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Autore: Vincent_Van_Goat    26/05/2011    1 recensioni
Troppo tempo è passato dall'ultima volta, troppe lacrime hanno solcato impietose le mie labbra. Liberami, ti prego, da questa gabbia di ricordi che mi trattiene.
uno sfogo, credo, di qualcosa che va avanti da troppo tempo, per lenire questo dolore che sembra non voler cessare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Meditazioni '
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Bene… vi avverto che questo è un semplice sfogo, dovuto al fatto che è dura essere gentili e sorridenti quando hai il vuoto dentro.

Tuttavia vi rassicuro: tornerò presto a scrivere cazzate.
 

Non biasimatemi per ciò che leggerete: mi manca davvero molto.
 





 
 
 
 Anche l’aria sembra aver deciso che non vale più la pena scorrere nella mia gola: annaspo, mi mordo il labbro fino a sentire il sapore metallico del sangue bagnarmi con dolcezza la lingua.
Promettevi diamanti, e ogni volta ti presentavi con un mazzo di fiori.

Non ha senso piangere, vero? Quale vortice di disperazione potrebbe pulirmi la bocca da tutta la terra che ora non mi permette di parlare? Quale canto di sirena saprebbe trascinarmi verso lidi più tranquilli?

Resa cieca dai miei stessi occhi, osservo il mondo attraverso i vetri colorati della mente: sposto lo sguardo e uno si rompe; se ne rompe anche un altro.
Scompari, e tutto l’universo sembra cadere in frantumi.
Mordere e strappare, masticare e risputare sempre le stesse parole, sperando che la mia anima non se accorga: quali orizzonti, pianure e fiumi e monti e mari e laghi lacereranno ancora i miei sensi, violentando il tuo ricordo?
Non me lo chiedere, ti supplico. Quanto tempo è passato? Vorrei rivedere i nostri corpi, bambini, muoversi a ritmo con il tempo, ignari di un futuro così immenso da risultare insostenibile; vorrei toccare ancora e ancora i tuoi pensieri, immergerci le braccia fino ai gomiti e cercare. Cercare il principio. Il mio principio, il tuo, il nostro.
Schiava dell’inerzia vado avanti, portandoti con me: i miei piedi sanguinano al contatto del suolo lunare.
Dimmi, qual è la strada?

Qual è la meta?

Dieci, cento, mille volte mi stringerò a te, aria pura e casta,portatrice di sventura e Amore.
Batto i palmi sulle mie gambe: il rumore mi permette di capire che, in fondo, esiste ed insieme ad essa anche la mano ed infine io. Ma tu no, tu non esisti più.
Nessun rumore riempirà questo silenzio, che accompagna il tuo ricordo sbiadito.
Quanto amore c’è a questo mondo!

Quanta sofferenza…

Il muro del pianto è sempre aperto a nuove reclute. Il sole che sorge innanzi scosta lo sguardo dal mio viso, rifiutandomi.
Qual è il mio destino? Non voglio più riposare tra le braccia di Amore, non così, almeno.
Il tuo nome è semplicemente troppo per il mio cuore.
La sola idea di poterti incontrare ancora mi sconvolge, perché sei la mia utopia, l’amo et odi che brucia ogni millimetro delle mie guance. Ogni cassetto del mio cervello ti appartiene da sempre: quali equazioni, quali poesie, quali elementi potrebbero mai strapparmi dalla tua morsa?
Acuisci i miei sensi fino ai limiti della sopportazione umana, senza tuttavia lasciarmi il tempo di goderne, abbandonandomi alla mercé di cani e augelli, affamati infine delle carni di questo povero e sgraziato corpo. Che ti apparteneva, che ti appartiene, che sempre ti apparterrà.
Ed ecco che il mio cuore si rifiuta di ricordarsi il tuo volto, limitandosi a battere più in fretta, più in fretta, più in fretta…

Non ho freni, giusto?
Rispondimi: non ho freni?

E cado nel più nero dei fiumi, bagnandomi di disperazione e solitudine. Accidenti e sventure ti colgano, mio sfortunato compagno di viaggio, mio cuore!
Tienimi stretto nei tuoi ricordi, affermavi, perché solo in te posso vivere in eterno.
Lo stesso vento che prima ci scompigliava i capelli continua ad accecarmi, portando con se le avvisaglie di una nuova e meravigliosa tempesta.

Non doveva andare così.
Non con te.
Non a me.

Hai preso il meglio di ciò che di peggio in me restava.
Sono grata alle tue mani, che da quel giorno mai più mi hanno sfiorata, tantomeno toccata, neppur lontanamente accarezzata.
Ora va meglio, vero?
Illusa.
Promettevi diamanti, tu, e regalavi fiori.
Promettevi un futuro e ora ho solo un passato su cui disperarmi.

   
 
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