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Autore: crazyhorse    31/05/2011    1 recensioni
Due scienziati: lei disordinata e confusionaria ricercatrice sconosciuta di una taccagna università italiana,lui genio universalmente riconosciuto, ordinato e perfetto, nonché professore di una splendente università americana. Caos e perfezione s'incontrano e si mescolano con le paure e le emozioni dei protagonisti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DANCING 6 DANCING(1)

Tornato nella sua stanza dopo il termine della seconda giornata del congresso, Jay fece un'altra volta la doccia. Fisicamente non ne aveva bisogno, ma il suo cervello sì. Sentire l'acqua scorrergli addosso, sulla pelle, gli dava un senso di liberazione infinito e Dio solo sapeva quanto bisogno aveva lui di sentirsi libero in quel momento della sua vita. Generalmente dopo una bella e rilassante doccia stava molto meglio, tranquillo e in grado di pensare lucidamente.
Non quella sera, però; quella sera dopo aver fatto la doccia, si stese sul letto ed accese la televisione sintonizzandola sulla CNN. La spense subito dopo; il suo cervello non riusciva a sincronizzare le immagini con le parole.
Allora si alzò e prese dal suo zaino portadocumenti un plico di fogli: la tesi di dottorato di Mitch. Comiciò a leggerla stendendosi nuovamente sul letto, ma la richiuse nel giro di tre secondi netti. Non capiva niente di quello che stava leggendo.
Sbuffando infastidito si alzò ancora e prese altri documenti dallo zaino: gli esami di fine semestre dei suoi studenti. Iniziò a correggerli. Smise immediatamente dopo aver fatto una X rossa enorme come una casa accanto alla seguente affermazione: "Il DNA è situato nel nucleo delle cellule." Aveva appena fatto un segno rosso incancellabile di fianco ad  un'affermazione corretta che i ragazzini imparano in prima media. Se l'avesse saputo, il suo capo l'avrebbe licenziato in tronco. Rimise gli esami al loro posto senza chiedersi come avrebbe giustificato quel segno con il povero studente. Avrebbe improvvisato qualcosa come: "Stavo cadendo" oppure "Mi è scivolata la penna", già che poi da sola ha scritto una X....molto credibile come giustificazione.
Non sapeva cosa fare, ma soprattutto non sapeva cosa gli stava capitando. Perchè il suo cervello era partito per la tangente abbandonandolo? E perchè il suo cuore aveva cominciato a battere più in fretta del solito? E perchè nel suo stomaco si era trasferito un intero sciame di farfalle? E perchè sentiva un nodo nei visceri che se ne sarebbe andato solo gridando? Non si era mai sentito così, neanche quando a sedici anni si era preso la prima cotta per la capo cheeer-leader della sua scuola, e, di sicuro, non si era sentito così neanche quando aveva conosciuto Valery.
Sospirò e guardò l'orologio. Le otto. Per fortuna. Almeno adesso avrebbe avuto qualcosa di poco impegnativo da fare: vestirsi per il party di quella sera. Aveva già deciso cosa indossare: pantaloni beige di cotone tipo jeans, camicia bianca e giacca marrone. Semplice ma comodo,e quella sera lui voleva sentirsi prima di tutto comodo.
Aveva dispensato Mitch dall'accompagnarlo, per due motivi. Primo perchè se il ragazzo avesse deciso di intraprendere la carriera accademica avrebbe avuto milioni di raccolte fondi a cui dover presenziare volente o nolente, e secondo perchè voleva gestire i suoi programmi per la serata senza doversi preoccupare anche del suo studente. Qualcosa gli diceva che preoccuparsi per sè stesso lo avrebbe tenuto impegnato a sufficienza.
Prese un taxi e raggiunse in cinque minuti il locale dove avrebbe avuto luogo il party: il "WHITE ELEPHANT". Che fantasia! Nel paese dell'arte per eccellenza il CNR organizzava una festa in un locale in perfetto stile americano. Il tizio che aveva  avuto quell'idea doveva essere un genio.
Arrivò in anticipo di circa venti minuti, ma una signora con un brillante vestito color cipria completamente fuori moda lo invitò comunque ad entrare. Una volta dentro l'atmosfera del locale lo rilassò un poco, con le sue luci discrete e la musica in sottofondo. Ignorando i pochi presenti, la prima cosa che fece fu scorrere il locale con lo sguardo, che sembrava essersi trasformato in un sonar ultimo ritrovato tecnologico di un sommergibile. Putroppo non trovò quello che stava cercando. Respirò profondamente e si diresse verso un ragazzo che offriva con volto impassibile da bere. Dal vassoio prese un bicchiere di vino rosso e pregò che nessuno lo disturbasse. Purtroppo:
-Professor Reynolds!!- riconobbe la voce immediatamente: apparteneva al professore tedesco di fianco al quale era seduto quel pomeriggio.
-Professor Zimmer, buonasera!-
Per la seguente mezz'ora il collega intrattenne Jay parlando di lavoro. Geni, proteine, molecole di adesione, filamenti e quant'altro cominciarono a colonizzare il cervello del giovane professore a vanvera e senza alcun criterio, tanto lui era impegnato a controllare chi entrasse nel locale. Jay intrattenne educatamente Zimmer con risposte universali del tipo "Sì, sono d'accordo!, "Buona idea", "Ha perfettamente ragione!" oppure "Ha provato con un incubazione più lunga?".
Poi, finalmente!
Era a metà della frase: "Certo, il gluco..." quando la parola "glucosio" gli andò di traverso; la persona che stava aspettando entrò nel locale assieme ad un ragazzo. Non cominciava molto bene la serata. Chi era quel tizio?! Il viso di Jay arrossì lievemente ed il suo stomaco si contrasse. Il suo interlocutore evidentemente se ne accorse: 
-Tutto bene professore?- s'informò Zimmer da qualche parte nel raggio di cinquanta chilometri da Jay.
-Sì, certo grazie...mi perdoni ho bisogno della toilette.- ribattè quest'ultimo sempre educatamente, ma allontanandosi senza aspettare che il tedesco panciuto rispondesse.
Si fiondò in bagno e si sciacquò il viso con acqua fredda, poi, prima di uscire, si fissò allo specchio un istante. Cosa diavolo gli era preso? Perchè improvvisamente tutto il suo autocontrollo e la sua freddezza sembravano essere evaporati? Insomma lui teneva discorsi davanti a centinaia di persone da anni senza fare una piega, e adesso una donna da sola era in grado di gettarlo nel panico puro, com'era possibile? Perchè non aveva più autorità sulle proprie emozioni?
Respirando profondamente uscì dalla toilette e ritornò in sala, giusto in tempo per averne ancora bisogno. A pochi metri da lui Luce, con in mano un bicchiere di vino bianco si stava avvicinando ad un uomo che sembrava uno scaldabagno. Sorrideva. Il cuore di Jay gli balzò prepotente in gola, mentre lui realizzava in quel preciso istante che quella donna era la cosa più perfetta che avesse mai visto sulla faccia della terra.
Accidenti allo scaldabagno, adesso gli sarebbe toccatto aspettare chissà quanto tempo ancora!
La mezz'ora successiva fu per lui interminabile. Parlando un po' con uno e un po' con l'atro dei presenti, ogni cinque minuti Jay buttava l'occhio verso Luce e lo scaldabagno per controllare la situazione. Non pensava che il tempo si potesse dilatare così tanto, aveva la sensazione che lei stesse parlando con quel tizio/scaldabagno da un secolo per la miseria! Poi finalmente lui si allontanò e Luce piano piano si avvicinò alla vetrata nord del locale per osservare il panorama.
Ok, ora o mai più! Respiro profondo, e:
-Dottoressa Maria Luce Medici?- salivazione azzerata, ghiandole sudoripare spremute come arance.
Lei si voltò e rimase ferma immobile fissandolo. D'istinto Jay fece ricorso alle buone maniere, si presentò:
-Jay Reynolds, piacere di conoscerla.- e allungò la mano.
Come un robot al quale è stato dato un comando, Luce, senza distogliere lo sguardo dal viso di lui e dai suoi occhi, ricambiò la stretta di mano. A quel contatto improvvisamente Jay sentì una specie di scossa elettrica scorrergli lungo tutto il corpo, ma comandò ai suoi muscoli di rimanere immobili. Loro ubbidirono, a fatica, ma ubbidirono. Un turbine di input ambientali e neurotrasmettitori si riversarono nel suo cervello senza un criterio preciso. 
Siccome lei non diceva niente, lui proseguì decidendo che si sentiva più a suo agio parlando in inglese:
-Ho apprezzato molto il suo lavoro!-
Ancora nessuna reazione da parte di lei che non sembrava intenzionata a mollare i suoi occhi. Poi si riebbe improvvisamente:
-Ehm...grazie...grazie professore.-
Luce non capiva più niente, nel suo cervello regnava l'anarchia più totale. Qualche neurone le stava comandando di scappare, qualcun'altro di saltare addosso all'uomo che le stava di fronte mentre qualcun'altro ancora di chiudere gli occhi per assicurarsi che non stesse sognando. Non sapeva cosa fare o dire. Insomma cosa bisogna dire ad un genio che alla tua stessa età ha già raggiunto il raggiungibile al di sotto del Nobel e che ti dice che ammira il tuo lavoro? Luce non ne aveva la più pallida idea. Optò per la prima cosa che le passava per la mente:
-Devo ammettere che le sue pubblicazioni mi hanno dato una grossa mano...- bocca arida come il Sahara.
-Mi è piaciuta molto la sua presentazione di questo pomeriggio!- Jay dirottò il discorso lontano da sè.
Luce rispose di getto quasi senza pensare: -Già...a parte l'era geologica durante la quale sono stata al centro del palco come una statua...- arrossì e spostò lo sguardo sul pavimento.
-Il trucco è concentrarsi sulle diapositive e non guardare il pubblico davanti a sè...-
-Infatti, peccato averlo capito un po' troppo tardi!- continuò lei senza abbandonare il pavimento.
-E' la reazione quello che conta! Chieda a Camilla com'è andata la mia prima esposizione!-
A quel punto, però, Luce entrò in confusione:
-Camilla? Camilla Cortesi? Lei...Camilla...lei conosce? Ma...come...come....Camilla?-
In effetti se le parole che le uscivano dalla bocca non avevano un ordine nè grammaticale nè logico, i suoi pensieri cominciavano ad incastrarsi come le tessere di un puzzle: "...rimorchia un qualche pezzo grosso straniero così ci scappa un gemellaggio...": la voce del suo capo prese a risuonarle nelle orecchie. Maledetta! Quella vigliacca di Camilla! "Pezzo grosso straniero"!!! La sua amica le doveva un favore grande come una casa!
-Sì anzi ci siamo conosciuti proprio in quell'occasione! Presentazione perfetta, impeccabile....anche grazie al fatto che prima di salire sul palco avevo dato di stomaco tre volte!- raccontò ridendo divertito e finalmente rilassato.
Ormai il ghiaccio era rotto. Jay contnuò: -Mi fa piacere che ci sia qualcun'altro nel mondo che ha un po' di rispetto per gli animali...in fondo se la scienza ha raggiunto grossi traguardi è anche per merito loro!-
Siccome la voce di Camilla non si era ancora completamente spenta nelle orecchie di Luce, lei ci mise un po' per capire il vero significato delle parole di Jay:
-Sono d'accordo, per questo io preferisco lavorare con gli animali grossi, paradossalmente sono più facili da gestire senza prendere in considerazione una fine indegna....aspetti aspetti un attimo....ma lei ha detto qualcun'altro....perchè lei...lei....come fa? Voglio dire, pensavo che lei facesse solo ricerche in vitro.-
-Beh, per la maggior parte sì, ma in alcuni casi per confermare certi risultati abbiamo avuto bisogno di animali, così ho creato l'Asilo!-
Ok, l'inglese non sarà stata la lingua madre di Luce, ma lei lo sapeva comunque abbastanza bene da riuscire a sostenere una normale conversazione con un altro essere umano civilizzato ed acculturato. Ma, davvero il professor Reynolds aveva detto "Asilo"? Asilo, asilo tipo scuola materna?
-Ehm...mi scusi professore...ma cos'è esattamente l'Asilo?- chiese sorridendo nervosamente.
-L'ho creato assieme al mio collega e amico Simon Wash. Praticamente è una grande fattoria a nord di Dallas in cui gli animali si godono la loro meritata pensione. La gestisce Simon!-
Luce era ammirata.
"Centellina Luce, centellina!", questa frase sarebbe diventata un mantra che lei si sarebbe ripetuta durante tutta la sera e ne avrebbe avuto un gran bisogno.
Gli chiese di raccontarle nei minimi dettagli com'era fatto l'Asilo e Jay non se lo fece dire due volte. Per la mezz'ora successiva il professore parlò ininterrottamente di ogni paddock e di ogni animale che lui e Simon avevano recuperato qui e là quasi su tutto il territorio degli Stati Uniti. Poi le raccontò dell'incidente di  Simon e del suo difficile recupero, durante il quale ad occuparsi dell'Asilo era stato lui. Col tempo il suo amico si era ripreso e adesso aveva trasformato l'Asilo in un posto quasi paradisiaco dove c'era anche un orto e dove le scuole organizzavano gite quasi giornalmente.
A Luce non sfuggì che mentre parlava di quel posto gli occhi di Jay si erano illuminati e in quel momento splendevano come due stelle ("centellina Luce!!"), fra l'altro di uno strano colore verde-nocciola del tutto particolare. Era evidente che il professore amava molto l'Asilo, sia per quello che significava sia per il fatto che l'aveva messo sù con le sue mani, metaforicamente parlando ovviamente.
-Oh accidenti mi dispiace moltissimo. E adesso come sta?- chiese Luce davvero preoccupata riferendosi a Simon.
-Chi, Simon? Oh, Simon ora è più contento di prima. Se non lo chiami General Manager non ti risponde neanche!-
Risero.
-Dev'essere un posto fantastico, come mi piacerebbe vederlo!- disse Luce con aria sognante mentre s'immaginava distese sconfinate di prati, l'aria pulita, il profumo dei fiori e dell'erba...magari anche il profumo di letame, ma tanto a quello lei era abituata, quindi non la impressionava più di tanto. Poi realizzò che a parte le due cattedre, le cinque righe di nomi di collaboratori in più sulle pubblicazioni e una serie infinita di articoli e premi vinti, la differenza fra lei ed il professore che aveva di fronte era che lei doveva spremersi le meningi per trovare il sistema più economico per mandare avanti le sue ricerche, mentre lui poteva permettersi di tirare su un posto come l'Asilo. Che mondo ingiusto!
Neanche lui le avesse letto nel pensiero:
-Abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere tutt'ora delle sovvenzioni statali e federali, io e Simon non potremmo mai permetterci di mantenere un posto come quello altrimenti!-
Meno male! Quello Luce non lo disse, si limitò a sorridere educatamente.
-Camilla mi ha detto che sei veterinaria. Posso chiederti come mai hai scelto questi studi?-
Quella domanda arrivò come uno schiaffo sulla faccia di Luce. Lei si era sempre trovata bene fra gli animali e ci sapeva fare, ma mai in tutta la sua vita nessuno, neanche i suoi genitori, men che meno suo marito, le aveva chiesto come mai avesse scelto di iscriversi alla facoltà di veterinaria. Semplicemente tutti avevano data per scontata quella decisione. Non era vero; in realtà la sua decisione di studiare veterinaria era derivata da un processo mentale a sè stante e del tutto particolare.
Ok,  il professor Reynolds non la conosceva e non poteva sapere che lei amava gli animali più delle persone, ma l'uomo che le stava di fronte fra un po' avrebbe saputo una storia sulla quale suo marito non si era mai neanche preso la briga di indgare. Mentre con un balzo violento il suo cuore minacciò di uscirle dal torace, gli occhi di Luce agganciarono quelli di Jay. Ma davvero gli interessava, o era solo una domanda così, tanto per fare conversazione? No, dal suo sguardo era evidente che voleva proprio saperlo. In quel preciso momento la fede che le stringeva l'anulare sinistro cominciò a pesare come un blocco di cemento armato da dieci tonnellate.
"Centellina Luce!!"
-Beh, è una storia un po' lunga e risale a tanto tempo fa...-
Non proseguì, ma continuò a fissare Jay negli occhi, pensando che lui avrebbe cambiato discorso. Invece no, lui rimase fermo mentre evidentemente dava per scontato che lei continuasse il suo racconto. Un altro balzo del cuore.
"Centellina Luce!!"
Continuò:
-Io andavo a cavallo, ho cominciato a dieci anni e ho continuato fino a poco dopo la laurea. Comunque a quindici anni avevo questo cavallo, Trickster si chiamava...- se era davvero interessato tanto valeva non tralasciare i particolari -...insomma una sera prima che tornassi a casa ha cominciato a stare poco bene. Sembrava una normale colica ma continuava a peggiorare. Allora ho chiamato il veterinario. Lo stronzo...- nonostante fossero passati praticamente vent'anni Luce provava ancora del rancore verso quello che si spacciava per veterinario ma che per lei era solo un cialtrone -...non venne. Diceva che bastava farlo passeggiare un po' e tenerlo a digiuno..in realtà non voleva muovere quel suo c...insomma non voleva scomodarsi a quella tarda ora nonostante anche mio papà continuasse a insistere. A quel punto abbiamo chiamato un altro medico, ma quando è arrivato era già troppo tardi. Colica fulminante, a un certo punto Trickster si è sdraiato e piano piano...- quello era il punto peggiore del racconto e Luce cominciò a fare fatica per tenere a bada le lacrime -...insomma lui stava male, davvero, soffriva, glielo leggevo negli occhi e io non sapevo cosa fare...- prima di finire respirò profondamente -Beh, insomma, quella notte ho giurato a me stessa che mi sarei impegnata  per evitare sofferenze come quelle di Trickster.- sorrise, ma era un sorriso amaro.
Jay percepì quasi fisicamente il suo dolore, attutito dal tempo certo, ma ancora troppo invadente. Era evidente che lei voleva ancora bene a quella bestia che le era praticamente morta fra le braccia, ma la cosa che più di tutte la faceva stare male, a parte la morte in sè del cavallo, era il fatto che lui doveva aver sofferto molto prima di morire. Per Jay era chiaro come il sole che lei aveva sofferto e soffriva ancora perchè il suo cavallo aveva sofferto. "Accidenti, questa donna ha un cuore grande come una casa!" pensò lui mentre cercava qualcosa da dire che non sembrasse banale o che non fosse quello che avrebbe veramente voluto dire e cioè: "Vorrei riportare indietro il tempo per impedirti di stare così male!". Avrebbe anche voluto abbracciarla forte e dirle che se voleva piangere lo poteva fare, perchè non ci sarebe stato niente di male, ma tutti i suoi neuroni, in massa, cominciarono a protestare, così optò per un neutrale:
-Mi dispiace molto...-
Altro sorriso amaro di lei mentre: -Oh, grazie, ma è passato tanto tempo...-
"Già, tanto ne è passato ma immagino che per quanto ne possa mai passare, non sarà mai sufficiente!" pensò Jay, decidendo anche in quell'occasione di non dire niente. Ok, bisognava smuovere la situazione, per cui:
-E come mai una veterinaria ha deciso di fare della ricerca invece di coprirsi di soldi aprendo uno studio privato?- cercò dentro di sè il tono più allegro e contemporaneamente delicato che poteva. Non fu sicuro del risultato però.
Ancora uno schiaffo in faccia per Luce.
"Centellina Luce!!"
"Ma come fa quest'uomo a farmi sempre le domande giuste? Da dove le pesca, per la miseria?" pensò mentre ormai il suo cuore si prodigava in esercizi circensi.
-Camilla!-
-Camilla?!- ripetè Jay ridendo, poi: -Non mi fraintendere, stimo molto Camilla, ma quella donna ha un qualcosa di diabolico...in senso buono ovviamente!-
-Oh no, invece secondo me è diabolica in senso cattivo!- replicò lei pensado ancora alle parole dell'amica "rimorchia qualche pezzo grosso straniero". Continuò: -Insomma lei mi ha fatto entrare in un laboratorio per la prima volta ed è stato amore a prima vista!- ora si sentiva meglio, decisamente meglio -Mi è piaciuto così tanto che ho deciso di fare una tesi di laurea sperimentale. E' stata l'esperienza più stimolante e meravigliosa di tutta la mia vita. No, aspetti il dottorato è stato anche meglio!- mentre parlava il suo viso si illuminò, sembrava euforica di poter condividere con lui quelle cose: -Organizzare un progetto, fare gli esperimenti e poi dover ricominciare da capo perchè il risultato non è quello che ti aspettavi e allora devi pensare come mai, cosa è successo, cosa hai tralasciato...è...è..- non riusciva a trovare la parola adatta. Ma Jay ci riuscì:
-E' eccitante- disse con calma e fissandola negli occhi. In realtà la sua non era per niente calma, ma paura. Paura perchè la donna che gli stava di fronte gli sembrava troppo bella per essere vera.
-Già...- concordò Luce quasi sottovoce riportando i suoi occhi di nuovo dentro quelli di lui. Quella risposta di Jay, così semplice ma che descriveva esattamente quello che lei porvava per il suo lavoro l'aveva colta in contropiede.
"Centellina Luce!!"
Quel momento, in cui loro due avrebbero potuto raccontarsi tutta la loro vita solo guardandosi negli occhi, fu interrotto dal suono del cellulare di Jay.
Contrariato, il giovane professore trasse di tasca il suo iPhone (ecco una altra differenza fra lui e Luce: lui aveva un iPhone ultimo modello che probabilmente avrebbe fatto anche il caffè se si fosse riusciti a trovare il comando giusto, mentre lei aveva un normalissimo cellulare che aveva la fotocamera solo perchè quelli senza ormai non li facevano più); la scritta "Valery" lapeggiava sul touch screen.
"Eh no però Val!!  Fai quello che ti pare per settimane ignorandomi e adesso che io sto davvero parlando con una donna, che è intelligente e per pura coincidenza anche dannatamente attraente, decidi di tefonarmi? Questa volta no!"
Rispose freddo come un cubetto di ghiaccio appena tolto dal congelatore:
-Ciao.-
Qualche secondo, prima di: -No, ora sono impegnato!- più gelido di prima.
Riattaccò senza salutare.
-Scusa...-
-Non c'è problema!-
Ma ormai il momento se n'era andato lontano da lì. In ogni caso se a far scappare il momento non ci avesse già pensato Valery, sarebbe stato un cameriere. Un signore distinto con giacca bianca e cravattino nero, impettito e rigido come il tronco di un alto pioppo, si avvicinò loro e disse molto diplomaticamente:
-Signori, chiedo scusa, posso offrirvi qualcosa prima di chiudere?-
Contemporaneamente Luce e Jay si voltarono verso la sala. Era completamente vuota. Totalmente assorbiti dalla loro conversazione, non si erano accorti che tutti gli altri ospiti erano andati via già da tempo. A dire il vero non si erano neanche accorti che non c'era più la musica di sottofondo da una buona mezz'ora.
-Oddio Matteo!!- fu il primo pensiero di Luce.
Lo stomaco di Jay si contrasse per un secondo. Matteo?? E adesso chi è questo Matteo??!!!
Evidentemente lei si accorse dell'improvviso disagio di Jay, perchè precisò subito: -Ehm...Matteo, il mio assistente, eravamo venuti insieme, poi ci siamo separati...- pensò un secondo poi si fece passare tutti i sensi di colpa: -Beh, è maggiorenne e vaccinato! Si sarà arrangiato!-
Dopo essersi scusati con il cameriere, uscirono dal "WHITE ELEPHANT" scherzando sul manico di scopa che probabilmente l'uomo che li aveva sbattuti fuori teneva sotto la divisa da cameriere.
Usciti anche dal palazzo che ospitva il locale, a nessuno dei due passò neanche per l'anticamera del cervello di prendere un taxi; semplicemente s'incamminarono in direzione di Villa Borghese continuando a parlare. Jay le raccontò dei suoi studenti e di come gli piaceva fare lezione e trasmettere ai ragazzi la sua passione per la scienza, mentre Luce si sfogò un po' per tutte le difficoltà che la limitazione dei fondi dell'università  stava creando ai suoi progetti e del ricatto che Camilla le aveva fatto dopo la laurea. Il suo capo voleva che lei in ogni caso superasse l'esame di stato per esercitare la libera professione anche se avesse intrapreso la carriera accademica. Per riuscire a prendere il dottorato aveva dovuto passare un anno infernale fra ricerca e preparazione per l'esame.
-Però ora sono in grado di curare piccioni ed elefanti...casomai ti servisse!- concluse alla fine ridendo. Lui le chiese su cosa avrebbe lavorato ora che la sua prima sperimentazione era finita. Lei rispose scrollando le spalle e dicendo che non lo sapeva bene ancora. Mentì, in realtà una qualche idea ce l'aveva, eccome, ma aveva anche una paura folle che lui le trovasse inutili, per cui si tenne sul vago.
Così arrivarono all'Albergo Italia.
-Grazie di avermi accompagnato...ehm professore.-
-Per favore chiamami Jay..non è che poi sia così vecchio!-
Luce sorrise pensando che stava per dare del tu ad un uomo con due cattedre e sette righe di nomi nelle sue pubblicazioni e che era sensuale come...come...come cosa? Pensò lei mentre lo fissava attraverso gli occhiali che non guastavano affatto il suo viso dai lineamenti proporzionati e perfetti. La risposta che trovò fu la seguente: "Come niente...quest'uomo è praticamente perfetto!"
"Centellina Luce!!"
-Beh, allora grazie...Jay!- ripetè mentre il suo viso arrossiva violentemente.
Lui sorrise dolcemente ed ignorò una flebile voce che gli diceva di avvicinarsi e baciarla. Al posto di quella vocina, Jay ascoltò la sua logica razionalità:
-Non dirlo neanche! Buonanotte.-
-Buonanotte.-

(1) "Dancing" - Elisa
  
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