Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Leyla Snape    01/06/2011    3 recensioni
Leyla Avery, quindicenne, figlia di un noto mangiamorte, dopo la sua carcerazione si trasferisce a Gimblet Road, quartiere poco distante da Spinners'End, luogo in cui conoscerà il suo futuro insegnante di pozioni della scuola che andrà a frequentare. Ovviamente si parla di Hogwarts.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premetto di essere un vero disastro in italiano, ma la voglia di scrivere un Fiction è stata troppa (e per questo ringrazio anche Iurin).
Quindi eccomi qui. Vi prego lasciate un commento, ho assolutamente bisogno di sapere se fa prorpio schifo come temo.
Bacio a tutti, Leyla
.

Capitolo 1
 
Avevo 15 anni quando mio padre fu rinchiuso ad Azkaban.
Prima della carcerazione, io e i miei genitori vivevamo nel centro di Londra, in un lussuoso appartamento sul attico. Quel posto era davvero bello, riuscivo a vedere gran parte di Londra. Me ne stavo ore e ore sulla terrazza ad osservare il movimento della città, la gente che faceva compere, che prendeva il Taxi, che scattava foto, che mangiava il gelato, per vedere tutto ciò ovviamente usavo un binocolo, altrimenti vedevi solo tanti punti indistinti.
 I miei anni d’istruzione fino ad ora era stati solo, ed esclusivamente privati. Avevo un insegnate che veniva da me tutti i giorni e mi insegnava tutto sulla magia. Comprendevo e imparavo tutto molto in fretta, difatti le mie giornate le trascorrevo o studiando o stando a vedere la gente sul pianerottolo, non avevo molta scelta.
Non avevo neanche un amico con cui parlare, scherzare, o litigarci. Sempre sola come un cane!
E a proposito di cani; ho insistito anni e anni per averne uno, e al massimo mio padre mi aveva concesso una tartaruga. Già, ti tiene molta compagnia, una tartaruga!
Ah mio padre! Odiavo e lo odio tutt’ora. Non ho mai condiviso le sue idee, e lui mi sgridava sempre molto pesantemente per questo.  Ideali stupidi e pericolosi, non per niente ora è in prigione; gli sta proprio bene!
Meno male che avevo anche una madre, lei mi consolava sempre nei miei momenti più infelici. Piangevo spesso. Non saprei neanche quante volte avrei voluto uscire di casa, e non saprei nemmeno quanto avrei voluto aver un amico con cui stare. Niente! Barricata dentro casa fin dalla nascita, chiunque sarebbe impazzito, ma di certo non potevo permettermi di lamentarmi più di tanto con un padre come il mio.
Non ho mai capito come mia madre abbia potuto sposare un uomo così. Lei è il suo opposto. Si, ok, gli opposti si attraggono, ma fino ad un certo punto dannazione!
E’ molto buona, dolce e gentile, con dei buoni ideali, la mente a posto, e un gran cuore.
Mentre mio padre … beh credo che se vi dico che è stato ed è tutt’ora un Mangiamorte abbiate già capito tutto. Già un Mangiamorte! Non voglio neanche immaginare tutto il male che ha fatto. Odio, odio allo stato puro.
 
Lui lavorava al ministero, non so di preciso dove; sinceramente non  me ne importava. Comunque un giorno andò al lavoro ed a metà pomeriggio un gufo planò nel appartamento andando diritto da mia madre. Lei sfilò la lettera dalla zampa dell' animale e iniziò a leggere. Io che ero proprio davanti a lei vedevo la sua faccia che si preoccupava sempre di più, quindi finto di leggere andò a sedersi su una sedia della cucina, dopodiché mi guardò “Hanno arrestato tuo padre”  Detto questo scoppiò a piangere. Come prima sensazione provai un leggero senso di felicità, ma poi vidi mi madre in lacrime e un po’ della sua tristezza mi pervase, l’abbracciai.
Erano ormai più di una decina di mesi che il Signore Oscuro era stato sconfitto da un bambino di appena un anno, ma comunque mio padre andava a lavoro tutti i giorni, era un uomo importante, tutti lo rispettavano; ma il Ministero si era dato parecchio da fare per scovare i seguaci di Colui – che – non – deve – essere – nominato. Mio padre sembrava più preoccupato, ma non lo dava a vedere più di tanto: Diceva sempre che se la sarebbe cavata, che era potente ed influente … beh tutte balle, finalmente l’avevano preso!
Solo dopo dei buoni cinque minuti mi staccai da una madre ormai fragile. Così andai al lavabo e le riempii un bicchiere d’acqua, senza dir nulla glielo passai e mi sedetti accanto a lei.
Quella sera ce ne andammo entrambe a letto presto, mia madre non aveva proferito parola per tutto il resto del giorno, e io naturalmente non avevo insistito a farla parlare, la consolavo soltanto.  
 
I giorni passavano e mia mamma non era mai uscita di casa, e la dispensa era ormai vuota, quindi mi chiamò in salotto  “Leyla, te la sentiresti di andare a fare la spesa? Lo so, non sei mai uscita di qui, ma io non me la sento” a sentire quelle parole feci un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro. Non ero mai uscita di casa! Ero felicissima, non credo che mi sia mai sentita così felice. Così abbracciai una madre esterrefatta della mia reazione.
“Dimmi come ci arrivo, e cosa devo prendere”
Mi spiegò la strada almeno una decina di volte e mi fece la lista della spesa. Stanca di sentirla ripetermi tutto filai in camera mia e mi feci più carina che mai. Quando mi misi davanti allo specchio vidi una ragazza piuttosto alta, con dei bei capelli neri lunghi fin sopra la vita erano dritti, non eccessivamente: il giusto, dei grandi occhi marrone scuro e un fisico slanciato. Indossavo una gonna con la fantasia scozzese, era blu grigia e un po’ bianca, poi avevo una camicia bianca, stretta che metteva in risalto il fisico e leggermente sbottonata. Ballerine grigie, borsa blu come la gonna e un po’ di trucco, guardandomi non sembravo niente di eccezionale come ragazzina quindicenne, ma quella poca gente che veniva a casa mia mi ripeteva sempre che ero proprio una bella ragazza; non li ho mai presi sul serio. Eccitatissima uscii dalla camera, andai da mia madre e mi fermai. Lei mi fece un gran sorriso “sei bellissima” mi disse e dopo avermi abbracciato e riprese a darmi indicazioni sulla strada da fare, ma a breve la liquidai con un “Ci vediamo più tardi” e mi chiusi la porta alle spalle.   
 
Uscita dal portone di casa cacciai un urlo. Molta gente si voltò e io di tutta risposta gli feci un sorriso smagliante. Ero uscita dannazione! Ero uscita da quel carcere nel quale ero stata rinchiusa per 15 anni, era un miracolo!
A quel punto guardai la gente intorno a me, era esattamente come dal binocolo, ma da questa visuale era decisamente meglio, e su questo non ci piove! Guardai il cielo e di fatti era senza una nuvola, strano essendo in Inghilterra, pensai. Feci le spallucce e iniziai a camminare. Sembravo un turista doc, tenevo gli occhi ben alti, anche per dare qualche sbirciatina ai cartelli su cui c’erano scritte le vie. Tuttavia in una decina di minuti arrivai al supermercato, mi sembra ovvio dire che io non c’ero mai stata. Beh per quanto ne sapevo io era enorme! Cavoli, era proprio bello! Fu una donna che mi sbatté contro a farmi notare che mi ero fermata proprio davanti l’entrata. “Scusi” gli dissi con un gran sorriso sincero, lei tutta via, non mi degnò neanche di uno sguardo. Alzai le spalle ed entrai girando per gli scaffali; continuavo a guardare il tutto esterrefatta, era stupendo! Tutto quel cibo! Neanche credevo che esistesse. Girai per dei buoni dieci minuti senza prendere niente, al ché una commessa mi si avvicino e cordialmente mi chiese “ti serve aiuto, cara?” a quel punto mi ‘risvegliai’ e la guardai per un secondo spaesata e dopo gli feci un gran sorriso e feci segno di dinniego con la testa, lei di risposta mi ricambio il sorriso e se ne andò. Guardandomi attorno vidi che la gente aveva in mano o una specie di cestino o un carrello. Girai su me stessa più volte, poi finalmente li vidi, all’entrata del supermercato.
Un oretta dopo uscii dal supermercato con due borse piene, quindi decisi che sarebbe stato magnifico mangiare un gelato in cono. Cosa mai fatta, ma dal mio terrazzo, a casa vedevo sempre la gente mangiarlo così. Quindi mi guardai intorno. Poco dopo andavo verso casa con due borse enormi e un gelato quasi grande quanto quest’ultime.
“Sono tornata” Dissi, di risposta sentii dei passi affrettati verso di me, appoggiai le borse, e quando rialzai la testa mia mamma era stretta al mio collo, sembrava disperata. “Ehi, ma cos’hai?!” lei mi strinse più forte e a questo punto capì. Era in ansia per me, d’altra parte non ero mai uscita di casa, quindi potevo anche capirla. Risposi all'abbraccio.
 
Da quella volta, ogni santo giorno uscivo di casa e se ero fortunata mi portavo dietro una madre troppo triste per i miei gusti.
 
Fu un giorno a cena che quest’ultima mi comunicò che di li a due settimane avremo dovuto lasciare quel appartamento. “Non ce lo possiamo più permettere” mi disse. Un po’ mi dispiaceva lasciarlo così di punto in bianco, non per i lieti ricordi, sia chiaro, ma dopotutto era uno dei migliori appartamenti in tutta Londra.
 
E così che due settimane dopo ci trovavamo in Gimblet Road con un camion per il trasporto e la nostra macchina lussuosa. Guardai la casa, era una tipica casa inglese: due piani e un giardino condiviso con i vicini. Il quartiere, di prima vista mi sembrava ok, quindi, sollevata, entrai nella mia nuova dimora. C’era un corridoi piuttosto illuminato, poi a destra una porta, vi ci entrai e mi trovai nella stanza; era grande e spaziosa, ovviamente i mobili non c’erano ancora, ma comunque pensai ad un salotto.  Quindi andai ancora a destra, c’era un’altra stanza un po’ più piccola della precedente, “cucina” pensai. Tornai indietro e trovai delle scale, le feci per poi trovarmi in un’altro corridoio, alzai le spalle e aprii la prima porta “bagno” la chiusi e procedei, seconda camera “letto unico, futura camera mia”, terza “non può essere che quella della mamma” aprii la porta “appunto”. “Leyla, vieni giù” era mia madre, quindi scesi ed uscii sul giardino; vidi delle persone parlare con quest’ultima e pensai fossero i nuovi vicini, pochi secondi dopo le mie supposizioni furono confermate. Di prima vista sembravano persone alla mano, non invasive, e cordiali. “Bene”.
 
Cinque giorni dopo il trasferimento  pensai che una passeggiata per conoscere il posto non sarebbe stata male. Quindi mi misi dei pantaloncini corti e una canotta e scesi di sotto. “Io vado a farmi un giro, a dopo ma’” . Gli diedi un bacio di sfuggita sulla guancia e uscii all’aria fresca. Era più o meno metà luglio, quindi i 25 gradi c’erano, e si sentivano. Mi misi a camminare a zonzo. Dopo tutto non conoscevo il posto. Cammina e cammina mi trovai in una strada secondaria, era nettamente differente da Gimblet Road, dove abitavo io in pratica, era tutto più grigio, e non sembrava un posto tanto sicuro, alzai le spalle e ripresi a camminare. Girando e rigirando la testa vidi un cartello –Spinners’End- …. E fu proprio mentre leggevo che andai a sbattere contro qualcosa. Sarei caduta, se non fosse stato per delle mani che mi afferrarono all’altezza del gomito e mi rimisero stabile, a quel punto guardai quella persona. “Nero” fu la prima cosa che mi venne in mente.
 

Commento. ç__ç
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Leyla Snape