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Autore: prelude10    26/05/2011    2 recensioni
La guerra è finita e Voldemort è stato sconfitto. I Malfoy sono stati imprigionati ad Azkaban, ma Harry ha ancora un debito con Narcissa e lei ha tutta l’intenzione di riscuoterlo.
Un dialogo fatto di dolori e risentimenti, di rabbia per lo più verso se stessi. L’esempio di come una madre, nonostante tutto coraggiosa, sia pronta a lottare per la sua famiglia.
«Signor Potter, lei ha un debito con me. Quella notte nella foresta io l’ho salvata», lo disse senza pretese, espose semplicemente i fatti, il resto lo avrebbe affidato alla coscienza del ragazzo, la sua ultima speranza.
«Me lo ricordo, ma non capisco dove vuole arrivare», anche se in cuor suo aveva dei timori a riguardo.
«Quindi lei si ricorda di essere in debito con me, io e la mia famiglia siamo qui a marcire e lei non sa dove voglio arrivare?», non era un’ironia di quelle che tagliano come lame, si trattava più che altro di un sarcasmo beffardo, come a chiedergli di non insultare la sua intelligenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ricordo che tutti i personaggi citati non sono miei e non li uso a fine di lucro.
Vi auguro buona lettura
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Quella richiesta lo aveva sorpreso: Narcissa Malfoy voleva incontrarlo. Richiusa la lettera scritta su semplice pergamena con una calligrafia pulita e ordinata ma indubbiamente femminile, predispose tutto per recarsi ad Azkaban.
Quando arrivò era mattino tardi, e nonostante il sole regnasse nel cielo solo qualche coraggioso raggio solitario attraversava quelle mura per illuminare gli umidi corridoi che stava percorrendo in silenzio accompagnato dal Carceriere. Giunto davanti alla cella prese un respiro profondo ed entrò.
La luce era poca, giusto quanto bastava per distinguere la figura di Narcissa seduta su una sedia malconcia, uno dei pochi pezzi del mobilio spartano che doveva essere lì da troppo tempo. Indossava il semplice vestito bianco un po’ sgualcito che era la divisa della prigione, il capelli biondi avevano perso la loro famosa lucentezza e il viso senza trucco non nascondeva la sua età. Ma c’era ancora quella fredda nobiltà negli occhi di ghiaccio, ancora quel portamento fiero delle spalle, solo un tremito della bocca, che però non riverberò nella voce, tradiva la sua ansia e il suo passato.
«È venuto dunque, signor Potter», la sua voce sembrava arrivare da molto lontano, come se non parlasse da molto tempo, e probabilmente era proprio così.
«Me l’aveva chiesto signora Malfoy. Come sta?», rispose allora questi.
«Come sto può vederlo da sé. Non abbiamo molto tempo e io non le ho chiesto di venire fino a qui solo per scambiarci convenevoli», dicendo questo si alzò, ancora più pallida di quando l’aveva vista l’ultima volta, al processo.
«Molto bene. Mi dica dunque, cosa posso fare per lei?»
«Signor Potter, lei ha un debito con me. Quella notte nella foresta io l’ho salvata», lo disse senza pretese, espose semplicemente i fatti, il resto lo avrebbe affidato alla coscienza del ragazzo, la sua ultima speranza.
«Me lo ricordo, ma non capisco dove vuole arrivare», anche se in cuor suo aveva dei timori a riguardo.
«Quindi lei si ricorda di essere in debito con me, io e la mia famiglia siamo qui a marcire e lei non sa dove voglio arrivare?», non era un’ironia di quelle che tagliano come lame, si trattava più che altro di un sarcasmo beffardo, come a chiedergli di non insultare la sua intelligenza.
«Mi dispiace, ma non posso fare in modo che siate rilasciati», non potevano cominciare a perdonare Mangiamorte, specialmente quei Mangiamorte.
«Non può? Io credo che non voglia, che non sia disposto a metterci la faccia», lo rimbeccò lei.
«Non è così! – le mentì – Voi avete infranto la legge, quindi dovete essere puniti», si arrampicò sugli specchi.
«Davvero? E che mi dice di quando è stato lei ad infrangerla, signor Potter?»,nella sua voce cominciava a riverberare la rabbia.
«Era diverso, erano leggi ingiuste, era per il bene! – disse insicuro, ma infuriato per l’affronto di essere giudicato da quella donna – Mentre il suo gesto non era per un bene superiore, ma per puro egoismo, lei voleva solo tornare da suo figlio ed io ero il modo per arrivarci», attaccò per difendersi.
«Certo, eppure le motivazioni del mio gesto non cambiano né quello né le sue conseguenze, o sbaglio forse signor Potter?»
«No, ma non avete mai pensato che é giusto che voi paghiate per quello che avete fatto?», chiese sputandole contro il veleno, che non aveva potuto riversare su Voldemort.
«E lei non ha mai pensato che forse l’abbiamo già fatto? La smetta di comportarsi come se fosse l’unico ad aver sofferto e ad aver avuto una vita difficile. Anch’io ho rischiato di perdere tutto!», lei rispose con lo stesso veleno, scaricando sulle spalle di quel ragazzo tutta la frustrazione e la disperazione di quegli anni bui.
«Ma io ho perso tutto!», le rinfacciò lui.
«Davvero? Eppure non è lei ad essere rinchiuso in una cella, o sbaglio?», rispose lei recuperando un po’ di controllo. Il sarcasmo che le era tanto familiare la riportava alla sua freddezza.
«Io ho perso i miei genitori!», Harry non poteva sopportare che gli ridesse in faccia.
«Non è l’unico, non è stato il primo e tanto meno sarà l’ultimo. Sua madre ha scelto di morire, così come io ho rischiato tutto per Draco…»
«O ma davvero? – la interruppe bruscamente lui – Lei ha rischiato tutto per Draco? No, l’ha fatto solo all’ultimo momento, ha perso molte occasioni signora Malfoy»
«Crede che non lo sappia? Crede che non me ne penta? Che non lo rimpianga ogni singolo giorno? Non sono la brillante Lily Potter. Non sono una martire, non lo sono mai stata», era infuriata e sull’orlo delle lacrime, ma non avrebbe pianto, non sarebbe crollata davanti a lui in quel modo.
«Questo è poco ma sicuro. Altrimenti mi avrebbe chiesto di rilasciare solo Draco, a magari anche suo marito, e di tenere lei sola», rispose lui secco con l’intento di ferirla.
«Loro hanno bisogno di me», lo disse con una semplicità disarmante, che per un momento lasciò il Salvatore senza parole.
«Anch’io avevo bisogno di mia madre!», rispose chiamando la rabbia ad aiutarlo a resistere, a non lasciarsi commuovere.
«Quindi più di ogni altro dovrebbe capire», come ragionamento non faceva una piega.
«Avete già avuto una seconda opportunità, l’avete sprecata e non ne meritate altre», disse lui aggrappandosi all’ira.
«Come ai suoi occhi non ne meritava Severus prima di venire a conoscenza della sua storia, quando ormai era troppo tardi?», disse dura lei. Non le importava quali ricordi avrebbe dovuto risvegliare, quanto dolore avrebbe dovuto infliggere a quel ragazzo, lei avrebbe salvato la sua famiglia, li avrebbe tirati fuori da lì.
«Lei… Come…? Da quanto…?», balbettò confuso il giovane
«Da sempre, non l’ho mai tradito; prima non avevo motivo di farlo, poi avevo una buona ragione per non farlo: lui poteva proteggere Draco», quel ricordo feriva anche lei, che, nonostante tutto, aveva voluto bene a Severus Piton.
«Ma voi non siete lui!», urlò Harry crollando in ginocchio, incapace di impedire che la morsa del senso di colpa gli stringesse il petto come sempre quando si parlava di quell’uomo.
«È vero, e ne sono consapevole, era migliore di tutti noi, e anche per questo lui è morto mentre noi siamo ancora qui. Ci permetta di uscire, di essere liberi finalmente, di tornare a vivere» chiese lei avvicinandoglisi e appoggiandogli una mano sulla spalla. Non urlava più, ma qualcosa nella sua voce fece sì che quelle parole, quella supplica, gli penetrassero in testa più di tutto ciò che d’altro era stato detto finora. Allora il giovane, colpito dall’umanità di quel gesto, vide negli occhi lucidi della donna la madre, vide che lottava per rimettere insieme i pezzi della sua vita, vide che aveva pagato anche per errori non suoi, come tutti in questa vita. Tutte le sue difese crollarono, vide l’odio cieco e l’impulsività che gli avevano offuscato la vista. Proprio lui, il baluardo del Bene, aveva permesso troppe volte ai suoi risentimenti personali di condizionare la sua capacità di giudizio. Doveva la vita a quella donna, al suo coraggio di un momento; e come lui anche molti altri. Glielo doveva, doveva darle la possibilità di essere nuovamente felice, o almeno di provarci.
Il silenzio sembrò durare un’eternità, durante il quale nessuno dei due si era mosso, lì immobili uno accanto all’altro sul pavimento freddo aspettavano, l’uno il coraggio di fare la scelta giusta, l’altra il verdetto che avrebbe condizionato per sempre la sua esistenza. Vicini come mai erano stati. Quindi lui si alzò aiutando Narcissa a fare lo stesso.
«Farò in modo che lei e la sua famiglia veniate scagionati.  Ho saldato il mio debito. Addio signora Malfoy», disse lui voltandole e spalle e avviandosi verso la porta.
«Sì, signor Potter, lo avete fatto. Grazie», ringraziò lei con voce diversa, come ringiovanita dalla speranza.
Una volta che questi fu uscito Narcissa proruppe in lacrime, ma erano lacrime di sollievo. Ce l’aveva fatta. Il primo grande passo verso un futuro migliore era stato compiuto. Non era che l’inizio, ma era un buon inizio.
  
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