Strano
Destino
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Non avrebbero dovuto.
Non avrebbero mai dovuto farlo.
Non era giusto.
Non era sensato.
Non era lecito.
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Trent’anni di differenza li dividevano.
Opposti ideali li rendevano nemici.
Sangue rivale scorreva nelle loro vene.
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Due mondi paralleli non dovrebbero mai toccarsi
Andrebbe
contro le leggi della fisica.
Due cuori rivali non dovrebbero mai comprendersi.
Andrebbe
contro le leggi dell’amore.
Due esistenze contrapposte non dovrebbero fondersi.
Andrebbe
contro le leggi della vita.
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Era il tempo in cui la guerra risorgeva dalle viscere
dell’Inferno, devastando per la seconda volta il Creato.
Era il tempo in cui due schieramenti micidiali e
terribilmente avversi si affrontavano giorno e notte
senza tregua.
Era il tempo in cui la giustizia non esistenza più per
nessuno, e assassini, innocenti, ignavi morivano fra
uguali sofferenze e tormenti.
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Tradirono le leggi dell’amore.
Tradirono le leggi dell’amicizia.
Tradirono le leggi della vita.
Tradirono le leggi della fisica.
Tradirono le leggi della guerra.
E non se ne pentirono mai.
Neanche quando quella porta si aprì.
Neanche quando furono scoperti abbracciati
insieme, in quel gran lettone che li aveva visti uniti tante volte.
Non se ne pentirono nemmeno quando due raggi verdi si diressero contemporaneamente verso loro.
Non se ne pentirono quando la vita li lasciò
Non sarebbe mai dovuto accadere?
Forse…
Ma il Destino
è strano.
E’ maligno.
E’ birichino…
Al Destino piace giocare.
Al Destino piace scherzare.
Al Destino piace fare ciò che vuole.
Anche a costo di infrangere tutte le leggi che regolano
l’universo.
Anche a costo di rovinare vite.
Anche a costo di rendere la morte piacevole.
Al Destino piace fare ciò che vuole,
perché è lui il
re.
Non sarebbe mai dovuto accadere.
Queste erano le parole che si ripetevano tutti, nella bocca,
nella mente, nel cuore, nello spirito.
Eppure, ciò che non sarebbe mai dovuto accadere, diede a
quei tutti la speranza di credere che anche l’impossibile non
è poi così invero.
Anche l’impossibile può essere realizzato.
In fondo, questo Fato tiranno, non è poi così astioso, se
riesce a dare la speranza laddove ormai essa si è
spenta.
Lucius Malfoy e Hermione Granger erano solo due pedine di quell’immane forza.
Ed erano coscienti di esserlo.
Morirono col sorriso sulle labbra, con l’amore nel cuore, con nello spirito l’orgoglio di essere stati più forti di
chiunque altro, di qualunque altra cosa.
Non sarebbe
mai dovuto accadere.
Ma accadde.
E l’impossibile rese possibile la pace in un popolo rovinato
dalla guerra civile.
Harry si bloccò davanti
alla stele di marmo, leggendovi le frasi che, quasi diciotto anni prima, sua
moglie Ginevra aveva scritto in onore di coloro che, col loro ‘peccato’,
avevano aperto gli occhi al mondo magico, permettendogli universalmente di
vedere la realtà e di trovarvi rimedio.
Quelle parole fecero
comparire sul suo viso pieno di cicatrici un piccolo, amaro sorriso, mentre la
mente riandava veloce al ricordo della cara, piccola Hermione.
La sua migliore amica.
La simpatica saputella di Hogwarts.
La sorella che mai aveva
avuto.
“Scusi, posso disturbarla?”
Una voce sottile di donna
interruppe le sue rimembranze, riportandolo alla realtà. Harry si voltò,
puntando il suo sguardo sulla figura che, senza che lui se ne accorgesse, gli
si era avvicinata. Era una ragazza giovane, poteva avere al massimo vent’anni,
e presentava una disordinata capigliatura bionda e grandi occhi dorati.
Bella di una bellezza che
gli colpì il cuore, tanto gli era familiare. Peccato non riuscisse a capire a
chi rassomigliasse…
“Certo.”
A quella risposta, un
sorriso felice si distese sul bel viso della giovane, che si affrettò ad
allungare una mano. “Sono lieta di conoscerla, Harry Potter!”
L’uomo sorrise appena,
stringendole la mano. “Piacere mio. Con chi ho a che fare?”
“Sono un’apprendista della
Gazzetta del Profeta. A dirla tutta, devo comporre il mio ‘articolo prova’
completamente dedicato al Giorno della Liberazione, e
quei tiranni che dirigono il giornale mi hanno fatto capire che, se non
scriverò qualcosa di più che strabiliante, posso anche scordarmi il posto! E’
troppo chiederle un aiuto, signor Potter?”
Harry la guardò per un
po’. Gli stava simpatica, perché non accettare? “Va bene.
Di cosa vuole parlare?”
“Avevo deciso di
incentrare l’articolo sulla storia dei Due Amanti, Hermione
Granger e Lucius Malfoy. Sarebbe disposto a essere intervistato da me?”
Tutta la propensione che
Harry provava per la sconosciuta scomparve all’istante, mentre una morsa gli
dilaniava il cuore: tutto, potevano chiedergli di tutto. Ma non quello. “Gli
archivi sul caso sono aperti al pubblico nella sezione Seconda Guerra Magica del Ministero della Magia, signorina:
potrebbe andare lì.”
“Preferisco le fonti
dirette.” Rispose lei, impertinente.
“Bene, non le avrà. Come
del resto nessuno le ha mai avute. Arrivederci!” Chiuse
l’uomo, scocciato, allontanandosi a passi veloci dalla ragazza.
“Volevo solo chiarire una
faccenda, signor Potter. Una faccenda di cui lei non ha mai parlato, e che è
ancora ignorata dal Mondo Magico. Di chi furono quei due Avada
che ammazzarono la coppia?”
Harry si bloccò, tornando
indietro di scatto e fermandosi ad un passo dalla giovane, che lo fissò negli
occhi per niente impaurita dal suo cipiglio arrabbiato. “Le ho detto: tutto ciò
che può sapere sta al Ministero, vada a vederselo e
non mi disturbi più.”
“Là non c’è scritto
nulla.”
“Allora si accontenti di
quello che trova!”
“Non capisco quali siano i
problemi. Perché non mi vuole parlare dello svolgersi dei fatti?”
“Non sono affari suoi, ma
soltanto miei, e dunque non la riguardano.”
“Lei non lo può sapere.”
L’uomo aggrottò le
sopracciglia a quella risposta. “Chi è lei?”
La ragazza lo fissò a
lungo negli occhi, senza rispondergli. Sembrava stesse decidendo il da farsi. Poi
sorrise di nuovo, anzi, quasi ghignò. “Secondo lei chi sono?”
“Non lo so.”
“Ne è sicuro?”
“Non l’ho mai vista prima
d’ora.”
“Oh, questo è certo. Ma
possibile che non riesca proprio a indovinare la mia identità?”
Uno strano senso di
disagio s’impossessò di Harry. Guardò con più attenzione la straniera, e ancora
quella sensazione di familiarità lo invase. Ma proprio
non riusciva a cogliere la realtà che gli stava davanti.
“E…
se le dicessi che io so benissimo chi ha ucciso i due amanti? Se le dicessi che
quella notte, in quella stanza, c’ero anch’io? Forse ero troppo piccola per ricordare…
ma c’è stato chi mi ha narrato i fatti, chi mi ha spiegato la situazione, chi
mi ha allevato con la giusta consapevolezza.”
Harry, senza neanche
accorgersene, trattenne il respiro, mentre la sua mente scivolava indietro nel
tempo, rivangando ricordi che fino allora aveva
tentato di seppellire in reconditi anfratti.
Si voltò, poggiando una
mano sul freddo marmo della statua, conseguenza ultima di quel triste passato. Che
cosa era accaduto prima?
Silente, nuovo ministro della magia, aveva fatto
erigere a quelli che sarebbero passati alla storia come i “Due Amanti” quella
scultura di marmo, al cui interno riposavano le loro ceneri, e vi aveva fatto incidere
sopra le parole che la più piccola dei Weasley aveva
composto.
Sopra il basamento stavano poggiate due statue: si trattava di due angeli, un uomo e una donna, ritratti con i
volti dei due salvatori del mondo magico, che si abbracciavano e si guardavano
con un sorriso sulle labbra.
Salvatori sì, proprio salvatori…
Lui stesso era rimasto sbalordito quando quella
relazione, assieme alla morte dei due implicati, si era venuta a sapere.
Ricordava ancora la confusione del momento, non capiva se dovesse piangere
perché la sua ‘Mione era morta, o perché lei aveva
tessuto per così tanto tempo un legame segreto col
braccio destro di Voldemort, Lucius
Malfoy.
Ma poi, la consapevolezza aveva illuminato
lui e tutti gli altri che si dibattevano in quel tremendo dilemma. Non era la
relazione fra quei due a essere sbagliata, quanto piuttosto ciò che impediva
che un legame del genere potesse essere stretto alla luce del sole.
Perfino molti mangiamorte lo
compresero. Primo fra tutti, Draco Malfoy, e con lui i suoi amici di scuola, che avevano
seguito la sua stessa via: Theodore Nott, Blaise Zabini,
Pansy Parkinson. Perfino Tiger e Goyle.
A loro poi se ne aggiunsero altri.
Fu indetta una tregua segreta. I mangiamorte
non avrebbero ucciso più gli auror, e loro avrebbero
fatto altrettanto.
Voldemort era all’oscuro di tutto. Nemmeno il suo
grande potere riuscì a fargli capire cosa gli accadeva attorno. Era così
accecato dal sangue delle vittime di quella tremenda carneficina che aveva
causato da non rendersi conto che i suoi adepti gli avevano voltato le spalle.
Pochi mesi dopo, Voldemort
fu tradito dai suoi mangiamorte e ucciso da Harry Potter.
E così, il mondo magico si liberò della sua più grande
piaga.
Ma non era quello ciò che gli era stato chiesto. Aveva
rivolto il pensiero a tutt’altro, ancora una volta la sua mente gli aveva
negato la possibilità di riportare alla luce l’inizio, il ricordo principale, quello che faceva più male e che
aveva tentato più e più volte – invano – di distruggere. Ci era quasi riuscito… ma ora le sue azioni lo tormentavano giorno e
notte, incubi malefici di cui non poteva liberarsi.
Scale. Una porta ben conosciuta. Una stanza buia
dietro essa.
Sul letto, due corpi stretti tra loro. Un sorriso pieno d’amore sulle loro labbra.
Poi confusione, odio, odio e
confusione.
Una bacchetta che si alza. Due raggi verdi che
colpiscono i due amanti, uno dietro l’altro.
Morte.
Una lacrima scese dagli
occhi dell’uomo, percorrendo i solchi che le cicatrici delle battaglie passate
avevano lasciato sul suo viso. C’era dell’altro? Si sforzò di ricordare, di
rivangare pensieri, e con suo grande stupore scoprì che sì, c’era dell’altro.
Un lamento, un pianto di neonato che si mischia al
suo, a quello di un amico tradito, un fratello oltraggiato…al
pianto di un assassino pentito.
Un lamento di cui lui non
si era mai curato perché, troppo preso dal dolore, si era subito
smaterializzato.
“E’ difficile non è vero?”
Chiese una dolce voce al suo fianco.
Harry si voltò, fissando
le sue iridi verdi su quelle dorate della straniera.
Inaspettatamente lei gli sorrise. “Non si preoccupi,
signor Potter. Non voglio che lei soffra, non era questo il motivo della mia
visita. Io l’ho perdonata, e sono certa che l’hanno fatto anche i miei
genitori.” Si avvicinò, e gli mise in mano una
pergamena color panna, con incise sopra lettere d’oro.
“Sarei lieta di rivederla.
So che mia madre ci teneva tanto a lei, e magari potremmo stare un po’ insieme
per parlare di quel periodo. Porti anche sua moglie.
Ronald Weasley
ha già accettato il mio invito.”
A quelle parole, Harry
sentì il cuore fermarsi, gli occhi riempirsi ancor più di lacrime.
“Chi è lei?” Chiese con
voce flebile.
La ragazza sorrise. Un sorriso strano, conosciuto, pregno di significati nascosti.
“Mi chiamo Victoria.”
“Victoria?”
“Victoria Malfoy. E… beh, penso che abbia
già capito che non sono la figlia di Draco!”