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Autore: Bid you farewell    26/05/2011    0 recensioni
La luna è sempre stata la ragione di tutto. La luna controlla la vita. La luna controlla le verità degli elementi. La luna controlla ancora le trasformazioni. La luna è colei che controlla la morte. La luna controlla quello che siamo: rinati per uccidere, rinati per la sacra fame di morte.
Non posso più pensare che la mia dea sia una sciocchezza, come facevo quando ero mortale e stolta.
E la luna, quella sera, rischiarava il cielo brillante e piena, in attesa che il branco si riunisse per il sacrificio dei mortali prescelti per il compimento del loro destino. Ma la luna piena chiede sangue. E noi verseremo sangue per essa.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FULL MOON IS ON THE SKY



Capitolo 2
 

Quando rinvenni non ero cosciente di dove ero, ma ero più che sicura che quello che era successo non era scomparso mentre ero priva di sensi. Prima di aprire gli occhi cercai con l’udito se c’era qualcuno nei paraggi, qualcuno che mi avrebbe fatto del male. Non sentii nulla, a parte un vago rumore regolare di onde, come al mare, perciò aprii gli occhi e lo spettacolo più agghiacciante che avessi mai visto mi si aprì davanti.
Illuminato dalla luce della luna, intorno a me c’era un immenso mare di sangue.
Era scuro, sembrava quasi nerastro, coagulato; in lontananza, all’orizzonte, riuscivo a cogliere persino degli spumeggiamenti, come se le onde producessero spuma di sangue. Ebbi un forte conato di vomito, e feci fatica a reprimerlo, anche perché non ero sicura che vomitare sarebbe stato peggio che vedere quel macabro scenario.
Mentre l’odore salato del sangue mi arrivava al naso continuavo a fissare sconvolta l’enorme mare, e mi accorsi che era anche peggio di così. Tra le onde e la spuma di sangue, che prima mi era sembrata la cosa più terribile del mondo, galleggiavano ondeggiando tante teste umane. Rabbrividii ma, non senza un certo masochismo insensato, continuai a guardare, soffermandomi sui dettagli.
Riconoscevo gli uomini dalle donne perlopiù dai capelli, alcuni lunghi e rossi di sangue, altri corti e non mutati dal luogo in cui sì trovavano. Feci uno scatto all’indietro con la testa quando vidi un altro particolare: le cavità orbitali erano senza occhi, alcune piene di sangue, altre rivolte all’insù e vuote.
Non provai a scappare, dove sarei potuta andare? Ero circondata dal sangue e da teste di cadaveri, muovendomi sarei solo andata più vicino a quei simboli di morte.
Era incredibile come riuscissi a guardare lontano, era come se la mia vista mi avesse fatto un brutto scherzo ed avesse cominciato a farmi vedere più del dovuto proprio quando non avrei voluto vedere niente di niente.
Sospirai e distolsi lo sguardo. Mi accorsi che ero in un piccolo spazio verde in mezzo al mare, un’isola nel sangue, ed ebbi un attimo di panico quando mi accorsi che non ero sola.
Fortunatamente i miei compagni erano tutti come me, umani, niente strane forme o peli spropositati. Eravamo in tredici, ma solo io ed un uomo moro più o meno della mia età eravamo svegli.
Non incrociai subito il suo sguardo, lui era ancora bloccato alla visone del mare, ma quando finalmente sì girò sembrava sorpreso di avere compagnia tanto quanto lo ero stata io.
– Chi sei tu? – mi chiese in un sussurro.
– Mi chiamo Jasmine, tu?
– Joshua, Josh di solito. Tu come sei arrivata nel...? – sussurrò.
– Nel centro esatto dell’inferno? Bè, non ne ho idea. Credo di essere svenuta ed eccomi qui – dissi e tentai di abbozzare un sorriso. Non ci riuscii, era troppo difficile.
Una mezza verità. In realtà non volevo raccontargli dei licantropi o di tutte le cose strane che avevo visto, non ero più tanto sicura di essere sana di mente.
– Io credo di saperlo, a meno che questo non sia un sogno – disse Josh – io non credo di essere svenuto, non naturalmente. Forse sono fuori, ma sono sicuro che intorno a me ci fossero cinque mostri, uno più gigante dell’altro, e poi c’era qualcuno che non vedevo che diceva strane parole in una qualche lingua strana. Ad un tratto sento qualcosa che mi pizzica il braccio ed io non sento più niente. E poi sono qui.
Non ero pazza, anche Josh aveva visto lo stesso.
– Anche io ho visto i cinque mostri, quelli un po’ lupo un po’ orso, e poi c’era l’uomo peloso e strano che diceva una litania. Scusa se non te l’ho detto, ma credevo di essermelo inventato. E poi da quando sono qui credo che i miei sensi sì siano sviluppati, riesco a vedere fino ad un orizzonte che non avrei immaginato fosse possibile...
Lui concordò sui sensi sviluppati e poi mi sorprese quando sorrise e sospirò. Molto probabilmente per lui era meglio essere circondato da enormi mostri che creavano laghetti di sangue e sgozzavano le persone piuttosto che essere pazzo. Gli lanciai un’occhiataccia e lui riprese il controllo. Cominciò a ragionare ad alta voce:
– Allora, tu cosa credi che siano questi?
– Secondo me... – esitai, mi vergognavo troppo ad ammettere che avevo pensato ad una cosa del genere, ma lui era il mio unico aiuto quindi continuai – lupi mannari. Sì, insomma, quelli che sì trasformano.
Lo vidi alzare un sopracciglio, pregiudicando la mia teoria, fino a quando aggrottò la fronte ed assunse un aria pensierosa.
– Credo che, per quanto strano possa essere, tu potresti avere ragione.
Mentre parlava, alle sue spalle, vidi una ragazza, aveva al massimo quattordici anni, che si alzava ed osservava sconvolta il paesaggio. Gli incitai silenzio, per non spaventarla.
Quando finì di perlustrare la zona e sì accorse di noi, Josh le disse tutto ed insieme cominciammo a fare delle ipotesi. Anche la ragazza, che sì chiamava Alicia, aveva avuto la nostra stessa esperienza con i presunti licantropi e Josh suggerì che forse c’era una specie di collegamento tra di noi, come i serial killer, che aveva spinto loro a rapirci. Quanto pareva se ne intendeva di queste cose, disse che lui era un poliziotto e chiese a tutti noi (nel frattempo quasi tutti si erano svegliati) date di nascita, luogo di provenienza e tutte cose del genere.
– Avete mai avuto qualcosa a che fare con... lupi o, non saprei, la luna.
Non ne sapevo molto di licantropi, ma più o meno sapevo che erano legati alla luna.
Come me. Il ricordo mi lasciò senza fiato. Era tanto tempo fa, avevo cinque anni.
– Mine, lo sai qual è il tuo secondo nome? – mi chiede mia madre con la sua voce dolce e premurosa, chiamandomi come solo lei mi ha sempre chiamato, Mine.
– No, mamma, qual è?
– È Luna, cara, proprio come quella che brilla nel cielo ogni notte.
– Luna – dico io per provare come mi suona – è carino! Perché mi hai chiamato così?
– Perché tu, piccola Mine Luna, sei nata in una notte di luna piena, sotto un cielo stellato, ed io ho voluto che questo ti rimanesse per sempreimpresso nella tua lunga e felice vita. Non dimenticarlo Mine, perché tu sei nata sotto il segno della luna.
Lo shock di quell’istante fu come ricevere una bastonata in testa e non avere più niente per reagire. Incontrai lo sguardo preoccupato di Josh e poi quello di Tyra e di Viola, altre delle rapite.
– Hei, Jasmine, che succede?
Era Josh. Sentii vagamente che mi prendeva per le spalle e mi scuoteva. Passarono minuti, ore, o forse solo pochi secondi e poi riuscii a riprendere il controllo di me stessa.
– Io sono nata in una notte di plenilunio – mormorai. Ero ormai sicura che fosse quello il punto, così drizzai la schiena ed incontrai gli sguardi vaghi dei miei compagni.
Stavano ricordando, stavano calcolando. Poco a poco tutti ebbero un’intuizione e, uno dopo l’altro, mormorarono un “Anche io” appena accennato.
Nell’oscurità fitta dei miei pensieri, uno più macabro degli altri mi fece rabbrividire. Forse anche i possessori delle  teste nel sangue erano nati con la luna piena. Forse anche io sarei finita a tacere per sempre, a diventare un orripilante monumento galleggiante.
Ad interrompere i miei pensieri venne un ululato terribile, e da uno squarcio appena formatosi tra il sangue comparve un essere quasi umano con due profonde ed innaturali rughe.
Due rughe che andavano dai lobi ai lati della bocca.
  
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