perché, anche se dovessi piangere, le lacrime possono sempre essere asciugate. Ma nascondersi e non rischiare per paura di versarne è molto peggio. Significa non vivere veramente, solo sopravvivere. E le cose fatte a metà non sono mai soddisfacenti. -

- Sei sconvolto. E’ comprensibile. Questa situazione ci sta facendo impazzire tutti quanti. Dopo una buona dormita, vedrai le cose sotto un’altra luce.-

Il ragazzo moro stava arrampicandosi sugli specchi della propria ragionevolezza, per non ascoltare ciò che il suo cuore aveva ben compreso. Non riteneva di sentirsi pronto a udire ciò che l’amico intendeva dirgli. Non era il momento né il luogo adatto per altre confessioni sconvolgenti, ma leggeva in quelle iridi scarlatte una decisione che faceva quasi paura.

- Domani non cambierà nulla.- Asserì infatti il mezzo-demone, convinto. – Se non il fatto di aver perso dell’altro tempo prezioso. Ed io ne ho già sprecato troppo a causa dei miei timori. Non voglio più farlo. Voglio vivere pienamente ogni istante che riuscirò a strappare alla mia esistenza. Non voglio negarmi nulla con te. Non per colpa delle mie stesse paure.-

Lo fissò intensamente, sondando quegli occhi di smeraldo tormentati e profondi come il mare, poi gli fece la domanda che da tempo bruciava sulle sue labbra.

- Hakkai… tu lo sai cosa provo per te?- 

Lo sguardo di questi si fece sfuggente.

- Non credo sia il momento adatto per parlare di questo.- Mormorò pacato.

- No. Non lo è. Non lo sarà mai, se noi non vogliamo che lo sia.- Convenne il rosso con voce insistente. - Allora, te lo ripeto, e ti prego di rispondere con sincerità. Lo sai cosa provo per te?-

L’interpellato rimase in silenzio a lungo, come a valutare l’insidia intrinseca di quella richiesta, cosciente di non sentirsi ancora pronto ad accettare le implicazioni che essa conteneva, ma di non poter neppure mentire.

- Una amicizia vera, forte, sincera che comprende complicità, rispetto, comprensione profonda ed anche qualcos’altro, qualcosa di più complicato e viscerale che non si può spiegare, ma che comunque esiste, è presente e ci unisce in un legame indistruttibile che valica i confini dello spazio e del tempo, al di là della vita e della morte……. Sì, lo so cosa provi per me.- Rispose infine, senza falsa ipocrisia. - Perché è la stessa cosa che io provo per te.-

- Bene.-

Gojyo annuì brevemente, come aspettandosi quel riscontro. Quindi con decisione avvicinò il volto al suo, sfiorandogli le labbra. Fu un bacio strano, nostalgico e familiare come il sapore di qualcosa di perduto e finalmente ritrovato, dolce ed intimo come un ritorno a casa, caldo e bello come qualcosa di irrinunciabile. Entrambi in quel bacio sentirono confluire e stringersi il loro legame, ma era una sensazione ancora in boccio, tenera come un germoglio, che poteva seccarsi e morire alla minima pressione o pioggerellina violenta.

- Tuttavia… io.. - Cominciò il ragazzo moro quando si staccarono.

- Non ti chiederò altro per stasera.- Gli assicurò il mezzo-sangue, passandogli le dita sulla guancia, delicatamente. - Non siamo ancora pronti. Nessuno dei due. Né emotivamente, né fisicamente. Non ancora. Ma confido che lo saremo. Non rifiutare quello che potrebbe essere solo perché hai paura. Non ti chiedo di dimenticare il passato. Fa parte di te. Ti ha reso ciò che sei, ma non rinunciare a vivere il tuo futuro con me.-

- Ah… Gojyo…..- Un sospiro intenso.

Poi ci fu solo silenzio fatto di sguardi, una pausa, una conversazione non detta, ma attentamente soppesata. Quindi Hakkai si ritrasse sul materasso, facendogli spazio. L’altro lo raggiunse, stringendolo a sé in un abbraccio che voleva essere protettivo e rassicurante al tempo stesso.

Quella sera, dopo le lunghe ore di veglia dei giorni precedenti, finalmente dormirono. Riposarono uno accanto all’altro, innocenti come due mocciosi. Le maschere infrante ai piedi del letto.

Piovve tutta la notte. La mattina si preannunciò umida e fresca. Aveva smesso di piovere e qualche tenue raggio di sole scendeva ad illuminare il fitto grigiore della nebbia che avvolgeva la campagna come una coperta di lana lattiginosa.

Erano ormai passati tre lunghi e lenti giorni di inedia in attesa degli eventi.

Il ragazzo dagli occhi verdi si recò nella stanza del bonzo per comunicargli la sua decisione.

- Sanzo.- Iniziò, deciso. – Ne abbiamo discusso io e Gojyo. Vorremmo tornare in quella casa a verificare alcune cose. La prima volta eravamo tutti sconvolti. Ora, a mente lucida, sono convinto che sapremmo cogliere gli indizi che ci sono sfuggiti.-

Questi schiacciò la cicca che teneva tra le labbra in un piattino sbrecciato, dove vi erano accumulate una montagnola di sue simili, quindi gli rivolse uno sguardo scrutatore.

- Consideri questa indagine tanto importante da dividere le nostre forze?- Domandò soltanto.

L’altro scosse brevemente il capo in segno di negazione.

- Probabilmente no . Ma ritengo sia giunto il momento per noi di agire. Forse in questo modo il nemico che si cela nell’ombra uscirà allo scoperto. E’ un rischio che dobbiamo correre.-

- Capisco.-

Il monaco sembrò riflettere un attimo sulla questione, poi annuì lentamente.

- Sono d’accordo. Agite come meglio credete.-

Il demone bruno fece un cenno come per accomiatarsi, ma una volta sull’uscio si volse, l’espressione seria ed intensa. 

- In prospettiva di un attacco, con me e Gojyo assenti e con Goku in quelle condizioni, sarai in condizioni di svantaggio. Vedi di fare qualcosa per risolvere questo inconveniente. Parlagli. Anche se preferiresti il contrario, tu sei comunque la persona più importante delle sua vita, non solo della sua eventuale morte.- Gli fece sapere, prima di richiudersi la porta alle spalle.

Rimasto solo, Sanzo si accese l’ennesima sigaretta, meditabondo. Quando udì il rumore del motore di Jeep allontanarsi, con uno sbuffo scocciato si alzò dalla sedia, spengendo la sigaretta consumata solo a metà. Con passo indolente si avviò nella stanza accanto alla sua. Lui era lì naturalmente. In quella camera piena di polvere e ragnatele che la luce impietosa del giorno rendeva più squallida che mai. Non si era mosso di un millimetro in quei tre giorni. Giaceva su quel materasso liso, girato sul fianco, gli occhi dorati spalancati e spenti, il volto totalmente inespressivo.

Vederlo ridotto alla stregua di una bambola, privato di quella sua meravigliosa, inesauribile, energia vitale, gli provocò una stretta al petto molto simile al dolore. Non tollerava di vederlo in quello stato. Chiunque fosse stato il bastardo che aveva architettato quel piano l’avrebbe pagata molto cara. Ma non poteva pensare a questo ora. Prima doveva fare reagire quello stupido.   

- Goku!- Chiamò, in tono asciutto e perentorio.

- Cosa diavolo credi di risolvere a questo modo, eh stupido di una scimmia? E’ ora di farla finita.-

Dall’altra parte non vi fu nessuna reazione, nemmeno un battito di ciglia, il ragazzo sembrava completamente estraniato in un mondo tutto suo, irraggiungibile.

Sanzo imprecò spazientito, quindi decise che era inutile sprecare il fiato, meglio passare alla maniere forti. Con un gesto risoluto afferrò il giovane eretico, sollevandolo tra le braccia, quindi con il suo fardello appresso spalancò con un calcio la porta che dava sull’esterno, percorrendo un breve tratto tra erba gocciolante di pioggia ed terra morbida di umidità, fino ad arrivare ad una specie di corso d’acqua vicino. Poco più di un torrente che il temporale notturno aveva gonfiato, rendendo gorgogliante. Giunto sulla riva limacciosa, lasciò andare di colpo il suo inerte passeggero. Il suo corpo toccò la superficie con un sonoro splash, lanciando in aria mille spruzzi argentini, si riassestò verso l’alto, quindi ricominciò a sprofondare verso il fondo, la bocca e le narici che si colmavano di liquido incolore.

Il monaco rimase immobile a fissare l’espressione abulica di quel volto infantile attraverso l’increspatura del velo trasparente e cristallino che lo ricopriva come il riflesso sulla superficie di uno specchio lucido. Dapprima fu solo un lieve corrugare di labbra e fronte, poi una vera smorfia sconcertata, infine vigile, cosciente allarme, per ultimo Son Goku riemerse con uno scatto violento, mettendosi seduto sul letto del torrente, tossendo e sputacchiando convulsamente nel tentativo di incamerare aria nei polmoni contratti.

- Tsk! Ce ne hai messo di tempo! – Lo accolse il biondo, freddamente. – Credevo affogassi. Forza, scimmia, togliti di là che andiamo. Per colpa tua mi sono bagnato anch’io.-

Il ragazzo risalì la sponda del corso d’acqua, una volta all’asciutto però cadde a carponi, la testa china, il corpo scosso dal respiro ansimante.

- Perché?- Chiese soltanto.

L’altro, che già si stava avviando, a quella domanda tornò indietro, un sopracciglio inarcato.

- Perché cosa?-

- Perché? Perché non mi hai ucciso? Perché contraddici te stesso? Hai sempre affermato che se un giorno fosse stato necessario, mi avresti ammazzato senza neanche voltarti indietro… Perché? Perché non lo hai fatto? Dimmi, perché devo continuare a vivere con il peso di questa colpa?- Urlò con disperazione, sbattendo più volte con violenza i pugni chiusi sul terreno.

Sanzo lo fissò per un attimo pensieroso, poi gli si accovacciò accanto, tese un braccio ed infilò le dita tra quei capelli castani resi scivolosi dall’acqua, sollevandogli la testa, quindi puntò i suoi occhi d’ametista in quelli d’oro, grandi ed angosciati dell’altro, incatenandoli con ferrea volontà.

- Non sei stato tu.- Affermò conciso.

Goku scosse il capo in un gesto di ribellione violenta. – Come fai ad esserne così sicuro? Io non lo sono. Non lo sono affatto. Come si spiegano tutte le sensazioni negative che provo? Non ricordo di averlo fatto. Ma forse una parte di me lo voleva davvero… Io… io li invidiavo, capisci? Invidiavo la loro vita perfetta. Ero geloso della loro felicità. Ed adesso sono morti. Li ho uccisi io.-

- Non dire assurdità.- Il bonzo liquidò la faccenda con tagliente sicurezza. – Questi sentimenti sono normali. Tu non saresti capace di uccidere per così poco.-

- Se sono cosciente. Ma cosa accade quando dormo? Forse il diadema non riesce a controllare completamente il mostro che c’è in me quando la mia volontà non è vigile. E se una mattina mi svegliassi ritrovandomi le mani macchiate del tuo sangue? O di quello di Hakkai e Gojyo? Potrebbe accadere. Il pensiero di farvi del male…. Non lo sopporto. Preferirei morire piuttosto. Come faccio ad andare avanti con questo dubbio?-

Il tormento, il rimorso ed il dolore offuscavano quelle iridi dorate come un velo scuro, rendendole tristemente familiari, poiché quello sguardo amareggiato, privo di speranza, era lo stesso che il bonzo vedeva riflesso nello specchio le rare volte che la sua maschera di impassibilità cedeva. Lui aveva imparato a conviverci. Aveva sviluppato le proprie difese e se n’era fatto una ragione. Ma non scorgere più alcuna luce risplendere nelle pupille della sua scimmia faceva stranamente male. Goku era troppo vero e sincero. Era privo di barriere o archetipi dietro cui celarsi e pertanto più facile da ferire. E dinanzi a tanta incontenibile angoscia non c’erano parole consolatorie che si potessero pronunciare. Il suo maestro sicuramente ne sarebbe stato capace. Komyo Sanzo era quel tipo di persona che riusciva ad irradiare speranza e serenità al solo stargli accanto. Ma Genjo Sanzo no. Non aveva speranza, né serenità dentro di sé. Il suo sopravvivere era dettato da semplice frutto di volontà unito a mero orgoglio. Nei suoi occhi d’ametista non era mai brillata quella radiosa gioia di vivere che invece aveva caratterizzato il suo maestro o la sua scimmia. Possedeva solo la sua determinazione per andare avanti, e di quella si servì in quel frangente.

Afferrò per la nuca quel ragazzo dagli occhi troppo grandi, trasparenti e disperati e pose con decisione le labbra sulle sue, in un bacio che non aveva nulla di sensuale, ma era qualcosa di più. Era un atto di volontà. Un offrire all’altro la propria tenacia e coraggio. Una ragione per imparare a convivere con le proprie paure e colpe e riuscire comunque ad andare avanti. Un contatto intimo e solidale che infondeva sicurezza e calore. Percepì la sorpresa, ma non resistenza, anzi dopo un attimo Goku si aggrappò alla sua tunica, come in cerca di un appiglio, assorbendo tramite quell’unione tutto ciò che lui non aveva mai potuto o voluto dargli prima con la stessa intensità di qualcuno sul punto di soffocare che stesse ricevendo una boccata d’aria fresca e pulita.

- Potrebbe accadere un giorno, sì. Ma non qui, né adesso. – Gli disse alla fine, fissandolo con sincerità priva di ogni falsa illusione. –  E se dovesse accadere tu comunque stringerai i denti e tirerai avanti. Per te stesso, per il tuo orgoglio e per chi ti sta accanto. Vivrai come hai sempre fatto, lottando affinché ciò che più temi non divenga realtà. Ma non sarai solo. Mi hai capito, scimmia?-

Questi annuì lentamente con il capo, confuso ma con una nuova più calma sicurezza interiore.

- Bene. Adesso muoviti. Dobbiamo tenerci pronti. I nostri nemici potrebbero attaccare da un momento all’altro. - Ordinò, rialzandosi da terra ed avviandosi lungo il sentiero.

Il giovane eretico si sollevò piano, grondando acqua dai vestiti, un lieve venticello lo fece rabbrividire, tuttavia sul momento non se ne rese conto, poiché la sua attenzione era tutta incentrata su quella schiena orgogliosamente eretta che si allontanava e su quei capelli dorati che rilucevano alla prima luce del mattino. Inconsciamente si sfiorò le labbra con i polpastrelli. Erano calde ed asciutte, e conservavano il sapore intenso ed asprigno di colui nel quale aveva deciso di riporre ciecamente la propria fiducia. Qualcuno che per lui era una buona ragione per continuare a vivere, combattere, soffrire e diventare sempre più forte. Non voleva assolutamente deludere questa persona così importante quasi quanto non voleva tradire se stesso. Strinse i pugni con decisione. Avrebbe combattuto. Sì. Avrebbe lottato ad ogni costo. Anche se questo significava scontrarsi ferocemente con la parte più oscura di se stesso.

Continua….

 

ANGOLO PSYCO

Ok, basta. Mi arrendo = ç =””! I personaggi sono diventati definitivamente OOC. Anche se ho cercato di farli rientrare nei ranghi, ormai hanno assunto vita propria, ed io non riesco più a controllarli, tuttavia non posso dire che il risultato ottenuto mi dispiaccia del tutto.

Finalmente la vicenda assume contorni netti e definiti, per cui credo che molti di voi abbiano capito dove voglia andare a parare. Forse potrebbe risultare troppo pesante ed eccessivo il modo in cui l’aspetto intimista ed emotivo dei protagonisti viene sviscerato. Però era questa l’idea originale. Una vicenda costituita per la maggior parte da eventi interiori catalizzati da fatti esterni. Non so se sono riuscita a rendere appieno l’atmosfera. Voi che ne pensate?

Va bene. Bando alle paranoie filosofico-esistenziali. Passiamo a qualcosa di più allegro. Visto che ho deciso di postare il 3° ed il 4° cap. contemporaneamente, approfitto di questo spazio a mia disposizione per ringraziare chi ha recensito:

Siz scusa per le continue crisi iperglicemiche, comunque sono contenta che le reazioni dei personaggi ti siano piaciute, con questi 2 cap si dovrebbe capire meglio la trama, anche se ogni chiarimento me lo tengo per il gran finale^^! Ciao e baci.

Nadia Sakura Kan sono felice di averti sorpresa, la trama in realtà è molto semplice, è complicato il modo in cui ho scelto di scriverla, cioè dal punto di vista interiore dei personaggi. Grazie per i complimenti, la parte di Goku era piuttosto scontata, x quella di Gojyo forse sono stata un po’ cattiva, ma era da una vita che desideravo scriverla. Purtroppo convengo con te x l’OOC ç_ç!

Kairi84 se ti piacciono i capitoli riflessivi con questi ci andrai a nozze, praticamente i fatti si svolgono solo nella testa dei protagonisti. La “coppietta perfetta” serviva appunto per suscitare quelle determinate reazioni ed anche per ehm…qualcos’altro (poveretti!). Sono contenta x gli apprezzamenti. Grazie.

Caya devi metterti in fila, Goku ha già tutta una serie di mammine adottive che se lo vorrebbero spupazzare (me compresa *ç*). Quanto al mio modo di scrivere….  Sono lusingata, ma mi ritengo solo una dilettante. Sono contenta se sono riuscita a trasmettere anche una minima parte delle emozioni  che i Saiyu-boys mi fanno provare. E’ tutto merito di questi personaggi affascinanti e complessi.

Elie191 grazie per gli apprezzamenti. Spero di non averti fatto aspettare troppo. Buona lettura^^!

Ciao a tutti e se ne avete voglia continuate a leggere e recensire naturalmente^^! By crazy

 

 

 

   

  
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