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Autore: Jordan    27/05/2011    1 recensioni
“Scendi stupida, sono giù da venti minuti!”
Erin era così stramaledettamente puntuale! Infilai le scarpe e volai per le scale del condominio infilandomi malamente il cappotto e tentando di non cadere giù dalle scarpe coi tacchi che per quella sera avevo sfortunatamente deciso di indossare. Ma a Capodanno si deve essere un tantino più eleganti, no?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Sei ancora tra noi? » la voce di Pam mi ridestò dalle nuvole che aleggiavano allegre e felici intorno ai miei pensieri.

Annuii forse un po’ troppo velocemente e presi a scrivere una lista di punti da seguire per la stesura del saggio. Non riuscivo proprio a concentrarmi.

« No, non ci sei. » Da quando era così irritante?

« Senti, ok, non ci sono, ma smettila. » urtata, mi alzai di scatto e andai dritta verso la mia stanza, sbattendo la porta una volta che ebbi varcato la soglia, facendo sì che lo scatto della chiave segnasse una chiara e netta separazione.

Non sapevo esattamente per quale motivo mi avesse dato tanto fastidio. Forse il fatto di non essere pienamente cosciente di quello che avevo per la mente, la voglia nulla di rispondere a qualunque domanda e la mia mancata capacità di riconoscermi nei comportamenti che avevo avuto negli ultimi giorni. Non ero io, semplicemente.

Li sentivo bisbigliare dall’altra stanza, preoccupati dalla mia reazione, fino a quando non sentii una delle sedie strisciare contro il pavimento e alcuni passi che si avvicinavano nella mia direzione. Seguiti da un rumore di nocche che battevano sul legno della mia porta.

« Vai via » dissi secca, senza neanche sapere chi fosse di loro.

« Apri. » era Pete. Era il tono categorico di Pete, per l’esattezza. Quello che non ammetteva repliche, a meno che tu non volessi litigare e non parlargli mai più.

Mi alzai lentamente, avviandomi verso la porta e feci scattare la serratura, e, senza aprire la porta, tornai a sedermi sul letto. Pete la aprì piano, qualche secondo dopo, per poi sporgere la testa e fare capolino nella mia, disordinata, stanza.

« Posso? » chiese con voce bassa. Lo guardai malissimo; gli avevo aperto la porta, cosa voleva dire secondo lui? Entrò e si sedette di fronte a me ai piedi del letto.

« Che ti prende? » disse. Io sbuffai. Sempre quella domanda. Sempre la stessa da giorni.

« Non mi prende niente. » Stavolta fu lui a sbuffare. Si avvicinò leggermente per poggiare la sua mano sulla mia.

« Gabi. Per favore. » era preoccupato. Non era da me fare così. « Vieni qui dai. »

A quelle parole fui io ad avvicinarmi ed abbracciarlo con tutta la forza che avevo dentro. Lo adoravo, così per com’era.

« Ti piace? » sussurrò « Dominic intendo. »

« No. » risposi, monosillabica.

« Ne sei sicura? » chiese ancora, con voce calma. Sapeva che quel discorso non mi piaceva e non voleva farmi arrabbiare.

« N-Sì. » risposi istintivamente. E mi morsi la lingua per quello che, forse, stava per uscir fuori dalle mie labbra.

Pete scoppiò a ridere di scatto, rideva di gusto.

« Quando imparerai ad essere decisa tu? » mi diede uno schiaffetto sulla guancia « Gabi, non c’è niente di male se ti piace. Lo sai vero? »

Non era vero. C’era molto di male. Eravamo amici, prima di tutto il resto. Mai innamorarsi di un amico. Tanto meno di Dominic, che passava le sue giornate a prendermi in giro. E poi, non ci vedevamo mai. Lui studiava lontano, e i nostri incontri si limitavano a quelle quattro o cinque occasioni in cui la vecchia classe si riuniva. E per nostra disgrazia, la meravigliosa idea di Rebecca Danwoody di organizzare una specie di ballo a Marzo per chi si era appena diplomato, oltre alla consueta festa per gli ex alunni per chi aveva lasciato il liceo da più di quindici anni. Un’occasione per non perdersi, dice lei. E se io avessi voglia di perderti di vista?

Scossi la testa e mi allontanai dall’abbraccio per appoggiarmi alla testata del letto.

« Sei una cretina » mi disse soltanto.

« Grazie. » ribattei secca « Mi ci voleva proprio una bella carrellata di insulti affettuosi da parte tua. »

Lui si alzò, andò verso la porta e disse solo « Muoviti e torna di là a deprimerti con noi. » ed uscì, chiudendo la porta.

Aveva ragione. Dannatamente ragione. Ero una cretina. Ero lì da settimane a pensare al motivo per cui si era comportato in quel modo. Ero lì da settimane a pensare a lui. Ero lì da settimane a perdere sonno per colpa sua.

La risposta appariva troppo semplice, eppure non avevo mai osato considerarla. Forse perché implicava troppe cose che cambiavano, e io ero un’abitudinaria. Non volevo pensare a quell’eventualità.

Andai in bagno, mi sciacquai la faccia e tornai in cucina.

« Grazie. » dissi semplicemente, voltandomi verso Peter.

« Ah, perché? Ho fatto qualcosa? » disse, continuando a scrivere chissà cosa su un foglio, alzando di tanto in tanto lo sguardo per cogliere informazioni dal libro di fronte a lui.

Istintivamente risi per poi rispondere in maniera negativa. Non aveva fatto niente, avevo fatto tutto io. Era un’idiota.

« Ah, Gabi. Nel caso in cui avessi ragione, ti consiglio di mandare un messaggio ad Erin. Non sia mai che io sappia qualcosa prima della tua migliore amica. » disse facendomi l’occhiolino.

Questo fece rizzare le orecchie alle altre tre nella stanza.

« Cosa? » fece Pam istintivamente, seguita da Stacey che miracolosamente smise di secchioneggiare per seguire la discussione.

« Ci siamo perse qualcosa, miei cari? » disse infine Meg, con fare accigliato e poco incline ad accettare un mio solito “niente”.

Alzai gli occhi al cielo e maledissi Pete per il suo poco tatto nel rivelare informazioni a bruciapelo senza pensare ad un possibile calvario da parte delle ragazze.

« Ti odio. » sibilai nella sua direzione, mentre lui se la rideva come un matto per ciò che aveva appena scatenato. « Ragazze, davvero, non è niente. »

« Mi hai seccato tu! Ragazze, posti di combattimento! » urlò Stacey che si alzò e mi venne vicino con tutta la sedia. Poco dopo, mi ritrovai accerchiata da tutte e tre. Non avevo via di scampo.

« Dominic. » dissi soltanto, sperando di zittirle. Inutile dire che quest’affermazione ebbe l’effetto contrario.

« Cosa? È vivo? Si è scusato? » Pam parlava a raffica, senza darmi il tempo di dire qualsiasi cosa volessi dire.

« Lasciala vivere! » disse Meg « continua, dai. Ti ascoltiamo. »

« Ecco. Insomma… come dire… beh, è difficile spiegarlo… » temporeggiavo, perché non ero neanche sicura anch’io di cosa volessi in realtà dire. Ero una frana.

« Ecco. Insomma… come dire… la signorina s’è presa una cotta coi fiocchi a quanto pare. » disse l’unica voce maschile nella stanza, facendomi il verso.

Le tre ragazze cominciarono a ridermi in faccia. Perché loro ne erano sempre state convinte come Erin. A quel punto feci l’unica cosa sensata da fare.

Presi il cellulare e digitai « Dobbiamo parlare. Chiamami appena puoi! xxx » Destinatario: Erin.

Le altre ancora ridevano e Pete con loro.

Ma che razza di migliore amico mi sono scelta?

« Allora, quando avresti intenzione di dirlo a lui? » chiese Stacey dopo essersi ricomposta.

« Chi vi dice che io abbia intenzione di farlo? » dissi io con nonchalance, mentre rosicchiavo la matita con cui avevo ripreso a scrivere.

Silenzio.

« Che vuol dire che non vuoi? » chiese, prendendo la mia matita e impedendomi di scrivere.

« Oh andiamo Stacey, come credi che io possa finire il saggio in una settimana se mi impedite di studiare? » dissi esasperata « Non ho intenzione di dirglielo, punto e basta. Fine della storia. Mi passerà e sarà come se niente fosse successo. ».

Mi ripresi la mia matita e ripresi a studiare. Più o meno. Perché i loro bisbigli mi innervosivano. Cosa era peggio? Affrontare il discorso una volta per tutte o non finire il saggio per la Wurben?

« Ragazze, io e lui siamo amici. Non posso rovinare cinque anni… così! » dissi finalmente dopo un po’ di tempo.

« Definisci il così, grazie. » disse Pete con la bocca piena di pop-corn presi dalla ciotola al centro del tavolo.

« Oh avanti, se glielo dicessi cambierebbe tutto. In negativo. Mi eviterebbe, e trascinerebbe in qualche modo tutti gli altri. » dissi ponderando tutte le opzioni che mi affollavano la mente, evitando accuratamente la prima: mi vergogno e non so come dirlo.

« Oppure potrebbe andare bene e vi ritrovereste a darci dentro come conigli dopo poco tempo, chi lo sa… » disse Peter. Lo guardai con aria allibita.

« PETE! » urlammo in coro tutte. Lui rise ma biascicò qualcosa che implicava una “possibilità da non escludere”.

« Non dire idiozie. Per favore. Siamo troppo uguali per interessarci a vicenda » dissi convinta.

« A te piace però. » affermò Pam.

Era vero. A me piaceva, ma non potevo piacergli io. Aveva sempre avuto un altro ideale di ragazza. Ricordavo perfettamente Shelly. Degna rappresentazione di come sarebbe potuta essere la sorellina di Barbie in versione cresciuta.

Vediamo un po’: lei bionda, dalla pelle ambrata e un fisico da bambola, io bassina, color mozzarella e degli anonimi capelli castani. E volevano anche fare un paragone?

Per carità, non che mi giudicassi orrenda, è che proprio il paragone era impensabile in questa situazione precisa. Decisi di evitare la domanda. Non volevo sentire ragioni.

« Non glielo dico. Punto. » sperando che la discussione finisse lì.

« Io l’avrei valutata l’opzione dei conigli…sarebbe stato interessante. » disse Pete, serissimo.

L’avevo già detto che lo odio, vero?

~ Grazie a chi ha letto. Chi ha recensito. Chi segue la storia. Grazie.

@BlackMoonRising – I primi due capitoli erano più pensati come una presentazione dei vari personaggi con cui si andrà ad interagire. Sono contenta che ti abbia incuriosito, e spero che le aspettative non deludano :)

  
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