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Autore: FairyCleo    30/05/2011    9 recensioni
"Era tutto il giorno che l' intero enturage di servitori di re Uther e figlio faceva su e giù per il castello, lustrando persino i cardini delle porte delle segrete.
Camelot doveva prepararsi al meglio per accogliere in maniera egregia un ospite molto particolare".
Dal capitolo 5:
"Veloce come non mai, con il cuore che galoppava così forte da fargli quasi male, Artù era giunto davanti la porta della fredda cella dove era stato rinchiuso Merlino.
Il poveretto giaceva a terra, svenuto, rannicchiato su di un fianco, con le braccia incrociate sul petto, nascoste in parte dalle ginocchia ossute, e il viso affondato in esse.
Nonostante avesse rivolto la schiena verso il freddo muro di pietra, non era difficile immaginare in che condizioni fosse.
Sotto di lui, una pozza di liquido denso e scuro si stava allargando a vista d' occhio.
Se non fosse intervenuto all' istante, sarebbe morto dissanguato in quel posto infernale".
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Remorse

Artù era fuggito via dalla sala nello stesso istante in cui suo padre aveva decretato la fine del banchetto.
O meglio, era fuggito via nello stesso istante in cui RE MIRAZ aveva decretato la fine del banchetto.

Non riusciva a credere che si fossero rammolliti fino a quel punto.
I potenti e orgogliosi Pendragon si erano lasciati afferrare come due agnellini pronti per essere macellati.

Le immagini dell' ingiusta punizione a cui era stato sottoposto Merlino gli erano tornate in mente durante tutta la durata della ' festa '.
Non era più riuscito a toccare cibo.
Lo stomaco gli si contorceva dolorosamente ogni volta che il ricordo della frusta che torturava le candide carni di Merlino si faceva largo nella sua mente.
Le urla del suo fido valletto riecheggiavano nelle sue orecchie ancora, e ancora e ancora.
Più volte aveva chiesto a suo padre di poter lasciare la sala, ma questi gli aveva negato il permesso.
Un' ulteriore colpa che si aggiungeva a quella che già aveva commesso.

Non era intervenuto.
Non aveva mosso neanche un muscolo per soccorrerlo.
La paura lo aveva trasformato nel peggiore dei codardi.
La paura gli aveva impedito di salvare un amico, l' unico amico che aveva.

Per questo, ora sentiva il bisogno di fuggire via.
Fuggire via da quel luogo che gli ricordava quello scempio terribile.
Un solo minuto in più in quella maledetta sala e sarebbe morto asfissiato, schiacciato dal peso del rimorso.

L' unica cosa che voleva fare era correre nelle segrete, e accertarsi delle reali condizioni di Merlino.
L' unico che era veramente sincero e leale con lui.
L' unico che lo sarebbe stato per sempre, fino alla morte.

Stava per attraversare l' ultimo corridoio e raggiungere la ragione di quel suo profondo dolore, quando due guardie gli avevano bloccato il passaggio.
"Come osate?".
"Ci dispiace vostra altezza. Abbiamo l' ordine perentorio di non far passare nessuno".
"Ma io sono il figlio del re!".
I due soldati si erano scambiati un lungo sguardo.
"Siamo mortificati, vostra maestà. Non possiamo far passare nessuno".
Proprio in quell' istante, un lamento sommesso era giunto alle orecchie del giovane principe, e il cuore gli si era stretto in una morsa.
"Merlino...".
Il suo amico stava patendo le peggiori sofferenze e non gli era permesso neppure avvicinarsi.
"Lasciatemi passare".
"Vostra maestà, vi abbiamo già detto che...".
Rapido come un fulmine, Artù aveva disarmato una delle guardie, impossessandosi della sua lancia, e puntandola alla giugolare dell' altra, che, stesa al suolo, lo guardava terrorizzato.
"Vi ho detto di lasciarmi passare".
Non potevano più opporsi.

Veloce come non mai, con il cuore che galoppava così forte da fargli quasi male, Artù era giunto davanti la porta della fredda cella dove era stato rinchiuso Merlino.
Il poveretto giaceva a terra, svenuto, rannicchiato su di un fianco, con le braccia incrociate sul petto, nascoste in parte dalle ginocchia ossute, e il viso affondato in esse.
Nonostante avesse rivolto la schiena verso il freddo muro di pietra, non era difficile immaginare in che condizioni fosse.
Sotto di lui, una pozza di liquido denso e scuro si stava allargando a vista d' occhio.
Se non fosse intervenuto all' istante, sarebbe morto dissanguato in quel posto infernale.

"Portatemi le chiavi!".
Artù si era accorto che le guardie lo avevano seguito, anche se erano rimaste in disparte ad osservarlo in silenzio.
"Vostra maestà...".
"Portatemi le chiavi, ADESSO. O la butto giù a spallate".
E lo avrebbe fatto per davvero.
Aveva sbagliato una volta, non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore.

Anche se un po' titubante, la guardia gli aveva porto il mazzo di chiavi, che Artù aveva afferrato prontamente.
"Sire, se re Miraz dovesse saperlo...".
"NON ME NE IMPORTA. NON E' FORSE ABBASTANZA CHIARO?".
Il principe di Camelot che doveva dare spiegazioni a delle guardie.
Era assurdo!

L' ira e il destino gli stavano giocando un brutto scherzo: aveva scelto la chiave sbagliata per ben tre volte.
Ma non poteva prendersi il lusso di perdere altro tempo.
Non ora.
C' era di mezzo qualcosa di troppo importante.
C' era di mezzo la vita di Merlino.

Finalmente, la quarta chiave aveva fatto scattare la serratura.
"Si!".
Senza esitazione, si era avvicinato al suo servitore.
Respirava a malapena.
Gemeva dal dolore nonostante fosse privo di sensi.
Il suo esile e fragile corpo era percorso da spasmi violentissimi che lo facevano sembrare una marionetta straziata da un burattinaio crudele e dispettoso.

Un nodo alla gola stava quasi per far strozzare Artù.
Non sapeva più cosa provava.
Dolore? Rabbia? Risentimento? Odio?
Forse un misto di tutte quelle emozioni, forse nessuna.
Sapeva solo che aveva una gran voglia di piangere, ma che non era quello il momento.

"Che cosa volevi fare...?".
Artù aveva allungato la mano, fino a posarla tra i capelli madidi di sudore di Merlino.
"Volevi fare l' eroe? Eh, Merlino?".
Il giovane aveva sussultato a quel tocco.
"Non potevi aspettare che prima ti ordinassi cavaliere?".
Il principe sentiva che le lacrime stavano affiorando dai suoi grandi occhi azzurri, arrossati per lo sforzo di trattenerle.
Non voleva che le guardie lo vedessero in quelle condizioni, debole e indifeso.
Lui era il principe ereditario di Camelot, e non poteva permettersi debolezze.
Non davanti ai suoi soldati, almeno.
"Sei il solito idiota, Merlino!".

Così dicendo, si era sporto per guardare la sua schiena.
Era certo di non aver mai visto niente del genere in tutta la sua vita, nonostante fosse un guerriero, nonostante avesse rischiato egli stesso di morire più volte per colpa di terribili ferite riportate in battaglia.
E, a quella vista straziante, per un attimo gli era balenata nella mente l' idea che per Merlino non ci fosse più niente da fare.

"Non osare farmi scherzi, hai capito? O giuro che verrò a prenderti, ovunque andrai, e ti metterò alla gogna per il resto della tua vita".
Il giovane servitore, o meglio, quel che ne restava, aveva emesso un lamento lungo e straziante.
Artù doveva portarlo via da lì, e in fretta.
E chiamare Gaius immediatamente, prima che fosse stato veramente troppo tardi.

"Mi dispiace tanto, Merlino. Perdonami".

Aveva fatto scivolare le braccia dietro le ginocchia e dietro le spalle di Merlino, sollevandolo da terra, e cercando di provocargli meno dolore possibile.
Ma era stato inutile, perché il giovane servitore aveva spalancato gli occhi all' improvviso, gemendo e afferrando con le poche forze che aveva la veste del suo signore, sussurrando a malapena il suo nome.
Ma troppo intenso era il dolore che stava provando.
Così intenso da fargli perdere di nuovo i sensi.

Ad Artù era parso di morire.
Solo allora si era accorto di quanto Merlino fosse leggero.
Appoggiato sul suo ampio e poderoso torace, aveva tutta l' aria di un bambino indifeso.
A quel punto, gli era diventato impossibile trattenere le lacrime.
"Andiamo via da qui".

Non gli importava più che le guardie lo stessero osservando a bocca aperta.
Non gli importava più dell' ira di Miraz, o di suo padre.
Dopo quello che aveva visto, dopo quello che aveva udito, l' unica cosa importante era portare via Merlino.

"Chiunque avrà qualcosa da dire a riguardo, si rivolga direttamente a me".
E, con quelle parole, Artù si era congedato dalle due guardie, che, sconvolte, lo avevano visto allontanarsi a testa alta dalla prigione, reggendo tra le braccia ciò che restava di un ragazzo sconsiderato e coraggioso.
Ciò che rimaneva del povero Merlino.



Continua...

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Ok, ammetto di essere stata davvero cattiva nel capitolo precedente.
Spero di essermi fatta perdonare almeno in parte con questo!
Povero Merlino...
E povero Artù!
Divorato letteralmente dal rimorso...

Comunque, avrete notato che posto quando mi capita!
Bene, non è perché ho manie di protagonismo, ma perché questa fic per me è un esperimento...
Scrivo ogni volta che sono ispirata, e posto subito dopo per evitare di tornarci su e cambiare troppe cose!
(Posso assicurarvi che ho riscritto interi finali in altre fiction!).

Bè!
Ho ciarlato fin troppo!
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto, e in particolar modo Saretta_Lol e elfin emrys per le splendide recensioni!!
Al prossimo capitolo...
Cleo
   
 
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