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Autore: Aribea398    30/05/2011    2 recensioni
Cassandra, vampira sempre abituata a vivere nei sotterranei di Venezia, è a capo, insieme al suo patrigno Edgard, di tutti i vampiri che abitano il nostro mondo moderno.
Dopo una notte di caccia per le vie della città rischia di uccidere un ragazzo, Florenzo, che, scoprendo il loro segreto, diviene il "padrone" di Cassandra.
Lei all'inizio è scettica, ma ritornerà a vivere grazie ai suoi occhi cobalto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Asasin, shut up!

 

Fiore mi stava baciando, dolcemente.

Come faceva quel ragazzo ad essere interessato in quel modo a me? Io l'avevo quasi ucciso, maledizione! Come era possibile?

Le sue mani scivolarono dal mio viso al collo e poi sempre più giù fino a raggiungere la vita, mi strinse con possesso e le mie braccia andarono di riflesso a cingergli il collo. Il suo calore era per me come la luce era per le falene.

Si staccò dalla mia bocca percorrendo tutto il perimetro della mia mascella e la lunghezza del collo. Si abbassò abbastanza perché gli potessi accarezzare i capelli.

Quello che stavamo facendo era sbagliato, ma ai miei occhi sembrava maledettamente giusto.

Ritornò alla mia bocca, questa volta con più insistenza. Mi chiedeva in silenzio di aprire la bocca ed io, sempre silenziosamente acconsentii.

Ma appena il suo respiro attraversò la mia gola, senza che potessi controllarlo, mi uscì un ruggito violento e prolungato dal petto. Se non mi fossi staccata in tempo da lui con molta probabilità gli avrei graffiato il labbro con i canini.

Mi poggiai nuovamente alla porta, scivolando per terra.

<< Guardami, sono un mostro. >> Gli dissi con voce affaticata, causata dallo sforzo di non perdere il controllo.

<< Ai miei occhi non sei mai stata più bella che in questo momento. >> Il suo cuore scalpicciava come un cavallo sotto la camicia leggera e la giacca.

Lui ci teneva a me. Un singhiozzo uscì dalla mia bocca. Sentivo la bocca asciutta e la gola salata e mi odiavo immensamente.

<< E' tutto sbagliato… Sbagliato! >> Il pavimento tremò percettibilmente sotto il mio pugno e il marmo chiaro non si spaccò per puro caso. Ricaddi nei miei singhiozzi soffocati senza guardarlo in faccia, mi vergognavo troppo di piangere davanti a lui e la vista dei suoi occhi mi avrebbe avvinghiato la gola. 

In quel momento però non desideravo altro che mi stesse vicino, che mi abbracciasse e che mi dicesse che questo era tutto un sogno, volevo che mi dicesse che io ero umana, che ci saremmo incontrati in qualche luogo comune, magari in una libreria nella sezione dei fumetti che a lui piacevano tanto.

Si sedette anche lui, a gambe incrociate; sembrava che avesse focalizzato tutta la su attenzione sulle frange bianche del tappeto, sistemava ogni singolo filo in modo che tutto fosse in ordine; stava aspettando che io smettessi di piangere.

C'era un silenzio profondo, limpido ma allo stesso tempo pesante come una roccia.

Dopo non so quanto tempo si avvicinò a me a carponi, scomponendo per sbaglio le frange che prima aveva diligentemente venerato con la punta della scarpa.

<< E allora perché a me sembra giusto? >> Mi mise una mano sotto il mento, avrei potuto non alzare il viso, ma essendo una cosa che desiderava lui non volevo dargli un dispiacere.

<< Non piangere, sei bellissima quando sorridi, tu sei importante per me. >> Stavo pregando, pregavo perché non si innamorasse di me. Potevo sopportare il dolore che mi provocava la sua indifferenza, se soffrivo solo io potevo continuare a sopravvivere, ma sapere che anche lui potrebbe provare la stesa stretta al cuore che sento io, allora potrei morire lentamente, dilaniata in due, da una parte perché dovevo stare lontana da lui, dall'altra perché sapevo che se mi fossi fatta avanti lui non si sarebbe ritratto.

<< Non lo dire, ti prego, non lo dire. >> I canini erano tornati normali. Mi raggomitolai più su me stessa affondando il viso fra le ginocchia, bagnando il vestito di pianto. << Io sono un mostro. >>.

<< Non sei un mostro, adesso mi sembri solo una ragazza smarrita e sola. >> La sua voce si incrinò nelle ultime parole e mi sembrò che mi venisse la pelle d'oca. Aveva già pianto davanti a me, ma sapere che la causa ero io mi faceva mancare il respiro.

Mi misi in ginocchio e lui fece la stessa cosa. Ci prendemmo le mani con così tanta devozione che sembrava che stessimo all'altare, entrambi persi negli occhi dell'altro.

<< Perché non riesci a vedermi dentro? Io credo di provare qualcosa di molto forte per te ed è proprio per questo che ti voglio tenere lontano me, io son pericolosa. Il tuo futuro non mi deve vedere come protagonista, io sarò una comparsa, un personaggio in secondo piano che dovrà servirti e renderti la vita migliore e non un inferno in terra come in realtà sarebbe se noi ci innamorassimo. >> Gli accarezzai la guancia con il pollice, facendo scomparire il leggero velo brillante che avevano formato le lacrime.

<< Cassandra, per noi è troppo tardi, io mi sono già innamorato. >> Si portò le mani al viso, come faceva sempre quando non voleva che qualcuno lo vedesse piangere, ma i sussulti delle sue spalle lo tradivano.

<< Non dire così, tu sei un ragazzo, voi umani vi innamorate un giorno e vi odiate un altro. Basterà un po' di impegno e sarà tutto come prima, ma non ci dovevano non essere dei coinvolgimenti personali? >> Gli sorrisi come di solito fanno le mamme per convincere i loro bambini testardi.

Gli accarezzai i capelli biondi per parecchi minuti aspettando pazientemente che smettesse di piangere: nel silenzio mi accorsi che le mie paure erano scomparse non appena Fiore aveva avuto bisogno di me, da quel momento avevo impegnato tutta me stessa solo per farlo stare meglio.

Cercai di alzarmi ma lui mi trattenne per un braccio: << Ti prego non anche tu, prima mio padre, fra qualche mese anche Viola, ti supplico, non abbandonarmi anche te! >>.

Mi sentii la gola chiudersi e gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. << Cosa è successo a tuo padre? >> Alzò di scatto la testa e deglutì rumorosamente.

<< E' scappato, il vigliacco è scappato. >> La sua voce era un misto di dolore e rabbia. << Ma non ne voglio parlare. >>.

Quanto dolore aveva provato Fiore nella sua vita? In fondo eravamo simili, la vita si divertiva con noi, ci prendeva in giro, ci illudeva e poi ci toglieva tutto. Forse avremmo potuto affrontarla insieme la vita, contare ognuno dell'appoggio dell'altro.

<< Fiore, ti sei reso conto che entrambi abbiamo sempre sofferto? >> Cercai dolcemente di togliergli le mani dal volto, lo volevo vedere in viso.

<< E allora perché continuiamo a farci del male a vicenda? Almeno proviamoci. Basterà un po' di impegno e tutto sarà splendido. >> Aveva rigirato la frase che avevo detto prima; come faceva a convincermi? Forse ero anche io che desideravo la felicità sia per me che per lui.

Sarebbe bastato un mio assenso e avremmo potuto amarci, sarebbe bastato un mio rifiuto ed entrambi saremmo caduti nel dolore. Dovevo essere io a decidere, dovevo essere io la matura, ma quella volta non ne avevo voglia, volevo soltanto ritornare a vivere i miei diciannove anni.

Come immaginavo ero lacerata in due: il mio cervello diceva di scappare, di allontanarmi da lui per salvarlo, ma il mio cuore diceva di amarlo, di renderlo felice anche se significherebbe metterlo in pericolo.

Il mio cuore, dovevo ascoltare il cuore. Quante volte aveva sanguinato? Quante volte era diventato di pietra e mi ero dimenticata di lui? Quante volte si riempiva di invidia quando vedevo i miei fratelli che si amavano teneramente.

Volevo essere egoista, per una volta non pensare solo agli altri, ma anche alla mia felicita.

<< E proviamoci. >> Ci abbracciammo violentemente, con necessità. Ci avremmo provato, ci avremmo messo tutto noi stessi pur di far funzionare questa storia, che sembrava una favola: il bello che si innamora della bestia.

Che mi aiutasse a raggiungere la redenzione come nella fiaba? Lo speravo.

Alzandosi in piedi mi prese in braccio e, mentre mi depositava un bacio sulla fronte, mi adagiò fra i cuscini e le coperte. Fece il giro del letto e si sdraiò al mio fianco trascinandomi sopra di lui. In quel momento era tutto perfetto, il suo petto che si alzava ed abbassava sotto di me, i suoi occhi chiusi e il sorriso accennato: sembrava che dormiva, ma il suo cuore impazzito mi permetteva di capire che non era così. Adoravo procurargli quelle sensazioni, sapere che bastava un mio tocco e lui impazziva di gioia, non mi era mai successo, forse con Davide, ma non ne ero così sicura.

Dopo poco che io ero sdraiata su di lui ebbe un brivido, la mia pelle fredda non aiutava.

<< Mi dispiace. >> Cercai di ritrarmi, ma sentii una pressione all'altezza delle spalle che mi impedii di muovermi, se l'avessi fatto gli avrei fatto del male.

<< Mi abituerò al freddo, sono molto elastico e poi non ho mai amato il caldo. >> Mi diede un piccolo bacio sulla tempia che a me parve come un battito di farfalla.

<< Lascia almeno che accenda il camino. >> Presi dei ciocchi di legno dalla piccola cassapanca, ma non riuscivo a trovare un pezzo di carta per far prendere il fuoco.

Sentii un movimento dietro di me e dei passi: Fiore era sceso dal letto andando a prendere quello che riconobbi come il mio diario.

Me lo porse, ma prima strappò l'ultima pagina: << Questa me la tengo come ricordo. Questo invece per me puoi bruciarlo, non mi importa cos'eri. >> Delicatamente lo presi dalle sue mani, strappai un paio di pagine e con un accendino fatto a posta in modo che non mi bruciassi le diedi fuoco; diventarono velocemente nere e ne dovetti mettere altre perché la canna del camino iniziasse a tirare.

Quando le fiamme erano abbastanza alte buttai l'intero libro dentro che sembrò sciogliersi da quanto scomparve velocemente.

<< Davvero non ti importa? >> Mi alzai in piedi togliendomi le scarpe; ritornando alla mia altezza Fiore mi sembrava ancora più bello, come se la sua altezza mi dovesse proteggere.

<< Sarei stato uno stupido a pensare che dopo milleduecento anni tu fossi ancora vergine. >> Mi prese per i polsi ed accompagnò le mie braccia al suo collo. Soffocai una risata nel suo petto. Ecco cosa mi piaceva di Fiore, lui riusciva sempre a distrarmi e a strapparmi un sorriso col suo fare da ragazzo moderno.

Iniziò a fischiettare un ritmo di valzer e con le sue mani a cingermi la vita iniziammo a saltellare per la stanza. Lui inciampò molte volte nelle frange del mio vestito, ma in quel momento non mi importava, mi gustavo a pieno la gioia nei sui occhi.

Una gioia però sbagliata; quello che facevamo era sbagliato. Era contro natura, in quel senso Asasin aveva ragione, noi non eravamo fatti l'uno per l'altro, sarebbe finita male se io non fossi riuscita a controllarmi.

Mi rabbuiai e smisi di muovermi, come se quei pensieri avessero catturato tutta la mia energia, lasciandomi con un pugno di mosche in mano.

<< Che c'è? >> Nei suoi occhi c'era puro terrore, forse aveva capito i miei pensieri.

<< Fiore, è sbagliato… >>

<< Smettila di ripeterlo! Basta! Chi ti ha messo in mente questa idea? Cos'è? Hai paura di farmi del male? A me non m'importa, non m'interessa! >>

<< Asasin ha ragione, lui ha ragione, finirà in un bagno di sangue! >> Mi sedetti ai piedi del letto, portandomi il palmo del mano alla fronte, le dita ad accarezzarmi i capelli.

<< Se non mi ricordo male Asasin è quello che ci hai ballato insieme… Quello non mi piace, ti metteva le mani dappertutto, sembrava un polpo. E poi non lo ascoltare, per me è un idiota. E per i posteri: chi si fa gli affari suoi campa cent'anni, sua madre non gli ha insegnato l'educazione! >> Dovevo dirlo però, Fiore a volte aveva una dialettica troppo scurrile, gli avrei dovuto insegnare un po' di dizione.

<< Ti ricordo che noi siamo immortali e anche se ci interessassimo di fatti altrui vivremmo cent'anni e più. >> Provò ad obiettarmi, ma lo zittii con un movimento della mano. << Lo so che è un modo di dire. Comunque, non credo che sua madre gli possa aver insegnato molto, che io sappia è stato cresciuto da quando aveva sei anni dal clan Sănge per poi essere trasformato ai vent'anni e Madame Frică non è famosa per il suo gran cuore. Cerca di capirlo, poi è da diversi anni che mi fa intendere il suo interesse nei miei confronti, anche se potrebbe mirare solo al potere che essere il mio compagno significherebbe avere. Probabilmente è solo geloso. >> Mi sdraiai solo col busto, le gambe ancora penzoloni al bordo del letto. Posai pigramente le mani all'altezza dello stomaco, iniziando a rilassarmi.

Si sdraiò affianco a me, nella stessa posizione, voltando il capo verso di me: sentivo i suoi occhi su di me, ma io preferivo tenere i miei chiusi.

<< Sai… >> iniziò << Ho sempre pensato che se due persone si amavano sarebbero state insieme per sempre, ma con te… Con te mi sono dovuto ricredere, sei stata come un uragano, hai messo in disordine tutto, ogni volta che ti vedo sento tutto tremare, si muove tutto, a volte mi sembra di avere i sudori freddi. Il problema è che tu mi hai incasinato ben bene ed ora tu non mi puoi lasciare così, non credo che riuscirei a rimettere tutto a posto da solo. >> 

Aprii pian piano gli occhi ed incontrai i suoi così sinceri, come le sue parole, non consone ad una vera dichiarazione d'amore, ma che però trasmettevano il suo vero io, intaccato e puro, quasi come se non avesse mai incontrato i problemi della vita, anche se di dolori ne aveva provati.

<< Io ti amo. >> dissi guardando il soffitto, nascosto dal sottile velo verde del baldacchino. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi.

<< Ti amo anch'io, Cassandra. >>

<< E allora perché ci facciamo tutti questi problemi? >> Con delicatezza cercò la mia mano, e la imprigionò nella sua, così calda ed accogliente.

<< Io non me ne faccio di problemi, sei tu. Il mio cuore sarà aperto per te. >> Facendo leva con i gomiti mi tirai su e lui mi imitò.

Gli accarezzai una guancia, con rispetto e dedizione: << Scusa se mi sono innamorata di te senza il tuo permesso. >> Una lacrima uscì senza che la potessi controllare dall'angolo dell'occhio, che andò subito a nascondersi, scivolando velocemente, nei miei capelli, leggermente arruffati a causa dei tanti movimenti.

<< Scusami se non riesco a stare lontano da te, lo so che starti affianco significherà mettere in pericolo la mia vita, ma ora come ora non mi importa. >>

Scossi la testa rassegnata, non si sarebbe mai arreso; in quel momento speravo solo che un domani avrebbe potuto cambiare idea, in quel caso mi sarei fatta indietro, anche se sapevo che avrei sofferto.

Si chinò verso di me e il suo profumo di campo fiorito mi arrivò alle narici: era una sensazione strana, come se si tornasse a casa dopo anni dalla tua assenza.

Avvicinò il suo volto al mio e a pochi centimetri dalle mie labbra soffiò un: << Posso? >>.

Annuii, mio mal grado, per me sarebbe stato impossibile negare quel piccolo piacere ad entrambi.

Chiuse gli occhi ed inclinò il capo: le sue labbra si posarono per la seconda volta sulle mie. Erano bollenti e tendevano a modellarsi sulle mie, purtroppo, più dure e fredde.

 

Angolo autrice:

Non vi faccio perdere tempo:

Disegno ispirato dalla frase all'inizio del capitolo: Il suo calore era per me come la luce è per le falene.

Un'altra cosa, vorrei iniziare un'altra storia, scrivo prima dieci capitoli tutti di seguito e poi inizio a pubblicarla, oppure la intervallo a questa anche se gli aggiornamenti saranno più lenti?

Ditemi voi.

Vi lascio sperando che mi lasciate qualche bella recensione con tanti bei consigli che mi fanno sempre piacere! :D

Salutoni

Aribea398

   
 
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