Nessuna Festa per Susan
Lingue infuocate solcavano il cielo, cavalcando le urla di gioia di un popolo che vedeva la fine del suo declino.
Braccia che s'innalzano al cielo.
Lacrime che lavano i grumi di sangue del pavimento crollato di una vecchia scuola.
Festa.
Festeggiare fino allo svenimento.
Festeggiare fino al prossimo anno.
Festeggiare fino alla cicatrizzazione di quelle ferite che avevano inzuppato la terra, la speranza e la vita.
Ma nessuna festa per Susan era prevista.
Può la libertà donare sollievo al cuore?
Può il risveglio del mondo riuscire a lenire il dolore?
E confusa da quei pensieri, una brutta copia di Susan, quella sofferente, quella stanca, quella pronta alla morte e ancora alla ricerca di essa, rimase a fissare il cielo striato di rosso, giallo, blu e verde.
Chiuse gli occhi e si abbandonò al freddo del marmo.
Nessuna festa per suo padre Vincent.
Scomparso nel nulla una sera di febbraio.
Nessuna festa per sua madre Patricia.
Sepolta sotto tre metri di rassegnazione e rabbia.
Nessuna festa per suo zio Edgar.
Vinto fra i vinti.
Nessuna festa per sua zia Amelia.
Sconfitta e strappata alla terra. A lei.
No.
Susan non aveva nessuna ragione per festeggiare.
Strinse la bacchetta con le dite doloranti, appoggiò il mento alle ginocchia e decise che sarebbe rimasta lì.
Forse per un'ora.
Forse a lungo.
Fino alla fine della festa.
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Shot su Susan Bones.
Ho inventato la morte e i nomi dei suoi genitori, di cui la Rowling non ha mai parlato.
Un saluto,
Riham