Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |      
Autore: Masha    04/02/2004    3 recensioni
E' difficile lasciare chi si ama...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Goodbye

Un leggero chiarore filtrante dalle fessure della persiana della camera da letto mi sveglia.Si è fatto giorno.Il giorno in cui la mia vita subirà una svolta decisiva.So già che oggi una parte di me andrà persa per sempre.

Muovendomi piano mi volto verso la sveglia che fa bella mostra di sé sul comodino:le sette.Ormai è ora di andare.Prima che lui si svegli,prima che al solo vedere i suoi occhi buoni,al solo sentire la sua dolce voce tutta la mia determinazione scompaia. È stata una decisione sofferta,ma che dovevo assolutamente prendere.Per me,ma soprattutto per lui.

Non resisto…il suono del suo respiro accanto a me,calmo e regolare nel sonno,mi spinge a voltarmi verso di lui.Lo guardo incantata.Anche quando dorme mantiene sul suo viso angelico quel sorriso aperto e fanciullesco che mi ha tanto colpita la prima volta che l’ho visto e che mi ha fatta innamorare di lui,l’uomo che mi ha ridato la vita,il mio Tom.Gli scosto delicatamente una ciocca di capelli dal viso e le mie labbra sono attratte come una calamita dalle sue,così morbide e sensuali.Lo bacio. A quel contatto comincia a muoversi e io mi guardo intorno spaventata:non credo ce la farei a mettere in atto il mio piano se dovessi trascorrere un giorno in più con lui “Ti prego,Signore,fa che non si svegli…” sussurro appena,ma è troppo tardi.Apre gli occhi e sento il suo sguardo su di me. “Buongiorno” mormora con la voce ancora impastata dal sonno “Che ore sono?” “È ancora presto,Tommy,continua a dormire” Gli sorrido. L’ultimo sorriso,per lui. Continuo ad osservarlo mentre piano piano scivola nel sonno e si riaddormenta, cercando di fissarmi nella mente ogni minimo particolare del suo volto d’angelo,anche se non credo di averne veramente bisogno. Ma lo voglio ricordare così,con il viso sereno.Finalmente il suo respiro si fa di nuovo regolare.

Ci siamo,adesso è veramente ora di andare.Mi alzo piano dal letto,cercando di non fare rumore e silenziosamente mi infilo un paio di vecchi jeans e un pesante maglione di lana.Non devo neanche raccogliere le mie cose,ci ho già pensato ieri contando sul fatto che Tom,stanchissimo al ritorno dalla partita di quella sera,non ci avrebbe fatto caso. E infatti così è stato.

Non vorrei andarmene così,come una ladra,da questa casa che per due anni mi ha vista felice,ma devo. È l’unico modo non dico per non stare male,ma per soffrire di meno,forse.Sarebbe troppo difficile e doloroso spiegare le motivazioni della mia scelta guardando Tom negli occhi,occhi scrutatori che sanno leggere nella profondità della mia anima come probabilmente neanche io sono in grado di fare;e poi sicuramente sarebbe capace di trovare le parole giuste per farmi restare.Ma io non posso.Non posso continuare ad aggrapparmi a lui,a condizionare la sua vita rischiando di soffocarlo.Non ho fatto altro da quando ci siamo conosciuti.Persino la decisione di venire a giocare in Italia l’ha presa per me,per farmi tornare a casa.Aveva ricevuto offerte dai più grandi club europei,il Manchester UTD,il Bayern Monaco,il Real Madrid,poteva rimanere nel PSG o raggiungere il suo amico Holly a Barcellona e invece…invece aveva scelto l’Italia.Ricordo perfettamente la sera in cui mi annunciò il suo passaggio al Milan.Eravamo accoccolati sul divano a guardare un vecchio film americano quando lui d’improvviso aveva esclamato “Amore,finalmente torni in Italia!” io mi ero girata a guardarlo,stupita,e lui aveva proseguito imperterrito “Ho firmato oggi pomeriggio il contratto con il Milan” “Cosa?Ma…il Barcellona?” Mi aveva posato un bacio sulla fronte,poi mi aveva spiegato la sua decisione “Certo,mi sarebbe piaciuto tornare a giocare con Oliver,ma posso sempre farlo in nazionale.Per me conta molto di più quello che vuoi tu,e so che muori dalla voglia di tornare in Italia,perciò il Milan mi è sembrata la scelta più adatta,tenendo conto che è una buona squadra,tra le migliori in Europa” Fu probabilmente in quel momento che per la prima volta capii.Capii che Tom aveva appena sacrificato i suoi sogni per me e che non sarebbe di certo stata l’ultima volta.

Ma non voglio più che succeda.Mai più.Mi chiedo solo perché ho aspettato altri due anni prima di avere il coraggio di ammetterlo a me stessa e di trovare la soluzione più ovvia al problema.

Ormai sono pronta e lo guardo per l’ultima volta,mentre sento le lacrime che come stilettate iniziano a bruciarmi gli occhi.Non devo piangere,devo essere forte.Esco dalla camera chiudendomi la porta alle spalle e silenziosamente raggiungo l’anticamera.Ho in mano una lettera che poso accanto al telefono:un po’ poco,forse,per segnare la conclusione di un grande amore quale credo sia stato il nostro,ma in quelle pagine sono racchiusi tutti i sentimenti che provo e la spiegazione del mio gesto. Tom è un ragazzo intelligente,capirà le mie motivazioni.Magari si arrabbierà,soffrirà e mi odierà anche,come è naturale che sia,ma capirà. E un giorno finirà col ringraziarmi per avergli reso la sua libertà.

Lentamente mi infilo le scarpe da ginnastica e il cappotto ed esco dall’appartamento cercando di fare meno rumore possibile. Mi appoggio per un attimo allo stipite della porta:ho il cuore che mi batte a mille e sento una sottile angoscia farsi strada nella mia anima.Devo andarmene da qui,prima che sai troppo tardi,prima che ceda all’impulso di riaprire la porta e tornare dentro.Soffoco un singhiozzo e scendo a precipizio le scale,uscendo di corsa fuori dal palazzo.Una sferzata di aria gelida mi colpisce in pieno volto e mi permette di ritrovare il controllo di me e delle mie emozioni.Mi infilo nella prima fermata della metropolitana che incontro,devo andare da Ilaria a prendere le mie cose prima di andare via. Ilaria è la mia migliore amica.Siamo cresciute assieme in un piccolo paesino di provincia e sebbene abbiamo seguito strade diverse per quanto ha potuto mi è sempre stata vicina.Anche adesso ha deciso di aiutarmi nonostante non approvi quello che sto facendo.Cara Ilaria,mi mancheranno tantissimo la tua presenza costante,il tuo affetto.

Arrivata a destinazione salgo velocemente nel suo appartamento e altrettanto velocemente prendo le mie valigie e le chiedo di chiamarmi un taxi:devo andarmene in fretta da casa sua,sarà il primo posto in cui Tom mi cercherà non appena avrà letto la mia lettera.Scendiamo assieme ad attendere la vettura,che arriva dopo pochi minuti.

“Sei proprio sicura di voler veramente andare via?” Annuisco con decisione “È l’unica soluzione possibile,mi chiedo solo come abbia fatto ad arrivarci così tardi” Ci abbracciamo con forza,commosse,mentre l’autista ci osserva impaziente. “Mi raccomando,stammi bene!Ma…dove andrai adesso?” “Non ne ho idea,per il momento mi farò portare in aeroporto e lì deciderò il dafarsi” “Fammi avere tue notizie,ok?Così sarò più tranquilla.Mi…mi mancherai da matti,tesoro.” “Anche tu,mi mancherai anche tu. Ilaria…stagli vicina,non sarà facile neanche per lui,temo.” Mi stacco delicatamente da lei e finalmente salgo in macchina.Mentre il taxi parte nel traffico cittadino,che già si sta facendo intenso,mi volto indietro e vedo Ilaria ferma sul ciglio del marciapiede,che mi saluta con un cenno del capo.La mia ultima immagine di Milano.

“All’aeroporto di Malpensa,per favore” dico all’autista e poi mi lascio andare stancamente contro lo schienale del sedile,chiudendo gli occhi.Sento un’ondata di ricordi che si fa strada dentro di me,rischiando di sommergermi…ma non ho la forza di sottrarmi,e forse non lo voglio neanche:è tutto quello che mi resta.

La prima volta che vidi Tom mi ero appena trasferita a Parigi dall’Italia,per frequentare l’ultimo anno di Liceo. Virginie,la mia nuova compagna di banco,era una ragazza allegra e solare e conosceva praticamente tutti nella scuola,perciò dopo le lezioni si era offerta di farmi visitare l’istituto e mostrarmi le attività pomeridiane che vi si potevano svolgere.Arrivate al campo di calcio ci eravamo fermate a lungo ad osservare gli allenamenti della squadra che era l’orgoglio della scuola e Virginie mi aveva indicato i giocatori ad uno ad uno,descrivendomi dettagliatamente le loro caratteristiche tecniche e soffermandosi in particolare sul capitano,un ragazzo giapponese di nome Tom Becker.Quando i giovani calciatori si erano fermati per una breve pausa Virginie aveva preceduto con le presentazioni e in breve tempo,data la mia passione per il calcio,mi ero trovata coinvolta in un’animata conversazione di argomento calcistico.

Commentando le gesta di Maradona e Van Basten,fu così che lo conobbi.Il ragazzo più carino che avessi mai visto,con due grandi e profondi occhi nocciola,capaci di catturare l’attenzione e annullare tutto il resto.

Non me ne innamorai subito,questo no,ma devo ammettere che provai un’immediata attrazione per lui,nonostante in quel primo periodo non avemmo molte occasioni per parlare assieme,lui sempre così preso dal calcio e io che cercavo di tenermi il più impegnata possibile con lo studio e mille attività sempre diverse per non pensare ai reali motivi che mi avevano spinta a scappare di casa e a trasferirmi a Parigi.

Ma avevo fatto i conti senza il mio patrigno,che non si era affatto rassegnato alla mia precipitosa fuga da casa.Una fredda sera di Novembre lo trovai seduto davanti alla porta del mio appartamento ad aspettarmi,con lo sguardo irato che ben gli conoscevo.Tremando dalla paura mi avvicinai lentamente e tirai fuori dalla borsa le chiavi di casa,infilandole nella serratura senza parlare:ero perfettamente conscia di quello che mi sarebbe aspettato varcando quella soglia e parlare avrebbe solo peggiorato la situazione.

Quando se ne fu andato,un paio d’ore dopo,mi trascinai a fatica nel bagno e feci una lunga doccia,massaggiando delicatamente il mio corpo indolenzito sul quale già cominciavano ad apparire i primi lividi causati dalle percosse appena subite.Non piansi neppure,abituata com’ero a curarmi le ferite che quell’uomo violento mi procurava in continuazione. A me e alla mamma.Probabilmente le aveva inferto lo stesso trattamento per sapere dove mi trovassi. Non che fosse cattivo,da sobrio.Ma quando beveva si trasformava in una bestia e non esitava ad alzare le mani sulle “sue due principesse”,come ci chiamava.Certo un trattamento alquanto anomalo per delle principesse.

Nei tre giorni successivi a quella visita indesiderata non andai a scuola,il paparino aveva fatto un lavoretto coi fiocchi,facevo persino fatica a riconoscere il mio viso allo specchio talmente era tumefatto.Passavo le giornate sdraiata sul divano,con le orecchie tese a percepire tutti i rumori provenienti dal corridoio,terrorizzata dall’idea che potesse già essere di ritorno.Perché non si trattava di sapere SE sarebbe tornato,ma QUANDO lo avrebbe fatto.Il pomeriggio del terzo giorno mi ero appena assopita quando sentii bussare alla porta.Mi alzai di scatto dal divano e rimasi a fissare con gli occhi sbarrati l’uscio per alcuni minuti,prima di andare ad aprire.Razionalmente non avrei voluto farlo,ma le mie gambe si mossero da sole:se fosse stato lui e non avessi aperto quella maledetta porta sarebbe stato tanto peggio per me.

Ma non era lui. I sorrisi di Virginie,venuta a portarmi i compiti,e di Tom che per qualche strano motivo l’aveva accompagnata si spensero non appena i loro occhi si furono posati su di me.Fu difficile rispondere a tutte le loro domande,ma in qualche modo dovetti farlo e non nascondo che poi mi sentii molto meglio. Tom non volle saperne di lasciarmi da sola in quell’appartamento sapendo che il mio patrigno sarebbe potuto tornare in qualsiasi momento e praticamente mi obbligò a trasferirmi a casa sua,troppo grande perché a viverci fossero solo lui e il padre.

Fu così che cominciò la nostra storia.

Dapprima come semplici amici. Tom con la sua dolcezza e la sua costante vicinanza mi aiutò a superare tutti i fantasmi del passato e i danni psicologici che anni di continue violenze domestiche mi avevano procurato. Poi,circa un anno dopo,ci scoprimmo innamorati. Trovavo bellissimo camminare abbracciata a lui lungo la Senna,mentre ci raccontavamo di noi,dei nostri sogni,delle nostre debolezze. O trascorrere giornate intere al Louvre ammirando meravigliosi capolavori artistici. E altrettanto bello era andare la domenica a fare il tifo per lui sugli spalti,aspettarlo a casa dopo gli allenamenti e passare le serate abbracciati sul divano a guardare vecchi film in videocassetta. Amavamo i vecchi film...

La voce severa dell’autista mi salva da quel fiume di ricordi che mi ha investita,rischiando di travolgermi “Signorina,siamo arrivati” Scendo dall’auto e dopo aver ripreso i miei bagagli pago la corsa all’autista,che riparte sgommando.

Mi ritrovo sola davanti all’aeroporto,circondata dalle mie valigie,senza sapere cosa fare. Alzo gli occhi al cielo e vedo un piccolo raggio di sole che cerca di bucare la leggera coltre di nebbia che circonda la zona.Un raggio di sole,una sorta di benedizione suprema,un piccolo segno che rafforza la mia convinzione di aver preso la decisione giusta. Entro nell’edificio e mi guardo intorno E ora che faccio?!:devo pur decidere dove andare,non posso certo trascorrere il resto dei miei giorni nella sala d’attesa di un aeroporto. Mi dirigo verso l’edicola e comincio a sfogliare una rivista di viaggi,dalle cui pagine patinate immagini di luoghi da sogno mi sorridono invitanti. Sbuffo,la scelta non è certo facile. Arrivo all’indice delle città con le idee ancora parecchio confuse,quando all’improvviso ho un barlume:perché non lasciare decidere al destino?Chiudo gli occhi e faccio scorrere un dito lungo la pagina,fermandolo poi all’improvviso:cosa ha in serbo per me il futuro? Los Angeles,la Città degli Angeli,un nome rassicurante.Pago la rivista con un sorriso,mi terrà compagnia durante la lunga trasvolata oceanica. Sono triste,certo,lo si è sempre quando una parte importante della nostra vita si conclude,ma non posso fare a meno di sorridere,ora che finalmente almeno so dove andrò. E poi è buffo pensare che sto per volarmene negli Stati Uniti,proprio io che ho sempre sostenuto che non avrei mai lasciato la mia amata Europa per gli USA. Ma ci sono momenti nella vita in cui si devono fare delle scelte,dolorose forse,ma necessarie. Io la mia l’ho appena fatta.

Fa male,molto,lasciare chi si ama. Chiudere un capitolo della propria esistenza come se non sia mai esistito.

Sono certa che tra qualche anno riguardando indietro non proverò più questa angoscia  che mi attanaglia il cuore e potrò guardare alla mia vita passata con serenità. Anche per Tom sarà così.Ora però è tempo che cresca,che provi a vivere la mia vita senza appoggiarmi agli altri. Senza di lui.

 

 


 
 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Masha