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Autore: Jules_Black    03/06/2011    7 recensioni
James/Sirius| Introspettiva, Drammatica| One-shot
"Quella notte nemmeno il vento sembrava voler dormire e tacere. Continuava a scricchiolare contro le imposte scure, ad entrare nelle più piccole fessure, regalando ulteriore gelo a quella casa. Sirius si affrettò a cercare un maglione più pesante nell’armadio della sua vecchia camera da letto, sperando con tutto il cuore che sua madre non fosse stata tanto sciocca da buttare via non solo lui, ma anche i suoi vestiti."
Ho cercato di dipingere il dolore di Sirius in tre momenti.
Tre momenti passati con James.
Buona lettura,
Jules
[Storia classificatasi 5° su 25 al "25 Hours Contest- Per chi ama la velocità" indetto da Wynne_Sabia sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James Potter/Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'We're all stories, in the end.'
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You’re still on my mind

Il vento bussò alla porta di Grimmauld Place numero 12 facendo sbatacchiare il battente ormai ossidatosi. Nella vecchia casa signorile, il silenzio era palpabile. Si era attaccato ai muri dalla tappezzeria lisa, alle macchie di umidità di cornici ormai vuote e si era insinuato, veloce e leggero, tra le pieghe dei vestiti dell’unico abitante della casa. Novembre aveva portato con sé la gelida nebbiolina fosca, scesa su Londra come un manto glaciale. Nessuno dei Babbani ignari che abitavano lì vicino, nelle loro case dai muri scrostati, sospettava che un mago vivesse proprio tra le incrostazioni delle loro abitazioni, esattamente lì dove terminava un’abitazione e ne iniziava un’altra. Per i Babbani la magia era tutt’altro: era il semplice agitare una strisciolina di legno, sperando che spruzzasse scintille colorate nella notte scura, era l’attesa di veder spuntare un fiore lì dove prima c’era solo un prato verde. Per Sirius, incastonato tra i fili polverosi e spenti dell’arazzo di Grimmauld Place, la magia era il motivo per cui aveva conosciuto James. E, come motivo, gli sarebbe bastato per sempre.

Quella notte nemmeno il vento sembrava voler dormire e tacere. Continuava a scricchiolare contro le imposte scure, ad entrare nelle più piccole fessure, regalando ulteriore gelo a quella casa. Sirius si affrettò a cercare un maglione più pesante nell’armadio della sua vecchia camera da letto, sperando con tutto il cuore che sua madre non fosse stata tanto sciocca da buttare via non solo lui, ma anche i suoi vestiti. Non avrebbe mai creduto di poter tornare prigioniero del passato. Azkaban era niente al confronto di quella prigione che non aveva sbarre. Lentamente si avviò su per le scale, cercando di non fare rumore nel vano tentativo di non far svegliare Kreacher e sopportare le sue urla che sicuramente avrebbero rianimato il ritratto di sua madre. La camera da letto si era cristallizzata a vent’anni prima. Il copriletto, le fotografie inanimate appese alle pareti, erano le stesse di quando, urlando esasperato, si era sbattuto alle spalle, allora pensava definitivamente, la porta di quella che fino ad allora aveva chiamato casa. Si avviò verso le ante dell’armadio, le mani tremanti per il freddo penetrante. Il respiro si condensava in sciocche nuvolette che ricadevano poi sul pavimento di legno di marmo ancora bianco. Il primo indumento che le sue mani strinsero, oltre il soffocante turbinio della polvere, fu un maglione rosso ormai scolorito. Lo prese e richiuse velocemente le ante, sperando vivamente che quella non fosse stata polvere tossica, un altro dei trucchetti mortali di sua madre. All’inizio parve non rendersi conto di quello che stringeva tra le dita. A ricambiare il suo tocco era della soffice lana piuttosto malridotta in alcuni punti, odorosa di vecchio e di stantio. Lo indossò, per quanto la taglia non fosse proprio la sua. D’altra parte, lui era sempre stato un po’ più alto di James…

Lo specchio gli restituì uno sguardo addolorato e lui si portò le mani al petto, tastando con circospezione lo stemma di Grifondoro cucito in alto a sinistra. Quel maglione era proprio di James: era il segno tangibile che, da qualche parte nel tempo e nello spazio, lui era esistito. Fiutò le fibre dense di polvere: forse era solo la sua immaginazione, ma gli parve di sentire qualche traccia del tipico profumo del suo migliore amico. Si sedette sul vecchio letto, alzando sbuffi e rivoli di polvere che scomparvero nell’aria scura. Ricordava benissimo l’occasione in cui aveva preso il maglione di James, ma, per quanto avesse avuto paura ad ammetterlo nel silenzio di una casa morta, forse avrebbe preferito dimenticare quella notte e tutte le conseguenze che portò.

Il suo sguardo vagò nella stanza, alla ricerca di una fotografia appesa al muro con quintali di nastro adesivo. Degli occhi color nocciola lo fissavano immobili dentro i margini di un rettangolino di carta. Si voltò, portando le gambe dall’altro lato del letto, e sfiorò impercettibilmente, con la mano destra, quel volto immortalato nel suo sorriso più bello. E lasciò che le emozioni si accendessero, nella vana speranza che riscaldassero quella casa vuota.

Era la loro ultima notte, lo sapevano bene entrambi. L’ultima settimana era stata un misto di tensione, orrore ed attesa. Nessuno sapeva cosa sarebbe potuto succedere dopo. Il mese di Giugno stava volgendo al termine, portando via con sé gli ultimi strascichi di felicità. La fine della scuola avrebbe portato a tre inevitabili conseguenze: per prima cosa, avrebbero dovuto affrontare i M.A.G.O.; avrebbero iniziato a combattere per una guerra che non sentivano loro; James si sarebbe sposato. Per giorni interni Sirius si era convito del fatto che sarebbe stato decisamente meglio morire combattendo con dieci Mangiamorte rincitrulliti, piuttosto che crepare d’infarto al matrimonio del suo migliore amico, quando quest’ultimo avrebbe pronunciato il suo “sì”. Difficile era ammettere che, per quanto si sforzasse di non darlo a vedere, ai suoi occhi James era cambiato. Lunastorta doveva aver fiutato qualcosa nell’aria perché ogni tanto sbiancava e gli faceva domande indiscrete. Inutile dire che solo Minus non aveva ancora capito cosa aleggiasse nel loro Dormitorio, tanto più che proprio quella notte, l’ultima notte, si addormentò senza alcun presentimento. Probabilmente doveva avere il sonno molto pesante, perché lo stridore dei loro respiri affannosi riempì la tenda del letto a baldacchino senza concedere riposo a nessuno. Fu tutto molto più immediato, semplice e naturale di quanto avesse mai potuto pensare. James rispose alla sua fame con vorace silenzio, quasi con effettiva urgenza. Il mattino seguente, quando il treno scarlatto già soffiava il suo vapore contro il cielo terso, tutti finsero di aver semplicemente riposato male e non accennarono al motivo per cui quella notte, in tutto il Dormitorio maschile di Grifondoro, i ragazzi non riuscirono a chiudere occhio. Tutti finsero e mantennero il segreto. E Sirius, semplicemente, mentre le chiacchiere aumentavano, si lasciò scivolare contro il finestrino lugubre, con la campagna che gli sfilava davanti, lasciandosi invadere dallo sconforto e sospirando contro il maglione rosso che aveva rubato a James nella notte, quando un freddo pungente era entrato sotto le lenzuola.

Sirius tolse la mano dalla fotografia, pensando che, dopotutto, quel maglione poteva anche buttarlo via. Azkaban gli aveva già restituito troppe volte le immagini di quella stramba notte, deformate, distorte. Le aveva sentite premere dentro le sue urla disperate, quando la morte sembrava avvicinarsi con il suo mantello doppio, le aveva viste scorrere davanti ai suoi occhi, con la bocca di James fissa nella sua. Le aveva rivissute fino allo stremo, sperando di impazzire per non assaporarle più. Invece era tornato a vivere, sporco di fango e vergogna. Uscì alla svelta per il corridoio, stavolta senza badare al rumore secco dei suoi passi lungo le scale. Il ritratto di sua madre probabilmente stava sonnecchiando pesantemente, perché non lo sentì passare veloce. La cucina lo attendeva, muta di luce e calore, squallida così come l’aveva sempre ricordata. Tra i bicchieri opachi e pieni di incrinature, cercò di scegliere quello migliore. Lo riempì con un’abbondante quantità di alcool ed iniziò a bere.

Doveva essere già ubriaco. L’alto gazebo bianco gli ballava intorno, in un vortice di vestiti colorati e profumi costosi. Tentò di aggrapparsi al braccio di una ragazza di passaggio, ma nella fretta di trovare un punto d’appoggio le sfiorò inavvertitamente il seno. Quella gli mollò uno schiaffo in pieno viso. Non tentò nemmeno di spostarsi. Trascinando le gambe lontano dal tavolo degli sposi, tentò di trovare un po’ di pace nell’aria fresca della sera. Quella gli punse il viso e gli fece recuperare un po’ di lucidità. Si avviò a grandi passi, ancora traballante, vicino il pergolato del giardino, lì dove sembrava non esserci nessuno. Qualcuno lo stava seguendo, ma non se ne curò.

- Felpato?

La voce di James lo chiamò nella notte buia, incerta e tentatrice. Quello che accadde dopo fu lacerante. Sirius si voltò: di James poteva vedere solo gli occhi cangianti ed i suoi lineamenti in penombra. Erano più vicini di quanto pensasse. Annullò la distanza di un respiro che separava le loro labbra e si tuffò a capofitto tra le sue braccia, senza badare alle conseguenze del suo gesto. Senza badare al fatto che James era sposato da poche ore. In seguito, nel momento in cui si mischiò con lui, si disse che tuttavia forse non importava nemmeno a James. Non importava a nessuno dei due.

Il bicchiere di alcool finì con rapidità, ma non fu seguito da un altro. Rimase a giacere, capovolto ed impolverato, sopra una vecchia mensola maleodorante. Sirius era scomparso.

Il vento gli frustava i capelli contro il viso, il sangue rigava le sue mani altrimenti bianche. Le macerie sembravano non finire mai, spezzate dal peso di un segreto troppo grande. Continuò a scavare, senza badare all’acqua che cadeva giù. Continuò a scavare, nell’attesa di arrivare in fondo e poter dire che sotto quella casa non era morto proprio nessuno. Continuò a scavare, trovando la forza di farlo proprio nel bisogno di vederlo ancora, per un’ultima volta. I minuti passarono mentre sopra di lui si scatenava il temporale. E la speranza si affievolì non appena vide il lembo di una veste spuntare sotto una trave. Incontrò gli occhi vitrei di James nel momento esatto in cui il suo viso non era bagnato solo dalla pioggia, ma anche dalle lacrime. Li chiuse con mano tremante, pronto a seppellire non solo quel corpo, ma anche tutti i sapori, odori, vortici, promesse, legati a lui.

***

Credo che ormai potrei vivere di James/Sirius. Tanto più che quelle tristi mi fanno sciogliere, letteralmente. Non credo che ci sia molto da dire su questa fan fiction: il dolore di Sirius parla da sé.

Jules

***
EDIT del 16/06/2011
Storia classificatasi 5° su 25 al "25 Hours Contest- Per chi ama la velocità" indetto da Wynne_Sabia sul forum di EFP. *.*

Jules_Black con “You're still on my mind”

Grammatica: 10/10
Stile: 10/10
Originalità: 9,5/10
Caratterizzazione: 9,5/10
Gradimento personale: 9/10
Totale: 48/50
Su grammatica e stile nulla da dire! Il tuo stile é molto molto bello e non ci sono errori di grammatica. L'originalità perde mezzo punto perché alla fin fine la nostalgia di Sirius é un tema molto trattato, ma tu ci hai aggiunto qualcosa di tuo e per questo la tua storia non é affatto banale.
Per la caratterizzazione, trovo Sirius semplicemente perfetto. L'unica pecca é in James, che secondo me non sarebbe andato a baciarlo subito dopo il matrimonio, data la sua tanto decantata fedeltà!
Nel gradimento non ti ho dato il massimo perché a me le Sirius/James proprio non piacciono, mi spiace! Peró scrivi talmente bene che non avrei potuto darti un punteggio più basso, complimenti davvero!

   
 
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