Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: sakura_hikaru    29/05/2011    0 recensioni
Touma Hashiba non è un ragazzo facile, colpa di un'infanzia non proprio normale. Ma c'è qualcosa, anzi, qualcuno che rende la sua esistenza decisamente difficile.
Un vero e proprio groviglio di emozioni che il nostro Tenku non sa proprio spiegarsi ...
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rowen Hashiba, Sage Date, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Solo sul tetto del mondo ...

Tu e le tue stelle finirete per diventare una cosa solo, Touma ...

Ricordati di riempire i tuoi occhi del loro bagliore, ma nutri il tuo cuore con il calore umano. Nessun uomo è un'isola, ricordatelo Tou-chan...

 

Perchè ora rimbombavano nella sua mente quelle parole? Erano passati tanti anni e quella persona, ora, era molto lontana ... troppo. Però le sue parole erano sempre andate al cuore, quello della sua persona ... quella reale, genuina che conoscevano così in pochi. Il sensei non lo chiamava mai 'genio' non lo trattava mai in maniera diversa. Era sempre lo stesso.

Lui, però, lo conosceva forse più di se stesso.

Eppure quelle parole erano come le scritte del suo dna, immutabili e profonde.

Quante volte si era riempito gli occhi del bagliore delle stelle? Notti su notti, ore interminabili della sua infanzia, poi adolescenza. Ma quel bagliore aveva finito, col tempo, per renderlo cieco e, in cuor suo, sapeva di essere anche povero: di affetto, di cuore, di calore ... l'esperienza che si era negato aveva rosicchiato tutto ciò, dentro di sé.

Rosicchiato e stanco, ecco come si sentiva: come se ogni forza fosse fuggita, da qualche parte, catturata dalla luce delle stesse ... ironia della sorte.

“Sensei, credo di essere diventato un'isola ...”.

Le sue parole mormorate fluttuarono per un momento davanti ai suoi occhi, prima che il vento le catturasse, trasportandole verso lidi lontani e sconosciuti.

“Io non ce la faccio ... non ci riesco ... nemmeno con loro ... accidenti!”.

Le imprecazioni erano vane nella sua bocca, quando ad ascoltarle c'era, soprattutto, solo e soltanto lui.

Touma si lasciò cadere all'indietro, sdraiandosi completamente sul tetto della villa di Nasty – unico rifugio a lui congeniale: le stelle erano così nitide, lontano dalla città, e l'etere intero, ora, era a sua disposizione. Era tutto così diverso in pace ... era tutto così lontano ... lui era lontano ...?

Non riusciva nemmeno a concepire l'idea di ritornare a piano terra, di affrontare Shin e Byakuen ... di affrontare Seiji.

Seiji ... accidenti, ogni volta che pensava a quello che aveva fatto si dava del cretino ... e, ancora non riusciva a capire perchè avesse reagito così. Davvero, era un idiota o cosa? Da quando si saltava come una ragazzina timida davanti al suo innamorato?

Era davvero patetico, ma ...

Non ce la faceva ... il solo pensiero di aver così vicino qualcuno, anche solo così fisicamente a contatto con la propria pelle era ... se poi si aggiungevano quegli occhi così strani e profondi...

E chi non scappava davanti a tutto quello?

 

Asociale.

 

Oh, ecco la bocca della verità. E ogni volta aveva la voce del sensei, strano a dirsi.

 

Asociale, consapevole di esserlo e ... insincero.

 

Insincero ... e per che cosa?

Era completamente sincero con se stesso quando diceva di essere asociale ... lo sapeva benissimo. Diavolo, l'aveva studiato per bene sui libri cos'era l'asocialità. E sapeva di entrarci appieno nella categoria. Quello che gli faceva specie, ora, era il fatto che quel suo status sociale oggigiorno cominciava a pesargli molto sul capo.

Essere soli era stato normale, per quattordici anni, mese più, mese meno: era normale o, almeno, gli era sembrato normale.

Camminare per corridoi dove potevi rischiare di scivolare su uno skateboard, oppure inciampare nella coda di una tigre che adorava schiacciare un pisolino dove un raggio di sole si posava. E gli schiamazzi di Shu, le frecciatine di Shin, gli strani racconti di Ryo ... la strana compostezza di quell'essere – bizzarro – che era Seiji.

Nasty finiva per essere la persona più pacata dentro quella casa piena di persone ... era tutto tanto, troppo ... era pienezza, era rumore ... era luce e risate e battibecchi ... erano parole affettuose, scherzose, rimproveri e parole di pace ...

Era ... cos'era? Tutto quello era strano ... era così altro da sé. Era per quello che si sentiva un pesce fuor d'acqua? Non era il suo ambiente, ecco quanto.

Non poteva essere libero ...

C'era sempre qualcuno che, se stava leggendo, cominciava a fargli raffiche di domande su cosa volgesse la trama. E allora, addio Sherlock. Se voleva schiacciare un pisolino pomeridiano, c'era sempre qualcun altro che tirava fuori la scusa dei videogiochi e si dava alla pazza gioia di urla e battibecchi insensati. Se poi aveva la malaugurata idea di fare un piccolo raid in cucina, apriti o cielo: veniva scacciato in malo modo e gli si rimproverava la mancanza di orari e di disciplina casalinga.

E ogni volta la sua lingua partiva per la tangente e punzecchiava, come un bravo moschettiere, là dove dava più fastidio. Beh, almeno quella mossa su qualcuno funzionava. Era una piccola vendetta? Ma no ... non era una vendetta in fondo. Lui non dava fastidio a nessuno, davvero. Semmai erano gli altri che si intrufolavano in quelle sequenze dove la sua vita aveva bisogno di essere svolta da sola. Si sentiva quasi spossato a quella continua tensione ...

 

Tensione? Touma, santo cielo ... sei sempre così teso.

 

Non era proprio tensione ... insomma, alla lunga chiunque si poteva innervosire a dover regolare la propria vita secondo uno schema – e tante persone che volevano importelo, no?

Le regole sono fondamentali nella vita di un uomo. Altrimenti si finisce per vivere nella dissolutezza e nel disordine. E tu, Touma, mi sembri uno che nel disordine ci sguazza facilmente.

Seiji, accidenti. Era lui. Lui quello che lo innervosiva di più...

Perchè lui era pacato, era perfetto, era la luce e nulla sembrava turbarlo. E, soprattutto, era quello che alla sua lingua tagliente non si scomponeva mai, al massimo mostrava un sopracciglio alzato e nient'altro. Ma lo sguardo, oh ... quello era più che eloquente. Ti entrava dentro, ne era certo...

“Touma?”.

La schiena di Tenku si drizzò come una molla impossibile da domare, il suo collo si piegò dolorosamente indietro, mentre gli occhi sulla difensiva e irritati si posavano sulla figurina, ammantata di luce, di Shin.

“Touma, che cosa ci fai qui?”.

“Io ...”.

Faccio gli affari miei ... mi sto rilassando, almeno qui ... guardo le stelle, è ancora possibile? ... sto cercando di dormire ... voglio restare solo ...

Tante erano le risposte da dare, ma solo una gli uscì di bocca. La peggiore.

“Sto pensando ...”.

Un momento di silenzio seguì le sue parole.

“Se non lo facessi comincerei a preoccuparmi... credo”.

“Non preoccuparti ... saggezza, ricordi? La testa la uso ... la uso bene ...”.

“Non ti arrabbiare Touma ma ... a volte quella tua testa lavora in modo strano ...” la figura di Shin si mosse sulle tegole, con una certa dimestichezza. Si avvicinò quel tanto perchè Tenku ne percepisse la presenza, senza però che essa risultasse troppo fastidiosa. No, così andava bene.

“Lo so che sono strano ...”. In fondo glielo avevano sempre detto che era diverso, che era speciale. In fondo, non voleva dire che era un po' strano?

“Non mi sembri molto contento di quel termine, però ...”.

Gli occhi cobalto si spalancarono e il suo corpo si rivolse completamente a Suiko con timore, sorpresa e anche tanta, troppa paura ingiustificata.

“Cosa te lo fa pensare?”.

“Il fatto che ora tu sia sulla difensiva ... ahhh ...” Shin si passò una mano tra i capelli, abbassando lo sguardo. “Touma ... adesso è meglio se smettiamo ... non sono venuto qui per questo”.

“E per cosa sei venuto, allora?”.

“Volevo sapere se stavi bene ...”.

Touma distolse lo sguardo, qualcosa nel suo stomaco non andava come doveva andare. Faceva male.

“Perchè non dovrei stare bene?”.

“Oh, cielo ... Touma dobbiamo andare avanti con domande assurde?”.

“Sei tu quello che fa domande assurde. Io sto bene”.

Shin sospirò ancora una volta, la mano nei suoi capelli si mosse nervosa.

“Almeno scendi con noi a mangiare? Ho preparato due torte... a te, non piacciono i dolci?”.

“Non mi dispiacciono ...”.

Shin si sentiva diviso: strozzare quel testone o resistere e farlo desistere da quell'atteggiamento? Touma era un osso duro ... davvero. Non gli dispiacevano i dolci, come no. La settimana prima aveva visto scomparire nelle mani sue e di Shu un sacchetto intero di anman ... e non gli dispiacevano i dolci. Scusa patetica.

“Allora vuoi scendere con noi?”.

“Mmh ...”.

“C'è anche bisogno di pensarci?”.

“Seiji non mi vorrà ...”.

Ah, ecco il succo del discorso. Seiji ... dovevano ancora raccontagli cos'era successo in quella camera. Era curioso di sapere come mai Korin fosse così confuso e assieme dispiaciuto. Non che lui glielo avesse detto, ma in certe occasioni il ragazzo di Sendai era sondabile quasi quanto Shu. Soprattutto quando c'era di mezzo Touma. Lo turbava o era solo un'impressione la sua?

“Seiji non tiene certo il muso, non come te. È già giù con gli altri che sta aspettando solo che tu ti faccia vivo. Ti farai vivo?”.

“Beh ... forse ... non saprei ...”.

No, non mettetelo alle strette: era peggio così, con la bocca che non sapeva più che fare.

Shin voltò le spalle al ragazzo, lasciando un sospiro.

“Una torta al cioccolato e una alle mele. Se vuoi ti aspettano giù ... giusto per la cronaca, non so se Shu risparmierà qualche fetta. Quando cerco di fermarlo comincia a lamentarsi e sai com'è terribile quando lo fa ...”.

Terribile? Faceva solo un po' il bambino e poi lo faceva solo con Shin. Con Touma imbastiva un battibecco, con Ryo finiva per scherzare e con Seiji ... beh, Seiji lo rimetteva al suo posto.

“Mmh...”.

“Sarebbe sciocco da parte tua perdere una serata così solo per un capriccio ...” e, con queste parole, Shin rientrò in casa, come se niente fosse. Era tipico suo. Affondava e poi lasciava che gli altri ne traessero le loro conclusioni.

Ma che conclusioni voleva che ne traesse dalle sue parole?! Lui era confuso ... confuso, chiaro?! Non sapeva più che fare ... con se stesso ... con gli altri ... ma con se stesso, prima di tutto.

Era tutto troppo nuovo e lui con le cose nuove non aveva gran dimestichezza: effettivamente la sua vita, per quattordici anni, è stata un susseguirsi della stessa routine – fatta esclusione per il cambio di scuola, le visite a sorpresa della madre e le letture. Escluso tutto questo, effettivamente la sua esistenza non poteva dirsi un libro di avventura. E nemmeno un intrigante poliziesco.

La vita era sempre stata uguale a se stessa. Fino a quando, qualche mese prima, non li aveva incontrati.

Certo, avrebbe potuto dire che tutto era cambiato nel momento in cui aveva ricevuto la yoroi da Kaosu, ma ... era stata una piccola finestra nella sua esistenza ... qualcosa che, dentro di sè, aveva accantonato, fino al momento in cui aveva sentito il richiamo ad unirsi agli altri.

Solo allora, Touma aveva cominciato a percepire un cambiamento ... quando li aveva sentiti si era reso conto che il sentiero che aveva percorso fino ad allora aveva fatto una brusca sterzata verso l'ignoto.

L'idea terrorizzante era il non sapere ancora, a distanza di quei mesi, se quell'ignoto era un percorso semplicemente diverso, oppure un salto nel vuoto.

Sospirò, cercò di ricordare delle parole ed un viso che un po' gli mancava. Aveva bisogno di qualcuno che lo spronasse? Aveva bisogno di una spinta, perchè da solo proprio non ci riusciva?

Chiuse gli occhi e si morse le labbra con rabbia: ecco che finiva per essere un peso ... e lui doveva essere sempre indipendente ... che senso aveva infastidire gli altri con problemi che erano suoi e che la sua mente ora non riusciva a risolvere? Tanto valeva andare a letto, pensarci sopra, dormirci sopra e pensare quando tutto era più limpido nel suo cervello e, soprattutto, nel suo cuore.

Rinforzare quel muro ora gli sembrava la cosa più giusta, più sicura ... più ...

Si voltò e si arrampicò verso la finestra, aprendola e richiudendola il più silenziosamente possibile ... a dirla tutta non voleva che i ragazzi si accorgessero dei suoi movimenti. Voleva rimanere solo a pensare. Crogiolarsi nei suoi pensieri e, sotto sotto, anche nella sua piccola infelicità.

Era davvero un bambino viziato.

Fece alcuni passi sulle scale, la sala era comunque distante, non l'avrebbero sentito se non in pieno silenzio e con le orecchie ben tese.

Ma le sue orecchie, inavvertitamente (o no?) tese lo erano ... e sentì in maniera chiara le risate che si levavano dal basso: erano divertite, distese, solari. Erano felici.

Qualcosa, qualcosa di piccolo (davvero così piccolo?) gli si strinse nel petto e, per la prima volta in vita sua, provò un grande dolore. Ma non era profondo, no. Era qualcosa di più superficiale. Ma non cambiava il fatto che facesse davvero male.

Voleva essere giù con loro e voleva essere lì, da solo.

Ma da solo voleva essere sprezzante, altero, disinteressato ai frivoli affari che scatenavano quell'ilarità.

Non voleva certo essere così. No, non così ...

Strinse i denti, ancora una volta e non riuscì a trattentere la propria flebile voce ...

“Accidenti ...”.

 

*

Il volto di Shin, all'improvviso, si era rivolto verso l'alto con un'espressione dubbiosa e un po' confusa.

“Che succede Shin?” gli chiese Ryo curioso. Stavano parlando con aria tranquilla e lui, da un momento all'altro, si era interrotto cambiando l'oggetto della sua attenzione.

“Touma non verrà ...”.

“Ehhhhhhh??? E perchè mai?!” sbottò stupito e deluso Shu, privato di una sua controparte con cui godere delle delizie della cucina.

Gli occhi di Shin passarono dal soffitto a Seiji, soffermandosi sul ragazzo che rimase impassibile a guardarlo. Poi gli occhi verdi si spostarono sul resto dei ragazzi, accompagnando lo sguardo con uno sbuffo.

“Non ha chiare un po' di cose ... immagino...”.

“Tipo?” fecero coretto Ryo e Shu. Byakuen, ranicchiato a dormire ai piedi dei ragazzi, alzò il muso e guardò tutti con l'aria di chi la sapeva lunga ... e di come, a volte, i bambini fossero difficili.

“Cose importanti ... ma ora pare che non se la senta di renderci partecipi ...”.

“L'hai sentito, Shin?” chiese Nasty dalla postazione del suo computer. Con una mano immetteva dati per la sua ricerca e con l'altra sbocconcellava la fetta di torta che aveva accanto.

Il ragazzo si limitò ad un cenno della testa.

“Mmh ...”. Sul volto della ragazza passarono le ombre di tanti pensieri, ma non vi diede voce, non fino a che non avesse avuto più sicurezze dalla sua.

“Touma è un mistero ...” mormorò infine Seiji, con aria imperturbabile ma una certa dose di inquietudine nell'occhio visibile.

“Lo è ... ma sai, Seiji ...” gli occhi vispi e ora un po' dispettosi di Shin si posarono nuovamente su di lui. “Anche tu non scherzi in quanto a mistero”.

Un sopracciglio biondo si alzò dubbioso.

“Io? E dire che non ho misteri da nascondere ...”.

“Come nessuno di noi, vero?” un sorrisetto mezzo innocente, un sospiro e gli occhi di Shin tornarono al soffitto, per poi tornare a terra e, più precisamente, al tavolo. “Shu ne lascerai un pezzo anche per il tuo compagno di dolci?”.

Al che il ragazzo, richiamato all'ordine, rischiò di strozzarsi con il pezzo di dolce che gli spuntava ancora dalla bocca.

Byakuen, per l'ennesima volta, alzò il muso e si lasciò andare a un sospiro felino al quale Ryo rispose con una risata di cuore.

Seiji si passò una mano sugli occhi, tra l'esasperato e lo stanco, e si congedò dai ragazzi qualche istante dopo, rubando un piatto con l'ultima fetta di torta al cioccolato disponibile.

“Se la teniamo in camera, abbiamo più possibilità di trovarla ancora integra domani mattina. Buona notte”.

E tra i mugugni irritati di Shu e una risata dei ragazzi, risalì le scale fino alla propria camera: nella penombra del corridoio notò il sottile filo di luce che penetrava da sotto la porta della camera che lui e Touma condividevano fin dal primo giorno.

Per qualche strano motivo, Seiji non riuscì a trattenere un sospiro, comunque leggero.

Educazione voleva che, anche se la stanza era di entrambi, bussasse alla porta e attendesse la risposta dell'occupante – le regole inculcate fin da piccolo erano diventate parte di lui come una seconda pelle.

“Seiji?”.

Il ragazzo prese il proprio nome come un invito ad entrare e, aperto l'uscio, si ritrovò a fissare la sagoma sdraiata e di spalle di Tenku, immerso in una lettura alla sola luce della lampada del proprio comodino. Seiji rimase a fissare per qualche istante la figura, sentì il frusciare delle dita sulla carta, il respiro apparentemente tranquillo del ragazzo in contrapposizione alla rigidità della sua posizione.

“Sei tu?”.

“Chi vuoi che sia?”.

Korin avanzò nella camera, poggiando il piatto sul tavolo di fianco all'entrata, dirigendosi poi al proprio giaciglio.

“Beh ... mmh ... credevo ...” un sospiro. “...Shin ...”.

“Sta badando a Shu e alla sua proverbiale voracità”.

Seiji si mise a sedere sul proprio letto, schiena rivolta alla schiena di Touma che, lentamente, si girò verso di lui, con un movimento rigido e controllato.

“Non c'è bisogno che tu sia nervoso ...”.

“Non sono nervoso!”.

Ah, detestava ... detestava quando gli buttava addosso quelle stupide frasi insensate. Nervosismo? Se lo sognava di notte?

“Quindi devo pensare che la tua reazione di oggi fosse solo dovuta a ... una cosa del momento?”.

Eccolo, eccolo lì. Il suo stomaco che se ne andava per i fatti suoi e gli provocava quella strana irritante nausea: non riusciva, con lui non ce la faceva a dargli uno stop.

“N-non ...”. O, avanti. Diglielo. In fondo era quello che effettivamente pensavi. “Non mi piace se ti avvicini ... troppo”. Un sussurro, tanto leggero, tanto impaurito. E da quando temeva di buttare fuori le proprie parole? Non era da lui ...

A quelle parole, Seiji non seppe subito come reagire: era una confessione ben strana detta da una persona alla quale, più di una volta, era stata più che vicina ... non si erano sostenuti più di una volta a vicenda? Presi per mano, per il braccio ... insomma...

“Touma ... mi devo aspettare anche una simile confessione quando stiamo combattendo gli youja?”.

“Ma che c'entra?!”.

O, c'entrava ... eccome.

Seiji non riuscì a non sospirare, di nuovo, e, come se dovesse parlare a un bambino, si voltò verso Touma con l'espressione più diplomatica e assieme più severa che riuscì a raccogliere in quel momento.

E lo ritrovò ranicchiato sul suo letto, ginocchia attaccate al petto, il libro che stava leggendo abbandonato sul fianco: negli occhi leggermente illuminati dalla luce, scorgeva un bagliore di protezione – verso se stesso? – e un'ostilità che si poteva trovare solo negli occhi di un animale ferito o messo alle strette.

“Touma ... che fai?”.

La severità si sciolse nei suoi occhi violetti, lasciando spazio alla sorpresa mista a una confusione che si faceva sempre più grande: quel pomeriggio era stato un momento strano, certo. Forse aveva anche oltrepassato una certa linea, dando per scontato una cosa non troppo scontata, anche perchè ... normalmente nemmeno lui era così intimo. Però, davvero ... non aveva fatto nulla. Davvero.

“In ... in battaglia è... è diverso ... qui ...”.

Qualcosa nella pazienza, tenuta con le briglie, venne meno e Seiji si ritrovò a torreggiare su Touma senza quasi accorgersene. Fu quando si ritrovò il cuscino di Touma in pieno viso che si ravvide del proprio gesto e, soprattutto, di quello dell'altro ragazzo. Il cuscino gli scivolò tra le braccia, mentre vedeva la figura di Tenku raggomitolarsi sotto le coperte e gridare un soffocato “Non toccarmi!” che risultò, in tutto e per tutto, peggiore di mille cuscinate in pieno viso.

Senza nemmeno accorgersene – di nuovo – si ritrovò seduto, al proprio letto: sospirò... sospirò perchè non sapeva cosa dire. Gli aveva davvero cancellato le parole dalla bocca, quelle giuste, quelle che sapevano arrivare là dove servivano. Non quelle dure che ora svolazzavano allegramente nella sua mente e nemmeno quelle che sapevano affondare perfettamente nei cuori inquieti. Come quello di Touma.

“Se vuoi sul tavolo c'è l'ultimo pezzo della torta di Shin. Ha pensato che ti sarebbe piaciuta ...”.

Silenzio. E come stupirsene?

“Buona notte Touma”.

In tutta risposta, la luce di Touma si spense e la camera venne inondata dall'ombra della notte. Seiji scosse la testa, si svestì, indossò il pigiama e si infilò sotto le coperte. Rimase ad occhi aperti a fissare il soffito, lo sguardo che sfuggiva troppo spesso verso il lato sinistro, quello che dava sull'esterno della casa, il letto vicino alla finestra che aveva desiderato Touma non appena aveva messo piede là dentro.

 

Flashback

 

“Non ti spiace se prendo questo, vero?”.

Non aveva fatto tempo ad aprire bocca che il ragazzino del Kansai si era gettato sul letto, armeggiando con la serratura della finestra che, al suo tocco frenetico ma esperto, si era spalancata su un tramonto dalle tinte forti che aveva inondato la stanza con un'aria fresca ma confortevole. Touma si era sporto dalla finestra con aria curiosa, vivace, facendo scorrere lo sguardo prima sotto di lui, poi sul cielo rosseggiante e i primi scorci di blu che facevano capolino.

“Potevi anche fare a meno di chiedere allora ...”.

“Beh, mi sembrava gentile, no?”. Quell'aria monella, quel sorriso che scherniva un po' tutto ... il mondo, le persone ... forse anche se stesso.

“Più che cortesia, la tua sembrava formalità ...” uno sbuffo e si era seduto sul proprio letto, speculare a quello di Touma ma stretto accanto al muro.

“Spesso è la stessa cosa ...”.

A quella battuta, non era riuscito a trattenersi. Davvero, a volte quella lingua esagerava.

“Non con me Tenku. Tienilo a mente”.

Probabilmente quella volta Touma l'aveva capito, a dispetto del suo poco tatto. L'aveva guardato serio, aveva fatto una smorfia strana, poi era tornato a guardare lo spettacolo del tramonto.

“Non con te Korin. Chiaro”.

E l'atmosfera si era distesa nuovamente, nel silenzio che spesso tra loro due regnava.

Seiji proprio non riusciva a capire ma, escluso quando c'erano in ballo schemi e strategie di battaglia, i dialoghi tra di loro si facevano radi e, spesso, un po' irritanti. Quando Touma, invece, si trovava coi ragazzi, allora la lingua del ragazzo si scatenava, nel bene e nel male ... a volte – rari casi, ma c'erano – spuntavano dei sorrisi sinceri, non di quelli irritanti, falsi e ironici che con lui usava, quando li usava.

“Com'è?” aveva chiesto, tanto per darsi un tono. Perchè non si cominciasse subito con quel silenzio.

“Com'è cosa?”.

“Il tramonto”.

Il volto del ragazzino – i capelli un po' smossi dal vento, le ciocche libere dalla fascia che gli davano un connotato quasi buffo – si girò verso di lui e Seiji si bloccò, quasi sorpreso. Cosa c'era in quelle iridi di tanto strano?

“E' un tramonto”.

“Tenku, chiaro che lo è”.

“Beh, è caldo ...”.

“Mi stupirei del contrario. Sono le albe quelle fredde”.

“Le albe? Tu dici?”.

“Non c'è paragone ... la luce è diversa ... è molto più tenue. L'avrai vista anche tu, almeno una volta”.

“Oh ...” un sospiro, il volto di Touma si era spostato di nuovo all'esterno, intrigato dalla comparsa delle primissime stelle. “No, non l'ho mai vista”.

“Stai scherzando ...”.

“Assolutamente no”.

Un sospiro, esasperato.

“Tenku, possibile che tu non l'abbia mai vista?”.

“E' possibile sì, Korin”.

Ecco, l'aveva irritato. Lo percepiva dalla tensione delle spalle, dall'improvvisa immobilità di tutto il suo corpo.

Un sospiro, l'ennesimo quel giorno. Si mosse dal suo posto e tornò al proprio letto.

“Avresti voglia di vederlo, una volta?”.

Silenzio, a Seiji sembrava di sentire i meccanismi di quella strana mente muoversi. Finalmente aprì bocca.

“Mi piacerebbe ... ma ...” la testolina si mosse di nuovo verso di lui, un sorrisetto diabolico sulle labbra. Seiji sentì che qualcosa non andava. “Sarai capace di svegliarmi?”.

“Cosa intendi?”.

“Ho il sonno pesante”.

“Sarò brusco”.

“Lo era anche mia madre ... ma io non mi sono mai svegliato”.

“Ti butterò giù dal letto”.

Ecco, il ragazzino di Osaka scoppiò a ridere, divertito: Seiji rimase allibito, quella risata sembrava davvero sincera.

“Ti voglio vedere ... il compassato Korin che tenta di risvegliarmi ...”.

“So essere convincente ...”.

“E' la testardaggine che serve con il mio sonno”.

“Pensi che non sia testardo?”.

Gli occhi cobalto di Touma si fissarono sul suo volto, scrutandolo con aria un po' saccente.

“In un certo senso ... lo spero ...” ed ecco quel sorriso, quello falso, costruito che usava.

Lo odiava. Seiji, davvero, lo odiava.

Si stupì a sentire quel sentimento ... che senso aveva, in quel frangente?

“Mi sveglierai Seiji?”.

Korin si voltò, stupito. E ora, come mai lo chiamava per nome? Perchè gli faceva quello strano gioco?

“Beh?”.

Il ragazzino – sì, in fondo era un ragazzino ... era il più giovane, no? Shin l'aveva fatto notare così tante volte... – aveva inclinato la testa e attendeva. Cosa? La risposta.

“Non fare quella faccia quando ti chiamo per nome”.

“Allora tenterò di svegliarti, va bene?”.

Ecco, aveva risposto. Un po' severamente l'aveva apostrofato.

“Beh ... se ne hai voglia”.

  
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