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Autore: _Mavis    28/05/2011    5 recensioni
È l'1 Settembre 1997.
Luna Lovegood sta per prendere l'espresso per Hogwarts, dove verrà irrimediabilmente rapita. Riuscirà a combattere o si lascerà piegare?
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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PREMESSA: Il titolo non vuole essere un plagio al film "Fragole e sangue". Semplicemente, sono due particolari elementi che caratterizzano Luna in questa fiction.
Questa one-shot si incentra sul giorno del rapimento di Luna, l'anno dell'ultima battaglia; in particolar modo sulle sue emozioni, che spero di essere riuscita a trasmettervi. 
A voi l'ardua sentenza, come si suol dire. 
A presto, Nihal.


FRAGOLE E SANGUE.


 
 
1 Settembre 1997
 5.10 a.m

 
 
Sotto i suoi piedi nudi, l'erba era fresca e umida. Aveva sempre adorato quella sensazione; la faceva sentire libera.
I lunghi capelli biondo pallido venivano continuamente scompigliati dal vento, mentre lei, incurante, si nutriva dell'acqua a cui le foglie avevano dato rifugio la notte.
Era una cosa che le aveva insegnato sua madre e che, adesso, era diventato quasi un rito. Le infondeva sicurezza. Era come se sua madre fosse lì con lei, in quei momenti.
Un sorriso le sorse spontaneo, quando sentì delle gocce scivolarle sul collo.
Dopo un ultimo sguardo a quel giardino che tanto amava, si diresse verso casa, riacquistando lo sguardo trasognato che tanto la distingueva.
 
 
 
 
6.30 a.m.
 
Il baule era pronto.
Il vento, che entrava dall’ampia finestra della sua camera, continuava ad accarezzarla lievemente.
Era suo amico, il vento.
Come lo erano i personaggi ritratti sul soffitto. Harry, Ron, Hermione, Ginny e Neville.
Erano suoi amici.
Aveva passato i momenti più belli con loro, ma anche i più difficili.
E, adesso, cosa la aspettava?
La guerra era alle porte.
Stringendosi nelle spalle, uscì dalla sua stanza. Come se non le importasse.
 
 
 
7.13 a.m.
 
Fragole. Una tazza di latte.
Quella era la sua colazione, benché la frutta fosse completamente fuori stagione.
Ma lei era sempre stata fuori stagione.
Mentre le soffici labbra premevano una contro l’altra, per meglio trattenere quel dolce miscuglio di sapori, i primi raggi di sole fecero capolino nella piccola cucina.
Era sempre così, l’1 Settembre. Da sei anni a quella parte.
Ogni cosa prendeva un colore diverso, e lei restava ammaliata da ogni piccolo dettaglio della sua modesta e stravagante vita. Tante volte aveva avuto la sensazione di non poter più ritornare. E si era sempre sbagliata.
Tuttavia, quella volta era diverso. Tutto, sarebbe stato diverso.
 
 
8.00 a.m.
 
Era ora.
Suo padre dormiva sul divano, i vestiti definitivamente stropicciati.
Lei gli sorrise per un istante, ma poi se ne andò.
Non l’avrebbe salutato.
Forse quel giorno, forse mai più.
 
 
 
10.45 a.m.
 
L’espresso per Hogwarts non era più lo stesso.
Tutta quell’allegria, quell’euforia che lo aveva caratterizzato da anni, forse secoli, era svanita.
Ognuno stava nella propria cabina, senza mai uscire.
Nessuno aveva osato scostare le tendine dai finestrini. Solo una persona.
Aveva sempre adorato guardare il paesaggio che scorreva veloce, come se fosse lui a muoversi e non il treno. Qualsiasi cosa stesse succedendo là fuori, non voleva perderselo.


 
11.50 a.m.
 
Era sola nella cabina.
La pioggia si abbatteva sul vetro del finestrino con violenza. Eppure doveva essere una giornata di sole. Che si fosse arreso anche lui all’oscurità?
Le gocce che scivolavano sul finestrino le ricordarono un giorno di ben quattro anni prima.
Era l’uno settembre, e i Dissennatori erano saliti sul treno, provocando un’onta di terrore.
Ed esattamente come quattro anni prima, il treno si fermò sotto quel temporale.
Luna non era più sola, nella cabina.
 
 
 

◆ ◆ ◆ ◆ ◆

 
 
 
01.27 p.m.
 
L’avevano presa. I Mangiamorte l’avevano presa, trascinandola per i capelli.
Glieli avevano quasi strappati, a furia di tirare. Ma a loro non importava.
A loro importava vederla strisciare sul pavimento, e basta.
A loro importava vederla soffrire.
Suo padre aveva difeso la verità, e lei doveva soffrire.
Quasi non si era ribellata.
Neanche quando la avevano presa a calci sullo stomaco e sul petto.
Neanche quando le avevano schiacciato il viso sull’asfalto, quasi rompendole il naso.
Neanche quando le avevano marchiato una guancia a fuoco, con una sigaretta.
Aveva solo urlato, dentro di sé.
Aveva solo pianto, dentro di sé.
Ma questo, forse, avrebbe salvato suo padre.
E, per questo,lei ..doveva soffrire.
 
 
 
Malfoy Manor
04.03 p.m.

 
 
Era legata ad una sedia.
L’aveva capito subito, non appena aveva ripreso conoscenza.
Tuttavia, non aveva ancora aperto gli occhi.
Checchè se ne dicesse, anche lei poteva avere paura.
 
 
 
04.20 p.m.
 
Un piccolo spostamento d’aria, percettibile solo grazie al silenzio spettrale che regnava in quel luogo.
Sembrava il fruscio di un abito, uno di quelli vaporosi che si indossavano ai grandi ricevimenti ottocenteschi.
Per un momento, immaginò che fosse davvero così.
Qualcosa, tuttavia, la riportò bruscamente alla realtà. La punta di una bacchetta era puntata con forza sul suo collo.
Quando riaprì gli occhi, il volto di Bellatrix Lestrange era a qualche centimetro dal suo.
Si divertiva la Mangiamorte, sorrideva.
Luna la imitò.
Voleva prendersi la sua piccola soddisfazione, voleva provocarla.
Mai prima di allora, si era pentita così tanto di aver sorriso.
 
 
 
07.25 p.m.
 
Era sdraiata sul pavimento, esausta.
Gli occhi spietatamente aperti. Avrebbe voluto chiuderli, avrebbe voluto non vedere più nulla. Annullare tutto. Ma sapeva che se l’avesse fatto, sarebbe definitivamente finita. E quella piccola parte razionale di lei che era sopravvissuta a quelle ore, si aggrappava disperatamente a quella parvenza di vita, che vita non era più.
Alle bruciature del volto, si erano aggiunti mille altri sfregi. Sulla fronte le era stato marchiato il nome della rivista di suo padre, Il Cavillo.
Sì, perché era per quello che si trovava lì.
Era per quello se il suo corpo non le rispondeva più.
Era per quello che il suo sangue continuava a sgorgare, come se volesse anche lui fuggire da quell’immenso dolore.
 
 
 
09.01 p.m.
 
«Crucio».
La sua schiena si inarcò, per l’ennesima volta.
Quella maledizione aveva strappato pezzi sempre più grossi della sua anima, ma con lentezza esasperante.
Adesso non le rimanevano che pochi brandelli.
Quando sarebbe finita, quella tortura?
Era lì a causa di una rivista.
Quante pagine restavano, ancora?
 
 
 
 
09.15 p.m.
 



La sbatterono all’interno di una cella.
Forse nei sotterranei della casa, forse in un altro mondo. Non lo sapeva.
Avrebbe voluto urlare.
Avrebbe voluto abbracciare le sue ginocchia e piangere, piangere per lavare via tutto.
Ma non aveva la forza neanche per quello.
Non sentiva l’aria entrare nei suoi polmoni.
Non sentiva il freddo del pavimento in pietra.
Non sentiva i battiti del suo cuore.
Non sentiva nulla. Neanche i suoi pensieri, facevano rumore.
Forse l’oblio l’aveva già presa con sé.
 
 
 
 
 
 

◆ ◆ ◆ ◆ ◆

 
 
 
 
Un vestito bianco e leggero.
Donava molto a quella persona. Aveva dei soffici capelli biondi, come i suoi. E dei sorprendenti occhi azzurro cielo, proprio come i suoi. Seduta su una panca in legno, le sorrideva. Si trovavano in un parco.
Come attratta da una calamita, si sedette accanto a lei.
Aveva un buon profumo, proprio come lo ricordava.
«Sono morta?»le chiese. Aveva riacquistato il solito sguardo trasognato.
«No, non ancora» rispose questa, senza guardarla.
Restarono in silenzio per un po’.
«Luna, non ricordi più quello che ti dissi anni fa?»
Nonostante fossero state molte le cose che si erano dette, capì all’istante a cosa si riferisse.
La donna, però, non la lasciò parlare.
«Tu devi lottare, devi combattere. Come ti è saltato in mente di arrenderti così? Credi davvero che in questo modo lasceranno stare tuo padre?» la incalzò, la donna.
«No, io.. forse, in fondo, volevo semplicemente vederti.» confessò.
Il cuore della donna si scaldò, ma tornò a fissarla con rimprovero.
«Avevi promesso, Luna. Avevi promesso che avresti seguito la tua strada, non la mia. Avevi promesso che avresti continuato a vivere.» le disse, poi, triste.
Luna rimase sorpresa. Quelle parole le aveva pronunciate davanti alla sua tomba.

E non voleva deluderla.
La donna si alzò. Stava andando via, di nuovo.
«Tu sarai vicino a me?»le chiese Luna.
E anche se era di spalle, seppe che stava sorridendo.
Un calore improvviso si era irradiato nel suo corpo.
«Sempre.» le rispose.

 
 
 
«Mamma..»
Un sussurro appena accennato nell’oscurità della notte. Una parola capace di ridarle la vita.
Non aprì gli occhi, mentre calde lacrime le scaldavano il viso.
 
 
Il giorno dopo, le sue ferite erano sparite.
Il giorno dopo, era pronta a combattere.
  
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