track 09 ♪ Dirty
Diana
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26 gennaio 2013, ore 12:00
Ultima
strofa ~ I’ve been here times before, but I was
too blind to see
Dieci minuti di pausa per la troupe del nuovo spot di quella
certa marca di dolciumi che, anche se non poteva certo farlo sapere al suo
pubblico, per lei erano assoluto tabù. Ryuuzaki-san
l’avrebbe trovato molto divertente.
Che ironia. Ora tornava addirittura a pensare a L.
Dieci minuti di pausa che, aveva suggerito il regista, non
sarebbero stati sciupati se lei li avesse trascorsi a informarsi meglio sul suo
personaggio. Per « migliorare l’interpretazione »: dicevano
sempre così, quando volevano farti capire che stavi recitando da schifo.
E allora, rimasta sola nel suo camerino, con l’abito di scena addosso, Misa aveva aperto il portatile e digitato le parole ‘Diana + divinità’ nel
motore di ricerca predefinito; un rapido doppio clic e si era ritrovata
nell’unica enciclopedia che le fosse mai capitato di sbirciare. Probabile
che anche questo, per Ryuuzaki-san, sarebbe stato
divertente.
Secondo la leggenda,
Diana – giovane vergine abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa
– era amante della solitudine e nemica dei banchetti; era solita
aggirarsi in luoghi isolati. In nome di Amore aveva fatto voto di
castità e per questo motivo si mostrava affabile, se non addirittura
protettiva, solo verso chi – come Ippolito e le ninfe che promettevano di
mantenere la verginità – si affidava a lei.*
Sentì le labbra incurvarsi in un sorriso amaro.
Bisognava un po’ leggere tra le righe, però quella definizione se
la sentiva particolarmente vicina.
Abile nella caccia. Dopotutto, lei era il secondo Kira.
Irascibile quanto
vendicativa. Meglio non soffermarsi a pensare
quanto.
Nemica dei banchetti. Non per niente quelle caramelle che stava pubblicizzando
erano un pericolo mortale per qualsiasi idol degna di
questo nome.
Solita aggirarsi in
luoghi isolati. Beh, per questo magari bisognava
sorprenderla in uno di quei momenti bui che la sprofondavano nella disperazione
– come questo, ad esempio.
Le voci e gli immancabili rumori provenienti dal set si
spensero a poco a poco, lasciandola sola con il suo unico pensiero fisso:
l’espressione di Matt, quella notte, quando lei gli aveva aperto la porta
del palazzo e lui senza neanche entrare l’aveva baciata come se non
avesse mai avuto altra necessità al mondo.
Se si concentrava su quel momento, sentiva ancora la pioggia
che li aveva avvolti, la fugace sensazione che per un attimo l’aveva convinta
che non poteva essere sbagliato, non
se era così bello.
Poi Matt si era ritratto e le aveva confessato sulle labbra
la colpa e le aveva soffiato in viso una redenzione.
« Non
m’importa più di sapere chi sei, Misa. So
che sei quello di cui ho bisogno per vivere, per uscire dal limite della
semplice esistenza. So che sei come me. E mi basta sapere questo... »
Distrattamente, le dita di Misa
accarezzavano il quaderno nero, quello che quasi sempre portava con sé
sotto i vestiti. Quello che, due notti prima, Rem aveva fatto sparire dalla
stanza quando era tornata e li aveva visti e aveva compreso che era troppo
tardi perché si salvassero entrambi.
Era troppo tardi, per loro.
Lo sguardo spento, atono fin dal momento in cui una dea
della morte le aveva dimostrato quanto potesse essere ingannatrice la vita,
scorse tra le pagine vergate della sua grafia snella e quasi puerile. Nomi su
nomi su nomi. Si era soffermata qualche volta a chiedersi cosa significasse
uccidere un uomo? A domandarsi se si lasciava alle spalle una famiglia che lo
amava, che magari lo reputava un innocente, che avrebbe pianto la sua perdita
come facevano tutti i padri e le madri dei reduci e dei bambini uccisi e delle
giovani donne stuprate in strada? Non se ne ricordava. Era tutto nero, adesso.
Vuoto.
Quando a Misa Amane era stato
offerto il ruolo di protagonista in uno spot di dolci, quando l’avevano
vestita di quella tunica bianca e leggera e le avevano sciolto i capelli e
l’avevano fatta sedere su una nuvola di cotone con un pacchetto di caramelle celestiali in una mano, niente
le aveva lasciato presupporre che in quella Diana che avrebbe dovuto
interpretare avrebbe ritrovato così tanto della sua storia.
Diana cacciava le fiere. Lei, terroristi e assassini.
Diana era legata ad Amore. Lei, a Kira.
Diana era pura. Lei
aveva peccato.
Rem non disse nulla, come sempre, quando vide Misa rigirarsi la penna tra le dita e poi farla scendere
lentamente sulla carta intonsa. Non commentò né giudicò
neanche quando le dieci lettere di quel nome si delinearono nette l’una
accanto all’altra, sotto la lista di quelli che sarebbero morti quello
stesso giorno.
Rem non disse nulla, ma Misa non
poté impedirsi di piangere un singhiozzo sul Death Note. Il suono del
suo dolore fu sovrastato dalla penna che cadeva a terra, e dalla voce
lontanissima del regista che richiamava gli attori. Pausa finita, si torna in
scena.
Rimettiti quella
maschera, Misa-Misa, e non permetterti di soffrire
della tua espiazione.
pause ▐ ▌
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Ci avviamo
inesorabilmente alla conclusione, cari lettori. E sono sempre grata che siate
qui. ♥
Il
brano contrassegnato dall’asterisco è tratto da Wikipedia. Quando mi sono ritrovata dinanzi al titolo di
questa track, mi è venuto spontaneo pensare
alla divinità della caccia; mi sembrava una buona immagine per
rappresentare Misa – e spero che voi non la
troviate troppo forzata.
Grazie
come sempre, a tutti, e alla prossima.
Aya ~
Credits: Dirty
Diana, © Michael Jackson