Goodbye
Un
leggero chiarore filtrante dalle fessure della persiana della camera da letto mi
sveglia.Si è fatto giorno.Il giorno in cui la mia vita subirà una svolta
decisiva.So già che oggi una parte di me andrà persa per sempre.
Muovendomi
piano mi volto verso la sveglia che fa bella mostra di sé sul comodino:le
sette.Ormai è ora di andare.Prima che lui si svegli,prima che al solo vedere i
suoi occhi buoni,al solo sentire la sua dolce voce tutta la mia determinazione
scompaia. È stata una decisione sofferta,ma che dovevo assolutamente
prendere.Per me,ma soprattutto per lui.
Non
resisto…il suono del suo respiro accanto a me,calmo e regolare nel sonno,mi
spinge a voltarmi verso di lui.Lo guardo incantata.Anche quando dorme mantiene
sul suo viso angelico quel sorriso aperto e fanciullesco che mi ha tanto colpita
la prima volta che l’ho visto e che mi ha fatta innamorare di lui,l’uomo che
mi ha ridato la vita,il mio Tom.Gli scosto delicatamente una ciocca di capelli
dal viso e le mie labbra sono attratte come una calamita dalle sue,così morbide
e sensuali.Lo bacio. A quel contatto comincia a muoversi e io mi guardo intorno
spaventata:non credo ce la farei a mettere in atto il mio piano se dovessi
trascorrere un giorno in più con lui “Ti prego,Signore,fa che non si
svegli…” sussurro appena,ma è troppo tardi.Apre gli occhi e sento il suo
sguardo su di me. “Buongiorno” mormora con la voce ancora impastata dal
sonno “Che ore sono?” “È ancora presto,Tommy,continua a dormire” Gli
sorrido. L’ultimo sorriso,per lui. Continuo ad osservarlo mentre piano piano
scivola nel sonno e si riaddormenta, cercando di fissarmi nella mente ogni
minimo particolare del suo volto d’angelo,anche se non credo di averne
veramente bisogno. Ma lo voglio ricordare così,con il viso sereno.Finalmente il
suo respiro si fa di nuovo regolare.
Ci
siamo,adesso è veramente ora di andare.Mi alzo piano dal letto,cercando di non
fare rumore e silenziosamente mi infilo un paio di vecchi jeans e un pesante
maglione di lana.Non devo neanche raccogliere le mie cose,ci ho già pensato
ieri contando sul fatto che Tom,stanchissimo al ritorno dalla partita di quella
sera,non ci avrebbe fatto caso. E infatti così è stato.
Non
vorrei andarmene così,come una ladra,da questa casa che per due anni mi ha
vista felice,ma devo. È l’unico modo non dico per non stare male,ma per
soffrire di meno,forse.Sarebbe troppo difficile e doloroso spiegare le
motivazioni della mia scelta guardando Tom negli occhi,occhi scrutatori che
sanno leggere nella profondità della mia anima come probabilmente neanche io
sono in grado di fare;e poi sicuramente sarebbe capace di trovare le parole
giuste per farmi restare.Ma io non posso.Non posso continuare ad aggrapparmi a
lui,a condizionare la sua vita rischiando di soffocarlo.Non ho fatto altro da
quando ci siamo conosciuti.Persino la decisione di venire a giocare in Italia
l’ha presa per me,per farmi tornare a casa.Aveva ricevuto offerte dai più
grandi club europei,il Manchester UTD,il Bayern Monaco,il Real Madrid,poteva
rimanere nel PSG o raggiungere il suo amico Holly a Barcellona e invece…invece
aveva scelto l’Italia.Ricordo perfettamente la sera in cui mi annunciò il suo
passaggio al Milan.Eravamo accoccolati sul divano a guardare un vecchio film
americano quando lui d’improvviso aveva esclamato “Amore,finalmente torni in
Italia!” io mi ero girata a guardarlo,stupita,e lui aveva proseguito
imperterrito “Ho firmato oggi pomeriggio il contratto con il Milan”
“Cosa?Ma…il Barcellona?” Mi aveva posato un bacio sulla fronte,poi mi
aveva spiegato la sua decisione “Certo,mi sarebbe piaciuto tornare a giocare
con Oliver,ma posso sempre farlo in nazionale.Per me conta molto di più quello
che vuoi tu,e so che muori dalla voglia di tornare in Italia,perciò il Milan mi
è sembrata la scelta più adatta,tenendo conto che è una buona squadra,tra le
migliori in Europa” Fu probabilmente in quel momento che per la prima volta
capii.Capii che Tom aveva appena sacrificato i suoi sogni per me e che non
sarebbe di certo stata l’ultima volta.
Ma
non voglio più che succeda.Mai più.Mi chiedo solo perché ho aspettato altri
due anni prima di avere il coraggio di ammetterlo a me stessa e di trovare la
soluzione più ovvia al problema.
Ormai
sono pronta e lo guardo per l’ultima volta,mentre sento le lacrime che come
stilettate iniziano a bruciarmi gli occhi.Non devo piangere,devo essere
forte.Esco dalla camera chiudendomi la porta alle spalle e silenziosamente
raggiungo l’anticamera.Ho in mano una lettera che poso accanto al telefono:un
po’ poco,forse,per segnare la conclusione di un grande amore quale credo sia
stato il nostro,ma in quelle pagine sono racchiusi tutti i sentimenti che provo
e la spiegazione del mio gesto. Tom è un ragazzo intelligente,capirà le mie
motivazioni.Magari si arrabbierà,soffrirà e mi odierà anche,come è naturale
che sia,ma capirà. E un giorno finirà col ringraziarmi per avergli reso la sua
libertà.
Lentamente
mi infilo le scarpe da ginnastica e il cappotto ed esco dall’appartamento
cercando di fare meno rumore possibile. Mi appoggio per un attimo allo stipite
della porta:ho il cuore che mi batte a mille e sento una sottile angoscia farsi
strada nella mia anima.Devo andarmene da qui,prima che sai troppo tardi,prima
che ceda all’impulso di riaprire la porta e tornare dentro.Soffoco un
singhiozzo e scendo a precipizio le scale,uscendo di corsa fuori dal palazzo.Una
sferzata di aria gelida mi colpisce in pieno volto e mi permette di ritrovare il
controllo di me e delle mie emozioni.Mi infilo nella prima fermata della
metropolitana che incontro,devo andare da Ilaria a prendere le mie cose prima di
andare via. Ilaria è la mia migliore amica.Siamo cresciute assieme in un
piccolo paesino di provincia e sebbene abbiamo seguito strade diverse per quanto
ha potuto mi è sempre stata vicina.Anche adesso ha deciso di aiutarmi
nonostante non approvi quello che sto facendo.Cara Ilaria,mi mancheranno
tantissimo la tua presenza costante,il tuo affetto.
Arrivata
a destinazione salgo velocemente nel suo appartamento e altrettanto velocemente
prendo le mie valigie e le chiedo di chiamarmi un taxi:devo andarmene in fretta
da casa sua,sarà il primo posto in cui Tom mi cercherà non appena avrà letto
la mia lettera.Scendiamo assieme ad attendere la vettura,che arriva dopo pochi
minuti.
“Sei
proprio sicura di voler veramente andare via?” Annuisco con decisione “È
l’unica soluzione possibile,mi chiedo solo come abbia fatto ad arrivarci così
tardi” Ci abbracciamo con forza,commosse,mentre l’autista ci osserva
impaziente. “Mi raccomando,stammi bene!Ma…dove andrai adesso?” “Non ne
ho idea,per il momento mi farò portare in aeroporto e lì deciderò il dafarsi”
“Fammi avere tue notizie,ok?Così sarò più tranquilla.Mi…mi mancherai da
matti,tesoro.” “Anche tu,mi mancherai anche tu. Ilaria…stagli vicina,non
sarà facile neanche per lui,temo.” Mi stacco delicatamente da lei e
finalmente salgo in macchina.Mentre il taxi parte nel traffico cittadino,che già
si sta facendo intenso,mi volto indietro e vedo Ilaria ferma sul ciglio del
marciapiede,che mi saluta con un cenno del capo.La mia ultima immagine di
Milano.
“All’aeroporto
di Malpensa,per favore” dico all’autista e poi mi lascio andare stancamente
contro lo schienale del sedile,chiudendo gli occhi.Sento un’ondata di ricordi
che si fa strada dentro di me,rischiando di sommergermi…ma non ho la forza di
sottrarmi,e forse non lo voglio neanche:è tutto quello che mi resta.
La
prima volta che vidi Tom mi ero appena trasferita a Parigi dall’Italia,per
frequentare l’ultimo anno di Liceo. Virginie,la mia nuova compagna di
banco,era una ragazza allegra e solare e conosceva praticamente tutti nella
scuola,perciò dopo le lezioni si era offerta di farmi visitare l’istituto e
mostrarmi le attività pomeridiane che vi si potevano svolgere.Arrivate al campo
di calcio ci eravamo fermate a lungo ad osservare gli allenamenti della squadra
che era l’orgoglio della scuola e Virginie mi aveva indicato i giocatori ad
uno ad uno,descrivendomi dettagliatamente le loro caratteristiche tecniche e
soffermandosi in particolare sul capitano,un ragazzo giapponese di nome Tom
Becker.Quando i giovani calciatori si erano fermati per una breve pausa Virginie
aveva preceduto con le presentazioni e in breve tempo,data la mia passione per
il calcio,mi ero trovata coinvolta in un’animata conversazione di argomento
calcistico.
Commentando
le gesta di Maradona e Van Basten,fu così che lo conobbi.Il ragazzo più carino
che avessi mai visto,con due grandi e profondi occhi nocciola,capaci di
catturare l’attenzione e annullare tutto il resto.
Non
me ne innamorai subito,questo no,ma devo ammettere che provai un’immediata
attrazione per lui,nonostante in quel primo periodo non avemmo molte occasioni
per parlare assieme,lui sempre così preso dal calcio e io che cercavo di
tenermi il più impegnata possibile con lo studio e mille attività sempre
diverse per non pensare ai reali motivi che mi avevano spinta a scappare di casa
e a trasferirmi a Parigi.
Ma
avevo fatto i conti senza il mio patrigno,che non si era affatto rassegnato alla
mia precipitosa fuga da casa.Una fredda sera di Novembre lo trovai seduto
davanti alla porta del mio appartamento ad aspettarmi,con lo sguardo irato che
ben gli conoscevo.Tremando dalla paura mi avvicinai lentamente e tirai fuori
dalla borsa le chiavi di casa,infilandole nella serratura senza parlare:ero
perfettamente conscia di quello che mi sarebbe aspettato varcando quella soglia
e parlare avrebbe solo peggiorato la situazione.
Quando
se ne fu andato,un paio d’ore dopo,mi trascinai a fatica nel bagno e feci una
lunga doccia,massaggiando delicatamente il mio corpo indolenzito sul quale già
cominciavano ad apparire i primi lividi causati dalle percosse appena subite.Non
piansi neppure,abituata com’ero a curarmi le ferite che quell’uomo violento
mi procurava in continuazione. A me e alla mamma.Probabilmente le aveva inferto
lo stesso trattamento per sapere dove mi trovassi. Non che fosse cattivo,da
sobrio.Ma quando beveva si trasformava in una bestia e non esitava ad alzare le
mani sulle “sue due principesse”,come ci chiamava.Certo un trattamento
alquanto anomalo per delle principesse.
Nei
tre giorni successivi a quella visita indesiderata non andai a scuola,il
paparino aveva fatto un lavoretto coi fiocchi,facevo persino fatica a
riconoscere il mio viso allo specchio talmente era tumefatto.Passavo le giornate
sdraiata sul divano,con le orecchie tese a percepire tutti i rumori provenienti
dal corridoio,terrorizzata dall’idea che potesse già essere di ritorno.Perché
non si trattava di sapere SE sarebbe tornato,ma QUANDO lo avrebbe fatto.Il
pomeriggio del terzo giorno mi ero appena assopita quando sentii bussare alla
porta.Mi alzai di scatto dal divano e rimasi a fissare con gli occhi sbarrati
l’uscio per alcuni minuti,prima di andare ad aprire.Razionalmente non avrei
voluto farlo,ma le mie gambe si mossero da sole:se fosse stato lui e non avessi
aperto quella maledetta porta sarebbe stato tanto peggio per me.
Ma
non era lui. I sorrisi di Virginie,venuta a portarmi i compiti,e di Tom che per
qualche strano motivo l’aveva accompagnata si spensero non appena i loro occhi
si furono posati su di me.Fu difficile rispondere a tutte le loro domande,ma in
qualche modo dovetti farlo e non nascondo che poi mi sentii molto meglio. Tom
non volle saperne di lasciarmi da sola in quell’appartamento sapendo che il
mio patrigno sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento e praticamente mi
obbligò a trasferirmi a casa sua,troppo grande perché a viverci fossero solo
lui e il padre.
Fu
così che cominciò la nostra storia.
Dapprima
come semplici amici. Tom con la sua dolcezza e la sua costante vicinanza mi aiutò
a superare tutti i fantasmi del passato e i danni psicologici che anni di
continue violenze domestiche mi avevano procurato. Poi,circa un anno dopo,ci
scoprimmo innamorati. Trovavo bellissimo camminare abbracciata a lui lungo la
Senna,mentre ci raccontavamo di noi,dei nostri sogni,delle nostre debolezze. O
trascorrere giornate intere al Louvre ammirando meravigliosi capolavori
artistici. E altrettanto bello era andare la domenica a fare il tifo per lui
sugli spalti,aspettarlo a casa dopo gli allenamenti e passare le serate
abbracciati sul divano a guardare vecchi film in videocassetta. Amavamo i vecchi
film...
La
voce severa dell’autista mi salva da quel fiume di ricordi che mi ha
investita,rischiando di travolgermi “Signorina,siamo arrivati” Scendo
dall’auto e dopo aver ripreso i miei bagagli pago la corsa all’autista,che
riparte sgommando.
Mi
ritrovo sola davanti all’aeroporto,circondata dalle mie valigie,senza sapere
cosa fare. Alzo gli occhi al cielo e vedo un piccolo raggio di sole che cerca di
bucare la leggera coltre di nebbia che circonda la zona.Un raggio di sole,una
sorta di benedizione suprema,un piccolo segno che rafforza la mia convinzione di
aver preso la decisione giusta. Entro nell’edificio e mi guardo intorno E
ora che faccio?!:devo pur decidere dove andare,non posso certo trascorrere
il resto dei miei giorni nella sala d’attesa di un aeroporto. Mi dirigo verso
l’edicola e comincio a sfogliare una rivista di viaggi,dalle cui pagine
patinate immagini di luoghi da sogno mi sorridono invitanti. Sbuffo,la scelta
non è certo facile. Arrivo all’indice delle città con le idee ancora
parecchio confuse,quando all’improvviso ho un barlume:perché non lasciare
decidere al destino?Chiudo gli occhi e faccio scorrere un dito lungo la
pagina,fermandolo poi all’improvviso:cosa ha in serbo per me il futuro? Los
Angeles,la Città degli Angeli,un nome rassicurante.Pago la rivista con un
sorriso,mi terrà compagnia durante la lunga trasvolata oceanica. Sono
triste,certo,lo si è sempre quando una parte importante della nostra vita si
conclude,ma non posso fare a meno di sorridere,ora che finalmente almeno so dove
andrò. E poi è buffo pensare che sto per volarmene negli Stati Uniti,proprio
io che ho sempre sostenuto che non avrei mai lasciato la mia amata Europa per
gli USA. Ma ci sono momenti nella vita in cui si devono fare delle
scelte,dolorose forse,ma necessarie. Io la mia l’ho appena fatta.
Fa
male,molto,lasciare chi si ama. Chiudere un capitolo della propria esistenza
come se non sia mai esistito.
Sono
certa che tra qualche anno riguardando indietro non proverò più questa
angoscia che mi attanaglia il cuore e potrò guardare alla mia vita
passata con serenità. Anche per Tom sarà così.Ora però è tempo che
cresca,che provi a vivere la mia vita senza appoggiarmi agli altri. Senza di
lui.