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Autore: lady hawke    03/06/2011    3 recensioni
Dopo l’assurdo incontro alla Taverna dell’Anatroccolo aveva temuto che anche la città fosse sporca, cupa, bigia e soffocante, e invece era così deliziosamente caotica, piena di vita. Non ci si poteva annoiare, in un posto simile. Sfruttando biecamente la scena del ballo in città, ho pensato di descrivere la giornata di Rapunzel e Eugene XD
Questa storia partecipa alla One Hundred Prompt Challenge
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note: Devo confessare che la scena della Kingdom dance mi ha colpito più di quanto non pensassi. Veramente, mi sono ritrovata a riascoltare quel motivetto per giorni e ad esaltarmi come una cretina, perciò ve lo offro così come lo vedete. Spero vi piaccia.
Questa storia partecipa a questa simpatica iniziativa: The one hundred prompt challenge che si trova sul forum di EFP.
The One Hundred Prompt Project
Il prompt che ho scelto per questa fic è: Sole


Non aveva mai pensato a come si sarebbe sentita mettendo piede nella capitale del regno. Per tutta la sua vita il suo unico sogno era sempre stato vedere le lanterne; non si era mai concentrata su altro semplicemente perché, ed ora se ne rendeva conto, dalla sua torre non aveva mai potuto vedere niente di diverso. Certo, né lei né Eugene avevano pensato all’ostacolo di tutti quei suoi capelli, ma il provvidenziale aiuto di quelle bambine aveva velocemente risolto il problema. Dopo l’assurdo incontro alla Taverna dell’Anatroccolo aveva temuto che anche la città fosse sporca, cupa, bigia e soffocante, e invece era così deliziosamente caotica, piena di vita. Non ci si poteva annoiare, in un posto simile.
Non sapeva ancora che sarebbe stato di lei l’indomani; il suo destino avrebbe dovuto essere di nuovo la torre, lo sapeva bene, ma si sentiva confusa, oramai. Cosa poteva esserci di pericoloso nel mercato, nei nugoli di bambini che scorrazzavano per strada urlando e giocando come lei non aveva mai potuto fare, nelle donne che si fermavano ai crocicchi a chiacchierare? Più rimaneva all’aria aperta, più era libera, più diventava difficile credere di poter rinunciare a tutto quanto come se niente fosse stato. Nemmeno questo aveva considerato, che sciocca. Be’, come aveva detto a Maximus, era il giorno più bello della sua vita ed era il suo compleanno; considerando che era assai probabile che sarebbe stato il suo unico giorno così, voleva sfruttarlo al massimo.
- Le lanterne verranno lasciate in cielo solo dopo il tramonto, e la giornata è lunga. Cosa vuoi fare? – le chiese Eugene, in una pausa tra un dispetto e l’altro a Maximus.
- Non so, che possibilità abbiamo?
- Oh be’, se nessuno mi nota possiamo fare qualunque cosa. – non fece in tempo a finire la frase che Rapunzel già si era messa a vagare, curiosando per le viuzze. Non era sempre facile per Eugene seguirla, la città era piena di soldati e solo nascondendosi dietro a Maximus riusciva spesso a farla franca. Rimasero dieci minuti incantati davanti ad un intagliatore di legno; Rapunzel era probabilmente più estasiata delle bambine dai capelli rossi che continuavano a seguirli a distanza, affascinate da quella abnorme chioma bionda. La ragazza sorrideva gioviale ai passanti che le davano il buongiorno come una cittadina qualunque e saltellava da una bottega all’altra come una farfalla. Si fermò a fissare un venditore ambulante di libri, dando a Eugene la possibilità di raggiungerla.
- Sai, non ne ho mai visti tanti insieme, ho riletto quelli che ho nella torre fino alla nausea, ormai. – ammise la ragazza.
- So dove portarti allora.
- E dove?
- In un posto dove non accettano cavalli. – sorrise il ladro, lanciando uno sguardo colmo di soddisfazione a Maximus.
Salirono verso la cittadella alta, attraversando quartieri sempre più eleganti e curati.
- Se ti devi cacciare nei guai non ne vale la pena, sai?
- Ah, smettila, nessuno penserà che possa nascondermi in un posto così. – il ragazzo fece segno a Rapunzel di continuare a seguirlo e proseguì per la sua strada.
- Che cos’è? – chiese lei, mentre si fermavano davanti ad un palazzone proprio sotto le mura del castello.
- La biblioteca reale. Oggi è festa e non penso ci sarà nessuno dentro. Maximus, ora a cuccia da bravo, eh?
Maximus, che in realtà aveva pensato di entrare a dispetto di tutto, si fermò di colpo offeso e si mise a ringhiare come un cane.
- Lasciassi fuori anche quella rana non sarebbe male. – continuò Eugene.
- Pascal è un camaleonte. – rettificò la giovane. – Chi vuoi che lo noti nascosto sotto la mia treccia? Se poi non c’è nessuno…
Pascal spuntò dalla spalla di Rapunzel pronto a prendere a pugni il ladruncolo, minaccioso più che mai: stretto su più fronti Eugene cedette, seppur malvolentieri.
Convinto dunque l’equide coi modi da segugio, Rapunzel e Eugene salirono l’ampia scalinata di legno che portava alla biblioteca vera e propria.
- Questo è decisamente meglio del venditore di prima! – esclamò la ragazza davanti a scaffalature infinite.
- Vorrei anche vedere... – rise Eugene. - Ehi… fai piano!
Rapunzel era incontrollabile: si era già arrampicata su una scaffalatura a recuperare un libro più pesante di lei. Anzi, decisamente più pesante di lei, visto che aveva perso l’equilibrio facendo volare via Pascal e atterrando malamente su Eugene che si era avvicinato proprio per evitare che planasse per terra.
- Scusa, non volevo. – pigolò lei, stringendo il volume con due mani.
- Proprio il libro più grosso della biblioteca dovevi vedere? – boccheggiò lui, cercando di mettersi a sedere. Pascal, aggrappato ad un volume di anatomia, lasciò la presa e si buttò a terra, piuttosto intontito.
- Volevo volo sapere perché esistono libri alti la metà di me. – Rapunzel si mise a sedere, togliendosi di dosso da Eugene, che gliene fu sentitamente grato, e aprì il volume. Lo sfogliò freneticamente, facendo frusciare le pagine. – Sono mappe! – si ritrovò quasi a strillare.
- Oh, bene… - il ragazzo non si rese subito conto dell’entusiasmo della sua compagna, ma se ne ricordò non appena vide i suoi occhi scintillare mentre faceva scorrere le dita sui meridiani, leggendo nomi di località esotiche. – Quelli sono luoghi molto lontani da qui. – le disse.
- Lontani quanto?
- Giorni e giorni di navigazione in mare aperto, senza vedere nessuno scampolo di terra.
- E tu ci sei mai stato? – chiese Rapunzel.
- Io? – ridacchiò – Sono un ladruncolo, non mi sono spinto così in là, non ho mai fatto più di un giorno di navigazione in vita mia.
- E Flynn Rider? Pensavo cercassi di vivere parecchie avventure. – si era alzata per prendere un altro libro, stavolta di dimensioni più normali, ed era tornata a sedersi per terra per leggerlo, con Pascal di nuovo sulla sua spalla.
- Per quelle non è obbligatorio fare tanta strada.
Rapunzel sollevò appena lo sguardo, poi tornò al suo volume. – A me piacerebbe, sai, vedere posti lontani, o con nomi assurdi come questo. – ridacchiò indicando un nome lunghissimo e pieno di strane consonanti. Le sarebbe piaciuto davvero tanto, se solo avesse avuto più tempo, quel giorno. Tempo per leggere un libro nuovo, per vedere altri cieli, altre nubi, altri boschi. Tempo per scoprire che in una stanza, per quanto variopinta, non si poteva vivere.
Eugene la guardò, e poi guardò verso la finestra: il sole era ancora alto nel cielo. – Prima che tu voglia imbarcarti non sarebbe meglio tornarsene all’aria aperta? Non vorrei che quel cavallo cattivo si annoiasse troppo.
La ragazza acconsentì a malincuore, e osservò bene la biblioteca attorno a sé, prima di uscirne, per poterne serbare un ricordo il più nitido possibile. Come Eugene sospettava, Maximus li stava aspettando con l’aria di chi aveva contato gli interminabili minuti in cui era stato lasciato solo come un cane. Ricominciarono a vagabondare fino a che non decisero che era ora di mangiare: visto il mandato di arresto che pendeva sul capo del ragazzo non osarono mangiare in una taverna, ma mangiucchiarono vicino ai moli, con i piedi a mollo nell’acqua. Il miglior cavallo del regno strappava ciuffi d’erba qua e là senza troppo impegno.
- Oggi hai deciso di non rubare niente? – chiese la ragazza.
- Be’… questi soldi non provengono da quello che definirei un lavoro onesto… - Maximus lo fissò con sgomento, ma Rapunzel gli fece segno di lasciar correre. – Ma mi evito la scocciatura di non dovermi far beccare.
- Gentile che tu li spenda per me. – fece lei, rimettendosi in piedi. – Si sente della musica, andiamo a vedere che cos’è?
Tornarono in città, vicino alla piazza: un musico stava improvvisando una canzone e diversi bambini erano fuori a giocare a campana sul selciato, usando un sasso come gesso improvvisato.
- Conosci qualcuno che venda colori, qui? – domandò di nuovo la ragazza.
- Perché? – Eugene era perplesso.
- Dammi una moneta, lo cerco io.
Era incredibile come Rapunzel sapesse già orientarsi in quella città senza perdersi, lei così abituata ad orizzonti così piccoli. Era partita con il denaro datole da Eugene a passo di carica, ed era tornata a tempo di record con in mano una montagna di gessetti colorati.
- Che ci vuoi fare?
- Disegnare per terra. – rispose lei con disarmante semplicità. Si guardò un attimo intorno, osservando le bandierine viola appese un po’ ovunque, e si mise a colorare quasi con furia. Diversi bambini si avvicinarono a lei con fare molto incuriosito: era strano che una ragazza così grande si mettesse chinata per terra a pasticciare. Pascal era sceso a terra a sua volta, e seguiva il lavoro della sua padrona. Una delle bambine dalle trecce rosse lo notò, e fece per sfiorarlo; Pascal arrossì tutto, improvvisamente timido.
- Cosa disegni? – le chiese la più piccola, con sguardo avido.
- Un sole. – rispose la ragazza. – Vuoi provare anche tu?
In breve si sparse la voce della giovane che regalava gessetti, e un nugolo di ragazzini travolse Maximus e Eugene per arraffare un colore e mettersi a disegnare.
Rapunzel era partita con un sole piccino, ma divenne sempre più grande man mano che aggiungeva raggi, petali, disegni, tanto che alla fine somigliava ad un misto tra un fiore e un sole raggiante. Era fiera della sua opera immensa, ma anche stanca.
- Sei viola fino al gomito. – le disse Eugene. – E anche in fronte. – aggiunse, ora che lei si era passata il braccio sulla fronte per asciugarsi.
- Non è la prima volta che mi capita. – lei rise, andando a pulirsi alla fontana più vicina. – Sono a posto, Pascal?
- E perché non lo chiedi a me? – Eugene ci rimase male, soprattutto notando che il camaleonte annuiva dalla sua spalla. Quando diamine ci era salito?
- Perché non mi fido. – rise la ragazza. – Non so te, ma io ho ancora fame, sai?
- Non sarà solo gola?
- Non ho mai mangiato un bignè con una ciliegina sopra. – ammise Rapunzel, occhieggiando la bottega del pasticcere. Fu una decisione rapida: lasciò che Eugene pagasse, e si preparò ad assaporare il suo dolcetto. Peccato per le guardie di ronda, però. Erano state discrete tutto il giorno, proprio in quel momento dovevano farsi vive?
Si nascosero dentro uno stretto arco di un incrocio: Maximus era distratto, e non aveva potuto far loro da scudo. Rimasero schiacciati e vicini per un attimo, mentre Eugene controllava di tanto in tanto sporgendo la testa.
- Che idioti, non ci hanno visto.
- E sì che non siamo stati proprio silenziosissimi. – considerò Rapunzel, con tutto il trambusto che avevano fatto era davvero ridicolo che non li avessero notati!
- La grande stupida guardia del re. – fece Eugene, ed entrambi risero.
- Alla salute. – Rapunzel porse il dolcetto come se fosse un calice di buon vino, proponendo un brindisi.
- Alla tua. – Eugene la imitò, e ognuno addentò il suo. Il pomeriggio era ormai inoltrato, ed era ricominciata la musica nella piazza; Rapunzel aveva una gran voglia di seguirla e di lasciarsi trasportare. Era felice come non era mai stata. Il suo spirito sembrava incapace di contenere il suo entusiasmo, ed era per quello, forse, che aveva invitato a ballare con lei mezza città, tutta gente sconosciuta a cui aveva dato il buongiorno quella stessa mattina. Alla fine Maximus aveva coinvolto perfino Eugene, dopo le sue vane richieste. Se le lanterne avessero potuto regalarle anche solo la metà della gioia che sentiva ora, non avrebbe di certo avuto di che lamentarsene. Non avrebbe pensato alla prossima alba, ma solo al tramonto, alla notte e a quelle splendide luci.
Era il suo compleanno, ed era il giorno più bello di tutti.



The One Hundred Prompt Project
Completate: 4/100

01. Alba 02. Pomeriggio 03. Tramonto 04. Sera 05. Notte
06. Bene 07. Male 08. Luce 09. Oscurità 10. Opposti
11. Vista 12. Udito 13. Tatto 14. Gusto 15. Olfatto
16. Sole 17. Pioggia 18. Neve 19. Nuvole 20. Tempesta
21. Giallo 22. Arancione 23. Rosso 24. Marrone 25. Verde
26. Blu 27. Viola 28. Nero 29. Grigio 30. Bianco
31. Sole 32. Stelle 33. Luna 34. Pianeta 35. Universo
36. Autunno 37. Inverno 38. Primavera 39. Estate 40. Nessuna Stagione
41. Temperatura 42. Freddo 43. Caldo 44. Gelo 45. Piacevole
46. Cuore 47. Emozioni 48. Sensazioni 49. Apatia 50. Empatia
51. Caos 52. Anarchia 53. Disordine 54. Ordine 55. Libertà
56. Passato 57. Presente 58. Futuro 59. Tempo 60. Senza Tempo
61. Origine 62. Nascita 63. Crescita 64. Vita 65. Morte
66. Acqua 67. Fuoco 68. Terra 69. Aria 70. Fulmine
71. Orgoglio 72. Insensibilità 73. Gelosia 74. Timidezza 75. Impulsività
76. Pigrizia 77. Collera 78. Vanità 79. Invidia 80. Insaziabilità
81. Addio 82. Bugie 83. Errore 84. Rimpianto 85. Vendetta
86. Sorte 87. Destino 88. Desiderio 89. Sogno 90. Incubo
91. Grazie 92. Scusa 93. Giustificazioni 94. Perdono 95. Scelte
96. Faccende 97. Tema libero 98. Tema libero 99. Tema libero 100. Tema libero

The One Hundred Prompt Project © BlackIceCrystal
Progetto originale della Big Damn Table © http://community.livejournal.com/fanfic100/ | http://community.livejournal.com/fanfic100_ita/

  
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