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Autore: MeliaMalia    22/02/2006    4 recensioni
Scusatemi, ma non ho resistito... E se Willy Wonka non avesse cercato un erede, ma una moglie?
Questo racconto vuole essere una gentile parodia di un libro e di un film che ho apprezzato molto; se vorrete commentare e consigliarmi, mi farete molto felice!
Completata! ^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SESTO

“Hai notato che siamo rimaste solo noi due?” Viola annuì nervosamente. Stavano in disparte, mentre il cioccolatiere comunicava alcune disposizioni a quegli stranissimi esseri, gli Umpa-Lumpa.
“Dici che ne usciremo vive?” balbettò a mezza voce, lanciando maledizioni mentali a quella disgraziata di sua nonna.
“Certo che sì!” Sara la rassicurò con un occhiolino. “Magari non sane di mente, ma di certo vive sì!”
“Ah… evviva…”
“Io credo che…” Il tono della ragazza divenne ancora più basso. "Le altre siano sparite in così rapida successione perché…” e calò ancora, finendo in una nota a dir poco lugubre. “Perché l’autrice non ha più voglia di scrivere!” Annunciò infine, teatralmente.
“Oh!” Viola si portò le mani alle labbra, sorpresa. In realtà, cercò di allontanarsi quanto più possibile, dato che nemmeno codesta Sara stava dimostrando grande equilibrio mentale. Ma insomma, era finita in una gabbia di pazzi!
“Signore? Prego, da questa parte!” Una grande gondola color gomma da masticare si avvicinò a quello che sembrava un molo sul fiume di cioccolata, e Willy Wonka vi balzò agilmente sopra. “Accomodatevi!”
Un centinaio di Umpa-Lumpa fungeva da rematori; salire in una cosa galleggiante in un mare di cioccolata con sopra un pazzo vestito in giacca di rondine e mossa da un esercito di nani non era esattamente una delle cose che Viola s’era creduta di fare prima di sera, però, come ogni buon essere umano, si adattò alla situazione, seguendo Sara.
Vincendo il ribrezzo, lui allungò elegantemente un braccio, aiutando prima l’una e poi l’altra a salire ed accomodarsi. Infine, si sedette proprio accanto a Viola, dando agli Umpa-Lumpa il comando di partire. Ed essi obbedirono, solerti.
Sara si perse nell’affascinata ammirazione della barca che, lentamente, scivolava per l’immenso, morbido ed invitante fiume di cioccolata. Esso s’increspava sui fianchi dell’imbarcazione, denso e scuro.
Wonka allungò un mestolo fuori dalla barca, e riempì due tazze: una per sé, una per Viola.
“Bevi. Mi sembri un po’ secca.” Osservò, forse cercando d’essere gentile. O addirittura nel tentativo di un complimento.
Viola accettò la gentile offerta, e, presa la tiepida tazza tra le mani, ne bevve un goloso sorso.
“E’ davvero saporita!” Per la prima volta nella giornata, gli rivolse un sorriso sincero, che Wonka, quasi senza accorgersene, ricambiò.
“Ovvio che è saporita. Sai, la mischiamo con una cascata…”
“Ricorda quella che faceva mia madre.” Viola bevve un altro sorso.
“Tua madre disponeva di una cascata?”
“No...”
“Allora è impossibile che fosse buona come la mia!” concluse in piena logica.
“Oh, beh. Ma lei ci metteva l’amore. Credo fosse questo.”
E qui lui non rispose.
Le pupille gli si dilatarono, prese a fissare il vuoto e sembrò andare del tutto in botta. Notando il fenomeno, Viola annusò con preoccupazione la sua porzione di cioccolata

“Mamma, ma esci anche questa sera?” un piccolino bussò spasmodicamente alla porta della stanza materna, e infine, con qualche sbuffo da parte della genitrice, questa gli fu aperta.
Sua madre afferrò il bocchino e si accese una sigaretta. Era una bella, bellissima donna, con enormi boccoli neri, e occhi neri come l’inferno. Aveva un neo finto al lato sinistro del volto, accanto alle bellissime ed enormi labbra dipinte di rosso, spesso ripiegate all’ingiù, in un’espressione di disgusto nei confronti del suo unico pargolo.
“Certo che esco.” Borbottò, mentre lui, tenendo il capo chino a causa dell’abbigliamento decisamente provocatorio della genitrice, entrava timidamente nella sua stanza. “Se non trovo da lavorare io, chi ci pensa?”
“Ma mamma… non potresti lavorare di giorno?”
“Di giorno? No. Di giorno dormo.” Il ragionamento non faceva una piega. Sua madre si chinò sul suo specchio, e prese a truccarsi con grande maestria gli occhi.
“Ma…”
“Willy, non rincomincerai con quelle storie tipo ‘non ci vediamo mai’ e simili?” Ringhiò colei che era la madre di Willy Wonka, a mo’ di avvertimento. “Non hai ancora capito che io non voglio vederti?”
“Ma…”
“Tuo padre prima mi frega, poi scappa con una biondina! Tutti uguali, voi uomini!” Ecco, adesso era lei che ricadeva nei soliti discorsi. “Avrei fatto prima a mollarti in un bidone, e invece no! Faccio sacrifici, ti mantengo…”
“Ma…”
“Vedi? Sei uguale a tuo padre! Prima ti lamenti, e poi…” Sua madre chiuse di scatto il mascara, andò dietro un paravento, e cominciò a cambiarsi gli abiti. O meglio, ad indossarli, finalmente. Sempre che i suoi capi d'abbogliamento potessero propriamente essere definiti abiti.
“Ma…”
“E POI SCAPPATE!” Lei si affacciò, il volto tinto di rosso dal furore. “Ah, ma io lo so ! Lo farai anche tu! Perché credi che non ti voglia vedere? Almeno non mi affeziono!”
“Ma…”
Lei uscì come una furia, afferrando distrattamente un rosso boa di struzzo, e mettendoselo sulle spalle. Controllò per un attimo il risultato allo specchio, quindi si avviò verso la porta.
“Anche tu un giorno farai così. Ti dimenticherai di me, mi mollerai per una sgualdrinella!” Mormorò, con voce addolorata. Quindi, si chiuse la porta alle spalle, lasciandolo come sempre solo.
Willy sentì lacrime bruciargli ai lati degli occhi. Era andato a cercarla solo per farle assaggiare i biscotti che aveva cotto al forno per lei, solo per lei. Perché non c’erano altre che lei, nel suo cuore, non c’era altro che quella mamma sfuggente e rabbiosa, quella mamma di un mestiere che tutti trovavano degno d’insulti. Ma era la mamma.
“Io non vorrò mai altre, oltre te…” Mormorò, pieno di dolore.


“Si… Signor Wonka…?” Viola, infine, dopo una consultazione con una Sara ancora più preoccupata di lei, si decise ad agitarli innanzi una mano.
“Eh? Ah!” Lui si riscosse, fissandola con aria sorpresa. "Si.. sente bene?" Azzardò Viola.
“Cos…? Sì, sì. Sto benissimo. Stavo solo… avendo un piccolo flash-back!”
“Ah. Le capita spesso?”
“Non capitava da un po’…” Ammise, con un sorriso tanto folle da poter terrorizzare un’intera armata di uomini. Sara e Viola decisero di sedersi vicine, lasciandolo in disparte. Non fosse mai che uno di codesti ‘flash-black’ contenesse, per esempio, un tentato omicidio.

   
 
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