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Autore: alichino    29/05/2011    2 recensioni
Castiel è sull'orlo del baratro; anzi, probabilmente c'è già caduto. E, mentre perde se stesso, si trova a doversi scontrare con il nemico più infido: la sua stessa natura che lo tradisce, costretta a mischiarsi con l'umano.
(E' ambientata durante la guerra civile in Paradiso, ma non tiene conto degli ultimi sviluppi della trama nella stagione sei)
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sesta stagione
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EPILOGO



 
Castiel lo stava osservando a disagio, spostando il peso da un piede all’altro lentamente, con garbo. Non era ancora del tutto sicuro di poter controllare del tutto il suo corpo, nonostante ormai ci vivesse dentro da un paio di settimane. Le ferite rimastegli addosso dopo il reinserimento forzato dell’anima talvolta gli prudevano, altre volte la pelle sembrava volersi staccare. Spesso Castiel si perdeva seguendo mollemente, nel’immagine di lui che si rifletteva nello specchio, le linee bianchicce che si dipanavano sul suo torace, le cicatrici –brecce e crepe che la sua Grazia aveva lasciato nell’abbandonare disperatamente quel contenitore che era stato Jimmy Novak.

Appunto, era stato Jimmy –e questa consapevolezza gettava l’ora ex-angelo nell’angoscia, dal momento che il senso di colpa che lo pervadeva non era mai stato da lui percepito in modo così chiaro, e definito. Faceva male, talmente male che Dean si svegliava nel bel mezzo della notte e si girava verso Castiel e, vedendolo agitarsi nel sonno, accanto a lui, non poteva fare altro che allungare una mano e accarezzargli dolcemente i capelli, far scivolare la mano sul suo volto e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene. Dean lo sapeva, perché conosceva bene il senso di colpa –chi meglio di lui? –ma soprattutto perché sarebbe stato lì ad aiutare l’altro –che invece era del tutto nuovo a quelle sensazioni.

E così spesso Castiel si svegliava alla mattina inspirando l’odore di Dean direttamente sulla pelle del suo collo, e sentiva le sue mani addosso. Gli piaceva la sensazione, e il solo pensiero dell’eventualità che l’uomo lo abbandonasse l’aveva tormentato –e tutt’ora tormentava –per ore intere, sebbene altrettanto spesso l’ondata di sentimenti che gli proveniva da Dean lo rassicurasse.

Tutta l’incertezza, ecco. Quella, fra tutte le altre cose del suo nuovo stato umano, non avrebbe mai sopportato.

- Castiel. –Dean lo riscosse dai suoi pensieri. -Smettila di angosciarti.

Non sapendo bene che dire o che fare, l’ex angelo abbassò lo sguardo tormentato dal volto di Dean al suo petto, alle sue gambe piegate sotto il lenzuolo. La stoffa faceva strani disegni, drappeggiandosi sulla morbida curva di quelle gambe, e Castiel si ritrovò a perdersi nelle morbide curve del tessuto.

Sentì Dean ridere sommessamente, tra sé e sé, e quel suono caldo fece fremere il suo corpo.

Risollevò lo sguardo a quegli occhi verdi, che lo sconvolgevano ogni secondo –ancora non si capacitava dell’intensità con cui tutte quelle sensazioni lo prendevano –e –Dean –disse –non so cosa fare.
Quest’ultimo, sollevandosi dal letto, andò ad afferrargli un braccio e lo trascinò sul materasso, stringendolo a sè.

- Cass –gli mormorò fra i capelli, non appena fu riuscito a ghermire l’altro, e ad attirarlo vicino con urgenza, con desiderio. –Rilassati, avanti.

Lentamente, Dean percepì il respiro di Castiel farsi più pesante, più regolare contro la pelle del suo collo, sentì due mani intrufolarsi sotto la maglietta, e destreggiarsi con impacciate carezze, che riuscirono a strappargli un sorriso per il solletico.

- Cass, Cass –ripetè poi divertito –sei un angioletto birichino eh?

- Non sono più un angelo, Dean –rispose l’altro, monotono e senza alcuna particolare inflessione nella voce. Al cacciatore arrivò in corpo una zaffata di risentimento, e di nostalgia.

E molta, moltissima incertezza.

Incatenò il suo sguardo a quello di Castiel, abbassandosi al suo livello sul cuscino e –non potendo fare a meno di pensare a quanto fosse dannatamente bello quest’ultimo con i capelli arruffati e gli occhi languidi –si avvicinò al suo volto e andò ad allacciare le sue labbra a quelle dell’ex angelo, schiudendole contro le sue. Gli afferrò saldamente la nuca, con poca grazia, gli piegò la testa per approfondire il bacio, la lingua che si intrufolava prepotentemente nella bocca di Cass il quale, dopo il primo momento di spaesamento, aveva emesso un rantolo soffocato e stava cercando adesso di riprendere il controllo. Con un mugolio che sembrava una risata strozzata, riuscì ad afferrare le mani di Dean e a sollevarsi sopra di lui, bloccandolo sotto il suo peso con le gambe.

Gli sorrise, con quel sorriso malizioso e ingenuo ad uno stesso tempo e a Dean il respiro fece una capriola in gola.

- Cass –ruggì basso dal fondo della trachea, mentre questi si chinava sul suo volto, a posare quel bellissimo sorriso sulle sue labbra, e poi più giù, sul mento, il collo, quel punto d’incontro delle clavicole che gli fremeva al tocco di quel bacio.

Castiel si risollevò a guardare Dean e, improvvisamente un’ondata di eccitazione lo colse in pieno, senza che lui riuscisse a capire dove si trovasse il confine tra la sua e quella dell’altro –e senza che questo fatto lo disturbasse particolarmente.

- Woa! Potreste almeno chiudere la porta!

La voce indignata di Sam li raggiunse improvvisamente, cogliendoli impreparati. Dean fece per togliersi Cass di dosso, ma questi rimase irremovibile sopra di lui (e il cacciatore ancora non si capacitava di quanta forze mostrasse di avere in corpo l’ex angelo, che pure era più minuto di lui), limitandosi a sollevarsi dal collo dell’altro e rivolgere lo sguardo a Sam. Quest’ultimo, dal canto suo, li fissava tra lo stranito e il divertito, con una smorfia di finto disgusto in volto, ma le labbra increspate in un sorriso sghembo.

- Cosa c’è Sam? –chiese piano Castiel, le mani che non si smuovevano dalle spalle di Dean, mentre con il suo peso lo costringeva a restare disteso, nonostante le sue silenziose proteste.

L’altro Winchester dischiuse le labbra ulteriormente, ma Dean lo fece desistere dall’esporre il suo apprezzamento per la deliziosa scenetta quando gli mugugnò addosso Smettila di ridere Samantha.

- Volevo avvertirvi –continuò quindi imperterrito –che finalmente la bella addormentata si è svegliata.

- Davvero? E come sta? Ricorda qualcosa?

- Pare che stia bene, nonostante abbia passato molti giorni incosciente non sembra aver riportato danni, in nessun senso. Sandalphon deve essere stato molto attento.

- E’ sempre stato premuroso con i tramiti. –S’intromise Castiel, pensieroso, ma non particolarmente interessato.

- Non ricorda com’è arrivata qui, comunque, né chi siamo io e Bobby. Credo sia abbastanza spaventata, ma potrebbe ricordare te o Cass, quindi se poteste andare a parlarle…

Dean fece nuovamente per sfuggire alla presa dell’altro, avendo trovato una scusa per togliersi dall’imbarazzante situazione, ma –nuovamente –la presa ferrea di Cass lo bloccò e lo risospinse al suo posto.

- …Cass? –tentò quindi.

Questi, dopo avergli sorriso a mezza bocca, tornò ancora a posare gli occhi blu sul più giovane dei Winchester e, con tutta la calma del mondo, gli disse:

- Andremo dopo. Adesso io e tuo fratello dobbiamo…

Dean lo sentì. Lo sentì prima che l’altro parlasse e con uno scatto repentino arrivò a coprirgli la bocca con il palmo della mano, prima che potesse pronunciare quelle parole compromettenti.

- Cass! –gli soffiò in faccia –devi proprio imparare cos’è il pudore, Cristo Santo.

L’altro sgranò gli occhi, poi lentamente schiuse le labbra contro la pelle, andando a solleticargli il palmo con la punta della lingua, provocando a Dean dei brividi lungo la schiena e un bisogno incontrollabile di avere quelle labbra (e tutto quel corpo) su di sé, immediatamente.

- Sammy…scusaci per un po’, vuoi?

Sam non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, dando loro le spalle, e se ne andò di sotto in sala –solo dopo essersi accertato di aver chiuso bene la porta –dove Bobby lo aspettava con la ragazza tramite di Sandalphon, che si guardava attorno incuriosita e intimorita ad uno stesso tempo.

- Allora –esordì lei, la voce leggera –ricominciamo da capo. Io sono stata posseduta da un angelo, e questo l’abbiamo assodato, e voi siete cacciatori.

- Esatto. –disse Sam, sentendosi improvvisamente ridicolo. E pregando silenziosamente che quei due di sopra non esagerassero.

- E…così per essere sicura…cosa cacciate di preciso?

Bobby e Sam si guardarono, alzando gli occhi al cielo.
 

- Mi ricordo di te. –disse Helena –questo il nome della ragazza –non appena Dean entrò in cucina.

- E’ impossibile dimenticarsi di me. –rispose subito lui, sorridendole gentile, spavaldo –Come stai?

Ella non rispose, ma si limitò a fissarlo un po’ corrucciata, una strana espressione sul volto, come se stesse cercando di risolvere qualche complicato problema. Una ruga profonda le si era formata al centro della fronte, facendola sembrare più vecchia di quanto in realtà non fosse. I capelli si separavano in mille ciocche lucide e le incorniciavano il bel viso ovale, le lentiggini rosate. Sandalphon, come anche Castiel –si ritrovò a pensare Dean –aveva scelto proprio un bel tramite.

- Fa male, Dean. Ma passerà, non ti devi preoccupare.

L’uomo aggrottò le sopracciglia, guardando Sam. Il fratello aveva detto che la ragazza stava bene.

- No, non io. –si affrettò a spiegare lei –Tu. Voi. Castiel. –Aggiunse poi vedendo quest’ultimo entrare nella stanza. Egli le fece un cenno con il capo, leggero, impercettibile. Ella sorrise.

- Sandalphon aveva detto che era importante, che potevo salvare la vita di qualcuno. Sono contenta che tu sia vivo.

Castiel abbozzò un sorriso e si avvicinò alla ragazza, prendendole il volto fra le mani e posandole le labbra sulla sommità della testa.

- Che il Signore possa proteggerti. –le sussurrò morbidamente fra i capelli, la voce rotta.

 
Bobby e Sam si offrirono per riportare a casa Helena, soprattutto per assicurarsi che tornasse del tutto sana e salva alla sua solita vita. Castiel guardò a lungo fuori dalla finestra, dopo che il furgone con i tre fu partito. E Dean guardò a lungo Castiel, la sua schiena, il modo in cui le sue spalle s’incurvavano, come se fossero appesantite, stanche. Ripensò alla sua pelle, al suo sapore, al suo tocco, e un’ondata di desiderio lo colse, improvvisa. Cass si girò a scrutarlo, alzando un sopracciglio, una nota vagamente divertita negli occhi, per poi però ritornare a fissare l’esterno sconsolato. Se prima quel mondo gli era sembrato così piccolo e chiuso in se stesso, adesso, dalla sua nuova prospettiva, tutto gli sembrava anche troppo grande, immenso, e questa nuova consapevolezza lo riempiva di angoscia, e di un senso di malaugurata stasi. Cosa significava essere umano? Una disperata rassegnazione? Una stoica resistenza?

- Ti manca il Paradiso. –La voce di Dean interruppe il flusso dei suoi pensieri. Non era una domanda, era un’affermazione piuttosto ovvia, ma Castiel si sentì in dovere di rispondere.

- No.

- Bugiardo.

Ancora una volta, quella meravigliosa creatura che era stata un angelo, in un tempo ancora troppo recente, quell’essere potente ridotto a umano, costretto ad una condizione estranea dopo millenni di pura essenza angelica, si volse a guardare Dean, e i suoi occhi lo trafissero da parte a parte, intensi come solamente lui era in grado di fare. Poi, piano, con circospezione un sorriso affiorò dal fondo di essi, sebbene amaro, sebbene malinconico, sebbene confuso.

- Mi piace di più qui. Mi piaci di più tu.

Dean sorrise orgoglioso, soddisfatto. Seppe in quel preciso istante che Castiel si sarebbe adattato benissimo alla vita sulla Terra. E che sarebbe stato un grande uomo.

Gli si avvicinò e, allacciategli le braccia attorno alla vita, lo baciò lentamente, con calma. Avevano tutto il tempo del mondo. Tutta una vita davanti.


 

 
FIN

   
 
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