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Autore: Urdi    02/06/2011    3 recensioni
“Allora fai un’altra scommessa…” lei lo guardò interrogativa e lui abbozzò un sorriso.
Se quella era davvero l’ultima volta, si sarebbe giocato il tutto per tutto, perché era anche la prima in cui si rendeva conto che qualcosa era diverso e sarebbe potuto cambiare.
“Scommetti…” e nel dirlo, si avvicinò ancor di più fino a fissarla a pochi centimetri dagli occhi. Per farlo, si era chinato leggermente in avanti, con quel suo cipiglio scanzonato di quando erano ragazzini.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jiraya, Tsunade | Coppie: Jiraya/Tsunade
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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La bocca del Leone
Di Urdi






Gli occhi di Tsunade erano grandi e limpidi, Jiraiya lo aveva sempre saputo, ma adesso che si trovava a guardarli, sgranati da un leggero stupore, ne percepiva l'immensità. Erano gocce lucide e brillanti. In un secondo momento, con una malinconia insolita dovuta all’alcol, si rese conto che forse non li aveva mai osservati, non così almeno. Tutto quello che notava di Tsunade di solito era il seno e, successivamente, il dolore dei pugni che lei gli riservava per averlo sorpreso a fissarle la scollatura.
Quegli occhi così belli e lucenti si spostarono verso il basso, sul piano del tavolo.
“Mi spiace. - Disse l’Hokage, le guance arrossate da una lieve sbronza. – ti costringo sempre alle missioni peggiori.*”
L’uomo rimase sorpreso da quelle parole, sembravano condite da una punta di preoccupazione.
Quando lui aveva scoperto dove si trovava il capo dell’Akatsuki, non aveva esitato a pensare di partire alla volta del Villaggio di Ame**. Per questo motivo, per nascondere la sorpresa della vista di Tsunade preoccupata, non poté fare a meno di scoppiare in una sonora risata.
“Ha ha ha, che ti prende all’improvviso?” chiese, con noncuranza.
“Avresti dovuto essere tu il nuovo Hokage. Sarutobi-sensei avrebbe voluto che tu gli succedessi.”
“Ma dai, non sono il tipo. – e nel dirlo l’uomo alzò le spalle, sottolineando la sua indifferenza al riguardo – Io ci tengo alla mia libertà.”
Si guardarono ancora una volta negli occhi e Jiraiya notò l’espressione perduta, lontana, di Tsunade. Come quella volta che l’aveva sorpresa su un ponticello di pietra a fissare il fiume. Pensava a Dan e Nawaki, lui lo sapeva.
“So che per tutto questo tempo sei stato sulle tracce di Orochimaru per il rimorso di non essere riuscito a fermarlo in tempo.”
Jiraiya abbozzò un sorriso amaro. Ecco dove voleva andare a parare…
“Ma ormai non ce n’è più bisogno, potrò occuparmi tranquillamente solo del seguito del mio romanzo.” E nel dirlo il suo sorriso si ampliò come un’increspatura sull’acqua.
“La verità supera la finzione, non avrei mai creduto che un giorno Orochimaru sarebbe morto.”
Un silenzio più pesante questa volta scese tra i due.
Tirare fuori quell’argomento era come gettare fra loro dell’acqua bollente: entrambi si allontanavano saltando dalla parte opposta per evitarla.
“Ti ricordi quando da ragazzini, noi tre, facevamo gli scherzi a Sarutobi-sensei?”
“Ha ha, certo. E tu eri così piatta! Chi lo avrebbe detto che saresti divenuta l’Hokage-tettona!”
E via, a scavare in quello e quell’altro momento ormai scomparso della loro vita.
Forse fu così che finì la seconda bottiglia di sakè: tra un ricordo e rimpianto come una collana il cui lungo filo strappato lasciasse rotolare via le sue perle.
“Come passa il tempo… - Jiraiya fissò il proprio bicchiere – …all’epoca eri giovane e bella, ma oggi sei una vecchia cinquantenne. Mi si stringe il cuore a pensare che quel grande seno nasconda il grande dolore di tutte le persone che hai perso. E ancora un sacco di dispiaceri ti attendono.” Poi, l’uomo rialzò il viso per guardare di nuovo quei grandi occhi meravigliosi. Perché per tanto tempo si era precluso quella vista magnifica? Perché proprio adesso capiva il significato di quello sguardo cristallino?
“Ma non dobbiamo abbandonarci alla nostalgia. – un altro amaro sorriso e lo sguardo di Tsunade si fece ancor più serio – E’ nostro compito essere d’esempio alle prossime generazioni e aiutarle. Per farlo rischierei volentieri la vita. E’ questa la bellezza della vecchiaia.”
Ed era anche capire cose che da giovani era impossibile fare, persino davanti all’evidenza.
Per Jiraiya, Tsunade era sempre stata un mistero. Scombussolava i suoi ormoni, i suoi desideri, i suoi sentimenti come un piccolo satellite che con la sua gravità agisce sul suo pianeta e viceversa. Si avvicinava, poi si allontanava, poi tornava da lui, poi fuggiva ancora e allora era lui a riprenderla.
Ma adesso era stanco di tutte quelle corse, aveva bisogno di un po’ di lentezza per concentrarsi.






Mentre Tsunade, sorretta dal compagno di squadra, vomitava nel vicolo dietro al locale, pensava al dolore che le si agitava nello stomaco. Non era solo a causa della sbronza, lo avvertiva da tutta la mattina. Stava lì, piantato come un kunai.
“Certo che quando bevi sei peggio di me.” Commentò Jiraiya, chinato per aiutarla.
Lei non rispose, limitandosi a pulirsi la bocca con il dorso della mano, senza curarsi di sembrare poco femminile.
I contorni delle cose si erano fatti tremuli e la testa le girava leggermente. Quel male non andava giù. Vomitò ancora, questa volta sperando di far uscire tutto quello che le feriva l’animo
“Vieni…Andiamo a riposarci un po’.” Jiraiya, la tirò su dal suolo su cui si era inginocchiata e la fece camminare lungo il vicolo, fino ad uscire dal centro del villaggio e ad arrivare a un viale alberato.

Rimasero in silenzio, su una panchina, ad ascoltare il vento.
Tsunade aveva appoggiato un braccio allo schienale e cercava nella mente quello che avrebbe voluto dire. Il dolore allo stomaco non migliorava, ma anzi, sembrava bruciare ogni secondo di più.
Che povera scema se a cinquant’anni si ritrovava in quelle situazioni! Non aveva ancora imparato a controllarsi? Si diede mentalmente della stupida, poi, sulla scia della sbronza disse:
“Il capo dell’Akatsuki ha riunito tutti quei ninja straordinari, non hai idea di quanto sia forte. Eppure ti getti nella bocca del leone.” Uscì così, d’un fiato, come una dichiarazione d’amore. Tsunade stessa, da qualche parte – lucida- del proprio cervello, si rendeva conto del valore di quelle parole. Se fosse stata sobria non avrebbe mai potuto scoprirsi a quel modo, ma adesso aveva una scusa. Perché lasciarlo andare via così? Perché mentire ancora? Anche lei, nonostante non lo sapesse, non aveva più voglia di correre.
“Devo andare.” Fu la laconica risposta del sannin, che si alzò in piedi pronto a fuggire da quella conversazione. Nonostante tutto, non si sentiva pronto per affrontarla, soprattutto adesso che lei non era nelle condizioni migliori.
“Torna vivo.” Ma l’Hokage, a quanto pare, era intenzionata a fermarlo, inchiodandolo lì, sul posto, insieme al dubbio.
Era uscito in un soffio, leggero, ma fermo e chiaro quel: “Torna vivo”.
Jiraiya guardò Tsunade e questa volta fu lei ad abbassare il viso, quasi in imbarazzo per aver avanzato quella pretesa. Eppure, vinse la sincerità, per quella volta:
“Non sopporterei di perdere anche te.”
Era forse il vento a parlare?
“Che bello! Piangeresti la mia morte?” rise Jiraiya, con il suo solito modo di fare, mascherando il senso di smarrimento che gli aveva trasmesso quella richiesta.
“Ma scommetto che non verseresti tutte le lacrime che hai versato per Dan.” E a quella battuta infelice, Tsunade aggrottò le sopracciglia e sbottò rabbiosa.
“Ma piantala!”
Perché non avrebbe pianto abbastanza? Perché non lo amava?
Si chiese di sfuggita in che modo si potessero misurare le lacrime versate per una perdita, senza trovare risposta.

Jiraiya allora, resosi conto di essere stato anche troppo insensibile, decise che non voleva lasciarla con quell’espressione sul viso.
“Allora perché non fai una di quelle scommesse che ti piacciono tanto? Scommetti che morirò… e visto che le perdi tutte…”
Tsunade alzò lo sguardo, colpita da quel consiglio stranamente serio.
“In cambio, se tornerò vivo io ti…”
Il tempo parve fermarsi per Tsunade, perché l’uomo non completò mai quella frase.
Per lei esisteva una sola altra parola che poteva seguire quel ‘ti’.
“Cosa?*” chiese, con quel lieve senso di confusione dato dalla poca presenza di alcol rimasta.
Jiraiya abbozzò un sorriso.
“Sto scherzando, dai.”
“Scemo.” E nel dirlo lei si alzò per guardarlo in viso, nonostante l’evidente differenza di altezza. Non era più tempo di scherzare, doveva tornare a lavoro.
Quella mattinata era cominciata normalmente ed era finita in un torbido circolo vizioso di pensieri e ricordi che le avevano distrutto la serenità. Sarebbe tornata in ufficio con un peso in più sulle spalle. Perché era inutile, immaginare Jiraiya, da solo, che andava a combattere contro Pein, le acuiva il dolore allo stomaco in modo insopportabile. Non sarebbe tornato e lei non avrebbe potuto accettarlo. C’era qualcosa dentro di sé che le faceva avvertire una paura troppo grande per essere solo preoccupazione.
No, si disse, scuotendo la testa, doveva essere ancora ubriaca.
“Non potrei mai scommettere sulla tua morte.” Disse in fine, alzando lo sguardo, un’espressione malinconica sul viso.

Jiraiya la guardò, perdendosi ancora una volta in quegli occhi, fin quasi a vergognarsene. Nemmeno quando si era fatto scoprire a spiarla nei bagni, si era sentito così vicino alla sua intimità, e adesso la violava spudoratamente, sentendosi quasi in colpa. Ma forse era l’ultima volta, no? Lo avrebbe perdonato.
“Allora fai un’altra scommessa…” lei lo guardò interrogativa e lui abbozzò un sorriso.
Se quella era davvero l’ultima volta, si sarebbe giocato il tutto per tutto, perché era anche la prima in cui si rendeva conto che qualcosa era diverso e sarebbe potuto cambiare.
“Scommetti…” e nel dirlo, si avvicinò ancor di più fino a fissarla a pochi centimetri dagli occhi. Per farlo, si era chinato leggermente in avanti, con quel suo cipiglio scanzonato di quando erano ragazzini.
Lei non si mosse, interdetta da tale comportamento, incapace di distogliere lo sguardo da quello dell’altro. Si sentiva come se l’avesse immobilizzata solo così, fissandola intensamente. E avvertì un senso di attrazione sprigionarsi come una forza invisibile tutt’intorno a loro, un magnetismo a cui era impossibile opporsi.
“Scommetti che mi bacerai.”
Tsunade aggrottò le sopracciglia e il suo viso si colorò d’imbarazzo.
Lo sguardo di Jiraiya era il solito, sornione, furbo. Aveva un ghigno sulle labbra che lei avrebbe fatto sparire presto con un pugno, si disse, ma poi non ci riuscì.
“Non scommetterò mai una cosa del genere e poi per…” ma la frase le morì in gola, perché si ritrovò le labbra del compagno premute contro le proprie.
Lui aveva chiuso gli occhi, senza sfiorarla con nessun’altra parte del corpo, solo con la bocca.
Fu un tocco lieve che, dopo un primo momento di stupore da parte dell’Hokage, si trasformò in un dolce qualcosa di più.
Ma così, improvviso com’era arrivato, terminò.
Jiraiya sorrideva ancora e Tsunade si portò automaticamente una mano alle labbra.
“Perché, dici? Perché così l’hai appena persa.”
La donna stava per ribattere che non era molto valido come metodo, ma lui le voltò le spalle e alzò una mano in segno di saluto.
“Io vado, se riesci a tornare al palazzo da sola…” e nel dirlo si voltò a guardarla da sopra una spalla.

Tsunade, immobile come una statua di sale, non riuscì nemmeno a rispondere.
L’aveva presa alla sprovvista con quell’atteggiamento. Che cosa stava a significare? Oh, di sicuro, se il senso di nausea l’avesse lasciata in pace, gli avrebbe rifilato un bel pugno sul naso, a quel cretino!
Eppure, il bruciore allo stomaco si era un pochino attenuto e uno strano calore la avvolgeva tutta.
E, sbronza o no, adesso capiva perfettamente a cosa ricondurre quella sensazione d’ansia che avvertiva. Quel bacio era stato il gesto che aveva acceso in lei la fiamma che illuminava ciò che per troppo tempo era rimasto nell’ombra.
Lui, a metà strada però, si fermò, voltandosi di nuovo a guardarla.
“Allora, vieni?”
Ancora una volta Tsunade si ritrovò a cadere dalle nuvole, come una bambina che fantasticasse guardando dalla finestra durante una lezione.
“Non stavi partendo?” borbottò, avvicinandosi al compagno, intenzionata a evitare il discorso bacio.
“Sarò anche un uomo grezzo, un povero pervertito, ma non posso mica salutarti qui, a pochi metri da un vicolo maleodorante.”
Tsunade aggrottò le sopracciglia guardandolo male, ma l’unica cosa che pensava era “Torna, torna, torna. Vivo”. Aveva così chiaro quel richiamo nella mente che dovette di nuovo distogliere lo sguardo perché non si notassero le sue lacrime.
Ma Jiraiya se ne accorse e dovette fermarsi un’altra volta.
“Non ci siamo. Mi ero ripromesso che non avrei voluto vedere quell’espressione sul tuo viso.”
Lei tornò a guardarlo, ancora una volta stupita da quelle parole.
“Sei stata sincera con me ed io lo sarò con te. Voglio tornare. E lo farò. Anche perché tu hai perso una scommessa, ma io devo vincere la mia.”
Lei lo guardò senza capire, pregandolo con gli occhi di dirle cosa gli passasse per la mente.
“Ha! Te lo dirò quanto torno, altrimenti porta male.”
L’Hokage sbuffò, abbozzando finalmente un sorriso.
“Va bene, anche io avrò qualcosa da dirti, quando tornerai.” E nel pronunciare quelle parole, Tsunade prese l’uomo a braccetto, per poi alzare il viso e guardarlo.

Stavolta era Jiraiya ad avere un’espressione stupita. Si perse ancora a lungo in quegli occhioni chiari, ma poi fu contagiato dal sorriso. Anche le labbra di Tsunade erano bellissime, ma soprattutto erano morbide…
“Affare fatto.”
E mentre sparivano nella penombra del vicolo per ritornare al locale, Tsunade pensò bene di scommettere ancora una volta:
“Scommetto che non ti bacerò di nuovo.”
E Jiraiya, ridendo, fu ben felice di farla perdere ancora, ancora e ancora.





Owari


2 giugno 2011

Questa fanfic partecipa alla sfida"dolci epifanie" indetta da aya88 nel forum UrdCafè. La sfida prevedeva che ci fosse "un bacio rivelatore, un bacio che dovrà permettere ai due personaggi in questione o ad uno solo dei due di capire quelli che sono i propri sentimenti per l'altro". Spero di essere in tema... hehe : ) [UP del 22 giugno: evviva! Primo premio con scarlett :) sono contentissima e ringrazio davvero la nostra bannerista SHUREI che ha fatto i miticissimi bannerini, non sono stupendi? :D *inchino*]

Ok, avevo iniziato a scrivere tutt’altra cosa. Vi dico solo che i personaggi erano due Hatake. Haha… perfetto! Ma devo dire che l’idea di Tsunade che scommetteva mi è venuta e mi ha presa subito. Poi sono andata a ril
eggere il manga e mi ero completamente scordata della promessa che lui le dice di fare. Ho unito la mia idea a quel pezzo ed è uscita questa What if…
Mi piace pensare che in questo universo parallelo, lui ritorni davvero e loro si sposino. Il che mi fa sciogliere e piagnucolare come una bambina. Sigh.
Grazie della lettura, spero abbiate apprezzato, ringrazio l’infinita pazienza delle mie friends: ali, immy e scar…siete dei tesorini. Vi voglio bene!: )
Vi auguro inoltre una BUONA FESTA DELLA REPUBBLICA :)

Urdi

Note importanti:
*il dialogo che arriva fino al “Cosa?” di Tsunade è preso praticamente pari pari dal manga. Non mi prendo nessun merito al riguardo, è una libera citazione con libera interpretazione, quindi, prendete quello che avete letto con le pinze, non è merito mio. Almeno fino a quel punto! Comunque non ci sono scopi di lucro…
**Ame: significa Pioggia.

  
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