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Autore: essie    31/05/2011    18 recensioni
E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
La storia di un'amicizia. Un'amicizia profonda, capace di superare qualsiasi ostacolo.
La storia di un amore. Un amore dolce e delicato, intenso e travolgente, nato sul tetto della Forks High School durante la pausa pranzo di una giornata di fine aprile come tante altre.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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- Questa storia fa parte della serie 'L'essenziale è invisibile agli occhi'
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Una storia diversa dalle altre, venutami in mente qualche giorno fa. L'ho già scritta, conta circa sei capitoli; manca solo l'ultimo =)

La prima parte dell'introduzione, come alcune avranno capito, è tratta dal libro "Il piccolo principe".

Spero vi piaccia e che il primo capitolo non vi annoi troppo ;) Ditemi cosa ne pensate, la fanfic è piuttosto importante per me. Soprattutto a causa del personaggio di Emmett. Spiegherò in seguito il perchè.

Buona lettura.

 

Capitolo 1

 

Isabella Swan era una ragazza piuttosto nella norma. Lunghi capelli castani, occhi marroni molto espressivi, magra, minuta. Come lei, al mondo, ce n’erano migliaia. I suoi vestiti non erano appariscenti, anzi, grazie a essi Bella – com’era solita farsi chiamare – riusciva a confondersi perfettamente con le altre persone.

Nessuno, a scuola, l’aveva mai notata. Molti non sapevano neanche il suo nome, cosa strana in un liceo formato da un così ridotto numero di studenti qual era l’High School di Forks, una cittadina dello Stato di Washington.

Isabella Swan era semplicemente invisibile, e all’apparenza stava bene così. Nel profondo ne soffriva, ma gli altri potevano immaginarlo? No, certo che no.

Bella non era come Alice Cullen, la ragazza più popolare della scuola. Non era come Edward Cullen, fratello di Alice, il più ambito della FHS e probabilmente dell’intera città.

Lei, Isabella, non sarebbe mai stata come loro.

Alice era molto bella, con corti capelli corvini e gli occhi verdi, bassa ma con le forme nei punti giusti. Era la capo-cheerleader, popolarissima, e desiderata dai ragazzi come può esserlo l’acqua nel mezzo del deserto.

Per Bella, Alice era troppo piena di sé, civettuola, superficiale.

Edward era decisamente carino, con quei capelli bronzei spettinati, gli occhi di un verde intenso e in fisico scultoreo. Bella aveva sempre pensato che lui fosse così famoso a causa di Alice: Edward era uno studente modello, dedito allo studio; era sempre gentile con tutti, al contrario della sorella, e sorrideva sempre.

Edward e Bella non avevano mai avuto alcun contatto, ma nel corso del tempo lei aveva maturato un’ardente - quanto bizzarra - passione per lui.  

Adesso Isabella si trovava in corridoio, durante il cambio d’ora, e cercava di raggiungere il suo armadietto. Di solito veniva sbalzata qua e là, riceveva spintoni e dolorose gomitate dagli altri studenti che non si accorgevano di lei. Era letteralmente invisibile.

‹‹Ehi!››. Qualcuno la afferrò per un braccio con forza impressionante, senza però farle male, e in pochi secondi Bella si ritrovò davanti al proprio armadietto.

Rivolse un sorriso al suo salvatore. ‹‹Grazie, Emm››.

Emmett McCarty ridacchiò. ‹‹Bella, sei talmente piccola che non ti vede nessuno. Dovresti fare attenzione! Potresti andare a sbattere contro qualcuno… magari contro un ragazzo dalla chioma rossiccia e il sorriso sempre sulle labbra?›› la stuzzicò, accennando a Edward Cullen, il quale passava proprio in quel momento davanti a loro con il solito gruppo di amici.

Bella arrossì furiosamente, ma si limitò a riporre nell’armadietto il libro di francese e a prendere quello di storia, ignorando le parole del migliore amico.

‹‹Stavo scherzando››. Emmett la riprese sotto la propria ala protettiva mentre si rigettavano nel caos di studenti.

‹‹Lo so›› mormorò Bella, ancora rossa in viso.

Raggiunsero l’aula di storia, in cui avevano lezione assieme, e presero posto.

Emmett era uno dei pochissimi amici di Bella, e lei gli voleva un gran bene. Era sempre ottimista, dalla battuta pronta, e aveva una risata davvero contagiosa. Lui era stato il primo ragazzo a provare a diventare suo amico. Appena aveva posato gli occhi su di lei, aveva capito che Bella sarebbe stata l’amica perfetta, quella persona che non ti giudicherà mai e che ti resterà accanto nonostante tutto.

Bella aveva trovato la salvezza. Emmett non era più solo.

Mentre prendevano tutto l’occorrente per la lezione, alcune ragazze appartenenti al gruppo di Alice fecero il loro ingresso in aula. Era palese il loro tentativo di imitare Alice. Era altrettanto palese che non erano ancora riuscite nel loro intento.

Andare a scuola in parte le piaceva, ma Isabella trovava assurda la questione della gerarchia. Al primo posto c’erano la capo-cheerleader e il capitano della squadra di football; seguivano le squadre di entrambi i gruppi, gli sportivi in generale e le persone che a scuola si distinguevano per la loro bellezza o ricchezza. Agli ultimi posti stavano i secchioni, gli assidui  frequentatori della biblioteca, i poco attraenti e, spesso, gli stranieri.

Bella ed Emmett non appartenevano a nessuna di queste categorie; erano semplicemente studenti dell’ultimo anno, come Alice, Edward e tutti gli altri.

Il resto delle lezioni si svolse tranquillamente, concludendosi con ginnastica. Emmett era un fenomeno, sarebbe potuto entrare senza problemi nella squadra di football, ma aveva sempre rifiutato di iscriversi alle selezioni.

Uscirono dalla scuola accolti da una pioggia fresca e leggera; naturalmente il sole era coperto dalle nuvole, ma gli abitanti di Forks non ci facevano neppure caso: era normale.

‹‹Studiamo insieme, dopo?›› chiese Emmett, accompagnando Bella al suo vecchio pick-up rosso.

Lei gli sorrise, aprendo la portiera. ‹‹Certo. Charlie è fuori fino a giovedì, ha un corso speciale a Seattle››.

Charlie Swan era l’ispettore capo della polizia di Forks, e quella mattina era partito per seguire un corso a Seattle lasciandola sola a casa per qualche giorno.

‹‹Ci vediamo dopo, allora››. Emmett le diede un buffetto sulla guancia e Bella salì sul pick-up sorridendo, guardandolo allontanarsi.

I suoi occhi perlustrarono il parcheggio, cercando un certo “ragazzo dalla chioma rossiccia e il sorriso sempre sulle labbra”, come lo aveva chiamato Emmett.

Non riusciva a spiegarsi ciò che le succedeva ogni volta che vedeva il suo viso o sentiva la sua voce! Il cuore cominciava a batterle all’impazzata, respirare era difficile quasi quanto impedirsi di scappare a gambe levate… o, peggio, di andare da lui. Avrebbe di certo combinato qualche cavolata.

Le sembrava un ragazzo talmente dolce e gentile… no, non credeva di esserne innamorata – in fondo, non lo conosceva neanche! – ma sentiva un qualche legame che li univa.

E questo la confondeva.

 

Il pomeriggio passò tranquillamente tra i difficili esercizi di francese, quella lunga ricerca sulle opere di Shakespeare, il capitolo diciotto di storia e tante risate.

Quando Emmett lasciò casa Swan, all’ora di cena, la pioggia leggera si era trasformata in un vero e proprio temporale, e il cielo era nero come poche volte Bella l’aveva visto.

I temporali le piacevano, in realtà. Avevano qualcosa di tremendamente affascinante, misterioso, pensò Bella mentre cenava, immersa nel silenzio della cucina.

Si fece una doccia, canticchiando una canzone che aveva sentito quel giorno alla radio, spazzolandosi i capelli scuri davanti allo specchio del bagno. Poi indossò il pigiama, il quale consisteva in una lunga maglietta grigia, larga e con qualche buco, che le lasciava scoperta una spalla e le arrivava fino a metà coscia. Non la copriva molto, ma per dormire era ottima.

Si avvolse in un plaid colorato, accoccolandosi sul divano, e si apprestò a continuare il libro del giorno. Bella era una grande lettrice, e la sua collezione probabilmente vantava più libri della biblioteca di Forks.

Amava anche scrivere, una delle sue passioni più grandi, e…

‹‹Chi può essere a quest’ora?›› mormorò Isabella tra sé, alzando gli occhi sulla porta di casa, perplessa.

Era quasi mezzanotte: chi poteva bussare, a quell’ora? Forse Charlie era tornato inspiegabilmente prima?

La persona fuori dalla porta bussò ancora, e Bella si affrettò, seppur timorosa, ad aprire.

 

Come vi è sembrato il primo capitolo? Vale la pena di continuare la storia?

A presto :****

Serena

   
 
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