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Autore: Rota    27/05/2011    1 recensioni
Raccolta Oneshot sul pair RusAme, partecipante ai diversi gironi del contest di wolvie91 "Narrami oh musa... le nove arti".
**Capitolo uno: Musa Melpomene; "Die, die, die my darling"
**Capitolo due: Musa Talia, "Bailamos"
**Capitolo tre: Musa Euterpe, "Walk away" [Prima classificatasi al terzo girone (L)]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTHS euterpe *Autore: margherita
*Titolo: All the thing (he) said - Walk Away
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Alfred F. Jones (America), Ivan Braginski (Russia)
*Generi: Introspettivo, Sentimentale
*Avvertimenti: One shot, Lime, Yaoi, AU, What if...?
*Rating: Giallo
*Prompt fanfic100_ita: 045. Luna
*Nome Musa: Euterpe - poesia lirica
*Testo scelto: "E lucevan le stelle", Tosca
*Note: Il titolo è la ripresa del singolo delle TATU come prima parte, mentre come seconda parte riprende il singolo de Franz Ferdinand.
Inoltre vorrei specificare che questa fan fic partecipa all'iniziativa della community fanfic100_ita, con il prompt elencato.
Ah, fa schifo. Ovviamente. Fa letteralmente schifo e non ha senso, per me. Non è stata betata, immagino faccia schifo anche quello.
Beh, però mi piace, ecco ;3;''




Classificatasi *coff* prima al terzo girone di "Narrami o musa... le nove arti" indetto da wolvie91 sul forum di EFP (L)
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Walk Away



E lucevan le stelle,
e olezzava la terra,
stridea l'uscio dell'orto
e un passo sfiorava la rena.
Entrava ella, fragrante,
mi cadea fra le braccia.
Oh! dolci baci, o languide carezze,
mentr'io fremente
le belle forme disciogliea dai veli!
Svanì per sempre il sogno mio d'amore...
l'ora è fuggita,
e muoio disperato!
E non ho amato mai tanto la vita!
*E lucevan le stelle, Tosca*




Buia, la notte - sembra calarti addosso, da tanto è spessa, mentre si allunga come un gatto sonnacchioso lungo le strette viuzze della città addormentata, penetrando in ogni singolo buco con una sonnolenza che ruba ogni cosa alla ragione.
In alto c'è qualche stella, che spaventata brilla fioca nella penombra di una nuvola scura. Il quarto di Luna che si degna di genoflettersi un poco al di là dell'ombra è spaurito e quasi timido, lasciando che la pallida luce illumini le strade di cemento su cui la nebbia è distesa come una corposa coperta omogenea.
Tace tutto, se non il vento tra le foglie del viale, tranne che all'improvviso si apre con un scatto metallico e un cigolio poco rassicurante una delle finestre di quei lunghi e stretti condominii, lasciando fuoriuscire l'odore acre del tabacco appena fumato. L'anta quasi sbatte contro il muro esterno, prima di essere fermata da una mano veloce e accompagnata al suo posto, in una posizione immobile poco distante dal gancio che la terrebbe ferma.
Alfred Jones spira fuori dai polmoni una boccata di denso fumo grigiastro, liberandosi con un sospiro profondo. Lo sguardo è rivolto alla città, ma in realtà l'uomo non sta guardando proprio niente. Anche i suoi occhiali sono altrove - non occupano il loro posto abituale sopra il naso, regalando al loro proprietario un mondo di immagini nitide e di colori precisi, dai contorni ben distinti e dalle forme chiare. Il giovane non si è affacciato alla finestra per guardare qualcosa, quanto per sentire le spirali di vento affacciarsi su quella stanza a e scivolargli tra i capelli e sulla pelle. Nel frattempo, la miccia di sigaretta che tiene stretta tra due dita brilla di rossa vita e le sue labbra, sottili e morbide, accarezzano il cilindro chiaro, stringendolo appena assieme ai denti bianchissimi.
Resta in attesa, seduto sul cuscino morbido di quella sedia da ufficio, così strana considerato il contesto in cui è inserita - la stanza dietro all'uomo è tutto tranne che formale, tutto tranne che l'ufficio personale di una qualche figura importante. E per quanto Braginski possa avere l'aspirazione e il merito di poter possedere qualcosa del genere, quella sedia dai cuscini blu elettrico non fà altro che confermare il suo essere eccentrico e particolare.
Alfred, intanto, resta in attesa, allungando molle il braccio verso di lato e prendendo tra le dita la cordicella elegante della sua macchina fotografica. Niente protezioni, batteria carica e obiettivo puntato. Il signor Jones si è sempre dimostrato entusiasta alle novità, di qualsiasi tipo queste fossero, eppure ci sono cose - come il suo oggetto di lavoro - che non ha mai cambiato nel corso degli anni. Ivan lo sa bene, perché ogni volta che Alfred capita nel suo letto e sotto le sue lenzuola, da quattro anni a questa parte, si porta appresso proprio quella maledetta telecamera digitale.
Alfred, lasciando ciò che resta della sigaretta nel posacenere che l'altro uomo gli ha predisposto proprio sotto la finestra, ben conoscendo le sue abitudini, resta in attesa, con l'atteggiamento tipico di un predatore ferino che, più di qualsiasi altra cosa, ha la dote della pazienza. Si può dire con tranquillità che Alfred abbia ben pochi obiettivi nella vita, sempre è stato così, da che l'umanità conserva memoria della sua persona. Eppure, prefissata la meta, Alfred ha occhi solamente per quella.
La brezza si solleva, regalando all'udito il lieve e rassicurante rumore di frusciare di foglie, mentre danza per terra una carta leggera, circolando incerta per poi sparire in un vicolo. In lontananza, un miagolio si alza da un tetto.
Lo scatto è silenzioso, ma regala un sorriso sincero e grandissimo al volto del giovane americano. Un'espressione ebete si dipinge sulle sue labbra, mentre abbassa l'obiettivo e si gode il resto di quel fulgido momento.
-In ogni momento, tu pensi all'infinito dopo di te...-
La voce viene dal grande e spazioso letto della stanza , e Alfred lo sa anche senza vedere - lo sa, perchè voltandosi guarda proprio da quella parte, scorgendo tra le ombre soffuse una figura ancora sdraiata che lo sta fissando di rimando, probabilmente sorridendo appena, tranquilla e rilassata.
Non ci sono luci, tra di loro, fondamentalmente perché non sono necessarie. Nè per vedere le espressioni sul viso, né per indovinare i confini dei corpi: le prime le intuirebbero dalle semplici parole, le seconde sono irrilevanti.
Alfred poggia sul mobile la propria macchina, tornando ad ammirare la timida Luna.
-Ci sono momenti che è bello ricordare! Guarda questa Luna, guarda che bella! Uno spettacolo più unico che raro!-
Ivan sorride, senza smuoversi di un solo centimetro: è più preso dal profilo dell'altro che dal bagliore lunare che, a fatica, penetra dalla finestra.
Sente quell'entusiasmo, quella vitalità e quella forza, nella sua voce, che tanto desidera e tanto ama, da tempo immemore.
-Tu vivi di questi momenti, Alfred... Sempre è stato così...-
L'uomo gli rivolge un sorriso, prima di dare un'ultima occhiata alla finestra. L'attimo è finito, il mondo ha girato, la Luna è tornata dietro le nubi e niente, ormai è degno di essere ricordato.
Alfred si alza e raggiunge il letto, gattonando sul materasso per raggiungere il compagno ivi disteso. Accolto da un sorriso, sorride a sua volta.
Ieri lo ha incontrato quasi per sbaglio, a una mostra di arte moderna inaugurata proprio quella sera.
Lui ha riso al suo commento pungente, che gli ha fatto notare come, alla sua età e con la sua esperienza, con la sua baldanza e la sua sconfinata - illimitata - sicurezza, lui non ha ancora nulla che possa essere paragonato a una propria galleria in cui esporre i propri lavori.
-Il prezzo della mia libertà è questo, Braginski! Non avere legami con niente! Neanche da quella che voi tutti definite arte! Che cosa sarà mai questa? Tu chiameresti arte il ritaglio sbilenco del margine di un dipinto? Io no, ma sembra che le persone qui riunite la pensino così!-
Ha arriso, come suo solito, ogni cosa che ha visto.
Tutto quello è spento, privo del pensiero che lo avrebbe - forse - generato. Nell'immaginario di quel romantico irrinunciabile che si è trovato ad essere, malgrado tutto, la velocità non è che fatta da piccoli e indimenticabili attimi diversi. Basta solamente sapere dar il giusto valore a ognuno di loro.
Ecco che allora, a briglia sciolta, lo sbattere frenetico delle ali di una farfalla diventa una metafora della frivolezza di una vita dipendente dagli altri. Ecco che allora, priva di regole, il cadere stanco di una goccia d'acqua è la Morte che sopraggiunge pigramente, strascicando i piedi in maniera rumorosa. Ecco che allora, senza ragione, il ballare della fiamma di un fiammifero diventa una passione che si spegne al minimo soffio.
Ivan non si sofferma a capire quello che l'altro cerca in tutti i modi di far intendere, attraverso le sue opere - si è rifiutato di dare un nome a tutto quello dopo averlo sentito parlare, stupido come si è palesato davanti ai suoi occhi. Ivan, semplicemente, sente ogni cosa. Spalancando gli occhi, guardando e rimirando, riesce a sentire tutto.
Attimo, attimo, attimo dopo attimo, nell'intensità della vita che si cristallizza e diventa immortale. Anche i fiocchi di neve sembrano tutti uguali, eppure non c'è n'è uno solo identico ad un altro.
Alfred lo bacia sulla bocca, sentendo la morbidezza delle sue labbra contro le proprie - e mugugna quando la sua lingua penetra tra di essere, cercando di coinvolgerlo in qualcosa di più di un semplice tocco. Sorride, ma si allontana, mentre l'altro gli accarezza i capelli.
Nella penombra, dischiarato dai raggi della Luna che ancora sguscia fuori, indovina i contorni del suo profilo.
Gli sta sorridendo, amabile come sempre.
Oh, Ivan è l'unico che, alla fin fine, ha potuto allungare le braccia verso di lui e stringerle attorno al suo corpo più di una volta. Fuggevole quanto sottilmente intrigante, Alfred non ha mai visto il letto di di una persona per due volte di fila. Ma se il signor Jones sa affascinare le persone con la forza delle sue argomentazioni e le sue tesi, con la sua arte immediata e la sua energia folgorante, il signor Braginski sa invece ammaliare anche la più pudica e recondita persona, avvicinandola senza essere rifiutato.
Così, per loro è stato, ad incontrarsi in mezzo dove i comuni mortali non sanno arrivare.
Ivan lo accarezza sulle spalle, cercando di trattenerlo e di tirarlo di nuovo giù.
Vuole fare di nuovo l'amore - glielo si legge in faccia, su quel sorriso per una volta sincero che gli rivolge. Probabilmente, Alfred riuscirebbe ad accettare, se solo non gli ronzassero in mente le parole che, stretti in una vasca piena di schiuma e acqua calda, Ivan gli ha rivolto, direttamente soffiando nell'orecchio rosso.
-Ho preso qualcosa che ti piace tanto, per domani a colazione...-
Il giovane è stato felice, tanto da tentare di affogarlo con un bacio non propriamente casto e un'espressione gridata al suo indirizzo: Alfred non sa contenersi in nessun caso, questo è certo.
Ma qualcosa ha pungolato la sua coscienza, anche mentre si sono rotolati tra le coperte, rincorrendo bocche e labbra in un gioco che li ha fatti sorridere entrambi.
No, Alfred non vuole la colazione perfetta, con i cereali perfetti e il latte sul tavolo, proprio vicino alla sua tazza e al suo cucchiaio. Non è persona da routine - come invece Braginski. Perché Ivan, il maledetto, glielo ha detto, la sera stessa. Ha detto parole che sanno di conosciuto, di già visto, di quotidiano, quasi a dire che, tra loro, c'è stato ben più di un semplice attimo.
E ad Alfred fa paura il fatto di essersi tanto aperto da lasciar intravedere gusti e passioni, come se fosse una cosa normale sapere proprio cosa gli piace mangiare e proprio come prepararlo.
O forse il rendersi conto che, più di una semplice scopata, più di un bacio umido e di parole sconce sussurrate contro i petti palpitanti, Ivan sta immaginando di più, per loro. Un futuro dove si programma assieme cosa mangiare e si cammina, mano nella mano, alla luce del sole - senza più sorprese, dove i secondi diventano ore.
Troppo, per lui.
Braginski lo bacia sul collo, allungandosi e alzandosi appena dal cuscino, e Alfred sospira, prendendo i ciuffi dei suoi capelli chiari tra le dita, guidando la sua bocca ancora una volta contro la propria, spingendolo giù.
Sorride, scendendo sul suo corpo. Arriva ai piedi, lasciando che l'altro si apra sulle lenzuola e si rilassi, allungandosi poi verso la propria fedele macchina - la prende e torna indietro, indirizzando l'obiettivo contro di lui.
Il suo corpo l'ha già ripreso altre volte, ma questa è diversa.
Ora la Luna sembra lo stia baciando, giocando con le curve morbide del suo corpo e le pieghe delle lenzuola che, a stento, lo ricoprono benigne. La sua espressione è di dolce attesa, di chi sa che deve solo accontentare un piccolo capriccio per poi avere tutto. Ed è così raro che Ivan abbandoni la sua superiore ed infantile arroganza per sembrare davvero gentile e buono. Lui è infimo, scaltro come un bambino capriccioso - come Alfred, dopotutto, ed è per questo che si sono trovati così bene, per tutto questo tempo. Sa cosa vuole e cerca di raggiungerlo in tutti i modi possibili, cercando di ingabbiarlo in quella cosa strana quanto inspiegabile che si chiama gratitudine o riconoscenza.
Piega una gamba, abbassando con il piede e con una certa veemenza impaziente la macchina tra le mani del proprio amante, fino a farla rotolare via, lontano da lui. Sorride ancora, nel poggiare il piede sopra l'incavo del suo collo e scivolare lento in alto, fino a colpire con le dita le sue labbra, in un tacito invito.
Alfred lo bacia, prendendogli il piede tra le dita e abbassandolo. Piano, risale fino al polpaccio, con le labbra che diventano sempre più umide.
I riflessi della luce lunare illuminano quel tanto che basta la scena perché si veda, negli occhi di Jones, un piccolo bagliore.
Lui alza il viso - ad un soffio dal naso dell'altro.
-Devo... andare in bagno...-
Ivan non dice nulla, ma il suo sorriso semplicemente si cristallizza lì dov'è lasciato.
Viene tentato di fermarlo, quando lui abbassa gli occhi come a reprimere qualcosa - e Ivan sa perfettamente cosa questo sia, lo intuisce perché già lo conosce.
Non dice nulla però quando Alfred si allunga verso i propri occhiali e li inforca, tornando a sorridergli e a posargli un leggero bacio sulle labbra.
-Torno subito!-
Baldanzoso, scende dal letto e corre quasi via, lasciandolo nudo tra le lenzuola.
Quindi il russo sospira, e si lascia andare, chiudendo gli occhi e fissando il soffitto.
Guarda la finestra, oltre la quale la Luna pare scomparire ancora una volta dietro a una nube particolarmente nera, che la rapisce senza aver più l'intenzione - così pare - di ridarla indietro.
Solo un secondo dopo Ivan si accorge che la macchina fotografica non c'è più - il secondo prima di sentire la porta di casa propria chiudersi in fretta e qualcuno scendere velocemente le scale.
Sospira lento, sperando con tutto sé stesso che il sonno riesca a prenderlo abbastanza in fretta da consegnarlo in tempo ad un giusto e riposante oblio. E pregando, in silenzio, che la Luna ricompaia - per illuminare la strada e renderla, appena, più luccicante di sogni trasparenti.
   
 
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