Capitolo 6
Mi trovo
nell’ufficio di Carlisle.
Sono rimasto con
Bella per tutto il giorno. Abbiamo parlato del bambino, dell’opportunità che la
moglie di Carlisle, Esme, vuole offrirmi, e di ciò che questo potrebbe
significare per noi.
Potremo avere una casa, una casa vera.
Con una camera da letto vera, e una
cameretta per il bambino.
Accetterò,
Bella. Accetterò il lavoro.
Alice è venuta a
trovarci nel pomeriggio, ed è rimasta con noi fino all’ora di cena.
La febbre di Bella
è scesa, e il suo colorito è ritornato ad essere quello di sempre.
Al bar
dell’ospedale le ho comprato due tortine alla fragola, le sue preferite. Ne ha
mangiata una sola, ma l’ha fatto sorridendo.
Carlisle è venuto a
svegliarmi alle 2 di notte, alla fine del suo turno, e mi ha convinto a
spostarmi nel suo ufficio.
Lì c’è un divano, starai comodo.
Non voglio lasciarla, voglio rimanere qui,
con lei.
Devi riposare,
Edward. Devi essere in forze per loro. Vai a dormire nel mio ufficio. Domattina
verrò a svegliarti.
I Cullen sono degli
angeli. I nostri angeli custodi.
Non so cos’avremmo
fatto senza di loro.
Carlisle arriva
alle otto, con sua moglie. “Edward, lei è Esme.” Esme mi stringe la mano con
calore, sorridendo.
“Piacere di
conoscerla, signora Cullen,” dico, emozionato.
“Chiamami pure
Esme, Edward.”
“Grazie, Esme.”
Carlisle ci
annuncia che deve recarsi ad una riunione. Dalla grandezza del suo ufficio e
dalle targhe che ho avuto modo di leggere prima di addormentarmi, immagino che
Carlisle non sia un medico qualunque. Forse è un primario, forse è il direttore
dell’ospedale.
“Tranquillo, caro,” dice Esme. “Edward e io ne approfitteremo per fare
colazione.”
Esme è gentile e
cortese. Mi chiede di Bella, vuole sapere come ci siamo conosciuti. Il suo
sguardo è pieno di tristezza quando le racconto di come le ho salvato la vita.
“Sei un ragazzo
molto coraggioso,” dice mentre beve un caffè. “Bella è
stata fortunata ad incontrarti.”
Mi sento in dovere
di essere onesto con lei, di dirle la verità. Le dico che sia io che Bella abbiamo
avuto un passato come tossicodipendenti, e che entrambi abbiamo rubato per
sfamarci.
Farlo va contro i
miei interessi, ma non me la sento di mentire ad una donna così buona e
compassionevole.
“Tutti abbiamo
commesso i nostri sbagli, Edward,” dice quando
torniamo nell’ufficio di Carlisle. “Ma non è mai troppo tardi per ritrovare la
strada giusta.”
Dopodiché iniziamo
a parlare di lavoro. La mia sarà un’occupazione manuale, faticosa ma di
responsabilità. Costruire un giardino richiede ingegno e sforzo fisico. Avrò un
salario di quarantamila dollari all’anno, e anche se sono relativamente pochi a
me sembrano una fortuna.
“Grazie,” non faccio che ripetere a Esme. “Grazie, davvero. Grazie.”
Lei sembra
profondamente commossa dal mio ringraziamento.
“La vostra è una
famiglia eccezionale,” dico ad un tratto,
soffermandomi sulle foto che tappezzano una delle pareti dell’ufficio. Esme non
dice nulla, ma si avvicina ad una foto, la più grande, e ne sfiora il bordo con
un dito.
“La gente di strada
ci sta molto a cuore,” dice, quasi a se stessa.
Nella foto
riconosco una Esme molto giovane. E’ al mare, seduta
su una sedia. In mano ha una coppa di gelato e sulle ginocchia ha una bambina
sorridente.
“E’ Alice?”
“No,” risponde subito, senza sorridere. “E’ suo fratello,
Anthony.”
“Oh.” Guardando
meglio la foto mi rendo conto che si tratta di un maschietto. Il viso è tondo,
i capelli rossastri come quelli di Esme. “E’ anche lui-”
“No,” dice, prima che io possa continuare. “Anthony è…” Si
ferma, sospira. Accarezza la foto come se il bambino fosse vero. Le guance, le
braccia, infine i piedi. Sul tallone di quello sinistro c’è una macchia rossa,
forse una goccia di gelato. “Anthony è scomparso,”
dice, voltandosi e mostrandomi gli occhi pieni di lacrime. “Aveva diciotto mesi,
eravamo in vacanza e… lo abbiamo perso di vista per un attimo, e lui… è
scomparso,” ripete.
“Mi dispiace,” sussurro. “Mi dispiace molto.” Penso a come reagirei io
se mio figlio sparisse. No, non posso neanche immaginarlo.
“Non ho idea di
dove sia, di cosa… di come… Ad un certo punto le ricerche sono terminate,” dice, “ma noi non abbiamo mai smesso di cercarlo. Negli
orfani arrivati in ospedale, nella gente di strada che va alla mensa. Ognuno di
voi potrebbe essere mio figlio,” dice commuovendosi,
“ed è per questo che vogliamo aiutarvi.”
“Grazie,” dico con un nodo alla gola. “Mi dispiace per Anthony,” aggiungo, guardando il bambino sorridente.
Esme abbozza un
sorriso. “Spero che stia bene. Ovunque
sia.”
Bella partorisce
tre giorni dopo.
Temo di svenire, non
appena iniziano i dolori, ma mi impongo di essere forte.
Carlisle e la
dottoressa Weber mi permettono di assistere al parto.
Nella sala
d’aspetto ci sono Alice, Esme, Jasper, Emmett e Rosalie.
Bella è forte
dall’inizio alla fine, e piange quando la dottoressa le
mostra nostro figlio, Michael Adam Masen. Ha i capelli (pochi) biondi e gli
occhi sembrano chiari. E’ sano, ed è il bambino più bello del mondo.
Alice e Esme gli
hanno comprato di tutto: tutine, biberon, una carrozzina, e Carlisle mi permette
di rimanere nel nido anche oltre l’ora di chiusura.
“Sta sorridendo,” dico a Bella il giorno dopo il parto, mentre lo tengo in
braccio.
“Dubito che sappia
già sorridere,” dice lei.
“Secondo me sì. E’
molto intelligente. E’ felice. Sa che tutto andrà bene.”
Mi siedo sul letto,
accanto a lei. “Troppe volte ho dubitato, ho avuto paura.
Ma adesso… adesso so che possiamo farcela, Bella.”
“Ho avuto paura
anch’io, Edward. Ma con te e con lui… ce la faremo.” Si avvicina per darmi un
bacio. “Ti amo.”
“Per sempre.”
Il giorno dopo
un’infermiera mi lascia cambiargli il pannolino. Ed è mentre lo spoglio - Bella
che mi dice di essere lento e delicato - che mi
accorgo della piccola macchia rossa che si trova sotto il tallone sinistro.
“E’ come la tua,” dice Bella alle mie spalle.
“Cosa?”
“Quella voglia di
fragola. Tu ne hai una nello stesso punto. Strano, vero?”
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Quanti senzatetto nelle condizioni di Edward
e Bella riescono a salvarsi? Pochi.
Quanti genitori ritrovano un figlio
scomparso dopo più di vent’anni? Pochissimi.
Quanti bambini nascono in strada, in
condizioni orribili, e muoiono poche ore dopo? Troppi.
Questo è un racconto di fantasia, e per
questo mi sono permessa di andare oltre la cruda realtà. Ho scelto il finale
migliore per tutti, il finale più bello sia per gli adulti che per il bambino.
Ogni tanto c’è bisogno anche di serenità e di speranza, no?
Grazie a tutti coloro che hanno letto Pop Tart e che si sono emozionati con questi
Edward e Bella. Grazie anche a chi è rimasto in silenzio, ma ha comunque
apprezzato.
E grazie a Lele Cullen che approva, supporta
e incoraggia le mie idee ad ogni ora del giorno e della notte.