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Autore: Akemi_Kaires    27/05/2011    1 recensioni
[Scritta da gm19961 e da Akemi_Kaires]
Maya. Phoenix. Franziska. Miles.
Quattro persone ben distinte, con vite diverse e tantissime cose in comune.
Queste quattro vite sono legate dalla stessa tragedia, vissuta in modo diverso da ciascuno di loro: il processo a Zak Gramayre e il ritiro del distintivo di Wright.
Quanto sono cambiate le loro vite? Cosa è capitato a loro? Cos'è successo dopo quella tragedia?
L'amicizia che li legava sarà capace di curare la ferita inferta da questo evento... e qualcosa di assolutamente magico cambierà ulteriormente e definitivamente le loro vite.
Fic al momento sospesa per mancanza di tempo e ispirazione
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franziska von Karma, Maya Fey, Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Prima di iniziare a leggere... vorremo brevemente spiegarvi com'è nata questa fan fictions! Esatto... siamo state in due a crearlo: Akemi_Kaires & gm19961!
Abbiamo deciso di scriverla perchè amiamo questi personaggi di Ace Attorney... e perchè da tanto tempo immaginavamo la vita di questi personaggi dopo il processo a Zak Gramayre! (Ovviamente con un po' di romanticismo... ^_^)
Mi raccomando, non chiudete immediatamente la pagina, per favoreeeeeeeee!
Diamo ovviamente per scontato di ricevere numerose recensioni... per favore! Chiunque legga è pregato di dirci cosa ne pensa (e non spaventatevi dalla lunghezza del capitolo...)!

13 Marzo, ore 15:45
Stanza d’addestramento
Residenza Fey, Villaggio Kurain


«Va bene, care mie allieve. Per oggi l’addestramento è concluso. Potete ritirarvi nelle vostre case».
Dopo aver congedato le giovani sensitive, la Maestra si ritirò nella sala dell’evocazione per proseguire il suo allenamento personale.
Il suo era un compito importante e non poteva trascurare alcun minimo dettaglio se voleva essere degna del suo nome e se voleva mantenere vivo e glorioso il ricordo di sua madre, la quale aveva sacrificato la vita per lei.
La Mistica Maya, figlia di Misty Fey e nuova Maestra del Villaggio Kurain, sorrise mentre ammirava il sorriso di sua madre nell’unica e ultima foto che le era rimasta.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’aveva vista, anche se per puro e triste caso? Sette anni, se non di più.
E con quell’ultimo processo si era concluso tutto… Anche ciò che lei stessa non voleva che finisse.
Ma cosa poteva farci? A volte il destino prendeva il suo corso e nulla poteva fermarlo. Era veloce, rapido, e non dava neanche il minimo tempo per riflettere e pensare su ciò che capitava. Talvolta era perfino letale.
Immersa nei suoi riti da sensitiva, Maya non poté fare a meno di rievocare il passato, di rivivere quel momento che aveva polverizzato ogni suo sogno, facendolo diventare cenere ma dalla quale non sarebbe rinata una Fenice come un tempo. No, era tutto finito, lei lo sapeva bene.
Nulla, oltre a quei dolori ricordi, poteva ricordaglielo meglio…

18 Aprile, ore 11:52
Studio Legale Wright & Co.

«Ok... Penso di aver preso tutto» disse Phoenix Wright, l’avvocato, guardando soddisfatto il suo Registro Processuale. Si avviò verso l’uscita, sorridendo alla sua giovane assistente.«Ciao, Maya, devo andare!».
La sensitiva rimase colpita da tale affermazione. Scattò in piedi, con ancora il sacchetto dei pop corn in mano, delusa da ciò che le aveva appena detto.
«Nick! Dove stai andando?» chiese, con tono di voce triste, mentre lanciava occhiate frequenti allo schermo della televisione. «Avevi promesso che avresti guardato la “Principessa Rosa” insieme a me!».
«Uh… Scusami, Maya, ma ora devo andare…» rispose lui in un modo piuttosto evasivo, incuriosendo ancor più Maya.
«Dove? Cosa c’è di più importante della “Principessa Rosa?”?» domandò lei, con il solo obiettivo di scoprire cosa le nascondeva. Sapeva che avrebbe ceduto, prima o poi, e che le avrebbe confessato i suoi piani. Lo conosceva da troppo tempo e pensavano sulla stessa lunghezza d’onda.
Phoenix, sospirando, si arrese. «Devo andare nel centro di detenzione a parlare con un cliente».
«Un cliente?» strillò eccitata. «Ma perché non me lo hai detto prima? Vengo con te!» e così dicendo afferrò al volo la sua tracolla e si avvicinò all’avvocato, entusiasta per l’arrivo di questo nuovo incarico.
Le piaceva davvero tanto poter essere aiuto all’uomo che le aveva salvato la vita. Sapeva di stare dalla parte del giusto, di fare un azione buona. Era anche un modo per ringraziare la madre e la sorella che avevano dato la vita per lei.
Cosa c’era di più nobile di mettere al servizio della Verità le proprie doti di sensitiva?
Di certo, però, non si sarebbe mai immaginata cosa stava per risponderle Phoenix…
«No ,Maya.Tu resti qui» disse secco, inarcando le sopracciglia, afferrando la maniglia della porta e facendo per uscire.
Senza pensarci due volte, Maya lo afferrò per la manica della giacca blu elettriceo e lo trattenne. «Non ci penso neanche!» esclamò furente, stringendo i pugni. «Io vengo con te!».
«Testarda come sempre» mormorò tra i denti l’avvocato, malcontento, alzando gli occhi al cielo. Maya notò che c’era una nota di rimprovero in quelle parole acide.
Il suo cuore ebbe un sussulto.
«Si!» rispose con voce tremante lei, intimorita dal tono di voce che lui aveva appena assunto.
Non si era mai rivolto così a lei. L’aveva sempre accettata, contento del fatto che le fosse accanto, e mai aveva rifiutato così in malo modo la sua presenza.
Percepì qualcosa di strano, come un’ombra che si aggirava attorno a loro, come se qualcosa stesse per andare storto.
Aveva imparato a dare retta a quella strana voce che l’avvertiva di qualcosa che non stava andando per il verso giusto. Tutte le volte che l’aveva udita, qualcosa le era sempre capitato. Ora non avrebbe esitato a darle ragione.
Lo sapeva anche lei che Phoenix aveva qualcosa si strano…
«D’accordo, puoi venire. Mi accompagnerai al centro di detenzione» rispose invece lui, stupendola alquanto.
Che la voce si fosse sbagliata? Forse il suo istinto si era lasciato ingannare?
Cominciò a pensarlo, Maya, totalmente presa dalla felicità e dalla gioia che avesse giudicato troppo presto l’amico. Cominciò a saltellare sul posto, eccitata, sprizzando energia da tutti i pori.
«Forza! Andiamo, Nick! Parliamo con il nostro cliente!» disse, trascinando fuori dall’ufficio l’avvocato per la manica, ridendo gioiosamente.
Ma lui non proferì parola. Stette zitto, fissando il pavimento, senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
L’inquietudine che Maya aveva percepito prima l’aveva investita di nuovo.
Stava urlando sempre più forte, dicendole che c’era qualcosa che stava andando storto, avvertendola del fatto che l’amico non si stava comportando in modo normale.
“Nick… perché non mi guardi?”.
Sembrò che una lancia le avesse appena trapassato il cuore. Provò un dolore lancinante, una fitta dolorosissima al petto. Non le era mai capitato di provare un dolore simile.
«Nick! Che ti succede?» mormorò preoccupata, andando davanti al suo amico, prendendogli una mano. «Mi sembri molto triste! E’ successo qualcosa?».
Nonostante cercasse il suo sguardo, Phoenix continuò a tenere il capo chino, senza incrociare gli occhi lucidi della sensitiva.
«No, niente, Maya» sussurrò lui, con un tono di voce basso e triste. Lasciò lentamente la mano della ragazza, avanzando lungo il corridoio. «Andiamo o faremo tardi».
Non seppe cosa fare. Esitò, mentre osservava Wright avanzare senza di lei, indecisa se seguirlo o obbligarlo a dirle cosa veramente pensava.Perché si stava comportando in quel modo?
Perché non la guardava, sorridendo, come sempre faceva? Come mai non era entusiasta di andare con lei al centro di detenzione, di affrontare una nuova sfida fianco a fianco con lei?
Per la prima volta nella sua vita, a Maya sembrò che le cose le stessero davvero sfuggendo di mano sotto i suoi occhi e le sue mani impotenti.

18 Aprile, ore 12:22
Centro di Detenzione
Sala visite

Erano seduti sulle sedie da una decina di minuti, ormai.
Maya continuò a spiare di sottecchi Phoenix, cercando di non farsi cogliere in flagrante, mentre si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore.
Le parve che l’amico si fosse fatto sempre più nervoso ogni passo che facevano, ogni minuto che si avvicinavano sempre più al centro di detenzione.
Amareggiata, non seppe trovare una spiegazione a quell’assurdo comportamento.
“Solo il tempo mi porterà una risposta” si disse, cercando di rassicurarsi. “Forse è solamente agitato. Si tratta pur di un processo, non di un gioco qualunque. Dopotutto le vite degli imputati dipendono da lui, no? E’ giusto che si senta così…”.
Ma nemmeno lei era piuttosto convinta di quel pensiero.
Solo i passi che si udivano sempre più vicini la fecero riemergere da quelle riflessioni.
L’imputato stava arrivando e con lui anche la verità.
«Ok ,Maya… Il mio cliente sta arrivando» esclamò improvvisamente, cogliendo di sorpresa Maya, Phoenix. «Quindi… è meglio che tu esca» le ordinò con uno sguardo freddo ed un tono di voce che rimarcava l’ordine dato nella frase.
«Che cosa?!» strillò lei, scattando in piedi. «Cosa stai dicendo? Perché mai dovrei uscire?!».
Incredula, Maya Fey fulminò il giovane con lo sguardo. Non riuscì a credere a ciò che le sue orecchie avevano appena udito. Le aveva appena chiesto di lasciare la stanza? E per quale motivo?
Non riusciva a comprendere il perché di quello strano comportamento.
«Maya, esci dalla sala» ordinò nuovamente lui, scandendo bene le parole, con tono a dir poco irritato.
«Perché?» urlò Maya, mentre le lacrime cominciavano a inumidirle gli occhi. «E’ come tutte le altre volte! Resto sempre con te quando interroghiamo qualcuno!».
Il suo cuore prese a battere velocemente, in preda al panico, e il suo fiato si fece sempre più corto. Le mancava l’aria, come se stesse per soffocare.
Quella richiesta fu veramente il colpo finale per lei.
«Questa volta vorrei parlare da solo con lui» spiegò brevemente lui, con un tono di voce evasivo. «Ti prego ,Maya Fallo per me.Lasciami solo con il cliente».
«No!!!» urlò lei, facendo di no con la testa, ribellandosi al volere del ragazzo.
«TI HO DETTO DI USCIRE DALLA STANZA!» urlò Phoenix spazientito, scattando in piedi e indicandole con l’indice la porta, furente.
Gli incubi peggiori di Maya si stavano avverando. Le parve di essere sola al mondo, che nessuno potesse capirla.
Perché stava accadendo tutto questo? Per colpa di un imputato?
Non seppe neppure dirsi cosa aveva potuto fare di male, come mai lui la stava trattando in quel modo.
«Nick perché mi parli così?» mormorò, mordendosi con forza il labbro fino a farlo sanguinare. Le lacrime ormai le rigavano il volto stanco.
«Io lo faccio per te… Maya, cerca di capirmi…» cercò di dirle con parole semplici e con tatto, impietosito nel vederla così. Fece un respiro profondo, raccogliendo tutto il suo coraggio perché ne era certo che non gli sarebbe neppure bastato per chiederle quella cosa… «Ti prego, vai fuori».
«Sei cattivo, Nick!» pianse Maya, spingendolo via con furia.
Stupito dalla reazione, seppur giusta, della giovane, Phoenix si lasciò dominare da quell’istinto che l’aveva condotto a comportarsi in tal modo. «Si, sono cattivo! Ora esci!» le ordinò nuovamente, indicandole per l’ennesima volta l’uscita.
Senza guardarlo in faccia, accecata dalla rabbia e dal dolore, la sensitiva si diresse a passo veloce verso la porta, afferrando con furia la maniglia.
«Maya…» sussurrò Phoenix, voltandosi un ultimo istante verso di lei. «Io non voglio che tu venga coinvolta in questa storia. Preferirei che tu domani non venissi al processo».
Ecco, quella frase che Maya sperava tanto di non dover sentire. Dopo tutto quel dolore, anche privarla dell’unica cosa che poteva riaggiustare le cose tra loro era stato davvero il massimo che la sua pazienza poteva sopportare.
E la voce che la avvertiva dei brutti presentimenti cominciò a strillare.
«Ma… Io vengo sempre ad assisterti ai processi! Non puoi chiedermi di fare una cosa del genere!».
«Lo so, ma questa volta sarà diverso.Preferisco cavarmela da solo… Adesso, Maya…» aggiunse in tono grave, facendole un ultimo cenno di capo verso la porta come per acconsentirle di andare.
Non trovò più parole né lacrime da versare. Uscì velocemente, sbattendo la porta, cominciando a correre con furia verso lo studio legale, ignorando le gambe che imploravano pietà per il troppo sforzo.
“Al diavolo il dolore!”.
Le lacrime cominciarono a solcarle il volto, copiose.
Si bloccò davanti alla porta d’ingresso dello studio, con uno sguardo deciso, sicura su cosa avrebbe fatto.
“Nick, mi dispiace… Io, domani… Ci sarò. Nulla potrà fermarmi”. Nel frattempo, nel centro di detenzione, dopo l’interrogatorio, Phoenix fissò a lungo la sedia dove Maya stava seduta prima del litigio.
Ricordò dolorosamente il suo viso marchiato dal dolore, le lacrime che scendevano dai suoi occhi colmi di tristezza e di rabbia, le sue parole ricche si inconsapevolezza e imploranti.
“Maya… Non ti rendi conto che sto facendo tutto questo per proteggerti? Non capisci che non voglio che anche tu ti metta nei guai?” pensò, passandosi una mano sul volto. “Almeno tu… Te ne prego… Non entrare a far parte di questa situazione…”.

Forse non l’aveva nemmeno fatto apposta, magari non voleva ferirla in quel modo. Il vero motivo, per ipotesi azzardata, poteva essere che voleva proteggerla da qualcosa o da… qualcuno.
Anche se a distanza di parecchi anni dal fatto, Maya non riuscì ancora a capire quel suo strano comportamento. E ancor meno… il suo ruolo in quel processo.
Per lei quel che accadde fu peggio di una stilettata al cuore.
Aveva assistito alla fine di tutto, perfino della sua vita.
Però… non si era pentita di aver disubbidito a quegli ordini.
Anche se il suo cuore, in realtà, avrebbe fatto volentieri a meno di assistere a quel che successe dopo quel processo…

19 Aprile, ore 13:32
Tribunale Distrettuale
Sala Imputati N° 2

“E’ successo qualcosa, me lo sento!”.
Maya continuò a camminare avanti e indietro, mentre il cuore le batteva forte e pulsava senza sosta, mentre pregava che tutto terminasse al meglio, che quell’incubo terminasse e tutto tornasse come prima.
Perché avevano mandato fuori tutti dopo che Phoenix aveva mostrato quella prova?
Cosa era successo? E come mai quel giovane procuratore, quel novellino, sorrideva in quel modo così vittorioso?
Per la prima volta nella sua vita, si sentì schiacciata da un peso enorme che era quella voce che le urlava nella testa così forte da farla star male.
In cuor suo sperò tanto che il suo Nick tornasse sano e salvo…
Ad un tratto, mentre se ne stava con gli occhi chiusi e le orecchie tese in attesa di sentire qualcosa, udì dei passi. I Suoi.
Non appena la porta si spalancò, Maya si gettò tra le braccia dell’avvocato e lo strinse con forza, sollevata nel vederlo ancora lì con lei.
«Nick!!! Sei tornato!!!» urlò dalla gioia,guardandolo in volto. «Che cosa è successo? Dove sei andato dopo che il processo è finito? Perché ci hanno mandati tutti fuori?».
La fronte di Phoenix si corrugò e il suo sguardo si fece furente nei confronti della giovane sensitiva.
«Maya! Ti avevo detto di non venire al processo di oggi!!!» la rimproverò lui, staccandosi dal suo abbraccio. «Come al solito mi hai disubbidito».
«E invece ho fatto bene a venire!» replicò con grinta, decisa. «Che cosa è successo lì dentro? Che cosa ti hanno fatto, Nick?».
Lui evitò il suo sguardo, aprendo il registro processuale e afferrando quella pagina di diario che lui stesso aveva mostrato.
Chiuse la mano in un pugno, accartocciando il foglio, rosso in viso, mentre la rabbia cominciava a ribollire nel suo corpo.
«Lo sapevo… Avevo il presentimento che qualcosa sarebbe andato storto!» sbraitò furente, gettando a terra con furia la pallina di carta. «La prova falsa… Sono stato uno stupido…! Quel pezzo di carta era troppo “innaturale”! Avrei dovuto nutrire qualche sospetto fin dall’inizio…! E invece eccomi qui, con il mio completo blu e la mia cravatta fucsia. Ma se noti, Maya… Manca qualcosa in questa giacca» mormorò con voce grave, rotta dal pianto che pareva ormai imminente, guardando la giovane sensitiva negli occhi con uno sguardo distrutto e demoralizzato, lo stesso di chi ha perso tutto. «Un oggetto che dava a valore all’uomo che lo indossava».
Maya abbassò lentamente lo sguardo, gli occhi sbarrati dallo stupore, senza avere il coraggio di guardare effettivamente…
Aveva paura che il suo presentimento fosse vero, che ciò che pensava fosse realmente accaduto.
«IL TUO DISTINTIVO!!!» urlò traumatizzata, afferrando la giacca e disegnando il contorno di quella spilla più e più volte, come per provare se realmente essa era sparita. «Dov’è il tuo distintivo???» domandò in preda al panico, con l’enorme paura di sentire quella risposta…
«In questo momento mi è stato confiscato dalla corte suprema» rispose lui, affranto. «Me l’hanno letteralmente “strappato dalle mani”».
La sensitiva indietreggiò di qualche passo, guardando il giovane colpita, con la bocca spalancata, senza riuscire a proferir parola.
Aveva ragione quella voce, la stessa che pervadeva la sua mente, quella che l’aveva avvertita sin da subito.
Se le avesse dato retta sin da subito… forse avrebbe evitato ciò che era appena accaduto. Invece ora non poteva più fare nulla, solo osservare lo scempio che la sua negligenza aveva appena dato origine.
«Maya, hai davanti a te un fallito, un uomo che ha perso tutto! Un perdente… quello che ero e sono sempre stato».
«No, Nick!!! Perché hai presentato quella prova?! Perchè???» urlò inferocita, sbattendo un pugno contro la porta, mentre le lacrime calde cadevano già a terra copiose, guardando negli occhi quell’amico che l’aveva sempre protetta. «Dimmelo adesso, Nick! Chi te l’ha data?! Lo voglio sapere!» gridò lei, con tutta la voce che aveva in gola. «Giuro che me la pagherà cara!».
Phoenix le si avvicinò lentamente, afferrandola per le spalle nel vano tentativo di calmarla.
Era così confusa, sopraffatta da tutti quegli strani avvenimenti che l’avevano vista come protagonista in quell’ultimo periodo. Non riusciva a capacitarsi del motivo di tali follie, non riusciva a comprendere cosa realmente era accaduto.
Si sentiva confusa, persa… tradita.
«No,Maya. E’ inutile rimuginarci su questa faccenda» le disse lui. «E’ finita, per sempre».
“No… NO!”.
Maya scoppiò a piangere, scuotendo velocemente la testa, stanca di sentire quelle frasi ricche di dolore che la facevano tanto star male.
Stanca… di soffrire.
«Non sono tagliato ha fare l’avvocato» continuò imperterrito, senza darle tregua. «Ho fatto un passo falso. E questo mi ha fatto capire che razza di stupido sono. Avrei dovuto continuare il mio corso di arte all’università….ecco cosa avrei dovuto fare».
Afferrò la sua giacca e si avviò lentamente verso la porta, guardandola serioso. «Ma ora…vorrei che tu ti dimenticassi per sempre di me. Il Phoenix Wright che hai conosciuto, non esiste più» disse in modo freddo e arcigno, ferendo a morte i sentimenti della giovane sensitiva. «Quello che hai di fronte a te….è un fallito,uno stupido».
Senza esitare ancora, stanca di tutto quello che stava succedendo, della situazione che stava sfuggendo al controllo di entrambi, Maya Fey tirò uno schiaffo deciso a Phoenix, senza pentirsi di ciò che aveva appena fatto.
In quel momento si sentì tradita nel profondo e non solo. Aveva perfino infangato tutti i loro ricordi di quei momenti felici passati assieme, di tutte quelle cose che avevano fatto, di tutte quelle volte che si erano aiutati a vicenda e si erano fatti coraggio reciprocamente.
No, era stanca, Maya. Non poteva più sentire altre frasi di quel genere uscire dalla sua bocca.
«Come puoi dire questo!?» lo ammonì, minacciandolo col dito indice. «Nick tu sei e sarai SEMPRE un avvocato!».
«BASTA, MAYA!» replicò lui, alzando il tono di voce. «Non osare più pronunciare quella parole davanti a me!».
Era giunta l’ora di rievocare i ricordi del loro passato, di fargli ricordare cosa realmente contava nella vita. Non era solo l’orgoglio personale, né la vendetta a spingere un avvocato a continuare a lottare.
Lui gliel’aveva sempre spiegato con calma, facendole comprendere ogni approccio e significato di quelle parole, ed ora toccava a lei rammentargliele.
«Nick… dopo tutto quello che hai fatto per aiutarmi e per salvarmi non puoi mollare così! Non è servito a niente?! Impossibile… Nick!!!» pianse, stringendo tra le sue mani quella fredda del giovane ex-avvocato. «Ora pronuncerò quella parola che ritieni così brutta. Avvocato. Sì, tu hai capito che cosa vuol dire esserlo!». Phoenix sbarrò gli occhi, incredulo, ammirando la saggezza e la serietà con le quali Maya pronunciava tali parole.
«Un avvocato deve aiutare i deboli, credere sempre nel proprio cliente.E’ suo compito trovare la verità e combattere fino allo stremo delle forze per ottenerla. E tu hai vissuto questa esperienza. Molte volte, Sopratutto nei miei processi. Hai capito per cosa veramente vale la pena lottare! Ma….ora ti ostini a negare che hai appreso questo concetto! No, Nick ,non te lo permetto! Reagisci per l’amor del cielo!!!».
Sfogatasi di tutto ciò che doveva dire, Maya si lasciò andare in un pianto disperato, senza freni, mentre guardava negli occhi Phoenix.
“Ti prego… fallo per me… cerca di capire cosa veramente vale…”.
Purtroppo, però, i suoi sogni non si sarebbero avverati.
Per quanto si ostinasse a rifiutare la realtà, Maya Fey era consapevole del fatto che era tutto finito.
A confermarlo furono proprio le parole dello stesso “avvocato”.
«L’unica cosa che posso dire, anche se mi si spezza il cuore è “Addio”. Finalmente… ho trovato il coraggio di dirtelo. So che le lacrime scorreranno a lungo sul mio viso ma credimi, Maya, è meglio così. E’ ora che ognuno di noi prenda la propria strada, seguendo ciò che il destino ci ha riservato fin dalla nascita».
Il mondo parve sgretolarsi per Maya. Tutti i suoi sogni infranti, le sue speranze morte, ogni suo desiderio mai realizzato…
Ma non si sarebbe arresa. Se proprio lui non doveva più essere un avvocato… questo non voleva dire che non si sarebbero più visti e parlati. Dovevano continuare, assieme, esattamente come avevano sempre fatto.
«No, Nick !!! Dimmi che non è vero!!! Tu non puoi dirmi “Addio”!!!» pianse disperata. Le gambe non ressero più e lei cadde a terra, in ginocchio, davanti a Phoenix. «Io sono la tua migliore amica!! So che quelle parole non ti stanno uscendo dal cuore!!! Ti stanno uscendo dalla bocca, senza un briciolo di sentimento!! Nick!!! Rispondi!!!».
Il dolore la stava uccidendo, soffocandola a poco a poco, mentre nella sua mente quella voce si stava spegnendo a poco a poco, lentamente, lasciando solo una scia di tristezza e di ricordi infelici.
Era finita. Ora ne era certa.
«Maya… Tu sarai sempre nel mio cuore. Nessuno potrà mai cancellarti dai miei ricordi. Ma in questo momento Phoenix Wright non esiste più» le disse, chinandosi davanti a lei, asciugandole le lacrime col dorso della mano. «Ora la persona che ti sta davanti ha un altro compito da portare a termine».
Lo guardò in modo assente, senza capire. Quale altro compito doveva concludere?
Di certo non si stava riferendo a lei, ormai si era rassegnata all’evidenza. Ma allora…
« L’unica cosa che mi rimane da fare ora è donare amore e affetto ad una persona che non posso abbandonare e che non ha più nessuno ha solo me» spiegò vagamente, sorridendo in modo triste alla giovane sensitiva. «Il mio compito sarà di seguirla, amarla, aiutarla in ciò che accadrà. Quindi addio, Signorina Fey. Le auguro il meglio che può trovare lungo la sua strada».
C’era un’altra ragazza nella sua vita, allora.
Se Maya fosse stata una ragazza gelosa e non possedesse quel buon carattere che aveva, di certo avrebbe reagito in malo modo a quelle parole.
Invece sorrise, tra le lacrime, immaginandosi il meglio per lui. Una strana sensazione provò nel petto, come se qualcosa stesse bruciando, il suo cuore forse, ma non ci fece molto caso.
Avrebbe sopportato anche il dolore più grande del mondo, pur di veder il suo Nick sorridere un’ultima volta.
«Signorina… Fey…?».
«Tu ora, per me, sei un ricordo meraviglioso del passato… Ma ora siamo nel presente e mi devo dimenticare di te anche se questo mi dispiace immensamente» mormorò lui, piangendo, guardando negli occhi quella ragazzina che in quel momento le parve immensamente bella e… irraggiungibile.
Maya, respirando profondamente, raccogliendo le ultime forze riuscì a sorridere, asciugando le lacrime di Phoenix.
Ora che era veramente giunta la fine, valeva la pena dirgli cosa realmente pensava di lui, senza esitare. Non gli avrebbe detto tutto, certo, ma almeno lui avrebbe ricordato le sue parole e con esse tutto ciò che aveva fatto.
Era il suo ultimo gesto… il suo ultimo regalo.
«Ascolta bene queste ultime parole… ”Nick” è il nome più bello del mondo, quello dell’uomo che stimerò per sempre e a cui vorrò bene per l’eternità…!» sussurrò flebilmente, rialzandosi, facendo un sorriso rassegnato. Si era arresa… «Per quanto il tempo ci terrà lontani… Mi ricorderò per sempre dei te. Sono certa che anche tu farai lo stesso con me. Ma starò al tuo gioco, come tuo ultimo desiderio… Quindi… Arrivederci, Signor Wright. Spero di rivedere la sua vera identità un giorno…».
«Si sbaglia, Signorina Fey… Quel giorno non arriverà mai».
«Non può finire così… Nickkkk!!!».
Un ultimo abbraccio, l’ultima stretta amichevole prima che ognuno prendesse la sua strada.
Avevano combattuto tanto fianco a fianco ed era giunto il momento di separarsi, come facevano sempre i veri eroi.
Nonostante Maya sperasse che tutto quello fosse un incubo, che si risvegliasse nel suo letto caldo, lei sentiva il suo cuore tremare e piangere lacrime sanguigne.
Si era formata una ferita che, anche se si fosse cicatrizzata, avrebbe lasciato un segno indelebile per tutta la vita.
Un ricordo di ciò che era accaduto.
Un segno… della sua presenza.
«Addio, Maya».
«Addio… Nick…».


Maya si poggiò una mano sul cuore, sospirando, mentre nei suoi ricordi l’immagine piangente di Phoenix Wright regnava ancora sovrana.
Lei non aveva dimenticato nulla, non aveva scordato un solo istante ciò che era successo.
Erano passati sette anni, un tempo utilizzato solamente per le evocazioni e i riti del villaggio.
Non aveva mai fatto nulla per cercare di rimediare, neanche un tentativo…
Ma cosa avrebbe potuto fare? Di certo non le conveniva presentarsi senza preavviso davanti a Phoenix Wright senza un motivo valido. E non sapeva neppure da che parte cominciare.
“Cosa posso fare…?”.
Afferrò il suo cellulare e indugiò a lungo sul numero del suo amico ex-avvocato, indecisa se chiamarlo o meno.
Si rassegnò all’idea di continuare a vivere come sempre aveva fatto. Fece per chiudere la rubrica quando il suo sguardo cadde su un numero in particolare.
Ora sapeva cosa fare, con chi confrontarsi, con chi poteva parlare chiaramente.
C’era una persona di cui si fidava ciecamente.
Come lei, il suo destino era già stato segnato fin dalla nascita. Condividevano lo stesso dolore per la perdita dei familiari e nonostante tutto avevano la stessa voglia di riuscire, di continuare.
Erano accomunate da tante cose.
Come una medaglia, una era una faccia e l’altra era l’altra, così uguali e così diverse, così vicine e così lontane.
Maya Fey digitò il numero velocemente, sperando che dall’altro capo della linea qualcuno rispondesse.
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Angolino di gm19961 o per gli amici Grace: Salve salvino vicino! LOL
Se sei venuto a leggere questa fan fiction beh ti ringrazio :3 Anche se il più l'ha fatto Lady, perchè lei è brava a scrivere e io no <.< Ma almeno ci tento :D
Se ti piace questa fic, potresti recensirla, così tanto per saaaaapere se ti va di leggere un seguito!
Un bacio
gm19961 :D

Angolino di Akemi_Kaires (Lady):
Guten Morgen a tutti voi! ^_^
Ti ringrazio dal profondo del cuore per aver letto la nostra fan fictions! Non dare retta a ciò che ha scritto la mia "collega" qui sopra... non ho fatto tutto io.<.<
Ci tengo a specificare che LEI ha fatto tutta la parte dei dialoghi, mentre IO ho pensato alla narrazione: in pratica abbiamo fatto metà e metà.XD
(E poi LEI è molto più brava di me, ecco. Ora l'ho detto. Solo che ha un'autostima che sta sotto la suola delle scarpe, ok?)
Vi chiedo per favore, lettori, di recensire questo capitolo per dirci cosa ne pensate e se volete leggere il seguito! X3
Un abbraccio!
Akemi_Kaires
  
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